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Giovanni Crisostomo; Brani scelti

Ultimo Aggiornamento: 15/09/2009 15:55
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14/09/2009 15:31

Le condizioni per celebrare la Pasqua

"Facciamo pure cosí in ciò che spetta ai misteri (eucaristici), senza guardare soltanto ciò che abbiamo dinanzi a noi, ma tenendo presenti le sue parole. Perché la sua parola è infallibile ed i nostri sensi sono fallibili. La sua parola non è mai venuta meno mentre i sensi il piú delle volte si ingannano. Poiché la sua parola ci dice: Questo è il mio corpo, ubbidiamo e crediamo, e vediamolo con gli occhi dello spirito. Infatti, Cristo non ci diede nulla di sensibile, ma piuttosto, per mezzo di cose sensibili, non ci diede altro che cose spirituali. Cosí nel battesimo, per mezzo di una cosa sensibile, ci si dà il dono dell`acqua, ma sono spirituali la rinascita e il rinnovamento ivi prodotti. Se tu fossi incorporeo, ti avrebbe dato soltanto questi doni incorporei; ma poiché l`anima è unita al corpo, ti offre - per mezzo di cose sensibili - altre spirituali. Quanti ora dicono: «Vorrei vedere la sua forma, la sua figura, le sue vesti, i suoi calzari!». Ecco quindi che Lo vedi, Lo tocchi, Lo mangi. Tu desideri vedere le sue vesti; ma Egli stesso ti si dona, e non solo perché tu lo veda, ma perché tu lo veda, ma perché lo possa toccare e mangiare e lo riceva dentro di te. Nessuno, quindi, si avvicini con senso di fastidio, con tiepidezza; tutti vi giungano pieni di ardore, di fervore e ben desti. Perché se i giudei, stando in piedi, tenendo i calzari e i bastoni in mano, mangiavano in fretta, conviene assai di piú che tu sia in guardia. Se essi, infatti, dovevano recarsi in Palestina, e per questo prendevano la forma di viandanti, tu invece devi trasferirti in cielo.

E` necessaria quindi una grande vigilanza: il tormento da cui sono minacciati coloro che comunicano indegnamente non è mediocre Considera come ti riempi di sdegno contro il traditore e contro quelli che hanno messo in croce Cristo. Bada bene di non essere anche tu reo del corpo santissimo, ma tu lo ricevi con l`anima immonda dopo aver ricevuto tanti benefici! Poiché Egli non si accontentò di farsi uomo, di essere schiaffeggiato e crocefisso, ma si unisce anche e si intrattiene con noi, e non solo per mezzo della fede, ma in realtà ci fa suo proprio corpo. Quale genere di purezza deve superare colui che partecipa a tale sacrificio? Quali raggi di luce da essere sorpassati dalla mano che spezza questa carne, dalla bocca che si riempie di questo fuoco spirituale, dalla lingua che si arrossa con questo sangue venerando?

Considera quale onore tanto elevato ti viene reso, di quale banchetto fai parte. Colui che gli angeli vedono con tremore e, a causa del suo splendore, non osano guardare in faccia, di Questi noi ci alimentiamo, con Questi noi ci mescoliamo e diventiamo un solo corpo e carne di Cristo. Chi può narrare i prodigi del Signore, far risuonare tutta la sua lode? (Sal 105,2). Quale pastore non rnanda al pascolo le sue pecore servendosi dei suoi servi? Ma che dico, pastore? Vi sono spesse volte delle madri le quali, dopo aver sofferto i dolori del parto, offrono i loro figli ad altre affinché li allattino e li educhino. Ma Egli non ha voluto cosí; Egli ci alimenta col suo sangue e si unisce a noi con tutti i mezzi. Osservalo bene: è nato dalla nostra stessa sostanza. Ma ciò non appartiene a tutti, dirai. Invece, sí certamente: a tutti. Perché se è venuto a prendere su di sé la nostra natura, è evidente che è venuto per tutti. E se per tutti, anche per ognuno di noi.

Ma come mai, mi dirai, non tutti hanno saputo trar profitto da questo guadagno? Non certamente per colpa di Colui il quale ha scelto questo in nome di tutti, bensí per colpa di coloro che non hanno voluto. Con ognuno dei fedeli Egli si unisce e si mescola per mezzo del sacramento, e coloro che ha generati li alimenta lui stesso e non li affida ad altri, e ti persuade allo stesso tempo col fatto che Egli ha preso la tua carne. Non dobbiamo quindi essere pigri, essendo stati giudicati degni di un sì grande amore ed onore. Non vedete con quale slancio i piccoli si attaccano al petto della madre, con quale impulso vi applicano le labbra? Avviciniamoci anche noi con lo stesso slancio a questa mensa, a questo petto e a questo calice spirituale; e ancora di piú: attiriamo con un impegno piú grande, come fanno i bimbi che devono essere allattati, la grazia dello Spirito Santo, e non abbiamo nessuna altra preoccupazione se non quella di non partecipare di questo alimento. L`Eucaristia non è opera dovuta alla virtù umana. Colui che in quella cena l`ha portata a compimento è Colui che ancor oggi la sostiene. Noi abbiamo la funzione di suoi ministri; ma Colui che santifica la offerta e la trasforma è Lui stesso.

Non vi prenda parte, quindi, nessun Giuda, nessun avaro. Se qualcuno non è suo discepolo, si ritiri; il sacro banchetto non ammette tali commensali. Celebro la Pasqua, afferma, con i miei discepoli (Mt 26,8). Questa è la stessa mensa. Poiché non si può dire che Cristo abbia preparato quella e l`uomo questa: ambedue sono state preparate da Cristo. Questa è quel cenacolo in cui allora si trovavano e da cui si recarono al monte degli; Ulivi. Rechiamoci anche noi verso le mani dei poveri, perchè sono esse nel monte degli Ulivi.
Ulivi piantati nella casa del Signore, sono la moltitudine dei poveri, i quali distillano l`olio che nell`al di là ci sarà di utilità, l`olio che avevano le cinque vergini, mentre le altre cinque perirono perché non seppero prenderlo da qua. Prendiamolo, dunque, ed entriamo per andar incontro allo Sposo con le lampade splendenti; prendiamolo ed usciamo da qua con esso. Non vi entri nessuno che sia disumano, nessuno che sia crudele e senza compassione, nessuno assolutamente che sia macchiato.

Dico questo a voi che comunicate e a voi che amministrate la comunione.
Perché è necessario parlare anche a voi affinché di affinché distribuiate questi doni con molta diligenza. Non vi viene riservato affatto un piccolo castigo se, conoscendo le cattiverie di qualcuno, permettete che partecipi a questo banchetto. Si domanderà conto del suo sangue alle vostre mani! (cf. Gen 42,22). Anche se si tratta del comandante militare, anche se si tratta del prefetto, anche se è colui stesso che si cinge il diadema, e si accosta indegnamente, allontanalo; tu hai un potere piú grande di quello che ha lui! Se tu avessi ricevuto l`incarico di conservare pura una fonte di acqua per un gregge, e vedessi una pecora con la bocca piena di fango, non le permetteresti di abbassarsi sulla corrente e di intorbidirla; e come mai adesso, che sei incaricato di una fonte non d`acqua, ma di sangue e spirito, e vedendo avvicinarsi ad essa alcuni che sono macchiati, non di terra e fango, ma di qualcosa di peggio, il peccato, come mai non ti adiri e non li allontani? Quale perdono pensi vi sia per te?

Per questo Iddio vi ha distinti con sí grande onore, affinché voi possiate far la cernita tra i degni e gli indegni. Questa è la vostra dignità, questa è la vostra sicurezza, questa la vostra corona; e non passeggiare (per la chiesa) cinti di un bianco e splendente vestito."

(Giovanni Crisostomo, In Matth., 82, 4-6)
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Apprendere la mitezza di Cristo

"Venite a me, voi tutti che siete affaticati e aggravati, e io vi darò sollievo" (Mt 11,28). Non chiama questo o quello in particolare, ma si rivolge a tutti quanti sono tormentati dalle preoccupazioni, dalla tristezza, o si trovano in peccato. "Venite", non perché io voglia chiedervi conto delle vostre colpe, ma per perdonarle. "Venite", non perché io abbia bisogno delle vostre lodi, ma perché ho una ardente sete della vostra salvezza. "Io" - infatti, egli dice - "vi darò sollievo". Non dice semplicemente: io vi salverò, ma ciò che è molto di piú: vi porrò in assoluta sicureza, perché questo è il senso delle parole "vi darò sollievo".

"Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e cosí troverete conforto alle anime vostre; poiché il mio giogo è soave, e il mio peso è leggero" (Mt 11,29-30). Non vi spaventate dunque, quando sentite parlare di "giogo", perché esso è "soave"; non abbiate timore quando udite parlare di "peso", perché esso è leggero. Ma perché, allora, -voi direte, - ha parlato precedentemente della porta stretta e della via angusta? Pare cosí quando noi siamo pigri e spiritualmente abbattuti. Ma se tu metti in pratica e adempi le parole di Cristo, il peso sarà leggero. E` in questo senso che cosí lo definisce. Ma come si può adempire ciò che Gesú dice? Puoi far questo se tu diventi umile, mite e modesto. Questa virtù è infatti la madre di tutta la filosofia cristiana. Per questo motivo quando egli incomincia a insegnare quelle sue divine leggi, inizia dall`umiltà (cf.Mt 7,14).

Egli conferma qui quanto disse allora, e promette che questa virtù sarà grandemente ricompensata. Essa non sarà - dice in sostanza - utile solo agli altri, in quanto voi prima di tutti ne riceverete i frutti, poiché "troverete conforto alle anime vostre". Ancor prima della vita eterna il Signore ti dà già la ricompensa e ti offre la corona del combattimento: in questo modo e col fatto che propone se stesso come esempio, rende accettabili le sue parole.

Che cosa temi? - sembra dire il Signore. Temi di apparire degno di disprezzo, se sei umile? Guarda a me: considera tutti gli esempi che ti ho dati e allora riconoscerai chiaramente quale grande bene è l`umiltà. Osserva come esorta e conduce con tutti i mezzi i discepoli all`umiltà; dapprima con il suo esempio: "Imparate da me che sono mite e umile di cuore"; poi con le ricompense che essi otterranno: "troverete conforto alle anime vostre"; con la grazia che egli stesso concederà loro: "io vi darò sollievo"; rendendo dolce e leggero il suo giogo: "poiché il mio giogo è soave, e il mio peso leggero"...

Se voi, dopo aver sentito parlare di giogo e di peso, ancora tremate e avete paura, ciò non deriva dalla natura stessa delle cose, ma esclusivamente dalla vostra pigrizia; perché se aveste lo spirito pronto e fervoroso tutto vi apparirebbe facile e leggero.

Ecco perché Cristo, volendo mostrare che anche noi dobbiamo compiere da parte nostra ogni sforzo, evita da un lato di dire soltanto cose gradevoli e facili, e dall`altro di parlare solamente di rinunzie difficili e severe, ma tempera le une cose con le altre. Parla di un "giogo", ma lo definisce "soave"; nomina un "peso", ma aggiunge che è "leggero", affinché non lo si sfugga in quanto eccessivamente pesante, né lo si disprezzi perché troppo leggero.

(Giovanni Crisostomo, In Matth. 38, 2 s.)

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L'esempio di Gesù

Che cosa dà valore alla nostra vita? Forse il far miracoli, oppure il mantenere un ottimo e perfetto comportamento? Certamente l`avere una condotta perfetta, da cui traggono occasione anche i miracoli che in essa hanno il loro fine. La santità della vita attira su di noi il dono divino di compiere azioni miracolose: e chi lo riceve ne è arricchito soltanto per convertire gli altri. Anche Cristo ha compiuto i miracoli per attirare a sé gli uomini, mediante la stima e l`ammirazione ch`essi gli procuravano, e per introdurre la virtù nella vita umana. E` questo lo scopo che Gesú con gran zelo si è proposto. Ma non gli bastavano i prodigi: difatti accompagnò i miracoli con la minaccia dell`inferno e con la promessa del regno; diede leggi nuove, meravigliose e sublimi e tutto operò allo scopo di renderci uguali agli angeli.

Ma che dico? Se qualcuno vi desse il potere di risuscitare i morti nel nome di Gesú, oppure di morire per lui, quale di questi due favori scegliereste? Senza dubbio, il secondo. L`uno è miracolo, mentre l`altro è opera. Se, del pari, vi si offrisse la facoltà di cambiare in oro tutta l`erba di questo mondo, oppure la grazia di disprezzare tutto l`oro del mondo come fosse erba, non preferireste forse quest`ultima cosa? E la scelta sarebbe certamente giusta, poiché il disprezzo delle ricchezze può, sopra ogni altra cosa, conquistare e attirare gli uomini. Difatti se essi vedessero l`erba tramutata in oro, desidererebbero avere anche loro quella facoltà, come accadde a Simon Mago, e la loro brama di ricchezza aumenterebbe ancor piú. Se invece ci vedessero calpestare e disprezzare il denaro come erba, già da tempo sarebbero guariti da questa malattia ch`è l`avarizia. Vedete, dunque, che niente giova di piú agli uomini quanto la vita. E intendo non digiunare o stendere per terra il sacco e spargervi sopra la cenere, ma disprezzare realmente e concretamente le ricchezze, amare tutti gli uomini, dare il pane al povero dominare l`ira, eliminare la vanità e l`ambizione, soffocare ogni sentimento di invidia.

Questi sono gli insegnamenti che Gesú stesso ha dato, dicendo: "Imparate da me che sono mite e umile di cuore" (Mt 11,29). Non invita a imparare da lui a digiunare, anche se potrebbe ricordare i quaranta giorni di digiuno da lui fatti, ma anziché esigere questo, egli vuole che imitiamo la sua mansuetudine e la sua umiltà. Quando invia i suoi apostoli a predicare, non dice loro di digiunare, ma di mangiare tutto quanto verrà loro offerto (cf. Lc 10,8). Per quanto concerne però il denaro, vieta loro espressamente di portarne con sé, ordinando di non possedere né oro, né argento, né alcun`altra moneta nelle loro borse (cf. Mt 10,9; Lc 10,4). Io vi dico questo, non perché biasimi il digiuno: Dio mi guardi da simile pensiero; anzi l`apprezzo moltissimo. Ma mi addoloro nel vedere che voi trascurare le altre virtù, pensando che basti digiunare per essere salvi, mentre il digiuno, fra tutte le virtù, occupa l`ultimo posto. Le virtù piú eccelse sono la carità, l`umiltà, la misericordia, che precedono e superano anche la verginità.

Sta di fatto che, se voi volete divenire uguali agli apostoli, niente ve lo impedisce. Basta soltanto praticare queste virtù e non essere in nulla inferiori a loro.

(Giovanni Crisostomo, In Matth. 46, 4)

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14/09/2009 15:35

Convertiamoci!

Convertiamoci, o dilettissimo, e facciamo la volontà di Dio. Per questo infatti ci ha creato e condotto all’esistenza, per farci partecipare ai beni eterni, per concederci il regno dei cieli, e non per gettarci nell’inferno e metterci nel fuoco eterno. Questo non fu fatto per noi, ma per il diavolo; per noi già da un pezzo è preparato e stabilito il regno dei cieli.
Che sia così, il Signore lo mostra molto bene quando dice a quelli di destra: «Venite, benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi fin dal principio del mondo; e a quelli di sinistra: Via da me, maledetti, nel fuoco eterno» (Mt 25,34.41).
Non rendiamoci indegni di entrare nel talamo celeste; finché restiamo quaggiù, anche se avessimo commesso peccati senza numero, è sempre possibile liberarsene, purché dimostriamo pentimento delle colpe commesse.


Giovanni Crisostomo, Invito a penitenza 1,9
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14/09/2009 15:36

Dio ama i peccatori

Egli dice: «I miei pensieri non sono come i vostri, né le mie vie come le vostre; ma quanto il cielo è distante dalla terra, altrettanto i miei pensieri differiscono dai vostri e le mie intenzioni dalle vostre» (Is 55,8-9).

Se noi, quando i nostri servi hanno commesso molte mancanze, perdoniamo loro, se promettono di correggersi, e li rimettiamo all’onore di prima e talvolta persino concediamo loro una maggior fiducia, molto più lo farà Dio.

Se Dio ci avesse creato allo scopo di poterci castigare, avresti ragione di disperare e di dubitare della tua salvezza; ma dal momento che ci ha creato per sua sola bontà e per farci godere dei beni eterni, e per questo fa di tutto dal primo giorno della nostra esistenza, fino a ora, che cosa ci può rendere dubbiosi?


Giovanni Crisostomo, Invito a penitenza 1,15
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14/09/2009 15:36

La confessione efficace

Fino a che tu non fai una confessione efficace, per quanto ti accusi, non arriverai a staccarti dal peccato. Uno non farà mai una cosa col debito impegno e diligenza, se non è convinto che la fa a suo vantaggio.

Chi semina non mieterà, se dopo la semina non si attende la messe. Chi vorrebbe mai fare una gran fatica, se questa non gli porta nessun frutto?

Così chi semina parole, lacrime e confessione, se non fa questo con la speranza di averne bene, non potrà staccarsi dal peccato, poiché lo trattiene il male della disperazione; anzi, come il contadino che non spera di mietere, non bada a togliere ciò che danneggia il campo, così chi piange e riconosce i suoi peccati, ma da ciò non si aspetta alcuna utilità, non potrà mai eliminare ciò che guasta il suo pentimento.


Giovanni Crisostomo, Invito a penitenza 1,18
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14/09/2009 15:37

La penitenza toglie tutti i peccati

Non mi dire che Dio perdona solo quelli che hanno commesso piccoli peccati.

Anche se uno è pieno di ogni malvagità e ha commesso tutte le colpe che l’escludono dal regno di Dio e questo tale non sia uno rimasto sempre infedele, ma sia pure un cristiano e di quelli più cari al Signore e poi sia divenuto colpevole di fornicazione, d’adulterio, ladro, ubriacone, corrotto e corruttore, violento e quanto altro si possa dire di brutto: ebbene, io dico che neppure questo deve disperare, anche se fosse giunto all’estrema vecchiaia carico di tanta orrenda e indicibile malvagità.

Dio, quando punisce e castiga, non lo fa per ira, ma con sollecitudine e bontà.

Bisogna perciò confidare assai in Dio e fare assegnamento sulla forza della penitenza.



Giovanni Crisostomo, Invito a penitenza 1,4
[Modificato da Cattolico_Romano 14/09/2009 15:38]
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14/09/2009 15:38

Glorificazione di Dio per la bellezza del creato

"Se Dio manifesta una cura così sollecita anche nei confronti di cose di modesto valore (l’erba e i fiori, ad esempio), come potrà dimenticare te, che sei la più eccellente delle sue creature? Perché dunque ha creato cose tanto belle? Per manifestare la sua sapienza e la grandezza della sua potenza, affinché conoscessimo in tutto la sua gloria.

Non soltanto i cieli narrano la gloria di Dio (Sal 18,2), ma anche la terra, come rileva Davide, quando cantava: Lodate il Signore, alberi da frutto e tutti i cedri (Sal 148,9). Alcune creature, infatti, rendono lode al Creatore con i loro frutti, altre con la loro grandezza, altre ancora con la loro bellezza.

Un’altra dimostrazione della grande sapienza e potestà di Dio, risiede nel fatto ch’egli orni di tanta bellezza anche gli oggetti più vili (che cosa c’è, infatti, di più vile di ciò che oggi esiste, ma domani non sarà più?). Se dunque Dio ha donato anche al fieno ciò che non gli era affatto necessario (a che cosa serve, infatti, la sua bellezza? ad alimentare il fuoco?), com’è possibile ch’egli non conceda a te ciò di cui hai bisogno? Se il Signore ha decorato generosamente la cosa più vile fra tutte, e non per una qualche utilità, ma unicamente per bellezza; molto più onorerà te, la più preziosa delle sue creature, in quelle cose che ti sono necessarie."

Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 22,1
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14/09/2009 15:39

I vantaggi del perdono ai nemici.

Questa parabola cerca di ottenere due cose: che noi riconosciamo e condanniamo i nostri peccati, e che perdoniamo quelli degli altri. E il condannare è in funzione del perdonare, affinché cioè il perdonare diventi più facile. Colui infatti che riconosce i propri peccati, sarà più disposto a perdonare al proprio fratello. E non solo a perdonare con la bocca, ma di cuore. Altrimenti noi rivolgeremo la spada contro noi stessi. Che male può farti il tuo nemico che possa essere paragonato a quello che tu fai a te stesso, accendendo la tua ira e attirando contro di te la sentenza di condanna da parte di Dio? Se infatti tu sei vigilante e vivi filosoficamente, tutto il male ricadrà sulla testa di chi ti offende e sarà lui a pagare il malfatto; ma se ti ostini nella tua indignazione e nel risentimento, allora sarai tu stesso a riportare il danno: non quello che ti procurerà l’offesa del nemico, ma quello che ti deriverà dal tuo rancore. Non dire che t’insultò e che ti calunniò e ti fece mille mali, quanti più oltraggi tu enumeri, tanto più dimostri che egli è tuo benefattore. Egli infatti ti ha dato modo di espiare i tuoi peccati. Quanto più infatti egli ti ha offeso tanto più è diventato per te causa di perdono. Infatti se noi vogliamo, nessuno potrà danneggiarci; anzi i nostri stessi nemici saranno per noi causa di bene immenso. Ma perché parlò soltanto degli uomini? C’è qualcosa di più perverso del demonio? Eppure anche lui può essere per noi occasione di grande gloria, come lo dimostra Giobbe. Se dunque il diavolo può essere per te occasione di ricompensa, perché temi un uomo, tuo nemico? Considera infatti quanto tu guadagni sopportando con mansuetudine gli attacchi dei tuoi nemici. Il primo e più grande vantaggio è il perdono dei tuoi peccati. In secondo luogo tu acquisti costanza e pazienza e inoltre mitezza e misericordia: infatti chi non sa adirarsi contro coloro che l’offendono, tanto più sarà mite verso gli amici. Infine, sradicheremo per sempre da noi l’ira: e non vi è bene pari a questo. Chi infatti è libero dall’ira, evidentemente sarà libero dalla tristezza di cui l’ira è fonte e non consumerà la sua vita in vani affanni e dolori. Chi non s’adira né odia, non sa neppure essere triste, ma godrà di gioia e di beni infiniti. Odiando infatti gli altri, noi puniamo noi stessi; e, al contrario, benefichiamo noi stessi, amando. Oltre a tutto questo, tu sarai rispettato persino dai tuoi nemici, anche se essi sono demoni; anzi, con questo tuo atteggiamento non avrai più neppure un nemico. Infine, ciò che vale più di tutto ed è prima di tutto: tu ti guadagnerai la benevolenza di Dio; se hai peccato, otterrai il perdono; e se hai praticato il bene, aggiungerai nuovi motivi di fiducia e di speranza.



 S. Giovanni Crisostomo ( 407), In Mattheum 61,5.
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Dignità dell’uomo nella sua creazione

"Dio disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza (Gen 1,26). Anzitutto si deve qui investigare il motivo per il quale, in occasione della creazione del cielo, Dio non disse «facciamo», bensì «il cielo sia!», «la luce sia!», come, d’altronde, in ogni parte della creazione.

La parola «facciamo» appare solo qui e questa espressione suona come un consiglio, una deliberazione, una comunicazione di Dio a un’altra persona fornita della sua medesima dignità. E chi è mai colui che deve essere creato, dal momento che può rallegrarsi di un simile onore? È l’uomo, il grande e meraviglioso essere vivente che Dio considera come il più illustre di tutta la creazione, per amore del quale esiste il cielo, la terra, il mare e il resto della creazione.

È l’uomo, la cui salvezza Dio ha tanto desiderato da non risparmiare, per amore di lui, il suo Figlio unigenito. Dio, infatti, non ha smesso di compiere efficacemente la sua opera fino a quando non abbia sollevato quest’uomo e non l’abbia fatto sedere alla propria destra.

Paolo esclama:
Dio ci ha risuscitati e ci ha fatti sedere in Cristo Gesù alla destra nei cieli (Rm 8,32).

Per questo, dunque, ci fu il consiglio, la deliberazione e la comunicazione.
Non come se Dio avesse avuto bisogno di un consiglio (non sia mai!), ma per mostrarci, attraverso questo discorso, l’onore spettante a colui che stava per nascere."



Giovanni Crisostomo, Omelie sul Genesi,
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14/09/2009 15:42

La preghiera è luce per l'anima



 

"La preghiera, o dialogo con Dio, è un bene sommo. È, infatti, una comunione intima con Dio. Come gli occhi del corpo vedendo la luce ne sono rischiarati, così anche l'anima che è tesa verso Dio viene illuminata dalla luce ineffabile della preghiera. Deve essere, però, una preghiera non fatta per abitudine, ma che proceda dal cuore. Non deve essere circoscritta a determinati tempi od ore, ma fiorire continuamente, notte e giorno.

Non bisogna infatti innalzare il nostro animo a Dio solamente quando attendiamo con tutto lo spirito alla preghiera. Occorre che, anche quando siamo occupati in altre faccende, sia nella cura verso i poveri, sia nelle altre attività, impreziosite magari dalla generosità verso il prossimo, abbiamo il desiderio e il ricordo di Dio, perché, insaporito dall'amore divino, come da sale, tutto diventi cibo gustosissimo al Signore dell'universo. Possiamo godere continuamente di questo vantaggio, anzi per tutta la vita, se a questo tipo di preghiera dedichiamo il più possibile del nostro tempo.

La preghiera è luce dell'anima, vera conoscenza di Dio, mediatrice tra Dio e l'uomo. L'anima, elevata per mezzo suo in alto fino al cielo, abbraccia il Signore con amplessi ineffabili. Come il bambino, che piangendo grida alla madre, l'anima cerca ardentemente il latte divino, brama che i propri desideri vengano esauditi e riceve doni superiori ad ogni essere visibile.

La preghiera funge da augusta messaggera dinanzi a Dio, e nel medesimo tempo rende felice l'anima perché appaga le sue aspirazioni. Parlo, però, della preghiera autentica e non delle sole parole.

Essa è un desiderare Dio, un amore ineffabile che non proviene dagli uomini, ma è prodotto dalla grazia divina. Di essa l'Apostolo dice: Non sappiamo pregare come si conviene, ma lo Spirito stesso intercede per noi con gemiti inesprimibili (cfr. Rm 8, 26b). Se il Signore dà a qualcuno tale modo di pregare, è una ricchezza da valorizzare, è un cibo celeste che sazia l'anima; chi l'ha gustato si accende di desiderio celeste per il Signore, come di un fuoco ardentissimo che infiamma la sua anima.

Abbellisci la tua casa di modestia e umiltà mediante la pratica della preghiera. Rendi splendida la tua abitazione con la luce della giustizia; orna le sue pareti con le opere buone come di una patina di oro puro e al posto dei muri e delle pietre preziose colloca la fede e la soprannaturale magnanimità, ponendo sopra ogni cosa, in alto sul fastigio, la preghiera a decoro di tutto il complesso. Così prepari per il Signore una degna dimora, così lo accogli in splendida reggia. Egli ti concederà di trasformare la tua anima in tempio della sua presenza"

Dalle « Omelie » di san Giovanni Crisostomo, vescovo (Om. 6 sulla preghiera; PG 64, 462-466)

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14/09/2009 15:44

 Mostraci, Signore, chi hai designato

"In quei giorni, Pietro si alzò in mezzo ai fratelli e disse :" (At 1,15). Dato che era il più zelante e gli era stato affidato da Cristo il gregge, e dato che era il primo nell'assemblea, per primo prende la parola: Fratelli, occorre scegliere uno tra noi (cfr. At 1,21-22). Lascia ai presenti il giudizio, stimando degni d'ogni fiducia coloro che sarebbero stati scelti e infine garantendosi contro ogni odiosità che poteva sorgere. Infatti decisioni così importanti sono spesso origine di numerosi contrasti.
E non poteva essere lo stesso Pietro a scegliere? Certo che poteva, ma se ne astiene per non sembrare di fare parzialità. D'altra parte non aveva ancora ricevuto lo Spirito Santo. "Ne presentarono due, Giuseppe, detto Barsabba che era soprannominato Giusto, e Mattia" (At 1,23). Non li presentò lui, ma tutti. Lui motivò la scelta, dimostrando che non era sua, ma già contemplata dalla profezia. Così egli fu solo l'interprete, non uno che impone il proprio giudizio.
Continua: Bisogna, dunque, che tra questi uomini che sono radunati con noi (cfr. At 1,21). Osserva quanta oculatezza richieda nei testimoni, anche se doveva venire lo Spirito; tratta con grande diligenza questa scelta.
Tra questi uomini, prosegue, che sono stati con noi tutto il tempo che visse tra noi il Signore Gesù. Parla di coloro che erano vissuti con Gesù, non quindi semplici discepoli. All'inizio molti lo seguivano: ecco perché afferma: Era uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e avevano seguito Gesù.
"Tutto il tempo che visse tra noi il Signore Gesù, a cominciare dal battesimo di Giovanni" (At 1,21). E sì, perché gli avvenimenti accaduti prima, nessuno li ricordava con esattezza, ma li appresero dallo Spirito. "Fino al giorno in cui Gesù ascese al cielo, uno divenga testimone insieme con noi della sua risurrezione" (At 1,22). Non dice: testimone di ogni cosa, ma "testimone della sua risurrezione", semplicemente.
Infatti era più credibile uno che affermasse: Colui che mangiava, beveva e fu crocifisso, è proprio lo stesso che è risuscitato. Perciò non era necessario che fosse testimone del passato né del tempo successivo e neppure dei miracoli, ma solo della risurrezione. Gli altri avvenimenti erano noti ed evidenti; la risurrezione invece era avvenuta di nascosto ed era nota solo a quei pochi.
E pregavano insieme dicendo: "Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostra " (At 1,24). Tu, non noi. Molto giustamente lo invocano come colui che conosce i cuori: da lui, infatti, dov'essere fatta l'elezione non da altri. Fregavano con tanta confidenza, perché era proprio necessario che uno fosse eletto. Non chiesero: Scegli, ma: mostra l'eletto, "colui che hai eletto", ben sapendo che tutto è già stabilito da Dio. "E li tirarono a sorte". Non si ritenevano degni di fare essi stessi l'elezione, per questo desiderarono essere guidati da un segno.

Dalle "Omelie sugli Atti degli Apostoli" di san Giovanni Crisostomo, vescovo (Om. 3,1.2.3; PG 60,33-36,38)
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14/09/2009 15:45

La forza del sangue di Cristo

Vuoi conoscere la forza del sangue di Cristo? Richiamiamone la figura, scorrendo le pagine dell'Antico Testamento.
"Immolate, dice Mosè, un agnello di un anno e col suo sangue segnate le porte" (Es 12,5). Cosa dici, Mosè? Quando mai il sangue di un agnello ha salvato l'uomo ragionevole? Certamente, sembra rispondere, non perché è sangue, ma perché è immagine del sangue del Signore. Molto più di allora il nemico passerà senza nuocere se vedrà sui battenti non il sangue dell'antico simbolo, ma quello della nuova realtà, vivo e splendente sulle labbra dei fedeli, sulla porta del tempio di Cristo.
Se vuoi comprendere ancor più profondamente la forza di questo sangue, considera da dove cominciò a scorrere e da quale sorgente scaturì. Fu versato sulla croce e sgorgò dal costato del Signore. A Gesù morto e ancora appeso alla croce, racconta il vangelo, s'avvicinò un soldato che gli aprì con un colpo di lancia il costato: ne uscì acqua e sangue.

L'una simbolo del battesimo, l'altro dell'eucaristia. Il soldato aprì il costato: dischiuse il tempio sacro, dove ho scoperto un tesoro e dove ho la gioia di trovare splendide ricchezze. La stessa cosa accadde per l'Agnello: i Giudei sgozzarono la vittima ed io godo la salvezza, frutto di quel sacrificio.
"E uscì dal fianco sangue ed acqua" (cfr. Gv19,34). Carissimo, non passare troppo facilmente sopra a questo mistero. Ho ancora un altro significato mistico da spiegarti. Ho detto che quell'acqua e quel sangue sono simbolo del battesimo e dell'eucaristia. Ora la Chiesa è nata da questi due sacramenti, da questo bagno di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito santo per mezzo del battesimo e dell'Eucaristia. E i simboli del battesimo e dell'Eucaristia sono usciti dal costato. Quindi è dal suo costato che Cristo ha formato la Chiesa, come dal costato di Adamo fu formata Eva.

Per questo Mosè, parlando del primo uomo, usa l'espressione: "ossa delle mie ossa, carne della mia carne" (Gn 2,23), per indicarci il costato del Signore. Similmente come Dio formò la donna dal fianco di Adamo, così Cristo ci ha donato l'acqua e il sangue dal suo costato per formare la Chiesa. E come il fianco di Adamo fu toccato da Dio durante il sonno, così Cristo ci ha dato il sangue e l'acqua durante il sonno della sua morte.
Vedete in che modo Cristo unì a sé la sua Sposa, vedete con quale cibo ci nutre. Per il suo sangue nasciamo, con il suo sangue alimentiamo la nostra vita. Come la donna nutre il figlio col proprio latte, così il Cristo nutre costantemente col suo sangue coloro che ha rigenerato.


 
Dalle "Catechesi" di san Giovanni Crisostomo, vescovo (Catech. 3,13-19; SC 50,174-177)
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14/09/2009 15:46

La Chiesa è protetta da Dio


Fai la guerra alla Chiesa, ma non puoi danneggiare chi combatti. Anzi, anche la mia persona tu rendi più luminosa e le tue forze vengono meno nella guerra a me mossa: Ti è duro dar di calci nei pungoli acuti (At 9,5
): non ne ottundi la punta, ma ti insanguini i piedi. Anche i flutti non riescono ad infrangere la roccia, ma si dissolvono spumeggiando. Nulla è più forte della Chiesa, o uomo! Cessa la guerra, perché il tuo potere non sia distrutto: non combattere contro il cielo! Se combatti un uomo, o vinci o sei vinto. Ma se combatti la Chiesa, è impossibile che tu possa vincere, perché Dio è più potente di tutti. Eccitiamo Dio a sdegno? Siamo forse più forti di lui? (1Cor 10,22). Dio l`ha resa salda: chi la scuoterà?

Non conosci la sua potenza? Guarda sulla terra, e la fa tremare (Sal 103,32
); dà un ordine, e lo scuotimento si placa. Se ha reso salda la città scossa, molto più potrà rendere salda la Chiesa: la Chiesa è più forte del cielo: II cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno (Mt 24,35). Quali parole? Tu sei Pietro e su questa mia pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell`ade non prevarranno su di essa (Mt 16,18).

Se non credi a queste parole, credi ai fatti. Quanti tiranni hanno preteso di sovrastare la Chiesa? E olio bollente, e roghi, e zanne di fiere, e spade affilate: ma non l`hanno sopraffatta! Dove sono ora quelli che l`hanno combattuta? Sono abbandonati al silenzio e all`oblio. E dov`è la Chiesa? Splende più del sole. La forza di quelli si è spenta, la forza della Chiesa è immortale. Se quando i cristiani erano pochi, essi non riuscirono a sopraffarla, ora che il mondo intero è pieno di fede e religiosità, tu potrai vincerla? «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno»: ed è ovvio: la Chiesa è cara a Dio più del cielo. Egli non assunse un corpo celeste, ma assunse un corpo ecclesiale; il cielo è per la Chiesa, non la Chiesa per il cielo.

Giovanni Crisostomo, discorso tenuto prima di andare in esilio, 1-2.

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14/09/2009 15:48

La preghiera è efficace se è frutto di conversione


Non restiamo, dunque, ad aspettare oziosamente l`aiuto degli altri. E` certo che le preghiere dei santi hanno molta efficacia, ma solo quando noi mutiamo condotta e diventiamo migliori. Mosè, che pure salvò il fratello e seicentomila uomini dalla collera divina, non riuscí a salvare sua sorella, sebbene il peccato di lei fosse minore di quello degli altri: ella, infatti, aveva mormorato contro Mosè, mentre il reato degli altri era l`empietà contro Dio stesso. Ma lascio a voi di riflettere su questa questione e cercherò invece di spiegare e risolvere un`altra piú difficile. Perché, infatti trattenerci a parlare della sorella, quando Mosè stesso, il condottiero del popolo eletto, non poté ottenere quanto desiderava? Infatti, dopo aver sofferto infinite pene e fatiche ed aver guidato per quarant`anni il popolo ebreo, non gli fu concesso di entrare nella terra tante volte promessa. Quale ne fu la causa? Questa grazia non sarebbe stata utile, anzi avrebbe recato molto danno e avrebbe potuto causate la rovina e la caduta di molti fra i Giudei. Essi, infatti, dopo esser partiti dal paese d`Egitto, avevano abbandonato Dio e seguivano Mosè riferendo a lui ogni cosa; se poi egli li avesse condotti nella terra promessa, chissà a quale empietà si sarebbero di nuovo abbandonati. Per questo, il sepolcro di Mosè rimase sempre nascosto e ignorato (cf. Dt 34,6). Quanto a Samuele, pur avendo egli spesso salvato gli Israeliti, non poté salvare Saul dalla collera di Dio (cf. 1Sam 16,1). Geremia, dal canto suo, non poté liberare i Giudei, ma salvò come profeta molti altri. Daniele poté salvare dalla morte i sapienti di Babilonia, ma non poté liberare il suo popolo dalla schiavitú (cf. Dn 2). Noi vediamo, del resto, nei Vangeli verificarsi per uno stesso uomo queste due situazioni: chi ha potuto riscattarsi una volta non può piú farlo in un`altra circostanza. Colui che doveva diecimila talenti, supplicando ottenne che il suo debito gli fosse rimesso, ma non poté piú ottenere la stessa cosa subito dopo. E al contrario, quegli che dapprima si era perduto, piú tardi si salvò. Chi è costui? Si tratta di quel figliol prodigo il quale, dopo aver dissipato le sostanze del padre, ritornò da lui e ottenne il perdono (cf. Lc 15,30). Insomma, se noi siamo pigri e negligenti, neppure gli altri ci potranno soccorrere: ma se vegliamo su noi stessi, da noi medesimi ci soccorreremo e lo faremo molto meglio di quanto potrebbero farlo gli altri. Dio preferisce accordare la sua grazia direttamente a noi, piuttosto che ad altri per noi, perché lo zelo che poniamo nel cercare di allontanare la sua collera ci spinge ad agire con fiducia e a diventare migliori di quel che siamo. Per questo il Signore fu misericordioso con la cananea e cosí egli salvò la Maddalena e il ladrone, senza che alcun mediatore fosse intervenuto a favore.

(Giovanni Crisostomo, In Mt 5, 4)

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14/09/2009 15:49

Perché tanto seme si perde?

Per qual motivo, ditemi, la maggior parte della semente si perde? Non è certo per colpa del seminatore, ma della terra che accoglie i semi, dell`anima cioè che non ascolta. Perché Gesú non dice esplicitamente che i pigri hanno accolto i chicchi seminati, ma li hanno lasciati beccare dagli uccelli, i ricchi li hanno soffocati e coloro che vivono nel lusso e nelle vanità li hanno lasciati seccare? Cristo non vuole colpirli con troppa veemenza, per non gettarli nella disperazione, ma lascia la dimostrazione e l`applicazione alla coscienza dei suoi ascoltatori. E del resto, ciò accade non solo al seme, di cui una parte si perde, ma accadrà poi anche alla rete. La rete infatti prende molti pesci inutili. Gesú senza dubbio narra questa parabola per incoraggiare i suoi discepoli ed insegnar loro che, quand`anche la maggior parte di coloro che riceveranno la parola divina si perdesse, non devono per questo avvilirsi.

La stessa cosa accadde anche al Signore; ma egli, pur prevedendo chiaramente ciò che sarebbe sucesso, non per questo rinunziò a seminare.

Ma come è concepibile - mi direte voi - che si semini sugli spini, sul terreno roccioso e lungo la via? Vi rispondo che la cosa sarebbe assurda, se si trattasse della seminagione terrena che si fa in questo mondo: è invece assai lodevole il fatto, dato che si tratta delle anime e della dottrina divina.

Verrebbe certamente ripreso il contadino che disperdesse in questo modo la semente. Il terreno roccioso non può infatti divenire terra buona, né la via può cambiare, e gli spini restano sempre tali. Ma non è cosí nell`ordine spirituale. Le pietre possono mutarsi e diventare terra fertile, la via piú battuta può non esser piú calpestata e aperta a tutti i passanti, ma divenire campo produttivo, e anche le spine possono sparire per lasciar crescere e fruttificare in tutta libertà il grano seminato. Se questi cambiamenti fossero stati impossibili, il Signore non avrebbe seminato. E se in tutti non è avvenuta tale trasformazione, la colpa non è del seminatore, ma di coloro che non hanno voluto cambiar vita. Il seminatore ha compiuto quanto dipendeva da lui; ma se gli uomini non hanno corrisposto alla sua opera, non è responsabile il seminatore che ha testimoniato un cosí grande amore per gli uomini.

Notate ora, vi prego, che la via della perdizione non è una sola, ma varie e ben differenti e lontane l`una dall`altra. E` chiaro che le anime paragonate alla "via" sono i negligenti, i tiepidi, i trascurati. Coloro invece che sono rafiigurati nel "terreno roccioso" sono semplicemente i deboli. Dichiara infatti Cristo: "Il seme caduto in suolo roccioso raffigura colui che, udita la parola, subito la riceve con gioia; non avendo però radice in se stesso ed essendo incostante, venuta una qualsiasi tribolazione o persecuzione a cagione della parola, subito ne prende scandalo (Mt 13,20-21).

E ancor prima dice: Quando uno ode la parola della verità ma non la intende, viene il maligno e rapisce dal suo cuore ciò che è stato seminato. Costui è simboleggiato nel seme caduto lungo la via" (Mt 13,19). Non è però la stessa cosa trascurare e lasciar perdere l`insegnamento divino, quando nessuno ci molesta o ci perseguita e quando invece ci sovrastano prove e tentazioni; e ancor meno degni di perdono di questi sono coloro che vengono raffigurati nelle "spine".

Se vogliamo dunque evitare che qualcosa di simile ci capiti, ricopriamo le parole di Dio con il fervore della nostra anima e con il ricordo incessante della nostra memoria. Se il diavolo si sforza di rapircelo, dipende da noi rendere vani i suoi sforzi. Se il seme si secca, ciò non accade per eccesso di calore - Gesú non dice che è il caldo a produrre questo effetto, ma il fatto di non aver radice. Se poi la parola divina viene soffocata, non è per colpa delle spine, ma piuttosto di coloro che le hanno lasciate crescere.

E` possibile infatti, solo che tu voglia, impedire la crescita di questi cattivi germogli e usare, come è giusto e utile, delle ricchezze. Ecco perché il Signore non parla semplicemente del "mondo", ma delle "preoccupazioni di questo mondo" e non accusa genericamente la ricchezza, ma denunzia "la seduzione delle ricchezze". Non accusiamo dunque le cose in sé stesse, ma la nostra corrotta intenzione, la nostra cattiva volontà.

(Giovanni Crisostomo, In Matth. 44, 3 s .)

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14/09/2009 16:57

Non è l'uomo che fa diventare le cose offerte Corpo e Sangue di Cristo, ma è Cristo stesso, che è stato crocifisso per noi. Il sacerdote, figura di Cristo, pronunzia quelle parole, ma la loro virtù e la grazia sono di Dio. Questo è il mio Corpo, dice. Questa Parola trasforma le cose offerte.

[San Giovanni Crisostomo, De proditione Judae, 1, 6: PG 49, 380C].
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San Giovanni Crisostomo, Commento al vangelo di san Matteo, 82,4-5

"Fidiamoci di Cristo"

Mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane, lo spezzò (Mt 26,6). Perché celebrò il mistero dell'eucaristia durante la Pasqua? Perché tu imparassi che egli è l'autore della legge antica, che conteneva in figura ciò che lo riguardava. A questa immagine ha sostituito la realtà. Anche il fatto che fosse sera ha un suo significato: rappresentava la pienezza dei tempi e il compimento finale delle cose... Se la Pasqua, che era una semplice figura, ha potuto liberare gli ebrei dalla schiavitù, quanto più la realtà non libererà l'universo?...

Prendete e mangiate, dice Gesù, questo è il mio corpo, che è per voi (1Cor 11,24). Come mai i discepoli non sono rimasti turbati udendo queste parole? Il Cristo aveva già detto loro molte cose su questo argomento (cf. Gv 6). Non vi ritorna più, pensando di averne parlato a sufficienza...

Fidiamoci dunque pienamente di Dio. Non facciamogli obiezioni, anche se quello che dice sembra contrario ai nostri ragionamenti e a quello che vediamo. La sua parola sia padrona della nostra ragione e del nostro modo di vedere. Abbiamo questo atteggiamento di fronte ai sacri misteri: non vediamoci solamente quello che cade sotto i nostri sensi, ma teniamo soprattutto conto delle parole del Signore.

La sua parola non inganna, mentre i nostri sensi ci ingannano facilmente; essa non è mai colta in errore, mentre i sensi si sbagliano spesso. Quando il Verbo dice: Questo è il mio corpo, fidiamoci di lui, crediamo e contempliamolo con gli occhi dello spirito. Perché Cristo non ci ha dato nulla di puramente materiale: nelle stesse realtà sensibili, tutto è spirituale.

Col battesimo ci viene amministrata una realtà sensibile nel dono dell'acqua, ma la sua efficacia è di ordine spirituale, quello della rinascita e del rinnovamento. Se tu fossi un essere incorporeo, questi doni incorporei ti sarebbero dati senza intermediari; ma poiché l'anima è unita al corpo, i doni spirituali ti sono comunicati attraverso realtà sensibili.

Quanta gente dice oggi: "Vorrei vedere il volto di Cristo, i suoi lineamenti, le sue vesti, i suoi sandali". Ebbene, è lui che vedi, che tocchi, che mangi! Desideri vedere le sue vesti; ed è lui stesso che si dona a te non solo per esser visto, ma toccato, mangiato, accolto nel cuore. Nessuno dunque si avvicini con indifferenza o con mollezza; ma tutti vengano a lui con l'anima ardente di amore.

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14/09/2009 17:24

Quando Dio dice « oggi», non dobbiamo dire « domani»



Questa parola «oggi» la si può dire finché si è vivi e anche da vecchi, giacché il valore della penitenza non si misura col tempo ma con la disposizione dell’anima.

Abbiamo dunque bisogno soprattutto di coraggio e di buona disposizione, e se disporremo la nostra coscienza a detestare la vita cattiva e a metterci per quella buona con animo così risoluto come Dio vuole e richiede, la brevità del tempo non ci toglierà niente, giacché molti, che erano ultimi, sono passati davanti ai primi.

Non è infatti cosa tanto tremenda il cadere, quanto il rimanere a terra senza rialzarsi, con la cattiva volontà e l’indifferenza, nascondendo la debolezza del nostro libero arbitrio sotto pensieri di disperazione.

A questi tali quasi dubbioso il profeta dice: forse che chi è caduto non si rialza, o chi s’è allontanato non ritorna? (Ger 8,4).


Giovanni Crisostomo, Invito a penitenza 1,6-7
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15/09/2009 15:55

Dignità dell’uomo nella sua creazione

“Dio disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza (Gen 1,26). Anzitutto si deve qui investigare il motivo per il quale, in occasione della creazione del cielo, Dio non disse «facciamo», bensì «il cielo sia!», «la luce sia!», come, d’altronde, in ogni parte della creazione. La parola «facciamo» appare solo qui e questa espressione suona come un consiglio, una deliberazione, una comunicazione di Dio a un’altra persona fornita della sua medesima dignità. E chi è mai colui che deve essere creato, dal momento che può rallegrarsi di un simile onore? È l’uomo, il grande e meraviglioso essere vivente che Dio considera come il più illustre di tutta la creazione, per amore del quale esiste il cielo, la terra, il mare e il resto della creazione.

È l’uomo, la cui salvezza Dio ha tanto desiderato da non risparmiare, per amore di lui, il suo Figlio unigenito. Dio, infatti, non ha smesso di compiere efficacemente la sua opera fino a quando non abbia sollevato quest’uomo e non l’abbia fatto sedere alla propria destra.

Paolo esclama:
Dio ci ha risuscitati e ci ha fatti sedere in Cristo Gesù alla destra nei cieli (Rm 8,32).

Per questo, dunque, ci fu il consiglio, la deliberazione e la comunicazione.
Non come se Dio avesse avuto bisogno di un consiglio (non sia mai!), ma per mostrarci, attraverso questo discorso, l’onore spettante a colui che stava per nascere.”

Giovanni Crisostomo, Omelie sul Genesi, 2 

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