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Mons. Ravasi: le chiese di oggi sembrano garage

Ultimo Aggiornamento: 20/09/2009 15:41
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20/09/2009 15:17

MA CHE BELLA CHIESA...



di Francesco Colafemmina

Questa mattina ero per lavoro in quel di Policoro Lido, frazione marittima della ridente località lucana a ridosso della costa ionica. Improvvisamente dai vetri di un albergo nel quale avevo un appuntamento, scorgo un mostro architettonico: due pareti biancastre che si innalzano a forma di capanna-piramide verso il cielo. In un'area particolarmente vincolata, un territorio già pesantemente devastato dagli abusi edilizi e dalla sfrontatezza di costruttori ed amministratori pubblici, ecco emergere l'ennesima mostruosità. Ma non avevo visto bene!
Non si trattava infatti di un auditorium o di un albergo ecclettico, bensì di una chiesa.
Al che, mi sono proprio detto che non doveva essere un caso. La chiesa poi ricorda moltissimo l'obbrobrio già proposto ai lettori ed opera di Mons. Giusti: due vele unite a creare una sorta di capanna. Dal sito della
Parrocchia di San Francesco d'Assisi (cui la chiesa in questione è dedicata) si apprende che: "le linee scarne e semplici di tutta l'architettura ci avvicinano al Poverello di Assisi. Il legno lamellare e gli archi gotici danno la sensazione di calore e di elevazione verso la maestà di Dio". Se riuscite a sopravvivere all'effetto psichedelico della pagina internet della parrocchia, leggerete anche che le vele invece ricorderebbero la vocazione marittimo-turistica di Policoro.

Quello che non capisco e che mi stupisce è la scempiaggine di committenti ed architetti. Parto dai secondi. Come può un architetto nel tentativo di ispirarsi al luogo in cui sorgerà la chiesa prendere ispirazione dalle vele delle barche? Possibile che quella località ispiri soltanto l'immagine delle barche a vela? E come può una chiesa meridionale, lucana, sul mare, essere concepita con delle travi goticheggianti di legno lamellare manco fossimo in Finlandia?
Questa palese incapacità di guardare i contesti nei quali sorgono delle nuove chiese è patologica. Ed è assurdo poter pensare che un architetto in procinto di costruire una nuova chiesa non riesca ad ispirarsi almeno all'esempio più caratteristico del luogo: la chiesetta della Madonna del Ponte.

Questa chiesetta è nel tipico stile rurale pugliese di fine settecento. Forme essenziali, squadrate, ma leggermente ammorbidite da tenere curve in alto al prospetto frontale. All'interno il bianco che domina lo spazio. Altari semplici con qualche residuo barocco. Tenerezza e callosità dei contadini di un tempo erano unite in quelle forme.

Capisco che oggi non siamo più nel settecento, ma l'ispirazione architettonica non può essere talmente spaesata ed esotica da disconoscere l'eredità del passato. Tanto più che persino la moderna cattedrale di Policoro nella sua bruttezza anni cinquanta rappresenta un tentativo maldestro di recupero dello stile proprio della Madonna del Ponte. E poi perchè elevare questa chiesa oscena verso l'alto? Perchè in un contesto che nonostante il deturpamento edilizio per il turismo ha mantenuto case e villette basse? Ma non è tutto. Ciò che mi stupisce più di ogni altra cosa è trovare sul web un articolo a firma dell'architetto che questa chiesa oscena ha progettato e dal titolo shock: "
Fermiamo il brutto che avanza". L'articolo è esplicito e richiama gli abusi commessi in architettura senza alcun rispetto per il paesaggio. Appunto, architetto, si fermi, non progetti mai più squallori del genere!

Veniamo poi ai committenti. I committenti sono la causa prima di scandalo per la Chiesa. Essi infatti non sorvegliano gli architetti, non hanno idee precise su ciò che desiderano e una volta realizzate le nuove costruzioni, sposano immediatamente l'estetica proposta da architetti ed esecutori. Spesso si tratta di bravi parroci di periferia che in una gara di bontà verso i propri parrocchiani vorrebbero veder svettare il proprio campanile su tutte le altre parrocchie del paese e sono ampiamente lusingati da progetti ambiziosi e megagalattici. Ma sulla buona fede di questi bravi parroci chi sorveglia? La CEI. E la CEI è devota alle novità,
come ben sappiamo dal pensiero di don Russo, intriso di hegelismo e relativismo estetico. Come risolveremo questa questione? Quando riusciremo ad avere chiese degne di tal nome? Nel frattempo becchiamoci anche la tenda cementizia o meglio la baita finlandese di Policoro...

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