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PAPA: I PRETI NON FACCIANO I LAICI E I LAICI NON FACCIANO I PRETI

Ultimo Aggiornamento: 17/09/2009 18:10
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17/09/2009 18:10

Il saluto del presidente della conferenza episcopale

La missione continentale una sfida da raccogliere

All'inizio dell'udienza monsignor Antônio Munoz Fernandes, arcivescovo di Maceió, presidente della Conferenza episcopale regionale Nordeste II del Brasile, ha rivolto al Papa un indirizzo di saluto a nome dei vescovi presenti. Dopo aver ribadito la fedeltà e la comunione dei presuli brasiliani con il Papa, l'arcivescovo ha parlato dell'impegno della Chiesa locale nel mettere in pratica le direttive del documento della v conferenza di Aparecida "siamo una Chiesa missionaria e samaritana" ha detto " al servizio della vita e della speranza".

Il punto di partenza, ha poi spiegato, è "la constatazione dei mutamenti profondi che riguardano la realtà. È un  cambiamento  di  epoca, nel  quale il significato della vita è messo in discussione in tutte le sue dimensioni". L'esclusione e l'abbandono di una moltitudine di persone, emarginate, ignorate nel loro dolore e nella loro sofferenza, annientate e negate nella loro condizione umana, è qualcosa di evidente che contraddice il progetto di Dio e sfida la Chiesa ad assumersi un impegno nel quale la vita occupi un posto preminente. Del resto "nuove forme di povertà e di esclusione - è stata la sua denuncia - stanno nascendo e volti diversi di questa realtà, frutto dell'esclusione sociale, si stanno delineando dinanzi a noi". Il riferimento era a una povertà "che porta l'essere umano a sperimentare non solo l'esclusione, ma anche la condizione di essere inutile e da scartare in un sistema che innalza lo sviluppo economico e il lucro a valori assoluti". Di qui "il lamento che nasce dai poveri dell'umanità, che esige un atteggiamento realmente profetico da parte dei discepoli di Gesù".

Dal canto suo "la Chiesa come la samaritana, incontra il maestro, seduto accanto ai pozzi della storia, che offre l'acqua che disseta, genera vita, suscita conversione, ridà vigore e spinge alla missione. Invita a un processo di abbandono della routine e della vita comoda, spingendo a una revisione delle strutture, dei metodi e dei mezzi che non rispondono più alla trasmissione audace della buona novella del Vangelo. Si percepisce un desiderio esplicito che la realtà della missione sia qualcosa in grado di penetrare il tessuto della vita ecclesiale in tutte le sue dimensioni, anche con la necessaria conversione delle persone, delle strutture e delle istituzioni che, obsolete, non servono più a trasmettere la buona novella liberatrice di Gesù e a promuovere la cultura della vita". È il momento, secondo il presule, di "passare da una pastorale di conservazione a un atteggiamento decisamente missionario nel campo dell'evangelizzazione".

"La nostra - ha concluso - vuole essere una Chiesa samaritana e pellegrina, una Chiesa sempre in cammino, che partecipa alla storia delle persone, solidale con tutti coloro che incontra lungo il cammino, emarginati, abbandonati ed esclusi, e ai quali viene negata la condizione di esseri umani. Una Chiesa che non sia un mero passante, frettoloso, con impegni superficiali che rendono insensibili, ma una Chiesa che ha il tempo di fermarsi accanto alle persone e di curare le loro ferite, senza orari stabiliti per la fine del viaggio, con risorse per suscitare negli altri una catena di solidarietà e di comunione con la vita umana ferita. Una Chiesa della speranza, capace di pronunciare una parola nel turbinio del mondo. Una Chiesa in cui la vita, sebbene fragile, ha il sapore dell'eternità. Una Chiesa sposa di Gesù Cristo che cammina alla sua presenza e che risveglia nei suoi figli il sogno di lavorare e di servire con tutte le proprie forze".


(©L'Osservatore Romano - 18 settembre 2009)
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