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Viaggio Apostolico del Papa Benedetto XVI il 17 e 18 aprile a Malta

Ultimo Aggiornamento: 04/05/2010 21:39
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19/04/2010 06:40

The faithful wave flags on the deck of a yacht as Pope Benedict XVI crosses Grand Harbour on a catamaran to Valletta Waterfront to attend a meeting with youths, in Floriana April 18, 2010.
An Armed Forces of Malta soldier keeps watch beside a machine gun on a patrol boat as Pope Benedict XVI attends a meeting with youths at Grand Harbour's Valletta Waterfront, in Floriana April 18, 2010.
Nuns wait in their convent for Pope Benedict XVI to arrive in Kalkara before crossing Grand Harbour to Valletta Waterfront to attend a meeting with youths, in Floriana April 18, 2010.
The faithful cheer for Pope Benedict XVI as he arrives at Valletta Waterfront after crossing Grand Harbour on a catamaran to attend a meeting with youths, in Floriana April 18, 2010.
A boy sits in a traditional Maltese boat as he waits for Pope Benedict XVI to arrive at the Grand Harbour's Valletta Waterfront for a meeting with youths, in Floriana April 18, 2010.
A catamaran carrying Pope Benedict XVI arrives at the Grand Harbour's Valletta Waterfront for a meeting with youths, in Floriana April 18, 2010.
Pope Benedict XVI stands on the deck of a catamaran in Kalkara before crossing Grand Harbour to Valletta Waterfront to attend a meeting with youths, in Floriana April 18, 2010.
Pope Benedict XVI sits on a catamaran in Grand Harbour as he travels to Valletta Waterfront to attend a meeting with youths, in Floriana April 18, 2010.
Pope Benedict XVI waves from the deck of a catamaran as he arrives to Valletta Waterfront to attend a meeting with youths in Floriana April 18, 2010.
Pope Benedict XVI (L) stands on a boat next to Vatican State Secretary Tarcisio Bertone during a trip from Kalkara ferry to the Valletta waterfront on April 18, 2010. Pope Benedict XVI on Sunday expressed his personal 'shame and sorrow' to victims of paedophile priests at a surprise meeting during a visit to Malta.
Nuns look at a catamaran carrying Pope Benedict XVI to Valletta Waterfront to attend a meeting with youths in Floriana April 18, 2010.
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19/04/2010 06:43

Pope Benedict XVI (C) applauds on a boat during a trip from Kalkara ferry to the Valletta waterfront on April 18, 2010. Pope Benedict XVI on Sunday expressed his personal 'shame and sorrow' to victims of paedophile priests at a surprise meeting during a visit to Malta.
Pope Benedict XVI (R) stands on a boat during a trip from Kalkara ferry to the Valletta waterfront on April 18, 2010. Pope Benedict XVI on Sunday expressed his personal 'shame and sorrow' to victims of paedophile priests at a surprise meeting during a visit to Malta.
Pope Benedict XVI (R) waves from a boat during a trip from Kalkara ferry to the Valletta waterfront on April 18, 2010. Pope Benedict XVI on Sunday expressed his personal 'shame and sorrow' to victims of paedophile priests at a surprise meeting during a visit to Malta.
Pope Benedict XVI (C) and and Vatican State Secretary Tarcisio Bertone (back-R) disembark from a plane for the welcoming ceremony on April 17, 2010 at Malta International Airport in Luqa. Pope Benedict XVI said Saturday the Roman Catholic Church had been wounded by sin as he flew to Malta on his first foreign trip since a wave of priest sex abuse scandals broke in Europe and the United States.
Pope Benedict XVI (C) and and Vatican State Secretary Tarcisio Bertone disembark from the plane for the welcoming ceremony on April 17, 2010 at  Malta International Airport in Luqa. Pope Benedict XVI said Saturday the Roman Catholic Church had been wounded by sin as he flew to Malta on his first foreign trip since a wave of priest sex abuse scandals broke in Europe and the United States.
Pope Benedict XVI (C), flanked by his personal secretary Georg Gaenswein (L) Vatican State Secretary Tarcisio Bertone (back) and Vatican spokesman Federico Lombardi (R), speaks to the press aboard a plane taking him to Malta on April 17, 2010. Pope Benedict XVI said the Roman Catholic Church had been wounded by sin as he flew to Malta on his first foreign trip since a wave of priest sex abuse scandals broke in Europe and the United States.
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19/04/2010 19:05

Il quattordicesimo viaggio internazionale conclude il quinto anno di pontificato

Dio ama tutti e la Chiesa non rifiuta nessuno


In un clima intenso e commosso l'incontro con otto vittime di abusi

 Dio ama ogni persona e la Chiesa non rifiuta nessuno. Da Malta Benedetto XVI indica ancora una volta la strada della carità e della misericordia per "guarire le ferite del peccato" e testimoniare al mondo "la nobile vocazione di amore e di servizio" a cui sono chiamati i cristiani. Bastano poco più di ventisette ore al Papa per riproporre alla popolazione dell'arcipelago del Mediterraneo - che lo accompagna durante la visita con grandi manifestazioni di affetto - il cuore stesso del messaggio evangelico. Quello che 1950 anni fa l'apostolo Paolo, naufragato sulle coste maltesi durante il viaggio che lo portava a Roma, predicò alle genti dell'isola, invitandole "alla conversione, a una nuova vita e a un futuro di speranza".
Il Vangelo - ha ricordato il Pontefice già durante il volo di sabato pomeriggio, 17 aprile, anticipando ai giornalisti i temi del viaggio - "è la vera forza che purifica e guarisce" la Chiesa, il cui corpo è spesso "ferito dai nostri peccati". Un richiamo che ha trovato espressione visibile nell'incontro, svoltosi domenica mattina nella cappella della nunziatura a Rabat, tra Benedetto XVI e otto uomini che in passato hanno subito abusi sessuali da parte di sacerdoti o religiosi.
In un clima intenso ma sereno, senza "timore o senso di oppressione", il Papa ha ascoltato le loro storie cariche di sofferenza. Ne è rimasto "profondamente commosso" - riferisce chi ha assistito all'incontro - e ha espresso la propria vergogna e il proprio dolore per quanto accaduto, assicurando al tempo stesso che la Chiesa "sta facendo, e continuerà a fare, tutto ciò che è in suo potere per indagare sulle accuse, per assicurare alla giustizia i responsabili degli abusi e per mettere in pratica misure efficaci volte a tutelare i giovani in futuro". Dal Pontefice anche la preghiera perché tutte le vittime di abusi "sperimentino guarigione e riconciliazione" in vista di "una rinnovata speranza" nel loro cammino di fede e di vita.
Poco prima, celebrando la messa a Floriana, Benedetto XVI aveva già ricordato che oggi c'è bisogno di riscoprire la misericordia e la fiducia in Dio per guarire "le ferite spirituali" provocate dal peccato. Non sono le realizzazioni materiali o la moderna tecnologia - aveva avvertito - a poter dare risposte autentiche ai desideri profondi dell'uomo. "In ogni ambito della nostra vita - aveva affermato - necessitiamo dell'aiuto della grazia di Dio. Con lui possiamo fare ogni cosa:  senza di lui non possiamo fare nulla". Un invito rivolto in modo particolare ai sacerdoti, chiamati dal Papa a rendere "un servizio alla gioia" adempiendo la loro missione in spirito di umiltà, mitezza e generosità.
Anche ai giovani, incontrati nel pomeriggio a Gozo, il Papa ha rievocato l'esperienza di san Paolo per riaffermare che "la potenza dell'amore" è più forte dell'odio e della rabbia che segnano talvolta i comportamenti umani. Di fronte al "potere persuasivo" dei media e dei gruppi di pressione - è stato il suo appello - i cristiani non devono smarrire la centralità di valori come la sacralità della vita e la dignità della persona, soprattutto dei più poveri, dei deboli, degli emarginati. Tra questi il Pontefice ha indicato in particolare gli immigrati alla ricerca di asilo lungo le rotte del Mediterraneo:  per loro - ha raccomandato nel discorso conclusivo prima di rientrare in Vaticano - occorrono accoglienza e soccorso, senza dimenticare il dovere di rispettarne i diritti fondamentali.



(©L'Osservatore Romano - 19-20 aprile 2010)
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19/04/2010 19:06

La festa di Malta


Il fondatore della comunità di Taizé amava ripetere con un cristiano del IV secolo, il vescovo Atanasio di Alessandria, che Cristo risorto viene ad animare una festa nel cuore dell'uomo. Ecco, la frase fatta propria da fratel Roger rende benissimo il senso dell'ultimo viaggio papale. E non solo perché la visita a Malta è stata una festa straordinaria, ma anche e soprattutto perché il quattordicesimo itinerario internazionale di Benedetto XVI - non a caso svolto sulle orme di san Paolo - ha concluso il quinto anno di un pontificato rivolto innanzi tutto a fare spazio a Dio e alla sua presenza nel cuore degli uomini di oggi, nel contesto di società che al contrario sembrano averlo dimenticato o addirittura vogliono cancellarlo.
In un piccolo Paese di radicata tradizione cattolica - che ha il coraggio anche politico di mantenere posizioni controcorrente sul matrimonio e la famiglia, così come sulla protezione della persona umana, in un contesto culturale europeo ben diverso - il Papa è stato al centro di una festa per molti aspetti inconsueta e inattesa. Accolto con grande cordialità dal Presidente, Gorg Abela, e dalle altre autorità istituzionali, Benedetto XVI è stato letteralmente sommerso dalla simpatia e dall'affetto del popolo maltese, riversatosi in massa nelle strade dell'isola. In un metaforico abbraccio in cui l'esemplare autodisciplina di origine britannica si è mescolata con un calore mediterraneo debordante al punto che, per la prima volta nell'ultimo quinquennio, questa commovente accoglienza ha provocato un incomprimibile ritardo nell'impeccabile e cronometrica organizzazione dei viaggi papali.
Come sempre in questi cinque anni, il Papa ha saputo parlare al cuore delle donne e degli uomini di Malta, spiegando che la coerenza e l'impegno che nascono dal Vangelo sono, come nei primi secoli del cristianesimo, una vera e propria controcultura. La stessa predicata da Paolo, che sulla via di Damasco seppe aprirsi all'imprevisto di Dio e nel naufragio ebbe coraggio davanti all'ignoto. L'apostolo fu severo nei suoi scritti, ha notato Benedetto XVI davanti a migliaia di giovani, e ha spiegato il perché:  "Dio ama ognuno di noi con una profondità e intensità che non possiamo neppure immaginare" e "desidera purificarci dai nostri errori e rafforzare le nostre virtù". Dio infatti "non rifiuta nessuno" - e allo stesso modo "la Chiesa non rifiuta nessuno" - ma "sfida ciascuno di noi a cambiare".
In questo processo di purificazione incessante la Chiesa di Roma è chiamata all'esemplarità, e questo sta facendo il suo vescovo sin dal giorno in cui è stato scelto come successore di Pietro. Per questo anche a Malta Benedetto XVI ha indicato la via ai suoi fedeli e al mondo, incontrando alcune vittime di abusi da parte di membri del clero cattolico. Per dichiarare la sua vergogna e il suo dolore, per assicurare che tutto sarà fatto per ristabilire la giustizia, ma soprattutto per pregare e mostrare loro la vicinanza di Dio. Perché questo è il compito principale del Papa:  ripetere a ogni creatura che Dio la ama. E come nessuno Benedetto XVI sa annunciare la festa di Cristo risorto.

g. m. v.


(©L'Osservatore Romano - 19-20 aprile 2010)
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19/04/2010 19:07

Nella sede della nunziatura lontano dal clamore mediatico

Commovente incontro tra il Papa e otto vittime di abusi


dal nostro inviato Gianluca Biccini

Benedetto XVI inizia il sesto anno di pontificato sulla scia del successo del viaggio a Malta, conclusosi domenica sera, 18 aprile, con un bilancio che va al di là di ogni più ottimistica previsione. Alla Chiesa locale e alla vivace comunità cristiana, ricca di vocazioni e piena di fede, il Papa ha ricordato che dai naufragi della vita possono nascere nuovi progetti di Dio per gli uomini di oggi e nuove soluzioni ai loro numerosi e assillanti problemi. Tra questi, nello specifico, c'era anche quello legato agli abusi sessuali commessi da sacerdoti e religiosi nei confronti di minori. Ecco perché il Pontefice non ha esitato a incontrare anche nel piccolo arcipelago del Mediterraneo alcune delle vittime, come già aveva fatto a Washington e a Sydney nel 2008.
In tarda mattinata, nella cappella della nunziatura a Rabat, al riparo dal clamore mediatico, ha accolto otto uomini fra i 30 e i 40 anni che in passato hanno subito abusi. In un "clima intenso, ma sereno" - ha poi riferito ai giornalisti il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, il gesuita Federico Lombardi - l'incontro è stato "vissuto intensamente" da tutti i presenti, in un'atmosfera "non pesante, con commozione ma senza timore o senso di oppressione". Vi hanno partecipato anche gli arcivescovi Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, e Caputo, nunzio apostolico, l'arcivescovo di Malta, Paul Cremona, il vescovo di Gozo, Mario Grech, e i monsignori Gänswein, segretario particolare di Benedetto XVI, e Xuereb, della segreteria particolare.
Una ventina di minuti nei quali, dopo un momento di preghiera silenziosa, il Papa ha incontrato presso l'altare ciascuna delle otto vittime, ascoltandone le storie e le attese. "Profondamente commosso - afferma padre Lombardi nel comunicato ufficiale rilasciato in inglese - Benedetto XVI ha espresso la propria vergogna e il proprio dolore per quanto le vittime e le loro famiglie hanno sofferto" e "le ha assicurate del fatto che la Chiesa sta facendo, e continuerà a fare, tutto ciò che è in suo potere per indagare sulle accuse, per assicurare alla giustizia i responsabili degli abusi e per mettere in pratica misure efficaci volte a tutelare i giovani in futuro". Il comunicato si conclude con l'auspicio che tutte le vittime possano sperimentare "guarigione e riconciliazione", per "andare incontro a una rinnovata speranza".
Anche alla messa celebrata poco prima da Benedetto XVI a Floriana non erano mancati i richiami alla vicenda:  vi hanno fatto riferimento l'arcivescovo di Malta nel saluto all'inizio del rito e una delle intenzioni dei fedeli, affidata a una bambina, che ha pregato "per la comunità cattolica maltese, della quale facciamo parte, affinché, rafforzati nella nostra fede, si eviti tutto quanto possa in ogni modo esserle di danno, così che noi possiamo consegnarla senza macchia alle future generazioni".
Ma sarebbe improprio ridurre a questo aspetto tutto il viaggio del Papa:  a Malta, come altrove, chi ha sbagliato pagherà nelle sedi competenti; gli altri, la stragrande maggioranza, hanno offerto al successore di Pietro l'immagine di un clero che vive in piena sintonia con il Popolo di Dio. Una Chiesa viva e dinamica, capace di mobilitare decine di migliaia di persone - soprattutto giovani - lungo tutte le strade percorse dal Papa. Tra Malta e Gozo vivono oltre 443 mila abitanti:  sono quasi tutti cattolici - più del 95 per cento della popolazione - e più o meno tutti hanno avuto modo di veder passare il Pontefice a bordo della papamobile o di partecipare ai momenti pubblici del pellegrinaggio. I ritardi nel programma (più di un'ora domenica), per la prima volta così evidenti in un viaggio internazionale di Benedetto XVI, testimoniano l'enorme partecipazione dei maltesi. A Floriana, tra il piazzale dei Granai e le zone adiacenti ce n'erano almeno cinquantamila per la messa all'aperto. Il nome della città deriva dall'ingegnere militare italiano che la progettò e fortificò nel 1643 alle spalle della penisola di Valletta, di cui costituisce l'entroterra. Nella grande spianata, Benedetto XVI è passato a bordo della papamobile tra i fedeli in festa, che non si sono lasciati intimorire dal tempo incerto e dalla fitta pioggerella caduta all'inizio della mattinata. Tra loro anche il presidente della Repubblica e la consorte.
Indossati i paramenti liturgici nella chiesa di San Publio - del quale nello stesso giorno ricorreva la memoria liturgica - il Papa ha raggiunto processionalmente l'altare, realizzato con materiali riciclabili ed ecocompatibili. Nello stesso luogo Papa Wojtyla il 9 maggio 2001 beatificò Giorgio Preca, poi canonizzato dallo stesso Benedetto XVI il 3 giugno 2007, Ignazio Falzon e suor Maria Adeodata Pisani. Al termine della messa - concelebrata dal cardinale Bertone e dagli altri ecclesiastici del seguito papale, dai presuli maltesi e da una rappresentanza del clero locale - Benedetto XVI ha offerto una rosa d'oro per il santuario mariano nazionale. Prima del Regina caeli l'ha collocata dinanzi all'immagine della Vergine di Ta' Pinu, portata appositamente da Gozo.
Rientrato in nunziatura, il Papa ha pranzato con i presuli della Conferenza episcopale (Cremona, Depasquale, Grech, Mercieca, Cauchi), altri vescovi, prelati e membri del seguito.
Nel pomeriggio l'atteso appuntamento con i giovani sulla banchina del porto Grande di Valletta. Il Papa è giunto in catamarano dalla vicina Kalkara, dopo aver percorso tre miglia nautiche affiancato da tante piccole caratteristiche imbarcazioni locali. Come a Colonia e a Sydney in occasione delle Giornate mondiali della gioventù da lui presiedute, Papa Ratzinger era accompagnato da una decina di giovani. Almeno dodicimila i ragazzi e le ragazze che lo hanno atteso al porto:  la Salesian Brigade, l'Azione cattolica giovani, che qui si chiama Zak, i giovani neocatecumenali e i Jesus Nazarene Youths hanno animato con letture, canti e testimonianze la lunga attesa e il festoso incontro.
In serata la cerimonia di congedo all'aeroporto internazionale di Luqa. Onori militari ed esecuzione degli inni hanno preceduto lo scambio di saluti tra le delegazioni, prima del decollo dell'Airbus a320 della compagnia di bandiera maltese alla volta di Roma.


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Le parole del presidente della Repubblica

Il dono di una nuova speranza


Nel corso della cerimonia di congedo il presidente della Repubblica di Malta Gorg Abela ha rivolto al Papa il saluto che pubblichiamo in una nostra traduzione dall'inglese.

Santità, è giunto il momento di lasciarci, ma il suo spirito resterà con noi per continuare a nutrire la nostra fede ancora per molto tempo. Negli Atti degli Apostoli, Luca dice che quando fu tempo per Paolo e per i suoi compagni di lasciare Malta, gli abitanti "ci colmarono di molti onori e, al momento della partenza, ci rifornirono del necessario". Devo dire che in questa occasione è lei, Santo Padre, che è in partenza, ad averci rifornito del necessario, dei doni che solo il nostro Pastore può concedere.
Le sue benedizioni hanno fortificato la nostra fede, le sue maniere cortesi e le parole cordiali ci hanno scaldato il cuore, la sua sollecitudine paterna per i nostri giovani ha suscitato la nostra simpatia per lei, il suo insegnamento ispirato ci ha aiutati tutti a comprendere meglio la bellezza della carità cristiana. La sua presenza fra noi e il suo visitare le parrocchie come Vicario di Cristo e Successore di Pietro continueranno ad arricchire la nostra vita e, auspichiamo, a renderci cristiani e cittadini migliori.
Nella sua omelia di questa mattina ha generosamente osservato che "ogni visitatore di Malta dovrebbe essere impressionato dalla devozione della sua gente, dalla fede vibrante manifestata nelle celebrazioni nei giorni di festa, dalla bellezza delle sue chiese e dei suoi santuari. Ma quel dono ha bisogno di essere condiviso con altri, di essere espresso".

Santo Padre, ho fiducia nel fatto che i cattolici maltesi continueranno a professare apertamente ed eloquentemente la loro fede e i valori cristiani di carità e di solidarietà con tutta la loro umanità e ad adoperarsi per condividere questi doni con gli altri, non solo in questo Paese, ma anche all'estero. Come fanno i tanti missionari maltesi in numerosi Paesi nel mondo.
Questa esperienza della sua visita apostolica ha rinnovato in noi la speranza e siamo stati rafforzati per affrontare il futuro con maggiore sicurezza, anche nella vita quotidiana. Come ha insegnato in maniera ammirevole nella sua seconda enciclica Spe salvi, "la redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente:  il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto e accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino". Come ci ha spiegato, "giungere a conoscere Dio - il vero Dio, questo significa ricevere speranza".
Oggi ci siamo tutti commossi nell'apprendere che ha personalmente incontrato le vittime di abusi. Esse hanno richiesto di incontrarla e hanno tratto conforto dalle sue parole che, ne sono certo, allevieranno un po' il dolore che provano da anni. La sua sensibilità verso la loro piaga ci riempie di gioia e io desidero ringraziarla per aver trovato il tempo per affrontare personalmente questa delicata questione.
Santo Padre, confidiamo nel fatto che lei conserverà ricordi lieti della sua visita sull'isola di san Paolo, dei suoi abitanti, della loro fede e dell'ospitalità che è ricordata anche nelle Sacre Scritture, cosa di cui siamo orgogliosi. Quindi le esprimiamo profonda gratitudine, le chiediamo di benedirci e le auguriamo un viaggio sicuro fino alla città eterna.


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Il viaggio del Papa a Malta: il commento di padre Lombardi

Per un bilancio del viaggio del Papa a Malta, Sergio Centofanti ha sentito il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi:


R. – Certamente è un bilancio estremamente positivo, direi anche superiore all’attesa per gli stessi organizzatori maltesi. E questo perché il calore della rispondenza, la quantità spontanea di persone per le strade, tutte molto gioiose e molto ordinate, corrette nella manifestazione del loro entusiasmo, è qualcosa che ha colpito molto profondamente. Io credo che si possa dire tranquillamente che circa 200 mila persone, nei due giorni, hanno potuto vedere il Papa.
Quindi, una partecipazione corale. L’atmosfera era estremamente positiva, estremamente serena. Direi che sono un po’ le radici cristiane di questo popolo, la sua grande tradizione anche cattolica che si è spontaneamente manifestata. Anche se ci potevano essere state - prima della visita - alcune discussioni, non sembrava così chiaro anche sulla stampa quale sarebbe stata l’accoglienza. Di fatto l’accoglienza si è manifestata corale, totale, assolutamente positiva e disponibile a ricevere il messaggio del Papa.

D. – E qual è stato il messaggio del Papa?

R. – Il Papa ha invitato a riconoscere la grandezza del dono ricevuto attraverso San Paolo e a continuare a farlo fruttificare e a mantenerlo vivo. Quindi, la fedeltà gioiosa ai valori cristiani per il bene della società maltese e anche del contributo che Malta può dare alla comunità europea e alla società del mondo di oggi nel testimoniare i valori della famiglia, della vita, dell’impegno sociale secondo i principi di solidarietà e di carità che la Chiesa ci propone. Malta - collocata al centro del Mediterraneo, crocevia di incontro fra culture e fra popoli - ha una sua missione di incontro, di dialogo, di fecondazione di elementi che vengono da diverse culture e tradizioni ed anche una grande tradizione di accoglienza. Quindi il tema dell’immigrazione e dell’accoglienza degli immigrati che attraversano il Mediterraneo e del dialogo con i popoli che sono sulle coste di questo grande mare, vissuto con una prospettiva positiva di futuro e con una fedeltà al passato.

D. – Il Papa ha incontrato alcune vittime di abusi. Come si è svolto questo incontro?

R. – L’incontro è stato molto semplice e direi che è un messaggio nel modo stesso in cui avviene: un incontro discreto, lontano – diciamo così – dal clamore dei media e dalla pubblicità; impostato a cominciare da un momento di preghiera e poi continuando con un ascolto profondo da parte del Papa delle parole che queste persone desiderano dirgli, tutto quello che possono avere nel cuore e che vogliono dire al Papa come pastore e come padre. Le risposte – diciamo – sono molto semplici, molto spontanee di partecipazione, di dolore, di preghiera, di incoraggiamento, di speranza, che il Papa può dire a ciascuno di loro. Importante è che fosse un incontro in cui ognuno dei presenti avesse la sua possibilità di esprimersi e la parola del Papa per lui, perché si tratta di incontrare e – diciamo - di curare delle ferite personali profonde e, quindi, la via non è tanto quella dei messaggi gridati, ma è proprio quella dell’ascolto e del dialogo in profondità. Il Papa ha potuto farlo ed ha concluso di nuovo con una preghiera comune e con una benedizione questo incontro. Mi pare di capire che le testimonianze date dagli stessi partecipanti, che hanno voluto liberamente parlarne, sono state estremamente positive. Io, che ero presente, vedevo un clima molto, molto commosso, molto profondo, ma anche molto sereno e pieno di speranza, di risanamento e di riconciliazione.

D. – Oggi è il quinto anniversario dell’elezione di Benedetto XVI: una sua riflessione…

R. – Io torno sempre, evidentemente, al momento iniziale di questo Pontificato, quando bisogna farne un poco un bilancio, dare uno sguardo riassuntivo. Il momento iniziale non tanto l’affaccio alla Loggia, quanto poi il discorso tenuto da Benedetto XVI nella Cappella Sistina, la mattina dopo l’elezione, e che era chiaramente un discorso – possiamo dire – programmatico, in cui venivano messi in rilievo dei punti, delle priorità che egli riteneva fossero quelle del servizio che il Signore gli stava affidando: la priorità del rapporto tra l’uomo e Dio, la dimensione trascendente e spirituale dell’uomo e un Dio che ci viene, però, rivelato da Gesù Cristo e, quindi, è nel volto di Cristo che noi conosciamo questo Dio; la priorità del dialogo e, quindi con tutti i credenti in Cristo, perché questa testimonianza sia viva, sia coerente, sia credibile nel mondo di oggi, l’ecumenismo; ed anche la disponibilità al dialogo con tutte le persone che cercano sinceramente il volto di Dio nel nostro tempo e quindi i seguaci di altre religioni e il dialogo interreligioso; ma anche con tutte quelle persone che cercano, pur non conoscendo Dio o pensando di non conoscerlo. Quindi, un messaggio capace di incontrare le attese più profonde che ci sono nella cultura e nel mondo di oggi e che spesso sono molto preoccupanti per l’umanità di oggi. Ricordo, per esempio, l’ultima Enciclica come una risposta, un documento molto espressivo di questa capacità di attenzione e di impegno di risposta profonda alle domande di oggi, che riguardano certamente il rapporto dell’uomo con Dio anzitutto e con Cristo, ma anche le grandi problematiche di carattere economico, di carattere ambientale, di carattere sociale o antropologico, che si pongono all’umanità di oggi. Tutte le persone oneste capiscono che c’è preoccupazione sui punti di riferimento e sugli orientamenti da prendere nel cammino dell’umanità verso il futuro. Il Papa dà veramente un contributo serio, un contributo che non cerca facili successi, è coerente, è profondo, è ancorato nelle radici della nostra fede, anche in una riflessione teologica e filosofica profonda. Veramente, quindi, è un contributo sostanziale. Le persone attente, oneste, che veramente sono alla ricerca, trovano in lui un interlocutore ed una guida importante.

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L'Apostolo delle genti in un affresco della Cappella Paolina

In viaggio a Malta passando per il Vaticano


di Antonio Paolucci

La recente visita del Papa a Malta mi ha fatto venire in mente un affresco dipinto nella Cappella Paolina di recente restaurata. Quel luogo sacro piccolo e privato, escluso dai percorsi turistici perché riservato all'esposizione del Santissimo Sacramento e al servizio liturgico per la Famiglia Pontificia, è celebre nel mondo perché ospita gli ultimi capolavori pittorici del vecchio Michelangelo. Sono gli affreschi con la Caduta di Saulo sulla via di Damasco e la Crocifissione di san Pietro, dipinti negli anni Quaranta del XVI secolo regnando Paolo III Farnese, il grande Papa che inaugurò il Giudizio Universale in Sistina il giorno di Ognissanti del 1541 e aprì, quattro anni dopo, il concilio di Trento. La Cappella Paolina si chiama così in omaggio al nome di Papa Farnese che la edificò e la volle decorata con le storie degli apostoli Pietro e Paolo. Era ed è destinata, come si è detto, a ospitare il Santissimo Sacramento e ad accogliere le liturgie e le preghiere del Papa. Le storie dei Principi degli apostoli sono quindi iconograficamente giustificate e anzi necessarie.

All'interno della cappella in ginocchio di fronte al Santissimo Sacramento, il Pontefice era (ed è) nella pienezza del suo ruolo ministeriale:  custode del Corpus Christi, successore del Vicario (le Storie dell'apostolo Pietro), difensore e garante dell'ortodossia (le Storie di san Paolo).
Paolo III Farnese morì nel 1549. Michelangelo che era legato a quel Papa da speciali vincoli di amicizia e di gratitudine e che era inoltre assai avanti con gli anni e in cattiva salute, non volle continuare la decorazione pittorica della Cappella Paolina. Le ultime energie che gli restavano intendeva dedicarle alla progettazione della cupola. Avvenne così che il cantiere, lasciato interrotto dal Buonarroti, rimase deserto per più di venti anni. Fino a quando Gregorio xIII Boncompagni non ordinò ai pittori Lorenzo Sabatini e Federico Zuccari di concludere il ciclo in affresco con le restanti storie dei santi Pietro e Paolo. Ed ecco la Cappella Paolina così come la vediamo oggi, dopo l'ultimo restauro inaugurato da Benedetto XVI il 4 luglio dell'anno scorso.

Seguendo scrupolosamente il testo degli Atti degli Apostoli Sabatini e Zuccari rappresentarono nelle pareti e nella volta gli episodi salienti della vita di san Pietro e di san Paolo:  la Disputa di Simon Mago, la Liberazione di Pietro dal carcere, l'Incontro con il centurione Cornelio, la Lapidazione di santo Stefano e così via.

Fra gli altri episodi (ecco il collegamento con il recentissimo viaggio del Papa) c'è, affidato al pennello di Federico Zuccari, l'episodio del Naufragio a Malta di san Paolo. Fra i fatti della vita dell'apostolo non è dei più conosciuti e dei più rappresentati. Eppure grande è il suo significato simbolico. Ce lo ricordava Benedetto XVI in uno dei suoi discorsi maltesi:  "Da quel naufragio è nata per Malta la fortuna di avere la fede e anche noi possiamo pensare che i naufragi della nostra vita facciano parte del progetto di Dio e possono essere utili per un nuovo inizio".
Il "nuovo inizio", per Paolo, è stato l'approdo a Roma con quello che questo ha significato per il futuro del cristianesimo, per la storia della nostra cultura e della nostra civiltà.

Il naufragio a Malta fu un incidente accaduto, diremmo oggi, durante un viaggio di "traduzione giudiziaria". Tutto comincia a Gerusalemme dove la predicazione di Paolo aveva scatenato le ire degli Ebrei che lo volevano morto. L'amministrazione romana era, come è noto, tollerante e cinica. Lasciava volentieri che i sudditi delle province sottomesse risolvessero fra di loro le loro questioni. Non però in questo caso. Perché Paolo era cittadino romano e aveva diritto di appellarsi a Cesare. Nella patria del corpus iuris, nell'impero governato dalla legge, la procedura penale era una cosa seria. I governatori delle province avevano potestà istruttoria e giudicante fino alla sentenza capitale. Il processo a Gesù insegna. Non l'avevano però sui cittadini romani. Per questi ultimi lo ius gladii era prerogativa esclusiva di Cesare e cioè della magistratura romana. Queste cose Paolo le sapeva benissimo. Si dichiarò cittadino romano e si appellò all'imperatore garantendosi così una provvisoria impunità. In seguito, dopo essere stato trattenuto agli arresti domiciliari a Cesarea, venne trasferito per nave, con tanto di scorta armata, a Roma.

Fu un viaggio disastroso, funestato da tempeste e da venti contrari fino al naufragio di Malta. A questo punto lasciamo parlare gli Atti degli Apostoli. "Una volta in salvo venimmo a sapere che l'isola si chiamava Malta. Gli abitanti ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti intorno a un fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia e faceva freddo. Mentre Paolo raccoglieva un fascio di rami secchi e lo gettava sul fuoco, una vipera saltò fuori a causa del calore e lo morse a una mano. Al vedere la serpe pendergli dalla mano, gli abitanti dicevano fra di loro:  "certamente costui è un assassino perché, sebbene scampato dal mare, la dea della giustizia non lo ha lasciato vivere". Ma egli scosse la serpe nel fuoco e non patì alcun male. Quelli si aspettavano di vederlo gonfiare o cadere morto sul colpo ma, dopo aver molto atteso e vedendo che non gli succedeva nulla di straordinario, cambiarono parere e dicevano che egli era un dio" (28, 1-10).

Nell'affresco in Cappella Paolina Federico Zuccari fornisce una traduzione figurativa pressoché letterale del testo. L'apostolo si è messo al riparo in una grotta (sullo sfondo si vede la nave incagliata e sfasciata) lo circondano i compagni di sventura e gli isolani di cui gli Atti ricordano la "rara umanità" (complimento più bello non si può fare a un popolo e a una nazione) mentre si verifica il fatto della vipera.
C'è la catasta di legna secca, c'è il fuoco acceso e noi vediamo la serpe attaccata alla mano di Paolo. Mentre sgomento e orrore attraversano i volti degli astanti.

Il lieto fine lo conosciamo. Vale la pena di notare che il passo degli Atti degli Apostoli dedicato al naufragio maltese (venticinque righe in tutto) si conclude con un ulteriore elogio della umanità e generosità degli isolani. Il governatore Publio accolse Paolo e i suoi compagni "con benevolenza", i maltesi li "colmarono di molti onori" e al momento della partenza per Roma li "rifornirono del necessario". È quasi una prefigurazione della generosità e del calore con i quali l'isola di Malta ha ospitato, nei giorni scorsi, Papa Benedetto XVI.


(©L'Osservatore Romano - 22 aprile 2010)
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A colloquio con monsignor Alfred Xuereb, della segreteria particolare del Pontefice

Paolo, Benedetto e il regalo dei maltesi


Le mani del Pontefice hanno stretto quelle delle vittime degli abusi
di Gianluca Biccini

"Dalla scura nube, poi brillanti scendon per te gocce di cristallo". Saggezza antica quella del popolo maltese, abituato a leggere segni di speranza anche nelle difficoltà. È successo con il naufragio di san Paolo, trasformatosi in occasione provvidenziale per l'evangelizzazione del piccolo arcipelago; e in qualche modo è accaduto di nuovo con il viaggio compiuto da Benedetto XVI il 17 e il 18 aprile scorsi, per celebrare i 1950 anni dell'approdo dell'Apostolo sull'isola. Parola di chi conosce bene sia Malta - dov'è nato cinquantuno anni fa e dov'è stato ordinato sacerdote nel 1984 - sia il Pontefice, di cui è addetto alla segreteria particolare. E da quest'ottica privilegiata monsignor Alfred Xuereb offre al nostro giornale una rilettura della visita del Papa. Una visita apertasi sotto la "scura nube" provocata dal vulcano islandese, che ha paralizzato i cieli di mezza Europa, e sotto quella degli attacchi mediatici alla Chiesa per alcuni casi di abusi sessuali commessi da membri del clero. Ma che si è conclusa con le "gocce di cristallo" di un successo andato al di là di ogni più ottimistica previsione. Schivo e riservato, come esige l'ufficio che ricopre dal settembre del 2007, in quest'intervista monsignor Xuereb racconta il dietro le quinte del quattordicesimo viaggio internazionale di Benedetto XVI.

 All'udienza generale di mercoledì 21 aprile il Papa ha paragonato l'accoglienza ricevuta a Malta con quella sperimentata 1950 anni prima da san Paolo dopo il naufragio. Lei che lo ha accompagnato da vicino può raccontarci com'è andata?

La calorosa ospitalità che san Paolo ha ricevuto dagli abitanti dell'isola è documentata dal capitolo 28 degli Atti degli apostoli. Nei primi due versetti si narra che, "una volta in salvo", Paolo e i suoi vennero "a sapere che l'isola si chiamava Malta" e che "gli indigeni" trattarono i nuovi arrivati "con rara umanità". Questa bellissima espressione sta molto a cuore ai maltesi. E forse il testo in tedesco degli Atti la rende ancora più eloquente, quando spiega che i maltesi  hanno  dimostrato un'amicizia e una cordialità non comuni accogliendoli appunto con:  ungewönliche freundlichkeit. Sappiamo che Paolo aveva fatto insieme a Luca moltissimi viaggi durante i quali avevano più volte sperimentato l'accoglienza delle popolazioni visitate. Ma a Malta l'accoglienza doveva essere stata talmente speciale da spingerli a lasciare per iscritto una testimonianza di quell'esperienza. Per quel che ho potuto constatare personalmente, penso si possa tranquillamente affermare che un simile calore è stato riservato al Pontefice:  a cominciare dalle parole di benvenuto rivoltogli dal presidente della Repubblica, il signor George Abela, fino al canto dei cinquemila bambini che nel piazzale antistante il palazzo presidenziale a Valletta gli hanno augurato buon compleanno in maltese, in inglese e in tedesco.

Benedetto XVI si aspettava tutto questo? E lei, personalmente, visto che conosce bene i suoi conterranei, era ottimista in proposito?

Il Papa ha più volte parlato in privato di questo bell'incontro con la popolazione di Malta:  della folla entusiasta che lo ha reso felice, sorprendendolo con tanto calore. Io ero fiducioso del successo del viaggio perché conoscevo il grande sforzo organizzativo che c'era stato sia qui in Vaticano, da parte degli uffici competenti sotto l'attenta guida della Segreteria di Stato, sia a Malta da parte della Chiesa e del Governo. La nunziatura apostolica in Malta ha coordinato il tutto con particolare cura, affrontando e risolvendo i diversi problemi man mano emersi. Personalmente devo ammettere però che ero timoroso che gli attacchi mediatici sferrati ingiustamente contro la persona del Papa potessero in qualche modo oscurare il suo messaggio. Vivendo poi in un'era tecnologica, la mia preoccupazione era anche che la popolazione maltese potesse preferire la comodità di casa e seguire gli avvenimenti in televisione, anziché scendere nelle strade per accoglierlo. Invece, da questo punto di vista, il viaggio è stato un grande successo perché c'è stata una reazione contraria:  lungo il tragitto della papamobile non c'era una strada che non fosse piena di uomini, donne, giovani e bambini in festa; tutti sventolavano bandierine con i colori del Vaticano e della Repubblica di Malta; le bande musicali suonavano nelle piazze antistanti le circa quaranta chiese incontrate lungo il percorso. Diverse parrocchie hanno esposto la statua del santo patrono, come espressione di benvenuto, invocando la benedizione del Pontefice.

Lei è stato uno dei pochissimi testimoni dell'incontro del Papa con le vittime di abusi. Può descrivercene l'atmosfera?

È stato un momento molto toccante e di speciale grazia. Nella cappella della nunziatura, dapprima il vescovo di Gozo, monsignor Mario Grech, ha introdotto l'incontro con una breve preghiera in un clima di grande raccoglimento che mi rimanda col pensiero all'esperienza di Pentecoste, quando lo Spirito discese sugli apostoli riuniti nel Cenacolo insieme a Maria. Soprattutto è emersa la singolare paternità di Benedetto XVI. Basti pensare che il portavoce delle vittime ha riferito così ai giornalisti che lo hanno intervistato:  "Quando ho incontrato il Papa, mi sono reso conto di avere davanti a me una persona molto diversa da come viene descritta dai media". È rimasto toccato dal fatto che il Papa fosse visibilmente commosso e sinceramente dispiaciuto per quanto accaduto. Benedetto XVI ha anche apprezzato il loro coraggio nel denunciare quanti hanno commesso gli abusi. Inoltre le vittime sono rimaste colpite dal fatto che il Papa abbia preso le loro mani tra le sue. Quel momento mi ricorda il gesto misericordioso di Gesù che toccava e sanava. Anche in questo caso abbiamo avuto una guarigione, magari non fisica, ma sicuramente spirituale e psicologica. Tanto è vero che uno di loro ha affermato:  "Ormai per me è un capitolo chiuso. Ora posso ricominciare con fiducia rinnovata nella Chiesa e nei membri della Chiesa che sono fedeli al loro ministero sacerdotale". L'incontro è durato circa mezz'ora, ma i presenti hanno avuto la sensazione che se avessero parlato più a lungo il Papa li avrebbe ascoltati per tutto il tempo. E questo nonostante fosse stanco ed in forte ritardo sul programma previsto. Perciò quando si è congedato, i presenti ci hanno chiesto più volte, con insistenza, di porgere al Papa il loro vivo ringraziamento. E si leggeva nei loro volti tanta commozione. Mi preme aggiungere che questo incontro è stato ben preparato dai vescovi di Malta e dai loro collaboratori. L'arcivescovo, monsignor Paul Cremona, aveva già incontrato le vittime nella sua abitazione privata. Tale incontro era durato oltre due ore, in un clima di particolare commozione.

Al di là del protocollo e dei discorsi ufficiali, può sottolineare qualche particolare della visita del Papa?

Più volte, prima del viaggio a Malta, Benedetto XVI aveva espresso il desiderio di visitare un sito paolino. Per questo, quando da solo, in ginocchio, ha potuto pregare nel luogo che fu la dimora dell'Apostolo durante i tre mesi del suo soggiorno a Malta, è come se avesse potuto immergersi, calarsi in quella realtà e incontrare personalmente il grande evangelizzatore delle genti. È come se avesse potuto toccare con mano l'apostolo di cui aveva fatto conoscenza tramite le sue lettere.

E poi domenica c'è stata la messa a Floriana.

È stata il cuore del pellegrinaggio. Penso che durante la celebrazione dell'Eucaristia il Papa abbia potuto percepire la fede matura dei presenti, espressa tramite una devozione sincera, che non era solo esteriore:  i cinquantamila sul piazzale dei Granai hanno ascoltato le sue parole con attenzione e hanno partecipato con consapevolezza alla liturgia eucaristica. Durante il ringraziamento dopo la comunione c'era un tale silenzio da poter sentire il cinguettio degli uccelli sugli alberi circostanti. Da questa esperienza di una Chiesa viva che celebra la vittoria del Signore Risorto sul peccato e sulla morte il popolo di Malta è ripartito rinvigorito nella fede.

L'esatto contrario del frastuono assordante dei giovani al porto di Valletta?

Sì, si sa, i giovani sono così. Ma era evidente che si trattava di una gioia interiore. Sia durante la navigazione in catamarano sia sulla banchina dov'era allestito il palco, Benedetto XVI ha sperimentato la freschezza di questa Chiesa che continua a crescere soprattutto grazie alle nuove generazioni che vogliono conoscere Cristo. Ciò si riflette anche nelle comunità parrocchiali, dove i giovani partecipano attivamente alle celebrazioni e agli incontri di formazione. Molti turisti di ritorno da Malta esprimono la meraviglia che mentre in molte chiese d'Europa si vedono in prevalenza persone anziane, nelle parrocchie dell'arcipelago è normale trovare tanti ragazzi e ragazze.

I maltesi sembrano un originale mix tra rigore britannico e solarità mediterranea. Si riconosce in questa definizione?

Mi sembra che i maltesi siano fatti di tutt'altra pasta. Nonostante un secolo e mezzo di dominazione da parte dell'Impero britannico, noi maltesi non abbiamo imparato più di tanto a osservare la puntualità, né la precisione tipica degli inglesi; al contrario siamo chiassosi e molto più spontanei, per non dire anche poco curanti delle formalità e del protocollo. Ma, in compenso, come dice lei, siamo un popolo solare. E questo l'hanno notato anche alcuni dei membri del seguito papale apprezzando la freschezza dei volti e il calore sincero.

Lei è uno dei moltissimi sacerdoti maltesi che vivono lontano dalla patria.

Da quando ho il privilegio di vivere nell'appartamento pontificio, più volte Benedetto XVI ha mostrato la sua sorpresa e la sua soddisfazione nel constatare quanti preti e quante suore maltesi siano presenti in varie parti del mondo. Glielo riferiscono soprattutto i vescovi in visita ad limina. Questo fatto però non è solo una questione di generosità da parte nostra che evidentemente ci rende orgogliosi, ma ha anche una ricaduta positiva sulla comunità ecclesiale locale. Essa è rimasta una Chiesa viva perché missionaria:  quando questi missionari visitano i loro familiari a Malta organizzano messe o incontri, in cui raccontano le loro esperienze. E la popolazione si sente coinvolta nella pastorale missionaria:  non si limita a raccogliere soldi e viveri per poi mandarli a chi ne ha bisogno tramite "il loro" missionario, ma segue i progetti, si reca sui luoghi a dare una mano. Proprio durante il viaggio del Papa ho scoperto con piacere come siano in aumento i gruppi, specialmente di giovani, che vanno a fare soggiorni con esperienza missionaria insieme ai loro sacerdoti in India, in Brasile, in Albania, in Etiopia, in Guatemala, nel Perú, e in altre parti del mondo dove operano i nostri missionari. Il Santo Padre, come è noto, ne ha incontrati oltre duecento nella chiesa di San Paolo a Rabat la sera del suo arrivo a Malta.

A cos'è dovuta questa generosità?

Normalmente, i missionari maltesi riescono a inserirsi e ad adattarsi bene nell'ambiente in cui si trovano. Per loro conta molto il sensus ecclesiae, per cui lavorare per la Chiesa in Australia o in Africa o in Brasile è come lavorare per la Chiesa di Malta. Io provengo dalla diocesi di Gozo:  ventisettemila abitanti, quindici parrocchie, un centinaio di sacerdoti. Nel periodo di formazione i seminaristi sono inviati a fare un'esperienza di lavoro all'estero interrompendo gli studi per un anno intero. Io ho vissuto l'anno intermediario lavorando in un ospedale in Germania. È anche previsto che dopo l'ordinazione sacerdotale si dedicano almeno due anni di ministero fuori Malta per sperimentare l'universalità della Chiesa.

E lei è stato inviato a Roma?

In realtà da giovane sacerdote volevo fare il missionario, magari in Brasile, perché il mio vescovo di allora, monsignor Nikol Joseph Cauchi, oggi emerito, ci aveva incoraggiati a formare in seminario un gruppo missionario di cui ero segretario. Volevo partire per una terra di missione, attirato anche dalla bella testimonianza di sacerdoti della mia diocesi che da anni lavorano all'estero. Solo che quando manifestai il mio desiderio al vescovo, mi disse che non voleva distogliermi da questo buon proposito, ma che prima reputava utile "farmi le ossa" in Europa, perché l'esperienza missionaria oltre che affascinante è altrettanto difficile. Così in due parrocchie romane ho fatto delle ricche esperienze pastorali:  lì ho imparato a esercitare il ministero sacerdotale offrendo il mio contributo nella catechesi degli adolescenti e degli adulti e alla mensa per i poveri dove, con gli immigrati di lingua araba, cercavo di farli sentire accolti salutandoli con frasi maltesi, visto che gli idiomi sono simili. Successivamente la Provvidenza mi ha condotto su una "nuova rotta".
L
'ordinamento maltese non legalizza né l'aborto né il divorzio. Ritiene che questo modello possa essere esportabile o che prima o poi anche Malta finirà con l'allinearsi al resto del mondo?


Molti Paesi, soprattutto europei, ritengono che nell'ordinamento maltese ci sia un deficit di democrazia. Invece qui la legislazione rispecchia i sentimenti della maggioranza della popolazione, che aderisce al Vangelo piuttosto che alla mentalità secolare del mondo di oggi. E in tal modo i maltesi, per usare l'allegoria evangelica, costituiscono quella luce che è collocata non sotto il letto, ma sopra il candelabro; una città sopra il monte, che è lì, come testimonianza per chiunque voglia accoglierla. Ovviamente se dovessero cambiare le cose, ritengo che questo sarebbe senz'altro un passo indietro, certamente non un progresso.

Crocevia tra l'Europa e l'Africa del Nord, l'arcipelago rappresenta spesso una rotta obbligata per i disperati in cerca di nuove possibilità. Ma le politiche maltesi in materia di immigrazione attirano numerose critiche. Può aiutarci a capire come stanno realmente le cose?

Credo che si tratti di un'impressione sbagliata. I fatti dimostrano il contrario:  dal 2002, quando sono iniziati gli sbarchi dal Nord Africa sono stati accolti ben tredicimila immigrati. Tantissimi su una popolazione di appena 443 mila individui, che però detiene il primato europeo, e il terzo posto al mondo, di densità demografica. Oggi gli immigrati sono circa quattromila, accolti in numerose strutture, assistiti sia dal Governo, che provvede con un piccolo sostentamento economico, e ha rafforzato le leggi contro lo sfruttamento, equiparando gli immigrati ai dipendenti maltesi; sia dalla Chiesa, che ha allestito quattordici case di accoglienza e offre loro viveri, vestiario, e cerca di aiutarli nell'ottenere i documenti o un impiego. Va aggiunto che essi non hanno intenzione di rimanere a Malta:  la loro destinazione è l'Europa continentale per ricongiungersi con amici e familiari che li hanno preceduti.

Concludiamo tornando al viaggio. Ha avuto riscontri da parte dei maltesi?

Al ritorno in Vaticano sono stato inondato da e-mail, sms, e telefonate di gente rimasta particolarmente colpita dalle espressioni dolci e paterne di Benedetto XVI. Hanno scritto per manifestare la loro gratitudine al Papa. Uno di questi messaggi diceva:  "Ci è successo come gli Apostoli quando Gesù è asceso in Cielo:  il Papa è partito ma noi continuiamo a parlare di lui col cuore pieno di gioia!". Un altro diceva:  "Mi si è spezzato il cuore vederlo partire, tuttavia il Papa ha lasciato dietro di sé una scia di santità".

Il Papa ha detto qualcosa in proposito?

Ritornava volentieri a parlare dell'entusiasmante esperienza vissuta a Malta, e quando gli ho confidato l'infinita riconoscenza per il grandissimo dono fattoci nell'aver scelto di visitare Malta, tra i tanti inviti che riceve ogni giorno, egli ha risposto:  "Il regalo l'ho ricevuto anche io!". Mi è restata in cuore l'impressione che, come san Paolo, dopo aver sperimentato una furiosa tempesta, ripartì dall'isola rinfrancato dalla "rara umanità" degli abitanti a cui aveva offerto il dono della fede cristiana, sia accaduto altrettanto per il nostro amato Benedetto XVI.


(©L'Osservatore Romano - 5 maggio 2010)
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