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Sinodo per l'Africa (4-25 Ottobre 2009)

Ultimo Aggiornamento: 28/10/2009 10:25
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18/09/2009 12:22

SINODO AFRICA: MONS. ETEROVIĆ, UNA CHIESA “RAFFORZATA E INCORAGGIATA”

Una Chiesa “rafforzata e incoraggiata” per “continuare con rinnovato ardore la sua opera di evangelizzazione e di promozione umana a beneficio di tutti gli abitanti del continente”.

Così mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei vescovi, sintetizza al SIR le attese per la
seconda Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi (Vaticano, 4-25 ottobre). I lavori saranno centrati sul tema: “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo (Mt 5,13.14)”. A 15 anni dal primo Sinodo per l’Africa, tenutosi nel 1994, si torna dunque a riflettere su questo continente. “Nel frattempo – spiega mons. Eterović – molto è cambiato in Africa, continente che conosce una grande crescita del numero dei cattolici. Nel momento della celebrazione della prima Assemblea speciale per l’Africa essi erano circa 102.000.000, mentre nel 2007 erano circa 165.000.000. La crescita che riguarda tutti i settori della Chiesa non è solo di numero ma anche di qualità. Per esempio, sempre di più i sacerdoti africani diventano missionari in altri Paesi dell’Africa e anche del mondo. Anche dal punto di vista sociale la situazione è cambiata generalmente in senso positivo, anche se in alcuni Paesi permangono situazioni di violenza... In questo confronto di luci e di ombre prevalgono le luci”.

Dai lavori sinodali, continua mons. Eterović, “è da sperare che la Chiesa in Africa esca rafforzata e incoraggiata. Un rinnovato zelo apostolico delle Chiese particolari permetterà di affrontare grandi sfide”. Il segretario generale del Sinodo riflette anche sul contributo della Chiesa per promuovere “riconciliazione, giustizia e pace” nella società africana. “La missione principale della Chiesa – dice – è l’evangelizzazione che deve essere accompagnata dalla promozione umana. La Chiesa cattolica è assai attiva nel campo dell’educazione, della salute, della promozione integrale della persona umana. La Buona Notizia della riconciliazione diventa una chiamata urgente per tutti: per i credenti, che devono riconciliarsi con Dio e tra loro, per i membri della comunità ecclesiale, in quanto solamente una comunità riconciliata può proporre con credibilità la riconciliazione anche a livello sociale”. Pertanto, “i cristiani devono superare le barriere delle etnie, degli interessi di parte, per promuovere il bene comune di tutti gli uomini di una nazione, anzi di tutto il continente. Da persone riconciliate potrà nascere la pace e i presupposti di un’autentica giustizia”. Dal Sinodo, conclude il vescovo, “le Chiese particolari dell’Africa dovranno ricevere l’incoraggiamento per potenziare ancora di più l’opera della riconciliazione, nella costruzione di una società più giusta che beneficerà della pace”.

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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI IN CAMERUN E ANGOLA (17-23 MARZO 2009) (VIII), 19.03.2009

INCONTRO CON I MEMBRI DEL CONSIGLIO SPECIALE PER L’AFRICA DEL SINODO DEI VESCOVI ALLA NUNZIATURA APOSTOLICA DI YAOUNDÉ


Rientrato alla Nunziatura Apostolica di Yaoundé, alle ore 18.30 il Santo Padre Benedetto XVI incontra i Membri del Consiglio Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.
L’incontro rappresenta simbolicamente l’avvio della II Assemblea speciale per l’Africa che si svolgerà in Vaticano dal 4 al 25 ottobre prossimo. Il Consiglio Speciale è composto da 12 membri appartenenti a diversi Paesi del continente: Nigeria, Tanzania, Sud Africa, Algeria, Camerun, Mozambico, Congo, Burkina Faso, Zambia, Madagascar ed Egitto.
Dopo il saluto di S.E. Mons. Nikola Eterović, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, ed alcune brevi presentazioni dei Membri del Consiglio, il Papa pronuncia il discorso che pubblichiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali, cari Fratelli nell’Episcopato!

E’ con profonda gioia che saluto tutti voi, in questa terra d’Africa. Per essa, nel 1994, una Prima Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi è stata convocata dal mio venerato Predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, in segno di sollecitudine pastorale per questo continente ricco sia di promesse, sia di pressanti necessità umane, culturali e spirituali.
L’ho chiamato
questa mattina “il continente della speranza”. Ricordo con gratitudine la firma dell’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, che ebbe luogo proprio qui 14 anni or sono, nella Festa dell’Esaltazione della Croce, il 14 settembre 1995.

La mia riconoscenza va a Mons. Nikola Eterović, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, per le parole che mi ha indirizzato a nome vostro, introducendo questo incontro in terra africana con voi, cari membri del Consiglio Speciale per l’Africa. Tutta la Chiesa guarda con attenzione a questo incontro in vista della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, che, a Dio piacendo, sarà celebrata nel prossimo ottobre. Il tema è: “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. «Voi siete il sale della terra … Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13.14)”.
Ringrazio vivamente i Cardinali, gli Arcivescovi e i Vescovi membri del Consiglio Speciale per l’Africa, per la loro esperta collaborazione alla redazione dei Lineamenta e dell’Instumentum laboris. Vi sono riconoscente, cari Confratelli nell’Episcopato, per avere anche presentato nei vostri contributi aspetti importanti della situazione ecclesiale e sociale attuale dei vostri Paesi d’origine e della regione. Avete così sottolineato il grande dinamismo della Chiesa in Africa, ma al tempo stesso avete evocato le sfide che il Sinodo dovrà esaminare, affinché nella Chiesa in Africa la crescita non sia soltanto quantitativa ma anche qualitativa.
Cari Fratelli, in apertura della mia riflessione, mi sembra importante sottolineare che il vostro continente è stato santificato dallo stesso Signore nostro Gesù Cristo.

All’alba della sua vita terrena, alcune tristi circostanze gli hanno fatto calcare il suolo africano. Dio ha scelto il vostro continente perché diventasse dimora del suo Figlio. Mediante Gesù, Dio è venuto incontro ad ogni uomo, certamente, ma in modo particolare, incontro all’uomo africano. L’Africa ha offerto al Figlio di Dio una terra che lo ha nutrito e una protezione efficace.

Mediante Gesù, duemila anni fa, Dio stesso ha portato il sale e la luce all’Africa. Da allora, il seme della sua presenza è sepolto nelle profondità del cuore di questo amato continente ed esso germoglia a poco a poco al di là e attraverso le vicissitudini della sua storia umana.

In conseguenza della venuta di Cristo che l’ha santificata con la sua presenza fisica, l’Africa ha ricevuto una chiamata particolare a conoscere Cristo. Che gli Africani ne siano fieri!

Meditando e approfondendo spiritualmente e teologicamente questa prima tappa della kénosi, l’Africano potrà trovare le forze sufficienti per affrontare il suo quotidiano talvolta molto duro, e potrà allora scoprire immensi spazi di fede e di speranza che l’aiuteranno a crescere in Dio.

Alcuni momenti significativi della storia cristiana di questo Continente possono ricordarci il legame profondo che esiste tra l’Africa e il cristianesimo a partire dalle sue origini. Secondo la venerabile tradizione patristica, l’evangelista san Marco, che ha “trasmesso per iscritto ciò che era stato predicato da Pietro” (Ireneo, Adversus haereses III, I, 1), venne ad Alessandria a rianimare la semente sparsa dal Signore. Questo Evangelista ha reso testimonianza in Africa della morte in croce del Figlio di Dio – ultimo momento della kénosi – e della sua elevazione sovrana, perché “ogni lingua proclami: Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2,11).

La Buona Novella della venuta del Regno di Dio si è diffusa rapidamente nel nord del vostro Continente, dove ha avuto illustri martiri e santi e ha generato insigni teologi.

Dopo essere stato messo alla prova da vicissitudini storiche, il cristianesimo, durante quasi un millennio, non è rimasto che nella parte nord-orientale del Continente. Con l’arrivo degli Europei che cercavano la via delle Indie, nei secoli XV e XVI, le popolazioni sub-sahariane hanno incontrato Cristo. Furono le popolazioni costiere a ricevere per prime il battesimo. Nei secoli XIX e XX, l’Africa sub-sahariana ha visto arrivare missionari, uomini e donne, provenienti da tutto l’Occidente, dall’America Latina e anche dall’Asia. Desidero rendere omaggio alla generosità della loro risposta incondizionata alla chiamata del Signore e dal loro ardente zelo apostolico. Qui vorrei andare oltre e parlare dei catechisti africani, compagni inseparabili dei missionari nell’evangelizzazione. Dio aveva preparato il cuore di un certo numero di laici africani, uomini e donne, persone giovani e più avanti negli anni, a ricevere i suoi doni e portare la luce della sua Parola ai loro fratelli e sorelle. Laici con i laici, hanno saputo trovare nella lingua dei loro padri le parole di Dio che hanno toccato il cuore dei loro fratelli e sorelle. Hanno saputo condividere il sapore del sale della Parola e far risplendere la luce dei Sacramenti che annunciavano. Hanno accompagnato le famiglie nella loro crescita spirituale, hanno incoraggiato le vocazioni sacerdotali e religiose e sono stati il legame tra le loro comunità e i sacerdoti e i vescovi. Con naturalezza, hanno operato un’efficace inculturazione che ha portato meravigliosi frutti (cfr Mc 4,20).

Sono stati i catechisti a permettere che “la luce risplendesse davanti agli uomini “ (Mt 5,16), perché vedendo il bene che facevano, intere popolazioni hanno potuto rendere gloria al nostro Padre che è nei cieli.

Sono Africani che hanno evangelizzato Africani. Evocando il loro glorioso ricordo, saluto e incoraggio i loro degni successori che lavorano oggi con la stessa abnegazione, lo stesso coraggio apostolico e la stessa fede dei loro predecessori. Che Dio li benedica generosamente!

Durante questo periodo, la terra africana è stata anche benedetta da numerosi santi. Mi limito a nominare i gloriosi Martiri dell’Uganda, i grandi missionari Anna Maria Javouhey e Daniele Comboni, come pure Suor Anuarite Nengapeta e il catechista Isidoro Bakanja, senza dimenticare l’umile Giuseppina Bakhita.
Ci troviamo attualmente in un momento storico che coincide, dal punto di vista civile, con l’indipendenza ritrovata e, dal punto di vista ecclesiale, con l’evento del Concilio Vaticano II.

La Chiesa in Africa ha preparato e accompagnato durante questo periodo la costruzione delle nuove identità nazionali e, parallelamente, ha cercato di tradurre l’identità di Cristo secondo vie proprie.

Mentre la Gerarchia si era a poco a poco africanizzata, a partire dall’ordinazione da parte del Papa Pio XII di Vescovi del vostro continente, la riflessione teologica cominciò a svilupparsi. Sarebbe bene che i vostri teologi continuassero oggi ad esplorare la profondità del mistero trinitario e il suo significato per la vita quotidiana africana. Questo secolo permetterà forse, con la grazia di Dio, la rinascita, nel vostro continente, ma certamente sotto una forma diversa e nuova, della prestigiosa Scuola di Alessandria. Perché non sperare che essa possa fornire agli Africani di oggi e alla Chiesa universale grandi teologi e maestri spirituali che potrebbero contribuire alla santificazione degli abitanti di questo continente e della Chiesa intera? La Prima Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi ha permesso di indicare le direzioni da prendere e ha messo in evidenza, tra l’altro, la necessità di approfondire e di incarnare il mistero di una Chiesa-Famiglia.

Vorrei ora suggerire qualche riflessione sul tema specifico della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, relativo alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace.
Secondo il Concilio Ecumenico Vaticano II, “la Chiesa è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen gentium, 1). Per adempiere bene la propria missione, la Chiesa dev’essere una comunità di persone riconciliate con Dio e tra di loro. In questo modo, essa può annunciare la Buona Novella della riconciliazione alla società attuale, che conosce purtroppo in molti luoghi conflitti, violenze, guerre e odio. Il vostro continente non ne è stato risparmiato ed è stato ed è ancora triste teatro di gravi tragedie, che fanno appello ad una vera riconciliazione tra i popoli, le etnie, gli uomini.

Per noi cristiani, questa riconciliazione si radica nell’amore misericordioso di Dio Padre e si realizza mediante la persona di Gesù Cristo che, nello Spirito Santo, ha offerto a tutti la grazia della riconciliazione. Le conseguenze si manifesteranno allora con la giustizia e la pace, indispensabili per costruire un mondo migliore.
In realtà, nel contesto sociopolitico ed economico attuale del continente africano, che cosa c’è di più drammatico della lotta spesso cruenta tra gruppi etnici o popoli fratelli? E se il Sinodo del 1994 ha insistito sulla Chiesa-Famiglia di Dio, quale può essere l’apporto di quello di quest’anno, alla costruzione dell’Africa, assetata di riconciliazione e alla ricerca della giustizia e della pace? I conflitti locali o regionali, i massacri e i genocidi che si sviluppano nel Continente devono interpellarci in modo tutto particolare: se è vero che in Gesù Cristo noi apparteniamo alla stessa famiglia e condividiamo la stessa vita, poiché nelle nostre vene circola lo stesso Sangue di Cristo, che fa di noi figli di Dio, membri della Famiglia di Dio, non dovrebbero dunque più esserci odio, ingiustizie, guerre tra fratelli.

Constatando lo sviluppo della violenza e l’emergere dell’egoismo in Africa, il Cardinale Bernardin Gantin, di venerata memoria, faceva appello, fin dal 1988, a una Teologia della Fraternità, come risposta al richiamo pressante dei poveri e dei più piccoli (cfr L’Osservatore Romano, ed. francese, 12 aprile 1988, pp. 4-5).

Gli tornava forse alla memoria ciò che scriveva l’africano Lattanzio all’alba del IV secolo: “Il primo dovere della giustizia è riconoscere l’uomo come un fratello. Infatti, se lo stesso Dio ci ha fatti e ci ha generati tutti nella stessa condizione, in vista della giustizia e della vita eterna, noi siamo sicuramente uniti da legami di fraternità: chi non li riconosce è ingiusto” (Epitomé des Intitutions Divines, 54, 4-5: SC 335, p. 210). La Chiesa-Famiglia di Dio che è in Africa, già dalla Prima Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi ha realizzato un’opzione preferenziale per i poveri.
Essa manifesta così che la situazione di disumanizzazione e di oppressione che affligge i popoli africani non è irreversibile; al contrario, essa pone ciascuno di fronte ad una sfida, quella della conversione, della santità e dell’integrità.

Il Figlio, mediante il quale Dio ci parla, è Lui stesso Parola fatta carne. Ciò è stato l’oggetto delle riflessioni della recente XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Diventata carne, questa Parola è all’origine di ciò che noi siamo e facciamo; è il fondamento di ogni vita. E’ dunque a partire da questa Parola che bisogna valorizzare le tradizioni africane, correggere e perfezionare la loro concezione della vita, dell’uomo e della famiglia. Gesù Cristo, Parola di vita, è sorgente e compimento di tutte le nostre vite, perché il Signore Gesù è l’unico mediatore e redentore.
E’ urgente che le comunità cristiane diventino sempre più luoghi di ascolto profondo della Parola di Dio e di lettura meditativa della Sacra Scrittura. E’ attraverso questa lettura meditativa e comunitaria nella Chiesa che il cristiano incontra Cristo risorto che gli parla e gli ridona speranza nella pienezza di vita che Egli offre al mondo.
Quanto all’Eucaristia, essa rende il Signore realmente presente nella storia. Mediante la realtà del suo Corpo e del suo Sangue, il Cristo tutto intero si rende sostanzialmente presente nelle nostre vite. E’ con noi tutti i giorni fino alla fine dei tempi (cfr Mt 28,20) e ci rimanda alle nostre realtà quotidiane affinché possiamo riempirle della sua presenza. Nell’Eucaristia, è messo chiaramente in evidenza che la vita è una relazione di comunione con Dio, con i nostri fratelli e le nostre sorelle, e con l’intera creazione. L’Eucaristia è sorgente di unità riconciliata nella pace.
La Parola e il Pane di vita offrono luce e nutrimento, come antidoto e viatico nella fedeltà al Maestro e Pastore delle nostre anime, perché la Chiesa in Africa realizzi il servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace, secondo il programma di vita dato dal Signore stesso: “Voi siete il sale della terra … Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,13.14). Per esserlo veramente, i fedeli devono convertirsi e seguire Gesù Cristo, diventare suoi discepoli, per essere testimoni del suo potere salvifico. Durante la sua vita terrena, Gesù era “potente in opere e parole” (Lc 24,19). Con la sua risurrezione ha sottomesso ogni autorità e potere (cfr Col 2,15), ogni potenza del male per rendere liberi quanti sono stati battezzati nel suo nome. “Cristo ci ha liberati per la libertà!” (Gal 5,1). La vocazione cristiana consiste nel lasciarsi liberare da Gesù Cristo. Egli ha vinto il peccato e la morte e offre a tutti la pienezza della sua vita. Nel Signore Gesù non c’è più né giudeo né pagano, né uomo né donna (cfr Gal 3,28). Nella sua carne Egli ha riconciliato tutti i popoli. Con la forza dello Spirito Santo rivolgo a tutti questo appello: “Lasciatevi riconciliare!” (2 Cor 5,20).

Nessuna differenza etnica o culturale, di razza, di sesso o di religione deve divenire tra voi motivo di contesa. Voi siete tutti figli dell’unico Dio, nostro Padre, che è nei cieli. Con questa convinzione sarà finalmente possibile costruire un’Africa più giusta e pacifica, all’altezza delle legittime attese di tutti i suoi figli.

Infine, vi invito a incoraggiare la preparazione dell’evento sinodale recitando anche con i fedeli la preghiera che conclude l’Instrumentum laboris che ho consegnato stamani, e ciò per la buona riuscita dell’Assemblea Sinodale.
Preghiamo ora insieme, cari Fratelli:

Santa Maria, Madre di Dio, Protettrice dell’Africa, tu hai dato al mondo la luce vera, Gesù Cristo. Con la tua obbedienza al Padre e con la grazia dello Spirito Santo ci hai donato la sorgente della nostra riconciliazione e della nostra giustizia, Gesù Cristo, nostra pace e nostra gioia.
Madre di tenerezza e di sapienza, mostraci Gesù, Figlio tuo e Figlio di Dio, sostieni il nostro cammino di conversione, affinché Gesù faccia brillare su di noi la sua Gloria in ogni ambito della nostra vita personale, familiare e sociale.
Madre piena di Misericordia e di Giustizia, per la tua docilità allo Spirito Consolatore, ottienici la grazia di essere testimoni del Signore Risorto, perché diventiamo sempre più il sale della terra e la luce del mondo.
Madre del Perpetuo Soccorso, alla tua materna intercessione affidiamo la preparazione e i frutti del Secondo Sinodo per l’Africa. Regina della Pace, prega per noi! Nostra Signora dell’Africa, prega per noi!
”.

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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI IN CAMERUN E ANGOLA (17-23 MARZO 2009) (VI), 19.03.2009

CONSEGNA DELL’INSTRUMENTUM LABORIS


Al termine della Santa Messa, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, S.E. Mons. Nikola Eterović, rivolge al Papa alcune parole di ringraziamento.
Quindi, all’atto di consegnare l’Instrumentum laboris della II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi ai Presidenti delle Conferenze Episcopali nazionali e regionali dell’Africa, il Papa pronuncia le parole che riportiamo di seguito:

PAROLE DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli nell’Episcopato,
Presidenti delle Conferenze Episcopali nazionali e regionali
di Africa e Madagascar
,

Quattordici anni or sono, il 14 settembre 1995, il mio venerato Predecessore, Papa Giovanni Paolo II, sottoscriveva proprio qui a Yaoundé l’Esortazione apostolica post-sinodale
Ecclesia in Africa.
Oggi è per me motivo di grande gioia consegnarvi il testo
dell’Instrumentum laboris della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, che si terrà a Roma nel prossimo ottobre. Il tema di questa Assemblea "La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace", che si colloca in continuità con l’Ecclesia in Africa, è di grande importanza per la vita del vostro Continente, ma anche per la vita della Chiesa universale. L’Instrumentum laboris è frutto della vostra riflessione, a partire dagli aspetti rilevanti della situazione ecclesiale e sociale del vostro Paese d’origine. Esso rispecchia il grande dinamismo della Chiesa in Africa, ma anche le sfide con le quali essa deve confrontarsi e che il Sinodo dovrà esaminare. Stasera avrò l’opportunità di intrattenermi più a lungo su questo tema con i membri del Consiglio speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Auspico vivamente che i lavori dell’Assemblea sinodale contribuiscano a far crescere la speranza per i vostri popoli e per il Continente nel suo insieme; contribuiscano ad infondere a ciascuna delle vostre Chiese locali un nuovo slancio evangelico e missionario al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace, secondo il programma formulato dal Signore stesso: "Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo" (Mt 5, 13.14). Che la gioia della Chiesa in Africa di celebrare questo Sinodo sia anche la gioia della Chiesa universale!

Invito voi, cari fratelli e sorelle che vi stringete intorno ai vostri Vescovi, rappresentando in qualche modo la Chiesa presente tra tutti i popoli dell’Africa, ad accogliere nella vostra preghiera la preparazione e lo svolgimento di questo grande avvenimento ecclesiale. Che la Regina della Pace sostenga gli sforzi di tutti gli "artigiani" di riconciliazione, di giustizia e di pace! Nostra Signora d’Africa, prega per noi!

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Il Papa invita il presidente di Manos Unidas al Sinodo sull'Africa

ONG spagnola impegnata nel continente


CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 18 settembre 2009 (ZENIT.org).

Il presidente di Manos Unidas, Myriam García Abrisqueta, ha ricevuto da Benedetto XVI l'invito a partecipare al
Sinodo dei Vescovi dell'Africa.
L'invito, confermato a ZENIT dalla stessa organizzazione non governativa spagnola, è stato trasmesso con una lettera dall'Arcivescovo Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei Vescovi.
La seconda assemblea sinodale dei Vescovi del continente africano si svolgerà dal 4 al 25 ottobre sul tema “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”.
Con la presenza al Sinodo del presidente della ONG, il Papa riconosce implicitamente l'importanza dell'opera svolta in Africa da questa istituzione.
L'Africa è il continente in cui Manos Unidas, organizzazione cattolica di volontari, finanzia più progetti di sviluppo (305 progetti nel 2008 rispetto ai 278 in Asia e ai 191 in Oceania).
Myriam García Abrisqueta parteciperà in qualità di “uditore”, il che implica un intervento davanti alla plenaria e la presenza e la partecipazione attiva alle sessioni. Gli uditori, ad ogni modo, non hanno il diritto di voto nell'approvazione delle proposizioni che sorgono dall'assemblea sinodale.

Per ulteriori informazioni:
www.manosunidas.org/

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23/09/2009 18:07

Elenco dei membri, esperti e uditori del Sinodo speciale per l'Africa

Clicca qui per consultare l'elenco.
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Sinodo per l'Africa: quale impatto sulle comunità religiose?

ROMA, lunedì, 28 settembre 2009 (ZENIT.org).-

Il tema del secondo Sinodo per l'Africa, “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”, va al cuore del situazione sociale, politica, culturale e religiosa del continente africano.

Lo ha sottolineato il sacerdote kenyota Agbonkhianmeghe E. Orobator, SJ, del Catholic Information Service for Africa (CISA), ricordando che “ovunque si guarda, l'Africa anela alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace”.

“Il grido per la riconciliazione echeggia da comunità divise; la richiesta di giustizia si leva da milioni di rifugiati e dagli sfollati interni, l'aspirazione alla pace scorre nelle lacrime dei milioni di vititme della guerra e del conflitto in Africa”, ha spiegato. “Queste grida e questi echi collettivi del continente rappresentano la cornice in cui considerare il tema del Sinodo”.

Secondo il sacerdote, una domanda fondamentale è: “In che modo il tema del Sinodo riguarderà le comunità e gli istituti di persone consacrate in Africa?”.Per rispondere, avverte, “bisogna essere consapevoli del pregiudizio di vecchia data secondo il quale i religiosi in Africa vivono al margine della vita reale”.“In verità – ha osservato –, la vita religiosa pone le persone consacrate al cuore delle azioni di Dio nel mondo. Come per la Chiesa, le gioie e le speranze, il dolore e l'angoscia di milioni di africani sono anche quelli degli istituti dei consacrati”.

Da questo punto di vista, “il secondo Sinodo africano rappresenta un ulteriore invito per i religiosi e le loro comunità a impegnarsi più intensamente nel progetto divino di ricreare la terra e costruire un continente africano riconciliato, giusto e pacifico”.

Tre principi

Secondo padre Orobator, in questa riflessione per gli istituti consacrati in Africa sono necessari tre principi, il primo dei quali è il fatto che “la missione di riconciliazione, giustizia e pace è costitutiva della vita, dell'insegnamento e del ministero di Gesù Cristo”.

In secondo luogo, “è importante considerare la vita religiosa nel contesto della comunità chiamata Chiesa”, perché “le comunità religiose, in Africa come in qualsiasi altro luogo, non formano una Chiesa separata”.

Il terzo principio è quello della sacramentalità: “la missione di riconciliazione, giustizia e pace incarna in primo luogo e prima di tutto uno stile di vita, piuttosto che ideologie da imporre agli altri”.

L'importanza dell'esempio

In questo contesto, ha affermato il sacerdote gesuita, “la Chiesa e le comunità religiose in Africa hanno la responsabilità di praticare queste virtù come prerequisito per predicarle”.

Padre Orobator ha quindi sottolineato come l'Africa sia stata lacerata dal tribalismo, un elemento negativo che “non solo distrugge la vita di milioni di africani, ma ritarda lo sviluppo socio-economico e politico del continente”.

Per questo motivo, “la testimonianza richiesta ai religiosi è quella di rappresentare una comunità riconciliata”.

Quanto alla giustizia, una questione fondamentale per la Chiesa in Africa è la dignità delle donne, il che esorta gli istituti religiosi “a essere in prima fila nella missione di promozione della giustizia, della dignità e della pace per le donne africane nella Chiesa e nella società”.

L'importanza del creato


Padre Orobator ha quindi sottolineato la “preoccupante omissione” dall'Instrumentum Laboris dell'imminente Sinodo per l'Africa della questione dell'integrità del creato.

“Nel contesto attuale sui dibattiti relativi ai cambiamenti climatici, la Chiesa e le comunità religiose non possono godere il lusso del silenzio, dell'apatia e dell'indifferenza”, ha denunciato.

“Onorare l'integrità del creato richiede l'adozione di passi concreti e di mezzi relativi a come i religiosi consumano e reintegrano i beni del creato”. Finora, ha ammesso, “c'è stata una scarsa riflessione sul tema dell'integrità della creazione e delle sfide che questa pone alla vita e alla missione degli istituti religiosi in Africa”, ma il secondo Sinodo per l'Africa può essere “un momento opportuno per iniziare”.

Spunti di riflessione

Secondo padre Orobator, per i consacrati e le consacrate dell'Africa “un'autentica partecipazione al Sinodo richiede una radicale rivalutazione dei loro programmi di formazione”, che se presa seriamente potrebbe rappresentare “un significativo spostamento dalla percezione della vita religiosa come isolamento dalle gravi questioni che il mondo deve affrontare alla vita religiosa come missione per immergersi e impegnarsi pienamente nelle sfide del mondo attuale globalizzato”.

Per questo, ha presentato alcuni spunti di riflessione che partono dalla constatazione che “molte comunità africane indigene praticano varie forme di riconciliazione”. “Come possono gli istituti religiosi in Africa adottare e adattare alcune di queste pratiche per vivere come comunità riconciliate?”, ha chiesto.Allo stesso modo, il presbitero si domanda quali siano “gli indicatori di una mancanza di giustizia e rispetto per la dignità umana negli istituti religiosi africani e quali passi concreti possano essere compiuti per praticare una maggiore giustizia e promuovere dignità, uguaglianza e pace nelle comunità religiose”.

Padre Orobator ha quindi concluso chiedendosi che cosa possano fare le comunità religiose per “usare forme di energia più rinnovabili e mettere in pratica uno stile di vita più efficiente dal punto di vista energetico”.
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SINODO AFRICA - Chiediamo dignità

Intervista con l’arcivescovo di Nairobi, card. Njue


“Gli africani attendono con fiducia ed ottimismo i risultati del Sinodo.
E chiedono di essere riconosciuti come persone, nonostante la povertà”. A parlare è il card. John Njue, arcivescovo di Nairobi (Kenya), che abbiamo incontrato a Roma a pochi giorni dall’apertura della seconda
Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi (4-25 ottobre), centrata sul tema “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo (Mt 5,13-14). Ecco le sue parole.

Cosa significa, per la Chiesa africana, parlare di giustizia e riconciliazione in questo momento storico?

“Il Sinodo arriva in un periodo molto opportuno. Parlare, come Chiesa, di giustizia e riconciliazione, è utile per cercare di capire come il popolo africano può impegnarsi in questo senso. Sarà molto importante perché, a distanza di quindici anni dal primo Sinodo, ci sono stati molti conflitti e ingiustizie tra i popoli, anche all’interno dei Paesi stessi”.

La comunità cristiana africana è informata e interessata al Sinodo?

“In genere la preparazione è stata buona, ma dipende dalle nazioni. In Kenya è stato chiesto ad ogni provincia di fare il necessario per le risposte all’Instrumentum laboris. Si è arrivati anche in alcune piccole parrocchie e comunità cristiane. Gli africani attendono con fiducia ed ottimismo i risultati del Sinodo. E chiedono di essere riconosciuti come persone nonostante la povertà”.

L’Africa rimarrà cristiana nonostante l’avanzare di materialismo e sètte?

“Penso proprio di sì. I missionari hanno piantato in Africa un seme molto difficile da estirpare. Il nostro orgoglio di essere cristiani si manifesta nel voler vivere pienamente l’eredità lasciata dai missionari. Ci saranno delle sfide ma non vogliamo perdere la speranza. Anche se molto dipenderà dal tipo di pastori. Ecco perché puntiamo molto l’accento sulla formazione dei nostri sacerdoti, religiosi e religiose. Se ben formati possono essere dei veri strumenti di evangelizzazione. Anche i laici devono capire che hanno la responsabilità di manifestare la loro fede attraverso una vita autentica”.

Dite anche molti “no” ai candidati al sacerdozio?

“Certo. Anche se dipende dai formatori e dai vescovi. In Kenya siamo stati molto chiari: dobbiamo essere molto attenti perché la vita sacerdotale non è semplicemente una professione ma uno stato di vita che va vissuto in modo tale che gli altri vedano in loro la presenza di Dio. Si tratta della vita di una persona: a seconda di ciò che sceglie sarà contento o scontento. E se è scontento sarà molto difficile essere utili nell’opera di evangelizzazione. Le vocazioni, comunque sia, ci sono. A Nairobi abbiamo più di 80 seminaristi maggiori”.

Quali situazioni di conflitto in Africa vi preoccupano maggiormente?

“I conflitti interni, i migranti espulsi dal proprio Paese, forse a causa del tribalismo e delle religioni. Dalla Somalia, ad esempio, tanti musulmani sono stati mandati in Kenya. Questo ci preoccupa molto: quando in un Paese non c’è coabitazione, non ci si accetta a vicenda, niente può andare avanti in una maniera giusta e buona”.

E le ondate migratorie verso l’Europa, i respingimenti in mare?

“Questo tipo di migrazioni tocca molto di più i Paesi più vicini all’Europa. I Paesi di accoglienza dovrebbero, in ogni caso, basare le loro decisioni sulla dignità della persona umana. Questo deve essere il principio fondamentale. Poi, se ci sono delle paure da parte degli europei, bisognerebbe mettere in atto degli strumenti di prevenzione per proteggere la serenità del Paese che accoglie senza negare la dignità dei migranti. Se c’è la buona volontà dei Paesi di provenienza e di arrivo si possono trovare delle soluzioni che salvaguardino la dignità delle persone”.

Quanto è importante il rapporto Europa-Africa? Come impostarlo in modo giusto?

“Siamo arrivati ad un punto in cui ognuno ha bisogno dell’altro, quindi dobbiamo cercare di camminare insieme, per non fare in modo che un continente soffra mentre l’altro sta solo a guardare. A questo punto è chiaro che abbiamo bisogno ognuno dell’altro, perché ogni continente ha la sua ricchezza e la sua povertà. Nessuno può eliminare la propria povertà senza la presenza e la ricchezza dell’altro. Vorremmo vedere più comunione e il riconoscimento della dignità degli uni e degli altri”.

Quali sono le ricchezze più evidenti di questo continente così giovane?

“Siamo poveri materialmente ma la nostra cultura ha tanti valori: se vengono recepiti in Europa, o anche in Asia, possiamo diventare tutti più forti. A quel punto potremo arrivare ad una situazione senza sfruttamento. Un esempio: i contadini lavorano tanto per produrre caffè ma ciò che ricevono come corrispettivo è pochissimo. Bisogna trovare il modo che si possa vedere il valore e il frutto di tutto quel lavoro”.

Poi c’è lo sfruttamento del petrolio e delle pietre preziose, la corruzione della classe dirigente…

“Già. Ci sono africani che rubano i soldi del Paese e li investono all’estero mentre la gente è povera e i bambini non possono andare a scuola. C’è ancora molto da fare, molte sfide… Ma siamo pronti ad accettarle”.

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Mons. Nikola Eterovic presenta il prossimo Sinodo dei Vescovi per l'Africa, a pochi giorni dall'inizio dell'assise in Vaticano

La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. “Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo”. Su questo tema, si svolgerà dal 4 al 25 ottobre, in Vaticano, il Sinodo dei Vescovi per l’Africa. Si tratta della seconda
Assemblea Speciale dedicata a questo continente, dopo la prima tenutasi nel 1994. Riconciliazione, giustizia e pace, dunque, i temi principali in esame. Ma perché questa scelta? Isabella Piro lo ha chiesto a mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei Vescovi:

R. - Il tema è importante, in quanto fa riferimento alla prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, che ha avuto luogo 15 anni fa, ma che adesso i Padri sinodali vogliono approfondire perché è un’esigenza pastorale e, possiamo dire, anche del servizio della Chiesa per il bene di tutti gli uomini di buona volontà, per le società di tutti i Paesi di tutto il Continente.

D. - Abbiamo citato il primo Sinodo speciale per l’Africa. Quale eredità ha lasciato?

R. - Una grande eredità: è stato veramente un’intuizione profetica del Servo di Dio Giovanni Paolo II che aveva, come scopo, quello di preparare la Chiesa in Africa al Grande Giubileo del 2000. Ed è bene che la Chiesa in Africa si riunisca di nuovo con il Vescovo di Roma per ringraziare Dio per i grandi doni che ha elargito sulla Chiesa cattolica in Africa. È una Chiesa che ha conosciuto un impressionante dinamismo apostolico. La Chiesa vuole anche riflettere sull’attuale momento storico, ecclesiale, sull’attività pastorale, esaminare anche le linee-guida di questa attività anche per aumentare ancora di più l’opera di evangelizzazione e di promozione umana. La Chiesa ha sempre, come priorità, l’annuncio del Vangelo, l’evangelizzazione, ovviamente dappertutto e in modo particolare in Africa. L’evangelizzazione è, necessariamente, accompagnata dalla promozione umana. Il Sinodo sarà anche un momento propizio per vedere quanto la Chiesa fa in questo campo, soprattutto nell’educazione, nella salute e anche nella promozione di vari progetti di sviluppo integrale della persona e della società.

D. - A questo proposito, ricordiamo che l’Instrumentum Laboris, che il Santo Padre ha consegnato nelle mani dei Vescovi Africani nel marzo scorso, durante il suo Viaggio apostolico in Camerun e Angola, non è un documento solo ecclesiale…

R. - Ovviamente, i temi della riconciliazione, della giustizia e della pace riguardano tutta la società. La Chiesa può offrire un servizio prezioso, insostituibile in questi campi. La riconciliazione, come nucleo di tutto il processo, richiede una comunità ecclesiale riconciliata: ogni persona riconciliata con Dio e le persone riconciliate tra loro. Una Chiesa di persone riconciliate può promuovere e annunciare la riconciliazione con credibilità, anche in tutto il mondo, nelle società civili dei singoli Paesi. La Chiesa cattolica già lo fa: basta ricordarsi delle Commissioni per la Riconciliazione che sono esistiti nei vari Paesi, ma probabilmente dopo il Sinodo tale processo di riconciliazione sarà ancora più sentito e promosso.

D. - A Suo parere, l’opinione pubblica che idea ha dell’Africa?

R. - Purtroppo, si ha un’idea parziale, forse anche troppo negativa dell’Africa perché - almeno nei mass media occidentali - prevalgono notizie negative sul continente. Invece, ci sono tante notizie positive: sì, ci sono anche i conflitti, le guerre, ma, grazie a Dio, riguardano una piccola parte di Paesi. Altre nazioni hanno fatto grandi progressi, per esempio il Ghana, la Liberia, la Costa d’Avorio. Speriamo che questo processo si possa allargare anche ad altri Paesi, ad altre zone in cui purtroppo c’è ancora violenza e guerra.

E di Sinodo per l’Africa si parlerà anche, da oggi fino a venerdì, al workshop promosso da Pax Romana, Movimento internazionale degli Intellettuali cattolici. Tre giorni di lavori per riflettere soprattutto sul ruolo dei laici nello sviluppo dell’Africa. L’evento è stato presentato questa mattina a Roma e uno dei temi "caldi" subito emersi è stato quello della vendita delle armi e della regolamentazione di questo mercato. C’era per noi Isabella Piro:

In quale direzione va lo sviluppo africano? A questa domanda tenterà di rispondere il workshop di Pax Romana. Un aspetto è predominante: gli indicatori di sviluppo non devono essere solo economici, ma devono guardare alla promozione umana. D’altronde, i dati lo confermano: il Gabon, ad esempio, ha un Pil pari a 14 mila dollari, con una mortalità infantile di 60 bambini su mille. Il Madagascar, con un Pil di 878 dollari, ha una mortalità infantile simile, pari a 66 bambini su mille. L’economia, dunque, da sola non basta. Occorre una cultura dello sviluppo, in cui la società civile diventi protagonista, assumendosi impegni precisi. I laici, allora, devono agire in prima persona ed il loro ruolo diventa fondamentale. Carlo Cirotto, presidente nazionale del Movimento ecclesiale di impegno culturale:

“E’ fondamentale, perché soprattutto in questa situazione di crisi globale, i cristiani a contatto con tutti i problemi concreti, immediati, della vita di questa gente, devono portare il loro contributo. Sui laici pesa la responsabilità del rinnovamento e della soluzione per quanto possibile delle crisi”.

L’Africa necessita di riforme istituzionali, si è detto in conferenza stampa, e di una redistribuzione equa delle risorse naturali. Ma soprattutto occorre adottare un Trattato internazionale che regolamenti il commercio delle armi. Un Trattato che deve rispondere a tre criteri. Zobel Behalal, membro del Comitato cattolico contro la fame e lo sviluppo:

“Le premier devrait être ...
Il primo criterio è quello di impedire la vendita delle armi là dove c’è il rischio di violazioni dei diritti umani. Poi là dove si teme la violazione del diritto internazionale ed infine ovunque venga impedito lo sviluppo del Paese e la lotta alla povertà. I Paesi che non rispettano tale trattato devono essere sanzionati”.

Ribadita, infine, l’importanza della Chiesa senza la quale, come è il caso della Repubblica Democratica del Congo, la gestione degli ospedali e delle infrastrutture sarebbe impossibile. Senza dimenticare, infine, le Commissioni Giustizia e Pace che formano ed educano la popolazione, aiutandola ad emergere dalle difficoltà.

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Riflessioni dei vescovi della regione orientale del continente

Dal sinodo sull'Africa risposte concrete e sostenibili


Nairobi, 30. "Il sinodo deve essere visto come un processo e non soltanto come un evento":  è quanto espresso in un documento di riflessione in vista dell'assemblea speciale dei presuli africani - che si terrà dal 4 al 25 ottobre - pubblicato dall'Association of Member Episcopal Conferences in Eastern Africa (Amecea), organizzazione che comprende rappresentanti di Eritrea, Etiopia, Kenya, Malawi, Sudan, Tanzania, Uganda e Zambia.

Nel documento, che offre riflessioni su vari temi di rilevanza sociale-politica ed economica, si sottolinea la speranza che dal sinodo emergano risposte "veramente pratiche, concrete e attuabili" verso le molteplici aspettative della popolazione africana. "Noi vescovi, in rappresentanza dell'Amecea, parteciperemo al sinodo - è scritto - con uno spirito che unisce orgoglio, umiltà e speranza". "Prenderemo parte al sinodo - è aggiunto - accompagnati dalle preghiere e dalle sollecitudini di milioni di cristiani. La nostra speranza è autentica perché si fonda sulla promessa di Gesù di essere con noi in tutti i tempi. Con questa promessa possiamo svolgere l'assemblea con grande fiducia". "Il sinodo - si sottolinea - deve essere visto come un processo e non semplicemente come un evento:  cioè dovremmo comunicare alla nostra gente che l'incontro finirà pure a Roma, ma che il suo spirito e la sua vita saranno mantenuti in tutte le attività delle nostre istituzioni ecclesiali".

In particolare, i presuli chiedono che ai lavori dell'assemblea segua la formulazione di un piano strategico che contenga istruzioni precise circa i lavori del sinodo e l'attuazione delle raccomandazioni. "Dobbiamo assicurarci - si specifica - che questo piano preveda confini temporali e un regolare monitoraggio e valutazione". "Nello spirito universale dell'assemblea - si osserva inoltre - attenzione e rispetto debbono essere dati alle specificità  e diversità che contraddistinguono le comunità che appartengono alla regione dell'Amecea e in misura più allargata  le altre del continente africano".

Il documento passa quindi a elencare nello specifico i temi di rilevanza pastorale, a partire dall'estrema indigenza di larghe fasce della popolazione. "Non possiamo che esprimere vergogna - si legge - per l'impoverimento delle maggioranza della popolazione nei Paesi dell'Amecea. La sofferenza e l'emarginazione di questi figli di Dio è semplicemente inaccettabile. Il sostegno al miglioramento delle politiche governative e alla promozione e implementazione dei servizi sociali delle istituzioni ecclesiali deve essere considerata una priorità della risposta pastorale".

Pace e sicurezza è un altro tema affrontato:  "Una più accurata comprensione storica - scrivono i vescovi - sulle origini delle situazioni di conflitto nella nostra regione è necessaria, in quanto possiamo rispondere ai problemi del presente soltanto se conosciamo il passato". Un forte contributo alla pacificazione è dato anche dalla promozione del dialogo interreligioso "promuovendo la cooperazione, dove possibile, con la comunità musulmana" e in generale con quelle delle altre religioni. Per i presuli, inoltre, è auspicabile l'istituzione di alcune strutture permanenti per rispondere alle situazione di crisi.

Per quanto poi concerne la politica in generale, si riconoscono i progressi democratici in atto in alcuni Paesi:  per esempio, l'introduzione del multipartitismo o delle riforme costituzionali, ma questo processo - si precisa - "non è stato totale e incoraggiato". Per questo, la Chiesa "dovrebbe essere più attiva negli sforzi per responsabilizzare i politici e i funzionari pubblici e per formare dei buoni cittadini, incoraggiandoli al voto".

La cura del creato è un altro punto di riflessione. I vescovi affermano di essere consapevoli dei pericoli relativi ai cambiamenti climatici e al riscaldamento globale. I presuli rilevano che tali mutamenti stanno incidendo sulla sicurezza del cibo e sui flussi migratori, provocando tensioni tra le popolazioni dei vari Paesi e, per questo, esortano a "una riconciliazione ecologica" per dirimere i conflitti.

Il documento si sofferma infine sul ruolo della famiglia, e dei giovani e delle donne in particolare. Le nuove generazioni si evidenzia "vanno incorporate in maniera effettiva nella vita della Chiesa, poiché possono e devono giocare un ruolo importante nell'evangelizzazione e negli sforzi di riconciliazione". Un aspetto peraltro messo in luce è quello della dispersione scolastica:  "Dobbiamo trovare strade - si osserva - per rafforzare il sistema educativo che negli anni passati ha marcato distintamente l'impegno pastorale". Le donne, invece, dichiarano i presuli, "restano vittime di violenze e di discriminazioni, essendo ancora escluse dal pieno accesso all'istruzione e al lavoro".

Nei giorni scorsi il cardinale John Njue, arcivescovo di Nairobi, ha affermato che "gli africani attendono con fiducia e ottimismo i risultati del sinodo e chiedono di essere riconosciuti come persone, nonostante la povertà". "Siamo poveri materialmente - ha aggiunto - ma la nostra cultura ha tanti valori:  se vengono recepiti in Europa, o anche in Asia, possiamo diventare tutti più forti e a quel punto potremo arrivare a eliminare ogni sfruttamento".



(©L'Osservatore Romano - 1 ottobre 2009)
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La fame in Africa è innanzitutto una questione etica

di padre Pedro Barrajón, L.C.


ROMA, mercoledì, 30 settembre 2009 (ZENIT.org).-
 
“Saldo nella speranza contro ogni speranza: non è una magnifica definizione del cristiano? L’Africa è chiamata alla speranza attraverso voi e in voi! Col Cristo Gesù, che ha calpestato il suolo africano, l’Africa può diventare il continente della speranza”. Con queste parole il Papa Benedetto XVI il 19 di marzo scorso presentava l’Instrumentum Laboris del Sinodo d’Africa che si terrà a Roma nel prossimo mese di ottobre. In tale contesto il Papa presentava l’Africa come continente della speranza.

Questa speranza alla quale i cristiani dell’Africa sono chiamati a testimoniare, vive in mezzo a non poche situazioni di conflitto, di povertà, di discriminazione, di abbandono, di sfruttamento e di ingiustizia dalla parte degli altri paesi più ricchi. Come sappiamo bene uno dei grossi problemi africani, che persiste tuttora malgrado molti sforzi fatti per risolverlo, è quello dell’alimentazione legato allo sviluppo dell’agricoltura. Il numero 27 della Caritas in Veritate segnala con chiarezza e acutezza questo grave problema globale: “la fame – dice il Papa - miete ancora moltissime vittime tra i tanti Lazzaro ai quali non è consentito, come aveva auspicato Paolo VI, di sedersi alla mensa del ricco epulone. Dare da mangiare agli affamati (cfr Mt 25, 35-37.42) è un imperativo etico per la Chiesa universale, che risponde agli insegnamenti di solidarietà e di condivisione del suo Fondatore, il Signore Gesù”. Benedetto XVI riprende le parole profetiche di Paolo VI la cui magna enciclica sociale Populorum Progressio vuole commemorare. E ricorda che il problema della fame è strettamente legato a quello della pace e la stabilità del pianeta.

La soluzione al grave problema della fame nel mondo non è una mera questione di tipo tecnico, scientifico o sociale e neanche dipende esclusivamente dalla scarsità materiale delle risorse ma diventa innanzitutto una questione etica, dal voler veramente uscire da schemi in cui la visione dell’interesse personale non prevalga su quella della ricerca del bene comune.

L’Enciclica Caritas in Veritate traccia delle piste di soluzione ad un problema così vasto ricordando che il tema va affrontato in una prospettiva di lungo periodo che cerchi di eliminare le cause strutturali che lo provocano. Va affrontato promuovendo lo sviluppo agricolo dei paesi più poveri. In questo senso si include la considerazione dell’uso delle “nuove frontiere che vengono aperte da un corretto impiego delle tecniche di produzione agricola tradizionali e di quelle innovative, supposto che esse siano state dopo adeguata verifica riconosciute opportune, rispettose dell'ambiente e attente alle popolazioni più svantaggiate” (Caritas in Veritate, n. 27).

Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa aveva già segnalato dei criteri etici per l’uso delle biotecnologie in una cornice più ampia di teologia cristiana della creazione che comporta una specifica etica dell’ambiente. Il Compendio invita gli scienziati e i tecnici che si impegnano in questo settore a “lavorare con intelligenza e perseveranza nella ricerca delle migliori soluzioni per i gravi problemi dell’alimentazione e della sanità” (Compendio, n. 477). Ma senza dimenticare che le loro attività riguardano materiali, viventi e non, appartenenti all’umanità come un patrimonio, destinato anche a generazioni future” (Ibid.). In questo senso l’Instrumentum Laboris per il prossimo sinodo africano, senza condannare le moderne biotecnologie, fa un pressante appello a “non dimenticare altri problemi che sono alla base come la mancanza di terra arabile, di acqua e di energia, di acceso al credito, di formazione agricola, di mercati locali, di infrastrutture stradali” (n. 58).

“Le nuove possibilità offerte dalle attuabili tecniche biologiche e biogenetiche suscitano, da una parte, speranze ed entusiasmi, e dall’altra allarme e ostilità” (Compendio, n. 472). Di fronte alla complessità dei problemi sociali, economici, politici, etici, la Chiesa che è in Africa si prepara a questo grande momento dello Spirito che sarà l’Assemblea Sinodale.

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*Padre Pedro Barrajón è il Rettore dell’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum”.
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02/10/2009 08:31

Il superiore generale dei comboniani parla dell'intreccio tra sinodo e capitolo generale

L'Africa bussa alle nostre porte

Per tutti è tempo di aprire


di Alessandro Trentin

Grandi tragedie, dalla fame alla povertà estrema; contraddizioni nell'uso delle ricche risorse naturali; crescente dinamismo culturale e religioso delle comunità; speranza in un futuro migliore. Questo e altro è l'Africa, terra di apostolato per eccellenza dell'istituto dei missionari comboniani del Cuore di Gesù - fondato nel 1867 da san Daniele Comboni, presente oggi in centottantadue diocesi di quarantadue Paesi - che in questi giorni sono impegnati nel XVIi capitolo generale. La riunione, cui partecipano settantadue capitolari, in rappresentanza degli oltre 1.700 religiosi che compongono la Famiglia comboniana, assume quest'anno una connotazione speciale perché coincide con il secondo sinodo dedicato all'Africa, l'assemblea dei vescovi - che si terrà dal 4 al 25 ottobre - chiamato a individuare il percorso di una rinnovata evangelizzazione. Il filo che unisce i due avvenimenti è materia di questa intervista rilasciata dal superiore generale dei comboniani, Teresino Serra, a "L'Osservatore Romano".

Il capitolo generale dei comboniani coincide con il sinodo dei vescovi sull'Africa. Quali sono a vostro parere le maggiori emergenze del continente ?

Il fatto che il nostro XVIi capitolo generale si svolga in coincidenza quasi perfetta con il secondo sinodo africano è visto da noi come un autentico kairòs, un tempo provvidenziale di grazia che beneficia quest'anno di un "valore aggiunto", proprio perché vissuto come chiamata a una "nuova pentecoste" per il nostro istituto:  un'irruzione dello Spirito che certamente animerà anche l'assemblea sinodale. Crediamo che si rinnovi così il legame speciale tra il nostro istituto e l'Africa, nella memoria di san Daniele Comboni, che scrisse:  "Non ho in cuore che il solo e puro bene della Chiesa e dell'Africa, per le quali darei cento vite, se le avessi". Lo scenario che caratterizza il continente non è comunque certo ideale e, in un mondo segnato da processi di globalizzazione in cui prevale chi ha la supremazia economica, l'Africa si trova suo malgrado emarginata, o meglio guardata per lo più come continente da depredare per le immense ricchezze naturali di cui dispone. Le urgenze di oggi non sono dunque molto diverse da quelle classiche, ben elencate peraltro anche nei Lineamenta del sinodo:  protrarsi di conflitti civili o interetnici alimentati dall'esterno, crescente divario tra i pochi ricchi e le masse che sopravvivono in endemica insufficienza alimentare, commercio di armi, violazione dei diritti delle minoranze e dei più deboli (bambini, donne, anziani). E ancora, sfruttamento selvaggio delle risorse, debito estero elevatissimo, analfabetismo, mancanza di un adeguato sistema sanitario, numero crescente di profughi e rifugiati, urbanizzazione selvaggia, disoccupazione giovanile (oltre il 60 per cento) e, infine, l'inarrestabile processo migratorio.

Quale contributo porteranno i comboniani all'assemblea episcopale che metterà in luce i gravi problemi, ma anche le sfide e le speranze che la Chiesa ha davanti a sé nel continente?

Il sinodo si propone anzitutto obiettivi pastorali e di evangelizzazione. Gesù Cristo è stato presentato come il vero modello di riconciliatore, portatore di giustizia e di pace. Detto questo, a partire dal tema molto appropriato scelto per il sinodo:  "La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo", come comboniani cercheremo di sottolineare l'importanza che la Chiesa nel continente, ritenuta oggi tra le poche forze con una vera autorità morale riconosciuta dai Governi, si lasci guidare del coraggio profetico e dalla parresia nell'assumere il ruolo di protagonista nei processi di riconciliazione e ricerca di soluzione dei conflitti. La connessione tra fede e trasformazione sociale che il sinodo africano ha fatto propri nella scelta del tema trattato, infatti, è molto più visibile in Africa che nei continenti in cui la missione si sviluppò nei secoli XVI e XVIi, quando il rapporto fede e impegno sociale era solo a livello di carità e la missione era quasi unilateralmente di natura religiosa. Il nostro apporto sarà caratterizzato non più da protagonismo, bensì da incoraggiamento e sostegno alle iniziative per una vera inculturazione evangelica, per la promozione di una leadership ecclesiale sia del clero che del laicato sempre più responsabile e preparata ad affrontare le sfide del relativismo e del secolarismo, che nell'odierno processo di globalizzazione raggiungono ogni luogo della terra e ogni settore della società.

Il sinodo come può servire a cambiare una diffusa mentalità che vede nell'Africa soltanto aspetti negativi ?

Come già nel primo sinodo africano (1994), anche in questa seconda assemblea i vescovi non si limiteranno a identificare i gravi problemi in cui versa il continente. Sarà senza dubbio riaffermato il fortissimo senso religioso che tuttora è profondamente radicato nell'animo africano. Ci sono in Africa esperienze quotidiane di incredibile solidarietà, delle quali i presuli sono ben consapevoli perché in molti casi avviate, animate e sostenute dalle comunità cristiane di cui sono pastori. Oramai non solo noi missionari ma migliaia di persone di ogni provenienza, età e condizione, visitando l'Africa, diventano testimoni della grande vitalità delle popolazioni che incontrano. Tutto ciò è purtroppo ignorato dai media occidentali, ancor più in Italia che in altri Paesi, che offrono all'opinione pubblica una visione superficiale dell'Africa descritta spesso come continente allo sbando, alla deriva, pieno di violenza e sopraffazione o caratterizzato esclusivamente da fame, conflitti e disastri naturali. Naturalmente senza approfondire che questi innegabili mali hanno le loro radici nelle "strutture di peccato" che caratterizzano le politiche finanziarie e commerciali dei Paesi economicamente egemoni.

L'Africa è il continente dove più marcata è la presenza dei missionari. Quali sono le linee su cui si sta sviluppando l'evangelizzazione ?

Va ribadito anzitutto che in ambito ecclesiale, pur con gli ostacoli e le contraddizioni che caratterizzano ogni processo di crescita, in Africa stiamo assistendo a un veloce cammino verso l'autosufficienza ministeriale, economica e missionaria. Sono ormai molte le Chiese locali africane che hanno inviato religiosi e laici in missione in altri Paesi di altri continenti. La stessa "geografia" vocazionale degli "istituti esclusivamente missionari", incluso il nostro, si è andata trasformando con l'irruzione delle Chiese del Sud del mondo e l'invecchiamento progressivo di quelle del Nord, e sta dando un volto nuovo alle congregazioni missionarie. Si tratta di un'autentica rivoluzione e una sfida epocale, che sta già avendo un influsso sull'opera di evangelizzazione. Lo sviluppo in Africa di comunità cristiane con una leadership autoctona sta realizzando un più autentico processo di inculturazione del Vangelo, uno tra i temi salienti del primo sinodo africano. Gli orizzonti dell'evangelizzazione non sono già più quelli di un tempo. Superando le definizioni geografiche che tracciavano confini netti tra "popoli evangelizzati" e "da evangelizzare", l'attività missionaria ha assunto la dimensione dell'universalità. E oltre alla tradizionale proclamazione del Vangelo nei luoghi più negletti, unita alle attività di promozione umana, sono divenuti parte integrante dell'impegno missionario anche altri ambiti importanti:  giustizia, pace e integrità del creato; promozione e impegno per i diritti dei più poveri; lotta contro le nuove schiavitù e nelle aree marginali della società; come pure l'uso dei media moderni, indispensabili oggi per un'animazione missionaria efficace. Pur continuando a scegliere l'Africa come opzione privilegiata per la nostra opera di evangelizzazione, stiamo comprendendo che la missione ad gentes è oggi presente in Europa quanto in Africa. Ovunque siano sorte nuove forme di schiavitù o di discriminazione siamo chiamati a proclamare il Vangelo di liberazione.

Non ci si può dimenticare che l'Africa è interessata da imponenti flussi migratori verso l'Europa. Quali conseguenze porta tale realtà ?

Benché la mentalità stia già cambiando, l'Africa è tuttora vista in molte Chiese europee come la "terra di missione" per eccellenza. Noi comboniani, peraltro, anche nel precedente capitolo generale del 2003 abbiamo voluto riaffermare che l'Africa rimane la nostra scelta preferenziale anche se non esclusiva. Oggi, ancor più che allora, siamo convinti tuttavia di dover rivolgere il nostro impegno non solo all'Africa "geografica", ma a tutto il mondo africano, ovunque esso si trovi. Per questo motivo, da molti anni stiamo operando anche tra le comunità di origine africana presenti in vari Paesi dell'America Latina e degli Stati Uniti. Lo stesso impegno sentiamo oggi di dover assumere nei confronti dell'Africa che "bussa alle nostre porte". In alcune regioni italiane gli immigrati di origine africana sono oltre il 4 per cento. Seguendo l'esempio del nostro fondatore, tutte le nostre comunità dovrebbero diventare "stazioni missionarie", attente e premurose nell'incontrare, accogliere e seguire il mondo dell'immigrazione. Per evitare di cadere nella contraddizione "di amare l'Africa quando è in Africa e guardare con una certa indifferenza l'Africa che è arrivata in Europa". Per questo stiamo riflettendo sul miglior modo di rispondere a questa grande sfida odierna. È evidente, comunque, che non ci sottrarremo dall'assumere la nostra responsabilità come istituto nato in Africa, di essere in prima linea nell'impegno per la difesa e la promozione dei diritti di questi "nuovi poveri". Anche questo significa proclamare la Parola ai più poveri e abbandonati in obbedienza alla volontà e alla vocazione trasmesseci da san Daniele Comboni.

Quali indicazioni stanno emergendo dal capitolo generale dell'istituto?

Ispirandoci al tema scelto per il nostro XVIi capitolo "Dal Piano di Daniele Comboni al Piano dei comboniani, riqualificare la missione, la formazione e il governo", siamo impegnati a pregare, riflettere, discutere e condividere quanto lo Spirito ci suggerisce, per rispondere nel miglior modo alla nostra vocazione missionaria. Dal prolungato ascolto delle svariate situazioni in cui operiamo nei quattro continenti, si è così cominciata a delineare la cornice entro cui ci si muoverà nel prossimo sessennio. A livello interno all'istituto si sono sottolineati, da un lato, la progressiva trasformazione della "geografia vocazionale" (con il 90 per cento dei nuovi candidati provenienti dai Paesi del Sud del mondo) e il corrispondente processo di invecchiamento delle province più "antiche" dell'istituto; dall'altro, l'urgenza di rinnovare i settori della formazione di base e della formazione permanente, sulla base di un vero radicamento in Gesù Cristo e nella spiritualità del fondatore, oltre che di un rinforzato senso di appartenenza basato su una chiara identità.

I comboniani si avviano dunque a rimodulare la loro attività ?

In ambito di "attività evangelizzatrice" l'enfasi si è spostata sulle condizioni dei singoli continenti, che ci chiamano a operare a seconda delle peculiari sfide che presentano. Non verrà poi meno il tradizionale impegno in tante realtà di prima evangelizzazione, superando ovunque, in ogni caso, le tentazioni del protagonismo e la tradizionale tendenza a "lavorare per conto nostro". Il principio generale che seguiremo sarà quello di renderci disponibili ad affiancare le Chiese locali ormai stabilite ovunque, per offrire il servizio pastorale e la collaborazione che richiederanno. Ogni continente svilupperà in tal senso un proprio piano di attività, e così pure saranno chiamate a fare le varie circoscrizioni di ogni continente. In Africa, in particolare, una grande sfida sarà rappresentata dal crescente influsso dell'Islam:  presenza diretta e riflessione dialogica nei Paesi a prevalenza islamica saranno pertanto una parte importante della nostra agenda. L'ambito di giustizia e pace, riconciliazione e gestione dei conflitti, in particolare, ci vedranno attivi a fianco di altri organismi ecclesiali e laici nelle sedi internazionali con azioni di advocacy e lobbying (promozione della causa delle minoranze e delle popolazioni più povere) tramite vari organismi:  per esempio, Vivat International, presso le Nazioni Unite e Africa and Europe, Faith and Justice Network (Aefjn), presso il Parlamento europeo. In America Latina, oltre all'impegno d'inserimento pastorale in aree isolate o di emarginazione, stimoleremo le Chiese ad assumere la "missione universale" continuando a "dare dalla propria povertà". L'Asia, infine, dove abbiamo celebrato vent'anni della nostra presenza, ci sfiderà ad approfondire le nostre radici e a consolidare le nostre piccole comunità, "granello di senapa" nel continente più vasto e meno evangelizzato.


(©L'Osservatore Romano - 2 ottobre 2009)
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Una donna al Sinodo per l'Africa

Dichiarazioni di Myriam García Abrisqueta, presidente di Manos Unidas



di Jesús Colina

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 1° ottobre 2009 (ZENIT.org).-

Non è africana e ovviamente non è un Vescovo. Ad ogni modo, Benedetto XVI ha chiesto alla spagnola Myriam García Abrisqueta, presidente dell'organizzazione non governativa (ONG) Manos Unidas, di partecipare al Sinodo dei Vescovi che si svolgerà a Roma a ottobre.

Come uditrice non voterà le conclusioni (le “proposizioni”) del Sinodo, ma la sua voce verrà ascoltata sia nell'assemblea generale che nei gruppi di lavoro. Si tratta, quindi, di una decisione significativa con cui il Papa vuole riconoscere l'aiuto che le organizzazioni cattoliche spagnole come Manos Unidas offrono alla Chiesa in Africa e al continente in generale, e di un sostegno decisivo al protagonismo che hanno tante donne in questo settore.

Questo mercoledì, Myriam García Abrisqueta, accompagnata da altre volontarie che rendono possibile l'opera di Manos Unidas, ha saludato il Papa in Vaticano per celebrare insieme i cinquant'anni di questa organizzazione.

In alcune dichiarazioni a ZENIT, il presidente della ONG ha affermato che questa nomina del Papa “riconosce implicitamente la rilevanza dell'opera svolta in Africa dalla nostra istituzione”.

“Il continente è quello in cui lavoriamo di più – ha spiegato –. E' ovvio, visto che ci dedichiamo allo sviluppo e sono tante le zone dell'Africa in cui si verificano situazioni molto difficili. Nel 2008 abbiamo finanziato 305 progetti in questo continente, rispetto ai 278 dell'Asia e ai 191 dell'America. Ciò fa sì che Manos Unidas vi abbia accumulato un gran numero di contatti ed esperienze personali”.

Essere donna in un Sinodo sull'Africa è una responsabilità. Il presidente spiega che andrà al Sinodo “per ascoltare e approfondire i nostri legami” e per “sentire la Chiesa. Il Sinodo è un'ottima occasione per ampliare gli orizzonti e acquisire prospettive più complete e universali”.

La García Abrisqueta ha confessato di essere attirata molto dai “contatti informali fuori dall'aula. Poter essere in contatto con una rappresentanza così ampia di un continente non è una cosa che si può vivere ogni giorno”.

Ha anche annunciato che al Sinodo sosterrà ciò che Benedetto XVI ha scritto nell'Enciclica Caritas in Veritate (n. 27) sullo sviluppo integrale e autentico, quando segnala che il problema dell'insicurezza alimentare deve essere posto in una prospettiva a lungo termine, “eliminando le cause strutturali che lo provocano e promuovendo lo sviluppo agricolo dei Paesi più poveri mediante investimenti in infrastrutture rurali, in sistemi di irrigazione, in trasporti, in organizzazione dei mercati, in formazione e diffusione di tecniche agricole appropriate, capaci cioè di utilizzare al meglio le risorse umane, naturali e socio-economiche maggiormente accessibili a livello locale, in modo da garantire una loro sostenibilità anche nel lungo periodo”.

“Il Papa segnala anche la necessità di coinvolgere le comunità locali nelle scelte che si compiono – ha aggiunto –. Queste parole riflettono perfettamente il modello che cerchiamo di sviluppare a Manos Unidas”.

La sintonia tra la donna e il Papa è risultata evidente nella recente notizia per cui la García Abrisqueta è stata nominata membro del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, l'organismo della Santa Sede creato da Paolo VI per coordinare e promuovere l'azione delle istituzioni caritative nel mondo.Manos Unidas è una ONG cattolica promossa da donne volontarie che lotta contro povertà, fame, malnutrizione, malattie, mancanza di istruzione e sottosviluppo, e contro le cause di questi fenomeni.

E' nata come campagna contingente contro la fame e dal 1978 ha acquisito piena personalità giuridica, canonica e civile, come organizzazione, passando a chiamarsi Manos Unidas.

Per realizzare il suo obiettivo, finanzia progetti di sviluppo nei Paesi del Sud del mondo e svolge campagne di sensibilizzazione in Spagna.

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02/10/2009 10:57

Il fondatore di Shalom sulle speranze del Sinodo per l'Africa

Intervista a monsignor Andrea Pio Cristiani



di Carmen Elena Villa


CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 1° ottobre 2009 (ZENIT.org).-
 
Il Movimento Shalom guarda con speranza al Sinodo per l'Africa che si aprirà questa domenica in Vaticano per riflettere sul tema “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”.

Per questo, il Movimento ha organizzato il simposio “Certezza e speranze: il Sinodo dei Vescovi per l'Africa”, svoltosi questo giovedì presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.

Il Movimento Shalom è un'organizzazione senza scopo di lucro laica di ispirazione cattolica. Riunisce persone di diversi orientamenti politici e religiosi.ZENIT ha parlato con il suo fondatore del lavoro che il Movimento svolge in Africa e delle aspettative per il Sinodo dei presuli di questo continente.

Lei è intervenuto al simposio con una conferenza sulla speranza e la pace che porterà all'Africa il Sinodo dei Vescovi. Perché ha scelto questo tema?

Mons. Cristiani: La realtà che sta sotto i nostri occhi indubbiamente non ci lascia tranquilli, soprattutto per quanto riguarda il continente che è all'attenzione del Sinodo dei Vescovi.

A volte sembra che ci sia un embargo un po' meschino che nasconde tutto il dramma della vita di milioni di essere umani che abitano in questo pianeta. Basta pensare che la crescita degli affamati nel mondo ha una forte concentrazione in Africa.

C'è anche un motivo di speranza: il fatto che mi sembra che ultimamente sia cresciuta a livello di opinione mondiale l'attenzione sull'Africa, dopo il viaggio di Papa Benedeto XVI in Angola e in Camerun e anche dopo il G8 a L'Aquila. C' è qualcosa che si sta muovendo. Auguriamoci che questo seminario prima del Sinodo possa davvero dare inizio a un risollevamento dell'Africa

Quali opere sociali sviluppa il Movimento in Africa?

Mons. Cristiani: Si lavora con più impegno in Burkina Faso, ma siamo presenti in altri Paesi africani, come Congo, Kenya, Togo. La nostra presenza è molto forte in Uganda, dove abbiamo delle piccole cooperative e vari settori artigianali.

Il nostro impegno è di natura culturale. Investiamo prevalentemente nella formazione dei giovani, abbiamo come base di formazione la Dottrina Sociale della Chiesa che ha le sue radici nel Vangelo, nell'insegnamento di Cristo. Prima di tutto per noi è importante formare l' uomo. Shalom svolge un'attività per uno sviluppo sostenibile.

Dunque cerchiamo di investire soprattutto nel lavoro, nella professionalità, aiutando economicamente a realizzare dei contesti che possano rispondere alle esigenze soprattutto del dominio agricolo. Perciò si deve partire dal potenziare la terra, migliorando le condizioni dei contadini perché possano avere un risultato tale da permettere a se stessi e alle proprie famiglie di avere un sostentamento dignitoso e giusto. Il lavoro diventa quindi un elemento primario dell'attività sociale del movimento.

Perché un movimento che nasce in una regione come la Toscana ha questa sensibilità così speciale nei confronti dell'Africa?

Mons. Cristiani: Perché la Toscana, essendo una regione molto industrializzata, ha ricevuto i primi flussi migratori. Vedevamo arrivare popolazioni, facce nuove, persone che venivano da altre culture e che talvolta faticavano a integrarsi, che non erano rispettate nel loro diritti. C'era poi il contatto con l'interno della Chiesa, con la testimonianza dei missionari che erano presenti e parlavano delle sofferenze di questi Paesi. Tanti migranti per migliorare le loro condizioni sono venuti a svolgere lavori umilissimi nella nostra regione. Bisognerebbe frenare le migrazioni non dignitose per la persona umana e lo sviluppo. Diamoci da fare perché i Paesi che hanno tante risorse possano goderne appieno.

Cosa si attende l'Africa da questo Sinodo?

Mons. Cristiani: L'Africa è consapevole del suo stato di sofferenza, di umiliazione. Auspichiamo che il Sinodo sia tradotto nella pastorale ordinaria della Chiesa, di modo che le problematiche dell'Africa siano prese a cuore da parrocchie, associazioni, gruppi e movimenti. L'Africa, a differenza dell'Europa, è un continente con grandi potenzialità spirituali che è urgente incanalare per creare un clima di frraternità che parta dal ricondurre tutto e tutti all'unico Dio.

Quali sono a suo avviso i frutti che ha lasciato il Sinodo per l'Africa del 1994?

Mons. Cristiani: Ha favorito molto il rafforzamento e l'unità della Chiesa cattolica, e ha senz'altro promosso un dialogo fra gli antichi valori del Vangelo e le antiche tradizioni culturali dell'Africa, con una maggiore acentuazione del volto africano della Chiesa cattolica.
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La rivoluzione verde in Africa fra tradizione e modernità

Intervista al presidente dei coltivatori di cotone del Burkina Faso



di Antonio Gaspari

ROMA, giovedì, 1° ottobre 2009 (ZENIT.org).-

Il sottosviluppo agricolo dell’Africa è uno dei problemi più gravi del continente. Gran parte della popolazione africana vive in campagna. Paradossalmente però gli investimenti sono rivolti più alle aree urbane che a quelle rurali. Il benessere così generato nelle città è proporzionale alla povertà crescente dei villaggi. Solo una minoranza di persone del continente vive in città.

Nella boscaglia le persone bevono l’acqua dalle pozze e si nutrono di frutti selvatici e di agricoltura di sussistenza. I prodotti agricoli, grazie ai quali partecipano al processo della globalizzazione, sono attualmente coltivati con difficoltà e mal commercializzati. E quando si riesce a venderli, il problema non è risolto poiché vengono sempre trasformati all’estero.

Disponendo di poche infrastrutture di comunicazione e trasporto, gli agricoltori non riescono a trarre profitto da ciò che coltivano.

Per meglio comprendere la difficoltà del rapporto tra tradizione e modernità, soprattutto nel campo agricolo con l’arrivo dei prodotti geneticamente modificati, ZENIT ha intervistato Francois Traoré, Presidente dell’Associazione Coltivatori di Cotone del Burkina Faso.

Traorè ha recentemente partecipato ad un Convegno sullo sviluppo dell’Africa all’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” ed è uno dei firmatari di una lettera inviata ai Padri Sinodali che da domenica 4 ottobre daranno vita in Vaticano al secondo Sinodo speciale per l’Africa.

E’ vero, come è scritto nell’Istrumentum Laboris del Sinodo per l’Africa che gli OGM rischierebbero di rovinare i piccoli agricoltori africani abolendo i metodi di semina tradizionali e rendendo i coltivatori dipendenti dalla produzione delle società che vendono le sementi?

Traoré: Innanzitutto, occorre sapere che tutti i piccoli agricoltori hanno necessità di crescere. Oggi i metodi di semina tradizionali non riescono più a nutrire le persone. Prima un ettaro si coltivava senza particolari sforzi perché le terre erano fertili e la vegetazione lussureggiante. Oggi ci vuole molto più tempo e occorre anche l’operato di più persone per coltivare quello stesso ettaro. La raccolta è spesso insufficiente per nutrire gli uomini e le famiglie che hanno contribuito alla produzione.

Gli OGM sono per noi uno strumento moderno per aumentare la produzione e sopravvivere. Noi crediamo all’alleanza fra tradizione e modernità. E  l’esempio di alcuni paesi va in questa direzione.

Alcune delle tecniche di semina che applichiamo nei nostri campi di cotone ci sono state insegnate dai tecnici che provengono da scuole moderne. Così nella filiera del cotone, il produttore compra ogni anno la quantità di sementi necessarie dalle società sementiere e non trattiene più i semi per riseminarli l’anno dopo.


Per ciò che concerne la questione della dipendenza, gran parte del materiale dell’agricoltura di oggi non è prodotto da noi. Affinché il piccolo produttore possa crescere è necessaria la correttezza e la sincerità di coloro che lavorano per lo sviluppo attraverso obiettivi precisi ed efficaci e moderne metodologie.

Le biotecnologie possono aiutare lo sviluppo dell’Africa? E come?

Traoré: Il legame fra OGM e sviluppo è lo stesso di quello che abbiamo con tutto ciò che è moderno.Non abbiamo inventato il carro.  Esso è stato fortemente osteggiato quando è stato introdotto nella nostra agricoltura. Ricordo bene che mio padre non ha mai voluto coltivare con il carro poiché pensava che potesse favorire la pigrizia.Con il passare del tempo, abbiamo finalmente capito che l’uomo, grazie alla sua intelligenza, ha trovato modo di utilizzare la forza degli animali per eliminare un lavoro particolarmente gravoso.

Sappiamo anche che le rese sono aumentate allorquando le nostre sementi tradizionali sono state studiate e rafforzate nei laboratori. Se le rese dei semi tradizionali non superano la tonnellata per ettaro, le sementi migliorate possono produrre dalle due alle quattro tonnellate per ettaro.Abbiamo adottato i fertilizzanti ed i fitofarmaci perché ci siamo resi conto che coloro che producono di più utilizzano prodotti chimici ed ottengono così raccolti più abbondanti per nutrirsi ed esportarli verso le nostre aree.

E’ tenendo a mente questi risultati straordinari e temendo la concorrenza che utilizziamo i fitofarmaci. Conosciamo tutti i loro effetti nocivi. Infatti quando un coltivatore utilizza i pesticidi sulle proprie colture immancabilmente li respira e a volte se li spruzza addosso. E’ verosimile che questi prodotti possano intossicare i coltivatori così come inquinano il suolo.

La differenza con gli OGM è che ciò che uccide i parassiti è nella pianta ed è nocivo soltanto ad un tipo di insetto.

Consideriamo molto interessante questa metodologia di coltivazione del cotone, poiché sono unicamente i parassiti che si voglio eliminare che muoiono. Ci sono persone che pongono all’indice questa tecnologia; ci dicono che gli OGM uccideranno lo stesso tutto ciò che si trova vicino alle piante ed aggiungono che continueremo ad usare gli insetticidi esattamente come prima. Queste persone non sono molto coerenti.

Quello che noi, ad oggi, abbiamo riscontrato è che grazie agli OGM guadagniamo molto tempo per poterci occupare di altri lavori sul campo.Il mio unico timore è che il mondo intero, e più in particolare la parte più potente, consideri l’Africa solo come un granaio di risorse naturali da poter sfruttare; e che per farlo esso mantenga la popolazione africana nella povertà e non permetta ai suoi tecnici di evolversi nelle conoscenze.

Quali sono i problemi che limitano lo sviluppo dell’Africa?

Traoré: Fra i problemi che possono limitare lo sviluppo in Africa, penso che la povertà e le sue conseguenze - ovvero la manipolazione, i conflitti, la perdita e la negazione dei propri valori - siano fatti davvero preoccupanti.

In effetti la povertà dovrebbe aver fine in Africa e soprattutto non continuare a costituire una fonte di guadagno per alcuni. E’ dalla povertà infatti che nascono i conflitti poiché l’uomo è più facile da manipolare quando è povero. Io non rifiuto la modernità. Voglio che la tradizione e la modernità siano integrate.

Quali sono gli africani che hanno necessità di vincere il sottosviluppo nel settore agricolo?

Traoré: I giovani agricoltori sono quelli che soffrono di più la povertà e il sottosviluppo. L’agricoltura non è attraente a causa della difficoltà di metterla in pratica nelle nostre aree e a causa dei suoi scarsi introiti.

Così molti giovani agricoltori praticano l’esodo verso le città che, essendo poco industrializzate, non hanno nulla da offrigli di meglio.  Questo porta presto i giovani alla disoccupazione e di conseguenza alla delinquenza e all’uso di droghe.  Non soddisfatti del loro esodo verso la città tentano in tutti modi di cambiare vita e dirigersi verso destinazioni erroneamente reputate paradisiache.

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SINODO AFRICANO: ZANOTELLI, "NO AD UNA POLITICA ESTERA CHE PENSA SOLO AGLI AFFARI"

No ai biocarburanti e agli ogm in Africa, all'accapparramento di terre da parte delle multinazionali, al commercio di armi senza regole che fomenta le guerre, agli accordi Epa tra Europa e Africa che andranno a sfavore dei contadini africani, ma soprattutto "no" a considerare i migranti disperati che arrivano dal mare come "rifiuti tossici".
La posizione del missionario comboniano padre Alex Zanotelli è netta, e l'ha ribadita oggi a Roma al convegno sul secondo Sinodo africano organizzato da Cimi, Ucsi, Fesmi, Misna e Focsiv, contestando ai governi "sia di destra sia di sinistra" una politica estera "neocolonialista" nei confronti dell'Africa. "Mi sembra che non esista alcuna politica seria nei confronti del continente - ha affermato - se non quella degli affari".

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Radio Vaticana trasmetterà in diretta la presentazione del Sinodo sull'Africa

A partire dalle 11.30.
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SINODO AFRICA: MONS. ETEROVIĆ, “LA PRIORITÀ” DELLA II ASSEMBLEA SPECIALE

“L’urgente opera di evangelizzazione che ha come riflesso inscindibile la promozione umana nel contesto del continente africano”. È questa “la priorità” al centro dei lavori della II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi, che si terrà in Vaticano dal 4 al 25 ottobre sul tema: “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. «Voi siete il sale della terra...
Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13.14)”. È quanto ha affermato mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei vescovi, spiegando oggi, durante un “briefing” nella sala stampa vaticana, “senso e svolgimento” dell’assise sinodale. Il tema dell’Assemblea, ha detto mons. Eterović, “è assai indicativo in quanto riprende il titolo dell’Esortazione apostolica postsinodale «Ecclesia in Africa», che raccoglie i risultati della I Assemblea speciale per l’Africa svoltasi nel 1994”. Con questa scelta, ha aggiunto il segretario generale, “si è voluta sottolineare la continuità tra le due Assemblee”.
La prima Assemblea sinodale per l’Africa, ha spiegato mons. Eterović, “ha offerto un quadro generale e complessivo della situazione della Chiesa cattolica nel continente. Ha pure affrontato varie sfide, ecclesiali, sociali e politiche che, purtroppo, sono tuttora in buona parte attuali”. Tenendo presente “tale quadro ancora valido”, con la II Assemblea speciale – ha proseguito il vescovo – “i Padri sinodali, guidati da Benedetto XVI, desiderano approfondire la missione della Chiesa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. Si tratta di “temi fondamentali per il presente e il futuro della Chiesa cattolica in Africa”. In tale “urgente opera”, ha detto il segretario generale del Sinodo, “essa è disposta a collaborare con altre Chiese e comunità cristiane, con gli appartenenti ad altre religioni non cristiane, come pure con tutti gli uomini di buona volontà”. Al riguardo, ha informato mons. Eterović, “il primo giorno dei lavori è prevista una relazione di circa 30 minuti circa la ricezione dell’«Ecclesia in Africa» che sarà seguita da una discussione libera sul tema”.

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BRIEFING DI PRESENTAZIONE DELLA II ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA DEL SINODO DEI VESCOVI, 02.10.2009

PRESENTAZIONE DEL SEGRETARIO GENERALE


Venerdì, 2 ottobre 2009 alle ore 11.30 nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi S.E.R. Mons. Nikola Eterović ha tenuto un “Briefing” per fornire informazioni su senso e svolgimento dell’Assemblea sinodale.
Riportiamo di seguito il testo della presentazione del Segretario Generale:

Nel Discorso sul monte delle Beatitudini il Signore Gesù ha rivelato la dignità dei suoi discepoli affermando: “Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo” (Mt 5, 13-14). Tali parole, valide per i cristiani di tutti i tempi, sono indirizzate in modo particolare ai fedeli dell’Africa in questo momento della loro storia ecclesiale e sociale.
L’attualità di tale chiamata è stata sottolineata anche dal Santo Padre Benedetto XVI che ne ha fatto il motto della sua prima
Visita Apostolica nel cuore dell’Africa, in Camerun e in Angola, dal 17 al 23 marzo 2009.
Si tratta al contempo di una costatazione e di una esortazione. I cristiani, rigenerati nel battesimo per la grazia dello Spirito Santo, si sono rivestiti di Gesù Cristo, “luce del mondo” (cfr Gv 8, 12) che “illumina ogni uomo” (Gv 1, 9). Essi, pertanto devono vivere lo spirito delle beatitudini e in tale modo rispecchiare la Luce Gesù Cristo, secondo le sue stesse parole: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5, 16). Impegnandosi in una vita cristiana autentica, i discepoli del Signore cercano di seguirlo, vanno dietro di lui rinnegando se stesso e prendendo la propria croce (cfr. Mc 8, 34). Lasciandosi guidare dalla luce di Cristo, essi diventeranno sempre di più il sale della terra che, rinnovata dalla grazia dello Spirito Santo, non solamente non perderà il sapore, ma sarà in grado di dare un vero gusto del Vangelo a tutta la realtà umana in Africa e nel mondo intero.
Essere il sale della terra e la luce del mondo è la vocazione di ogni cristiano. Applicata alla realtà africana, tale verità ci permette di intendere lo spirito con cui si vuole celebrare la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi sul tema: La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. “Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo” (Mt 5, 13-14). La priorità riguarda, dunque, l’urgente opera di evangelizzazione che ha come riflesso inscindibile la promozione umana nel contesto del continente africano.
Il tema dell’Assise sinodale è assai indicativo in quanto riprende il titolo dell’Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa, che raccoglie i risultati della Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi svoltasi dal 10 aprile all’8 maggio 1994 sul tema La Chiesa in Africa e la sua missione evangelizzatrice verso l’anno 2000. “Sarete miei testimoni” (At 1, 8). Con tale scelta si è voluta sottolineare la continuità tra le due Assemblee. La prima ha offerto un quadro generale e complessivo della situazione della Chiesa Cattolica nel continente. Ha pure affrontato varie sfide, ecclesiali, sociali e politiche che, purtroppo, sono tuttora in buona parte attuali. Tenendo presente tale quadro ancora valido, con la Seconda Assemblea Speciale i Padri sinodali, guidati dal Santo Padre Benedetto XVI, desiderano approfondire la missione della Chiesa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Si tratta di temi fondamentali per il presente e il futuro della Chiesa Cattolica in Africa. In tale urgente opera essa è disposta a collaborare con altre Chiese e comunità cristiane, con gli appartenenti ad altre religioni non cristiane, come pure con tutti gli uomini di buona volontà. Al riguardo, il primo giorno dei lavori è prevista una relazione di circa 30 minuti circa la ricezione dell’Ecclesia in Africa che sarà seguita da una discussione libera sul tema.
La preparazione della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa è cominciata già cinque anni fa, quando il 15 giugno 2004 il Servo di Dio Giovanni Paolo II espresse il desiderio di convocare la Seconda Assemblea sinodale per l’Africa. L’ avvio più specifico ha avuto luogo con la pubblicazione dei Lineamenta, il 27 giugno dell’anno 2006.
Durante la Visita a Yaoundé, Cameroun, il Santo Padre Benedetto XVI ha consegnato il 19 marzo 2009
l’Instrumentum laboris dell’Assise sinodale ai Presidenti delle 36 Conferenze Episcopali e ai Capi di 2 Chiese Orientali Cattoliche sui iuris come pure dell’Assemblea della Gerarchia Cattolica d’Egitto.
La Chiesa in Africa ha avuto un grande dinamismo. Dal 1978 al 2007, il numero dei cattolici africani è passato da 55.000.000 a 146.000.000. Anche le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata hanno avuto una notevole crescita (cfr Allegato).
Tale quadro promettente, è doveroso completare con il numero di ben 521 agenti di pastorale che dal 1994 al 2008 sono stati uccisi in Africa a causa del nome di Gesù Cristo (cfr Mt 10, 22). Si tratta di africani di nazionalità e di adozione, cioè di missionari nelle terre africane. Nell’anno 2008, per esempio, di 20 operatori pastorali cattolici uccisi nel mondo, 5 sono stati africani: 3 sacerdoti, 1 religioso ed 1 volontario laico, provenienti rispettivamente dal Kenya, dalla Guinea Conacry, dalla Nigeria e dalla Repubblica Democratica del Congo. Il Vangelo da loro annunciato è il vero sale della terra, garanzia di un’evangelizzazione con profonde radici, in grado di resistere ad ogni possibile avversità. La Buona Notizia accompagnata dalla testimonianza limpida del loro servizio ecclesiale diventa la luce che brilla nelle tenebre del mondo, talvolta troppo densamente concentrate su alcune parti del continente africano.

* * *

Essere sempre di più il sale della terra e la luce del mondo è la grazia che si ottiene con la preghiera. La celebrazione dell’Assise sinodale sarà accompagnata da intensi momenti di preghiera.
Il Santo Padre Benedetto XVI, Presidente del Sinodo dei Vescovi, presiederà tre celebrazioni Eucaristiche nella Basilica Papale di San Pietro.
Oltre quella dell’inizio domenica 4, e della conclusione dei lavori sinodali, domenica 25 ottobre, Sua Santità canonizzerà, domenica 11 ottobre 5 beati: Zygmunt Szczęsny Feliński, Francisco Coll y Guitart, Jozef Damiaan de Veuster, Rafael Arnáiz Barón e Marie de la Croix (Jeanne) Jugan. Questi santi indicano in modo concreto come si diventa il sale della terra e la luce del mondo.La preghiera accompagnerà le riflessioni dei Padri sinodali ogni giorno di mattino e di pomeriggio. La preghiera dell’Ora terza sarà accompagnata da una breve omelia, a cura dei Padri sinodali. Un momento particolare è previsto sabato sera 10 ottobre. Il Santo Padre guiderà la recita del Santo Rosario con l’Africa e per l’Africa, in collegamento televisivo, via satellite, dall’Aula Paolo VI con gli universitari di 9 capitali africane: Il Cairo (Egitto), Antananarivo (Madagascar), Kinshasa (Rep. Dem. Del Congo), Nairobi (Kenya), Johannesburg (Sud Africa), Maputo (Mozambico), Khartoum (Sudan), Onitsha (Nigeria) o Ouagadougou (Burkina Faso).
Alla Seconda Assemblea Speciale per l’Africa parteciperanno 244 Padri sinodali, di cui 228 insigniti del carattere vescovile. Essi prenderanno parte a vari titoli: 79 partecipano ex officio, 129 sono eletti e 36 sono di nomina Pontificia. Tra essi vi sono 33 cardinali, 75 arcivescovi, 120 vescovi e 8 religiosi, eletti dall’Unione dei Superiori Generali. Quanto agli uffici svolti, vi sono 37 Presidenti di Conferenze Episcopali, 189 Vescovi Ordinari, 4 Coadiutori, 2 Ausiliari e 8 (arci)vescovi emeriti.
Con riferimento all’art. VII dell Ordo Synodi Episcoporum, il Santo Padre Benedetto XVI aveva stabilito che ex officio partecipassero all’Assise sinodale, oltre a 25 Capi Dicastero della Curia Romana, tutti i cardinali africani, attualmente in numero 14, i Presidenti delle Conferenze Episcopali, nazionali, regionali e quelli delle riunioni Internazionali. Nella scelta dei Padri sinodali poi si è seguito il criterio di eleggere un Vescovo su 5. Ad ogni modo, si è cercato di avere perlomeno un Vescovo da ognuno dei 53 Paesi d’Africa.
La maggioranza dei Padri sinodali, precisamente 197, provengono dall’Africa. Altri 47 vengono da altri continenti: 34 dall’Europa, 10 dall’America, 2 dall’Asia e 1 dall’Oceania. Tra essi vi sono Presidenti delle Conferenze Episcopali di altri 4 continenti che all’inizio dei lavori si rivolgeranno all’Assemblea. Tale fatto sottolinea che la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa riguarda tutta la Chiesa Cattolica.
Per quanto concerne i lavori sinodali, sono previste 20 Congregazioni Generali e 9 Sessioni dei Circoli minori, divisi in tre lingue ufficiali dell’Assise: francese, inglese e portoghese. I Padri sinodali potranno adoperare anche l’italiano.
In tali lingue 4 Addetti stampa informeranno regolarmente i giornalisti sui lavori sinodali. La prima Conferenza stampa avrà luogo lunedì 5 ottobre. A essa prenderà parte Sua Eminenza il Card. Peter Kodwo Appiah TURKSON, Arcivescovo di Cape Coast, Ghana, Relatore Generale.
Come è noto, il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato tre Presidenti Delegati gli Em.mi Cardinali: Francis ARINZE, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; Théodore-Adrien SARR, Arcivescovo di Dakar, Senegal, e Wilfrid Fox NAPIER, O.F.M, Arcivescovo di Durban, Sud Africa. Al contempo, Sua Santità ha nominato due Segretari Speciali: Sua Eccellenza Mons. António Damião FRANKLIN, Arcivescovo di Luanda, Angola, e Sua Eccellenza Mons. Edmond DJITANGAR, Vescovo di Sarh, Ciad.
All’Assise sinodale prenderanno parte anche i Delegati fraterni, rappresentanti di 6 Chiese e comunità ecclesiali presenti in modo significativo in Africa, con le quali la Chiesa Cattolica mantiene rapporti di dialogo e di collaborazione.
Vi saranno, poi, 29 Esperti, 19 uomini e 10 donne, e 49 Uditori, 29 uomini e 20 donne, disposti a dare il loro contributo al buon svolgimento dei lavori sinodali, arricchendo la riflessione con le loro significative testimonianze.
Insieme agli Assistenti, ai Traduttori e al personale tecnico e, in particolare, agli Officiali della Segreteria Generale, all’Assemblea sinodale parteciperanno circa 400 persone.
Accogliendo l’invito del Santo Padre Benedetto XVI parteciperanno all’Assise sinodale tre Invitati speciali.In primo luogo, martedì 6 ottobre p. v., prenderà parte alla Terza Congregazione Generale il Patriarca della Chiesa Ortodossa Tewahedo Etiope Sua Santità Abuna Paulos. Si tratta di una partecipazione al Sinodo del rappresentante della menzionata Chiesa cristiana presente in Africa ininterrottamente dai tempi apostolici.
Venerdì 9 ottobre è atteso il Sig. Rudolf Adada, già Capo della Joint United Nations/African Union Peacekeeping Mission per il Darfur. Egli dovrebbe riferire sugli sforzi di pace nella regione del Darfur, che interessa non solamente i Paesi africani bensì il mondo intero.
Lunedì 12 ottobre si rivolgerà ai Padri sinodali il Sig. Jacques Diouf, Direttore Generale della FAO per informare sugli sforzi della FAO intesi a garantire la sicurezza alimentare in Africa.

* * *

“Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo” (Mt 5, 13-14). La Chiesa che pellegrina in Africa da 2000 anni, cerca di mettere in pratica tale invito del suo Signore. Lo sta facendo nelle regioni dell’Africa Nord Est dai tempi apostolici (cfr At 8, 26-39). In alcune zone, come per esempio nell’attuale Angola, la Buona Notizia è stata annunciata oltre 500 anni fa. In altre regioni la luce del Vangelo è penetrata con i missionari circa 100 anni fa. Grazie a Dio i risultati sono stati abbondanti. Uno dei segni di fecondità apostolica sono le vocazioni missionarie africane. Vi sono sempre di più sacerdoti, religiosi, religiose e laici che svolgono il servizio pastorale presso altre Chiese particolari in Africa o in altri continenti. Insieme con la Buona Notizia, essi si sforzano di promuovere l’attività educativa ed assistenziale della Chiesa, offrendo una formazione integrale, umana e cristiana, alle nuove generazioni. Al contempo, essi cercano di alleviare le ferite aperte nello spirito e nel corpo dei loro confratelli di fronte alle grandi sfide del sottosviluppo e, dunque, della fame, delle malattie, delle violenze, incluse le guerre. Con le loro azioni continuano l’opera di Gesù Buon Samaritano in favore di ogni uomo africano, senza distinzione di etnia, lingua, religione, dando un prezioso contributo al processo della giustizia e della pace che nasce da un cuore riconciliato con Dio e con il prossimo.
Invocando l’intercessione di tanti santi africani e, in particolare, della Beata Vergine Maria, Nostra Signora d’Africa, preghiamo che la celebrazione della Seconda Assemblea Speciale diventi un’occasione propizia per tutto il Popolo di Dio per dedicarsi alla preghiera e all’approfondita riflessione sul presente dell’attività pastorale in Africa, in unione con i Pastori e sotto la guida del Vescovo di Roma e Pastore universale della Chiesa. Benedetta dallo Spirito Santo, la Chiesa in Africa auspica di intraprendere, con rinnovato zelo, l’azione di evangelizzazione e di promozione umana nel grande continente. Una Chiesa riconciliata al suo interno, diventerà annunciatrice credibile della riconciliazione anche al livello della società, apportando un insostituibile contributo alla promozione della giustizia e al raggiungimento della pace.

Alcuni dati statistici riguardanti l’attività caritativa della Chiesa Cattolica in Africa

I) In Africa esistono 53 Caritas nazionali di cui 20 hanno anche una finalità aggiunta, in genere relativa alla promozione della solidarietà e allo sviluppo integrale dell’uomo e della società. Vi è poi Caritas del Medio Oriente e dell’Africa del Nord. Tutte le organizzazioni nazionali sono coordinate dalla Caritas Africa che ha il centro a Kampala, Uganda.
II) La rete delle Commissioni Giustizia e Pace è assai sviluppata. Esiste a livello continentale il Segretariato Justice and Peace del SECAM. Vi sono inoltre 8 Commissioni regionali e 34 nazionali, presso le rispettive Conferenze Episcopali. Vi sono anche 12 Istituti e Centri di promozione della Dottrina sociale della Chiesa.
III) Tra opere significative di promozione umana, bisogna ricordare la Fondazione per il Sahel, istituita il 22 febbraio 1984 dal Papa Giovanni Paolo II, in seguito alla sua visita Apostolica in Burkina Faso [1]. Il 12 febbraio 2001, il compianto Papa Giovanni Paolo II costituì la Fondazione Il Buon Samaritano, fondata con finalità di sostenere gli infermi più bisognosi, soprattutto i malati di AIDS. La Fondazione dipende dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute.
IV) La Chiesa Cattolica è assai presente nel campo della pastorale sanitaria. Secondo gli ultimi dati ricavati nell’anno 2007, esistono in tutto il Continente africano 16.178 centri sanitari dei quali: 1.074 ospedali, 5.373 ambulatori, 186 lebbrosari, 753 case per anziani ed invalidi, 979 orfanotrofi, 1997 asili per i bambini, 1.590 consultori matrimoniali, 2.947 centri di rieducazione sociale, 1.279 centri sanitari vari.
V) Insieme con l’annuncio del Vangelo, la Chiesa Cattolica da sempre promuove l’educazione integrale delle persone per mezzo delle scuole cattoliche. Attualmente nel continente africano vi sono 12.496 scuole materne con 1.266.444 iscritti; 33.263 scuole elementari con 14.061.806 alunni; 9.838 scuole superiori con 3.738.238 alunni. Negli Istituti Superiori studiano 54.362 studenti; nelle Università 11.011 studenti frequentano gli studi ecclesiastici e 76.432 altre discipline.

[1] Nel corso dei 25 anni, la Fondazione ha distribuito circa 40.000.000 di Dollari USA in 9 Paesi: Burkina Faso, Capo Verde, Ciad, Gambia, Guinea Bissau, Niger, Mali, Mauritania e Senegal, finanziando i progetti di accesso all’acqua e di ripristino di terreni coltivabili, come pure di formazione e d’istruzione.

Bollettino del Sinodo dei vescovi
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