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Sinodo per l'Africa (4-25 Ottobre 2009)

Ultimo Aggiornamento: 28/10/2009 10:25
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25/10/2009 11:24

Il documento finale del Sinodo del Continente nero loda «il coraggio di quei Governi che combattono l'interruzione della gravidanza nella loro legislazione»

La Chiesa africana: vietare anche l'aborto terapeutico

Al via in Vaticano i negoziati con i lefebvriani per il pieno "rientro" della Fraternità San Pio X

VATICANO
No all'aborto anche se è in gioco la salute della madre o del feto, no al traffico di esseri umani, alle violenze su donne, bambini e sull'ambiente, no anche alla discriminazione e al rifiuto degli immigrati in fuga da guerre e povertà.
Il secondo
Sinodo speciale per l'Africa, che ha visto riuniti per tre settimane di fila in Vaticano 236 padri sinodali, si è chiuso con un corposo documento di 57 argomenti offerto al Papa, quattro in più dell'ultimo Sinodo generale dei vescovi di tutto il mondo svolto un anno fa.
Temi cruciali e che non riguardano solo il continente più martoriato del pianeta, anche se l'attenzione di giornali e televisioni non è stata finora delle più accese, ma di certo destinati ad influire sull'agenda della comunità internazionale dei prossimi mesi, oltre che sulla vita di milioni di persone.
Papa Ratzinger, che ha già dimostrato la sua attenzione per l'Africa con il suo intenso viaggio, ha assistito a quasi tutte le sedute e ieri, al pranzo offerto ai padri sinodali, ha espresso la sua soddisfazione per quello che ha definito «un buon lavoro» destinato a proseguire, e non solo nella sua esortazione post-sinodale che ha fin d'ora preannunciato. I pastori – ha detto il papa – devono essere «attenti alla realtà», ma senza «cadere in situazioni tecnicamente politiche», e tanto ha fatto l'assemblea, conclusa con una parola «concreta, ma spirituale».
Parole che in parte hanno ripercorso i temi del viaggio del Papa in Africa, dall'Aids al protocollo di Maputo, dalla condanna delle connivenze tra multinazionali e politici corrotti alla necessità del dialogo con l'Islam. Aggiungendone di nuovi, quali la preoccupazione per gli aiuti provenienti da «agenzie internazionali» insieme a «veleni ideologici» che minacciano la famiglia. Concrete, perchè i vescovi africani hanno chiesto precisi impegni, come quello a rivedere quell'articolo 14 del protocollo di Maputo giudicato dalla Chiesa africana «inaccettabile», perchè, indirizzando i piani regionali per la «salute riproduttiva» ammette l'aborto in caso di «violenza sessuale, stupro, incesto o quando la gravidanza rischia di compromettere la salute mentale e fisica della donna o la vita sua o del feto».
Una violazione dei diritti umani, secondo il Sinodo, come pure, a giudizio dei vescovi, «le politiche e le leggi migratorie restrittive del mondo contro gli africani» che violano «il principio della destinazione universale dei beni creati e gli insegnamenti della Chiesa». Rivendicati anche i diritti delle donne, dei bambini e dei disabili, troppo spesso calpestati.
Tra le «propositiones» del Sinodo, consegnate al Papa insieme agli altri documenti elaborati dall'assemblea, figurano appelli ai governi per la pace, la sicurezza, la riduzione del debito, la redistribuzione delle risorse, e l'offerta, da parte della Chiesa africana, di una collaborazione attiva in questo senso. Proposto anche un fondo di solidarietà continentale attraverso la rete della Caritas e chiesto un maggior controllo perchè gli aiuti arrivino dove c'è davvero bisogno. Un appello chiama poi all'abolizione definitiva della pena capitale e al rispetto dei diritti dei prigionieri, nonchè all'interruzione del traffico d'armi.
L'ultima parola spetta ora al Papa, che oggi chiuderà ufficialmente il Sinodo con una celebrazione religiosa a San Pietro, prima del consueto Angelus domenicale.
Intanto, prenderanno il via domani in Vaticano, al palazzo del Sant'Uffizio in forma riservatissima gli attesi negoziati
per riportare la Fraternità San Pio X pienamente tra le fila della Chiesa cattolica.
Sul tavolo ad attendere i membri della commissione Ecclesia Dei da un lato, e la commissione lefebvriana capitanata da mons. Bernard Fellay dall'altro, ci sono complesse questioni dottrinali, con l'accettazione del Concilio Vaticano II e in particolare il dialogo con gli ebrei e le altre confessioni, e lo studio di una struttura giuridica – prelatura personale sul modello dell'Opus Dei, preferita dai lefebvriani, o ordinariato come quello per i militari e ora per gli anglicani, le più probabili – che consenta alla Chiesa di riaccogliere i 491 sacerdoti, 215 seminaristi, 117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli che compongono oggi le fila della comunità ultratradizionalista.

© Copyright Gazzetta del sud, 25 ottobre 2009
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CAPPELLA PAPALE PER LA CONCLUSIONE DELLA II ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA DEL SINODO DEI VESCOVI, 25.10.2009

Alle ore 10 di questa mattina, XXX Domenica del tempo "per annum", il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la concelebrazione dell’Eucaristia con i Padri Sinodali, in occasione della conclusione della
II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi sul tema: «La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. "Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo" (Mt 5, 13.14)».
Nel corso del Sacro Rito, dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre pronuncia l’omelia che pubblichiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Venerati Fratelli!
Cari fratelli e sorelle
!

Ecco un messaggio di speranza per l’Africa: l’abbiamo ascoltato or ora dalla Parola di Dio.
E’ il messaggio che il Signore della storia non si stanca di rinnovare per l’umanità oppressa e sopraffatta di ogni epoca e di ogni terra, da quando rivelò a Mosè la sua volontà sugli israeliti schiavi in Egitto: "Ho osservato la miseria del mio popolo… ho udito il suo grido… conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo… e per farlo salire verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele" (Es 3,7-8). Qual è questa terra? Non è forse il Regno della riconciliazione, della giustizia e della pace, a cui è chiamata l’umanità intera? Il disegno di Dio non muta.
E’ lo stesso che fu profetizzato da Geremia, nei magnifici oracoli denominati "Libro della consolazione", da cui oggi è tratta la prima lettura.
E’ un annuncio di speranza per il popolo d’Israele, prostrato dall’invasione dell’esercito di Nabucodonosor, dalla devastazione di Gerusalemme e del Tempio e dalla deportazione in Babilonia. Un messaggio di gioia per il "resto" dei figli di Giacobbe, che annuncia un futuro per essi, perché il Signore li ricondurrà nella loro terra, attraverso una strada diritta e agevole. Le persone bisognose di sostegno, come il cieco e lo zoppo, la donna gravida e la partoriente, sperimenteranno la forza e la tenerezza del Signore: Egli è un padre per Israele, pronto a prendersene cura come del primogenito (cfr Ger 31,7-9).

Il disegno di Dio non muta. Attraverso i secoli e i rivolgimenti della storia, Egli punta sempre alla stessa meta: il Regno della libertà e della pace per tutti. E ciò implica la sua predilezione per quanti di libertà e di pace sono privi, per quanti sono violati nella propria dignità di persone umane. Pensiamo in particolare ai fratelli e alle sorelle che in Africa soffrono povertà, malattie, ingiustizie, guerre e violenze, migrazioni forzate.

Questi figli prediletti del Padre celeste sono come il cieco del Vangelo, Bartimeo, che "sedeva lungo la strada a mendicare" (Mc 10,46), alle porte di Gerico. Proprio per quella strada passa Gesù Nazareno. E’ la strada che conduce a Gerusalemme, dove si consumerà la Pasqua, la sua Pasqua sacrificale, alla quale il Messia va incontro per noi. E’ la strada del suo esodo che è anche il nostro: l’unica via che conduce alla terra della riconciliazione, della giustizia e della pace. Su quella via il Signore incontra Bartimeo, che ha perduto la vista. Le loro vie si incrociano, diventano un’unica via. "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!", grida il cieco con fiducia. Replica Gesù: "Chiamatelo!", e aggiunge: "Che cosa vuoi che io faccia per te?".

Dio è luce e creatore della luce. L’uomo è figlio della luce, fatto per vedere la luce, ma ha perso la vista, e si trova costretto a mendicare. Accanto a lui passa il Signore, che si è fatto mendicante per noi: assetato della nostra fede e del nostro amore. "Che cosa vuoi che io faccia per te?". Dio sa, ma chiede; vuole che sia l’uomo a parlare.

Vuole che l’uomo si alzi in piedi, che ritrovi il coraggio di domandare ciò che gli spetta per la sua dignità. Il Padre vuole sentire dalla viva voce del figlio la libera volontà di vedere di nuovo la luce, quella luce per la quale lo ha creato. "Rabbunì, che io veda di nuovo!". E Gesù a lui: "Va’, la tua fede ti ha salvato. E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada" (Mc 10,51-52).

Cari Fratelli, rendiamo grazie perché questo "misterioso incontro tra la nostra povertà e la grandezza" di Dio si è realizzato anche nell’Assemblea sinodale per l’Africa che oggi si conclude. Dio ha rinnovato la sua chiamata: "Coraggio! Alzati…" (Mc 10,49). E anche la Chiesa che è in Africa, attraverso i suoi Pastori, venuti da tutti i Paesi del Continente, dal Madagascar e dalle altre isole, ha accolto il messaggio di speranza e la luce per camminare sulla via che conduce al Regno di Dio. "Va’, la tua fede ti ha salvato" (Mc 10,52).

Sì, la fede in Gesù Cristo – quando è bene intesa e praticata – guida gli uomini e i popoli alla libertà nella verità, o, per usare le tre parole del tema sinodale, alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace.

Bartimeo che, guarito, segue Gesù lungo la strada, è immagine dell’umanità che, illuminata dalla fede, si mette in cammino verso la terra promessa. Bartimeo diventa a sua volta testimone della luce, raccontando e dimostrando in prima persona di essere stato guarito, rinnovato, rigenerato. Questo è la Chiesa nel mondo: comunità di persone riconciliate, operatrici di giustizia e di pace; "sale e luce" in mezzo alla società degli uomini e delle nazioni.

Perciò il Sinodo ha ribadito con forza – e lo ha manifestato – che la Chiesa è Famiglia di Dio, nella quale non possono sussistere divisioni su base etnica, linguistica o culturale.

Testimonianze commoventi ci hanno mostrato che, anche nei momenti più bui della storia umana, lo Spirito Santo è all’opera e trasforma i cuori delle vittime e dei persecutori perché si riconoscano fratelli. La Chiesa riconciliata è potente lievito di riconciliazione nei singoli Paesi e in tutto il Continente africano.

La seconda lettura ci offre un’ulteriore prospettiva: la Chiesa, comunità che segue Cristo sulla via dell’amore, ha una forma sacerdotale.

La categoria del sacerdozio, come chiave interpretativa del mistero di Cristo e, di conseguenza, della Chiesa, è stata introdotta nel Nuovo Testamento dall’Autore della Lettera agli Ebrei.

La sua intuizione prende origine dal Salmo 110, citato nel brano odierno, là dove il Signore Dio, con solenne giuramento, assicura al Messia: "Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek" (v. 4). Riferimento che ne richiama un altro, tratto dal Salmo 2, nel quale il Messia annuncia il decreto del Signore che dice di lui: "Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato" (v. 7). Da questi testi deriva l’attribuzione a Gesù Cristo del carattere sacerdotale, non in senso generico, bensì "secondo l’ordine di Melchisedek", vale a dire il sacerdozio sommo ed eterno, di origine non umana ma divina. Se ogni sommo sacerdote "è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio" (Eb 5,1), solo Lui, il Cristo, il Figlio di Dio, possiede un sacerdozio che si identifica con la sua stessa Persona, un sacerdozio singolare e trascendente, da cui dipende la salvezza universale.

Questo suo sacerdozio Cristo l’ha trasmesso alla Chiesa mediante lo Spirito Santo; pertanto la Chiesa ha in se stessa, in ogni suo membro, in forza del Battesimo, un carattere sacerdotale.

Ma – qui c’è un aspetto decisivo – il sacerdozio di Gesù Cristo non è più primariamente rituale, bensì esistenziale. La dimensione del rito non viene abolita, ma, come appare chiaramente nell’istituzione dell’Eucaristia, prende significato dal Mistero pasquale, che porta a compimento i sacrifici antichi e li supera.

Nascono così contemporaneamente un nuovo sacrificio, un nuovo sacerdozio ed anche un nuovo tempio, e tutti e tre coincidono con il Mistero di Gesù Cristo. Unita a Lui mediante i Sacramenti, la Chiesa prolunga la sua azione salvifica, permettendo agli uomini di essere risanati mediante la fede, come il cieco Bartimeo. Così la Comunità ecclesiale, sulle orme del suo Maestro e Signore, è chiamata a percorrere decisamente la strada del servizio, a condividere fino in fondo la condizione degli uomini e delle donne del suo tempo, per testimoniare a tutti l’amore di Dio e così seminare speranza.

Cari amici, questo messaggio di salvezza la Chiesa lo trasmette coniugando sempre l’evangelizzazione e la promozione umana. Prendiamo ad esempio la storica Enciclica
Populorum progressio: ciò che il Servo di Dio Paolo VI elaborò in termini di riflessione, i missionari l’hanno realizzato e continuano a realizzarlo sul campo, promuovendo uno sviluppo rispettoso delle culture locali e dell’ambiente, secondo una logica che ora, dopo più di 40 anni, appare l’unica in grado di far uscire i popoli africani dalla schiavitù della fame e delle malattie.

Questo significa trasmettere l’annuncio di speranza secondo una "forma sacerdotale", cioè vivendo in prima persona il Vangelo, cercando di tradurlo in progetti e realizzazioni coerenti con il principio dinamico fondamentale, che è l’amore. In queste tre settimane,
la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi ha confermato ciò che il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II aveva già messo bene a fuoco, e che ho voluto anch’io approfondire nella recente Enciclica Caritas in veritate: occorre, cioè, rinnovare il modello di sviluppo globale, in modo che sia capace di "includere tutti i popoli e non solamente quelli adeguatamente attrezzati" (n. 39). Quanto la dottrina sociale della Chiesa ha sempre sostenuto a partire dalla sua visione dell’uomo e della società, oggi è richiesto anche dalla globalizzazione (cfr ibid.). Questa – occorre ricordare – non va intesa fatalisticamente come se le sue dinamiche fossero prodotte da anonime forze impersonali e indipendenti dalla volontà umana. La globalizzazione è una realtà umana e come tale è modificabile secondo l’una o l’altra impostazione culturale. La Chiesa lavora con la sua concezione personalista e comunitaria, per orientare il processo in termini di relazionalità, di fraternità e di condivisione (cfr ibid., n. 42).

"Coraggio, alzati!…". Così quest’oggi il Signore della vita e della speranza si rivolge alla Chiesa e alle popolazioni africane, al termine di queste settimane di riflessione sinodale.

Alzati, Chiesa in Africa, famiglia di Dio, perché ti chiama il Padre celeste che i tuoi antenati invocavano come Creatore, prima di conoscerne la vicinanza misericordiosa, rivelatasi nel suo Figlio unigenito, Gesù Cristo.

Intraprendi il cammino di una nuova evangelizzazione con il coraggio che proviene dallo Spirito Santo. L’urgente azione evangelizzatrice, di cui molto si è parlato in questi giorni, comporta anche un appello pressante alla riconciliazione, condizione indispensabile per instaurare in Africa rapporti di giustizia tra gli uomini e per costruire una pace equa e duratura nel rispetto di ogni individuo e di ogni popolo; una pace che ha bisogno e si apre all’apporto di tutte le persone di buona volontà al di là delle rispettive appartenenze religiose, etniche, linguistiche, culturali e sociali. In tale impegnativa missione tu, Chiesa pellegrina nell’Africa del terzo millennio, non sei sola. Ti è vicina con la preghiera e la solidarietà fattiva tutta la Chiesa cattolica, e dal Cielo ti accompagnano i santi e le sante africani, che, con la vita talora sino al martirio, hanno testimoniato piena fedeltà a Cristo.

Coraggio! Alzati, Continente africano, terra che ha accolto il Salvatore del mondo quando da bambino dovette rifugiarsi con Giuseppe e Maria in Egitto per aver salva la vita dalla persecuzione del re Erode. Accogli con rinnovato entusiasmo l’annuncio del Vangelo perché il volto di Cristo possa illuminare con il suo splendore la molteplicità delle culture e dei linguaggi delle tue popolazioni.

Mentre offre il pane della Parola e dell’Eucaristia, la Chiesa si impegna anche ad operare, con ogni mezzo disponibile, perché a nessun africano manchi il pane quotidiano. Per questo, insieme all’opera di primaria urgenza dell’evangelizzazione, i cristiani sono attivi negli interventi di promozione umana.

Cari Padri Sinodali, al termine di queste mie riflessioni, desidero rivolgervi il mio saluto più cordiale, ringraziandovi per la vostra edificante partecipazione. Tornando a casa, voi, Pastori della Chiesa in Africa, portate la mia benedizione alle vostre Comunità. Trasmettete a tutti l’appello risuonato sovente in questo Sinodo alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace. Mentre si chiude l’Assemblea sinodale non posso non rinnovare la mia viva riconoscenza al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi e a tutti i suoi collaboratori. Un grato pensiero esprimo ai cori della comunità nigeriana di Roma e del Collegio Etiopico, che contribuiscono all’animazione di questa liturgia. E infine voglio ringraziare quanti hanno accompagnato i lavori sinodali con la preghiera. La Vergine Maria ricompensi tutti e ciascuno, e ottenga alla Chiesa in Africa di crescere in ogni parte di quel grande Continente, diffondendo dappertutto il "sale" e la "luce" del Vangelo.

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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 25.10.2009

Al termine della Santa Messa celebrata questa mattina nella Basilica Vaticana per la conclusione della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, il Santo Padre Benedetto XVI esce sul sagrato della Basilica per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini presenti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Poco fa, con la celebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro, si è conclusa la
Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.
Tre settimane di preghiera e di ascolto reciproco, per discernere ciò che lo Spirito Santo dice oggi alla Chiesa che vive nel Continente africano, ma al tempo stesso alla Chiesa universale. I Padri sinodali, venuti da tutti i Paesi dell’Africa, hanno presentato la ricca realtà delle Chiese locali.
Insieme abbiamo condiviso le loro gioie per il dinamismo delle comunità cristiane, che continuano a crescere in quantità e qualità. Siamo grati a Dio per lo slancio missionario che ha trovato terreno fertile in numerose diocesi e che si esprime nell’invio di missionari in altri Paesi africani e in diversi Continenti. Particolare rilievo è stato dato alla famiglia, che anche in Africa costituisce la cellula primaria della società, ma che oggi viene minacciata da correnti ideologiche provenienti anche dall’esterno. Che dire, poi, dei giovani esposti a questo tipo di pressione, influenzati da modelli di pensiero e di comportamento che contrastano con i valori umani e cristiani dei popoli africani? Naturalmente sono emersi in Assemblea i problemi attuali dell’Africa e il suo grande bisogno di riconciliazione, di giustizia e di pace. Proprio a questo la Chiesa risponde riproponendo, con rinnovato slancio, l’annuncio del Vangelo e l’azione di promozione umana. Animata dalla Parola di Dio e dall’Eucaristia, essa si sforza di far sì che nessuno sia privo del necessario per vivere e che tutti possano condurre un’esistenza degna dell’essere umano.

Ricordando il
viaggio apostolico che ho compiuto in Camerun e Angola nello scorso mese di marzo, e che aveva anche lo scopo di avviare la preparazione immediata del secondo Sinodo per l’Africa, oggi desidero rivolgermi a tutte le popolazioni africane, in particolare a quanti condividono la fede cristiana, per consegnare loro idealmente il Messaggio finale di questa Assemblea sinodale.
E’ un Messaggio che parte da Roma, sede del Successore di Pietro, che presiede alla comunione universale, ma si può dire, in un senso non meno vero, che esso ha origine nell’Africa, di cui raccoglie le esperienze, le attese, i progetti, e adesso ritorna all’Africa, portando la ricchezza di un evento di profonda comunione nello Spirito Santo.
Cari fratelli e sorelle che mi ascoltate dall’Africa! Affido in modo speciale alla vostra preghiera i frutti del lavoro dei Padri sinodali, e vi incoraggio con le parole del Signore Gesù: siate sale e luce nell’amata terra africana!

Mentre si conclude questo Sinodo, desidero ora ricordare che per il prossimo anno è prevista
un’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi.
In occasione della
mia Visita a Cipro, avrò il piacere di consegnare l’Instrumentum laboris di tale assise. Ringraziamo il Signore, che non si stanca mai di edificare la sua Chiesa nella comunione, e invochiamo con fiducia la materna intercessione della Vergine Maria.

DOPO L’ANGELUS

Rivolgo anzitutto uno speciale saluto alle migliaia di fedeli radunati a Milano, in Piazza del Duomo, dove stamani è stata celebrata la liturgia di beatificazione del sacerdote Don Carlo Gnocchi. Egli fu dapprima valido educatore di ragazzi e giovani. Nella seconda guerra mondiale divenne cappellano degli Alpini, con i quali fece la tragica ritirata di Russia, scampando alla morte per miracolo. Fu allora che progettò di dedicarsi interamente ad un’opera di carità. Così, nella Milano in ricostruzione, Don Gnocchi lavorò per "restaurare la persona umana" raccogliendo i ragazzi orfani e mutilati e offrendo loro assistenza e formazione. Diede tutto se stesso fino alla fine, e morendo donò le cornee a due ragazzi ciechi. La sua opera ha continuato a svilupparsi ed oggi la Fondazione Don Gnocchi è all’avanguardia nella cura di persone di ogni età che necessitano di terapie riabilitative. Mentre saluto il Cardinale Tettamanzi, Arcivescovo di Milano, e mi rallegro con l’intera Chiesa ambrosiana, faccio mio il motto di questa beatificazione: "Accanto alla vita, sempre".

Je vous accueille avec joie, pour la prière de l’Angélus, chers pèlerins francophones. En ce jour où s’achève la deuxième Assemblée Spéciale pour l’Afrique du Synode des Évêques, la liturgie nous rappelle que seul le Christ Jésus peut guérir pleinement la personne humaine de la misère d’un cœur blessé. Que notre prière se fasse instante pour que tous les peuples de la terre, et particulièrement les peuples d’Afrique, marchent avec Lui sur les chemins de la vie, de la réconciliation, de la justice et de la paix. Que Notre-Dame d’Afrique protège et guide les hommes et les femmes de ce bien aimé continent ! Bon dimanche !

I am happy to greet all the English-speaking visitors present today in Saint Peter’s Square. We have just concluded the Second Special Assembly for Africa of the Synod of Bishops which has been a period of grace. I invite all of you to pray for our brothers and sisters of Africa. May the Lord, who granted sight to the blind man of the Gospel, renew their faith that they may always see and follow clearly the path of reconciliation, justice and peace which leads to salvation. Upon all of you and upon all the people of Africa I invoke God’s abundant blessings.

Von Herzen grüße ich die deutschsprachigen Gäste hier auf dem Petersplatz. Das Evangelium dieses Sonntags, das wir auch soeben im Petersdom bei der Eucharistiefeier zum Abschluß der Bischofssynode für Afrika gehört haben, berichtet uns von der Heilung eines Blinden. Jesus hat das inständige Rufen des Bartimäus gehört und ihm sein Augenlicht wiedergeschenkt. Das ermutigt uns, mit all unseren persönlichen Schwierigkeiten, in den Anliegen der Kirche und ebenso mit den Herausforderungen und Nöten des afrikanischen Kontinents voll Glauben und Vertrauen zu Christus zu kommen. Er schenkt auch uns Hilfe und Heil. Der Herr behüte euch und eure Familien.

Saludo con afecto a los fieles de lengua española. Con la celebración eucarística en la Basílica de San Pedro ha concluido esta mañana la Segunda Asamblea Especial para África del Sínodo de los Obispos. En un clima de profunda y fraterna comunión eclesial, hemos escuchado testimonios elocuentes del gran dinamismo misionero de la Iglesia africana, así como de los importantes desafíos que tiene que afrontar en el momento presente. Pidamos al Señor, por intercesión de la Santísima Virgen María, que conceda al Pueblo de Dios en África un renovado impulso evangelizador, al servicio de la reconciliación y la paz. ¡Feliz domingo!

Dirijo agora uma saudação cordial aos peregrinos de língua portuguesa, de modo particular aos grupos das dioceses brasileiras de Jundiaí e São Carlos, desejando que a vinda a Roma fortaleça a vossa fé e vos encha de paz e alegria em Cristo. A Santíssima Virgem guie maternalmente os vossos passos. Acompanho estes votos, com a minha Bênção Apostólica.

Pozdravljam romarje iz Kamnika v Sloveniji! Kakor nekoč sveti Frančišek ste se tudi vi, člani njegovega svetnega reda in prijatelji, podali na božjo pot v Rim in prišli na srečanje s Petrovim naslednikom. Naj vam bo to vaše romanje v pomoč, da boste tudi sami napredovali v svetosti in veselo služili Bogu v Njegovi Cerkvi!

[Saluto i pellegrini provenienti da Kamnik in Slovenia! Sulle orme di S. Francesco anche voi, membri del suo Terzo Ordine ed amici, siete venuti in pellegrinaggio a Roma e all'incontro con il Successore di Pietro. Questo vostro pellegrinaggio vi sia d'aiuto affinché anche voi possiate progredire nella santità e servire Iddio con gioia nella Sua Chiesa!]

Słowa pozdrowienia kieruję do Polaków. Zamykając prace Synodu dla Afryki, dziękuję Bogu za dar polskich misjonarzy, duchownych i świeckich, którzy służą Kościołowi na tym kontynencie. Wszystkich wierzących proszę o duchowe i materialne wsparcie tego dzieła. Niech wam Bóg błogosławi.

[Parole di saluto rivolgo ai polacchi. Concludendo i lavori del Sinodo per l’Africa, ringrazio Dio per il dono dei missionari polacchi, religiosi e laici, che servono la Chiesa in quel continente. A tutti i credenti chiedo il sostegno spirituale e materiale di quest’opera. Dio vi benedica!]

Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare il gruppo di catechisti della Diocesi di Rimini e i fedeli provenienti da Lamezia Terme, Altamura e Caselle in Pittari. Saluto inoltre l’Istituto Europeo "Marcello Candia" di Seregno, i dipendenti dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci e il Cooper Club Roma. Auguro a tutti una buona domenica.

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25/10/2009 13:35

VATICANO

Papa: Africa, coraggio, alzati! Segui il Signore della vita e della speranza


Gli africani che “soffrono povertà, malattie, ingiustizie, guerre e violenze, migrazioni forzate”, sono “figli prediletti del Padre celeste”. La Chiesa è segno di riconciliazione fra le molte etnie. Attuata dai missionari, da 40 anni l’enciclica Populorum progressio di Paolo VI offre la logica più adeguata per lo sviluppo del continente. È urgente correggere la globalizzazione perché sia a favore di tutti i popoli. La solidarietà della Chiesa universale.

Città del Vaticano (AsiaNews)

"‘Coraggio, alzati!…’. Così quest’oggi il Signore della vita e della speranza si rivolge alla Chiesa e alle popolazioni africane, al termine di queste settimane di riflessione sinodale”.
“Coraggio, alzati!” è
l’invito che per 4 volte Benedetto XVI ha rivolto ai partecipanti della messa per la conclusione della II Assemblea speciale per l’Africa, a cui hanno partecipato i 236 vescovi africani e migliaia di fedeli. Le parole “Coraggio, alzati!” sono pure il leit motiv del Messaggio finale del Sinodo.
L’invito è rivolto a tutta la popolazione del continente, “ai fratelli e alle sorelle che in Africa soffrono povertà, malattie, ingiustizie, guerre e violenze, migrazioni forzate”, “figli prediletti del Padre celeste”. Ma è anche rivolto alla Chiesa in Africa perché offra la “fede in Gesù Cristo – [che] quando è bene intesa e praticata – guida gli uomini e i popoli alla libertà nella verità, o, per usare le tre parole del tema sinodale, alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace”.
Il tema del sinodo è infatti “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. ‘Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo’ (Mt 5, 13.14)”.
Il pontefice sottolinea che la Chiesa è “sale” e “luce”, luogo in cui si costruisce un continente pieno di fraternità: “la Chiesa è Famiglia di Dio, nella quale non possono sussistere divisioni su base etnica, linguistica o culturale…. La Chiesa riconciliata è potente lievito di riconciliazione nei singoli Paesi e in tutto il Continente africano”, dalle molte “appartenenze religiose, etniche, linguistiche, culturali e sociali”.
L’impegno della Chiesa e di tutti i cristiani è anche un impegno “sacerdotale”, che “non è più primariamente rituale, bensì esistenziale”: da una parte esso porta a “compimento i sacrifici antichi”, e nello stesso tempo apre al servizio, “a condividere fino in fondo la condizione degli uomini e delle donne del suo tempo, per testimoniare a tutti l’amore di Dio e così seminare speranza”.
Per il papa questo messaggio di salvezza è portato dalla Chiesa attraverso il suo impegno di evangelizzazione e di promozione umana. A tale proposito egli ricorda l’enciclica Populorum Progressio di Paolo VI, le cui riflessioni sono state attuate dai missionari, “promuovendo uno sviluppo rispettoso delle culture locali e dell’ambiente”, con “una logica che ora, dopo più di 40 anni, appare l’unica in grado di far uscire i popoli africani dalla schiavitù della fame e delle malattie”.
Tale logica è in pratica quella della dottrina sociale della Chiesa, molto apprezzata dai padri sinodali durante le tre settimane dell’assemblea, confermando gli insegnamenti di Giovanni Paolo II e dello stesso Benedetto XVI. Citando la Caritas in veritate, il pontefice afferma l’urgenza di “rinnovare il modello di sviluppo globale, in modo che sia capace di ‘includere tutti i popoli e non solamente quelli adeguatamente attrezzati’ (n. 39). Quanto la dottrina sociale della Chiesa ha sempre sostenuto a partire dalla sua visione dell’uomo e della società, oggi è richiesto anche dalla globalizzazione (cfr ibid.). Questa – occorre ricordare – non va intesa fatalisticamente come se le sue dinamiche fossero prodotte da anonime forze impersonali e indipendenti dalla volontà umana. La globalizzazione è una realtà umana e come tale è modificabile secondo l’una o l’altra impostazione culturale. La Chiesa lavora con la sua concezione personalista e comunitaria, per orientare il processo in termini di relazionalità, di fraternità e di condivisione (cfr ibid., n. 42)”.
“Mentre offre il pane della Parola e dell’Eucaristia – ha ripetuto il papa - la Chiesa si impegna anche ad operare, con ogni mezzo disponibile, perché a nessun africano manchi il pane quotidiano. Per questo, insieme all’opera di primaria urgenza dell’evangelizzazione, i cristiani sono attivi negli interventi di promozione umana”.
“In tale impegnativa missione – ha concluso - tu, Chiesa pellegrina nell’Africa del terzo millennio, non sei sola. Ti è vicina con la preghiera e la solidarietà fattiva tutta la Chiesa cattolica, e dal Cielo ti accompagnano i santi e le sante africani, che, con la vita talora sino al martirio, hanno testimoniato piena fedeltà a Cristo”.

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25/10/2009 18:33

Sul tema della riconciliazione trovato il giusto equilibrio tra la dimensione politica e quella spirituale: così il Papa ieri in occasione del pranzo con i padri sinodali

A conclusione della diciannovesima congregazione generale, Benedetto XVI ha pranzato ieri con i padri sinodali nell’atrio del’Aula Paolo VI. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


Benedetto XVI ha riconosciuto il buon lavoro del sinodo per il Continente africano ed espresso la propria gratitudine:

"Cari fratelli e sorelle, è adesso l’ora di dire grazie. Grazie anzitutto al Signore che ci ha convocato, ci ha riunito, ci ha aiutato ad ascoltare la sua Parola, la voce dello Spirito Santo, e così ha dato anche la possibilità di trovare la strada dell’unità nella molteplicità delle esperienze, l’unità della fede e la comunione nel Signore. Perciò l’espressione 'Chiesa-Famiglia di Dio' non è più solo un concetto, un’idea, ma è un’esperienza viva di queste settimane: siamo stati realmente riuniti, qui, come Famiglia di Dio".

Il Papa
ha sottolineato che sul tema “Riconciliazione, giustizia e pace” è stato trovato il giusto equilibrio evitando il rischio della politicizzazione e dell’isolamento nella dimensione spirituale. Il tema – ha aggiunto - ha posto una sfida non facile:

"Il tema 'Riconciliazione, giustizia e pace' implica certamente una forte dimensione politica, anche se è evidente che riconciliazione, giustizia e pace non sono possibili senza una profonda purificazione del cuore, senza un rinnovamento del pensiero, una metànoia, senza una novità che deve risultare proprio dall’incontro con Dio. Ma anche se questa dimensione spirituale è profonda e fondamentale, pure la dimensione politica è molto reale, perché senza realizzazioni politiche, queste novità dello Spirito comunemente non si realizzano. Perciò la tentazione poteva essere di politicizzare il tema, di parlare meno da pastori e più da politici, con una competenza, così, che non è la nostra".

L’altro pericolo – ha spiegato il Santo Padre - è stato quello di “ritirarsi in un mondo puramente spirituale, in un mondo astratto e bello, ma non realistico”:

“Il discorso di un pastore, invece, deve essere realistico, deve toccare la realtà, ma nella prospettiva di Dio e della sua Parola. Quindi questa mediazione comporta, da una parte essere realmente legati alla realtà, attenti a parlare di quanto c’è, e dall’altra non cadere in soluzioni tecnicamente politiche; ciò vuol dire indicare una parola concreta, ma spirituale. Era questo il grande problema del Sinodo e mi sembra che, grazie a Dio, siamo riusciti a risolverlo, e per me questo è anche motivo di gratitudine perché facilita molto l’elaborazione del documento post-sinodale”.

Il Sinodo – ha concluso il Papa - finisce e non finisce, non solo perché i lavori proseguono con l’Esortazione Post-Sinodale:

"Synodos vuol dire cammino comune. Rimaniamo nel comune cammino col Signore, andiamo avanti al Signore per preparargli le strade, per aiutarlo, aprirgli le porte del mondo perché possa creare il suo Regno tra di noi".

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Sinodo per l'Africa, penultimo atto. Le proposte finali

Sulla loro traccia Benedetto XVI scriverà il documento conclusivo. Tra i punti scottanti: gli odi interetnici, la sfida dell'islam e delle religioni tradizionali, la promozione dell'aborto, l'oppressione della donna, il concubinato del clero

di Sandro Magister




ROMA, 26 ottobre 2009 – Con la messa celebrata ieri nella basilica di San Pietro Benedetto XVI ha chiuso il secondo sinodo speciale per l'Africa, al quale hanno preso parte 231 padri.

I media internazionali hanno dato all'assise una scarsissima copertura. Per varie ragioni, non ultime la povertà del dibattito e la modestia delle proposte finali.

Benedetto XVI ha assistito di persona a numerose sessioni. Ma non è mai intervenuto direttamente nella discussione, a differenza di quanto fece in sinodi precedenti. Ha pronunciato due omelie nelle messe di apertura e di chiusura, ha tenuto una meditazione dopo l'ora terza del primo giorno dei lavori e ha detto poche battute al termine del pranzo che ha concluso i lavori sabato 24 ottobre (vedi foto).

Ma in queste poche battute il papa ha messo a nudo quelli che sono stati i limiti effettivi del sinodo, il cui tema era: "La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. 'Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo' (Mt 5, 13.14)".

Papa Joseph Ratzinger ha detto:

"Il tema, di per sé, era una sfida non facile, con due pericoli, direi. Il tema 'Riconciliazione, giustizia e pace' implica certamente una forte dimensione politica, anche se è evidente che riconciliazione, giustizia e pace non sono possibili senza una profonda purificazione del cuore, senza un rinnovamento del pensiero, una 'metanoia', senza una novità che deve risultare proprio dall’incontro con Dio. Ma anche se questa dimensione spirituale è profonda e fondamentale, pure la dimensione politica è molto reale, perché senza realizzazioni politiche, queste novità dello Spirito comunemente non si realizzano. Perciò la tentazione poteva essere di politicizzare il tema, di parlare meno da pastori e più da politici, con una competenza, così, che non è la nostra.

"L’altro pericolo è stato – proprio per fuggire da questa tentazione – quello di ritirarsi in un mondo puramente spirituale, in un mondo astratto e bello, ma non realistico. Il discorso di un pastore, invece, deve essere realistico, deve toccare la realtà, ma nella prospettiva di Dio e della sua Parola. Quindi questa mediazione comporta da una parte essere realmente legati alla realtà, attenti a parlare di quanto c’è, e dall’altra non cadere in soluzioni tecnicamente politiche; ciò vuol dire indicare una parola concreta, ma spirituale".

Nonostante questi pericoli, tuttavia, il sinodo è stato "un buon lavoro", ha detto il papa. È riuscito sufficientemente a mediare tra la dimensione politica e quella spirituale. "E per me questo è anche motivo di gratitudine perché facilita molto l’elaborazione del documento postsinodale".

Ogni sinodo, infatti, approda a una esortazione apostolica postsinodale scritta dal papa, pubblicata mesi dopo, sulla base delle proposte formulate dai padri al termine dell'assise.

In passato tali proposte restavano riservate, ma da quando Ratzinger è papa esse sono di dominio pubblico, per sua decisione.

Le proposte – in latino "propositiones" – sono state questa volta 57. E questo è il rimando al loro testo integrale:

> Elenco finale delle proposizioni


Qui di seguito eccone alcune, con i rispettivi titoli, riprodotte esattamente come nel testo diffuso dalla Santa Sede. Colpisce l'ampio spazio dato alla "riconciliazione". Sia come sacramento, sia come atto di reciproco perdono tra popoli, tribù, famiglie e individui.



Sinodo 2009. Dall'elenco finale delle proposizioni


Propositio 5

Il sacramento della riconciliazione

La grazia di Dio crea in noi un cuore nuovo e ci riconcilia con lui e con gli altri. Essenziale per la "riconciliazione" è il sacramento della riconciliazione, che si deve celebrare secondo le norme canoniche e nello spirito della Esortazione Apostolica post-sinodale "Reconciliatio et Poenitentia". Si tratta di restituire tutta la sua importanza alla celebrazione del sacramento della penitenza nella sua doppia dimensione, individuale e comunitaria.
La riconciliazione sul piano sociale favorisce la pace. Dopo un conflitto la riconciliazione ricostituisce l’unità dei cuori e la vita in comune. In virtù della riconciliazione nazioni a lungo belligeranti hanno ritrovato la pace, cittadini devastati dalla guerra civile hanno ricostruito l’unità; persone o comunità che chiedono e offrono perdono hanno purificato la loro memoria; famiglie divise rivivono ancora una volta in armonia. La riconciliazione supera le crisi, restituisce dignità al popolo e apre la strada allo sviluppo e alla durata della pace nel popolo a tutti i livelli.
I Padri sinodali lanciano di cuore un appello a tutti coloro che sono in guerra in Africa e fanno molto soffrire il loro popolo: "cessate le ostilità e riconciliatevi".
Loro chiedono a tutti i cittadini e governi dell’Africa di riconoscere la loro fraternità e promuovere iniziative di ogni tipo che potrebbero incoraggiare la riconciliazione e rafforzarla stabilmente a tutti i livelli della società.
Invitano la comunità internazionale a dare forte sostegno ai tentativi di destabilizzare il continente africano e ne provocano costantemente i conflitti.
Propongono che le nazioni africane celebrino ogni anno il Giorno della riconciliazione.

Propositio 6

La forma non sacramentale della celebrazione della riconciliazione

Sia favorita prudentemente anche la forma non sacramentale della celebrazione della penitenza, in maniera tale che riveli il carattere ecclesiale della penitenza e della riconciliazione. Ciò permetterà alle comunità sparpagliate, senza un sacerdote, di vivere un reale cammino di penitenza e riconciliazione. Permetterà a quei cristiani, privati dei sacramenti a causa della propria condizione personale, di inserirsi in un cammino penitenziale nella Chiesa. All’inizio di alcuni tempi liturgici come l’Avvento e la Quaresima, può anche servire per quelle comunità che hanno un sacerdote, come tappa verso una ricezione più fruttuosa del sacramento (cf. "Reconciliatio et Poenitentia", 37).
Sia ricordato alle Conferenze Episcopali che tocca a loro "adattare questo Rituale della Penitenza alle necessità di ogni regione" ("Reconciliatio et Poenitentia", 38) ed ai Vescovi Diocesani che tocca a loro "regolare la disciplina della penitenza nella loro diocesi" ("Reconciliatio et Poenitentia", 39).

Propositio 7

Inculturazione del sacramento della riconciliazione

Un grande numero di cristiani in Africa mostrano un’attitudine ambigua di fronte alla condotta circa la riconciliazione. Essi adottano un comportamento di rispetto scrupoloso dei riti ancestrali di riconciliazione, ma concedono poca importanza al sacramento della penitenza.
Si conferma dunque necessario effettuare uno studio serio e profondo dei riti tradizionali africani di riconciliazione, per esempio la riconciliazione verbale (dove un gruppo di saggi svolgono un arbitrato pubblico di casi giudiziari), e la ricomposizione di conflitti attraverso un "gruppo di mediatori". Simili organismi possono essere creati all’interno delle Commissioni "Giustizia e Pace", per aiutare i cristiani ad operare una conversione profonda nella celebrazione del sacramento della riconciliazione.
La grazia del sacramento della penitenza celebrato con fede è sufficiente a riconciliarci con Dio e con il prossimo e non richiede alcun rito tradizionale di riconciliazione.

Propositio 8

Prassi pastorale di riconciliazione

Per favorire lo sviluppo di una cultura della riconciliazione, le Chiese locali potranno scegliere tra le seguenti iniziative:
1. una Giornata o una Settimana di Riconciliazione all’anno, specialmente in Avvento e Quaresima, o un Anno di Riconciliazione a livello continentale, per domandare speciale perdono a Dio per tutti i mali e le ferite con cui ci affliggiamo a vicenda, e per riconciliare persone e gruppi offesi nella Chiesa e nella società. Si possono organizzare atti comunitari di riconciliazione e di perdono; e
2. un Anno giubilare straordinario durante il quale la Chiesa in Africa e nelle Isole adiacenti ringrazia Dio con la Chiesa universale e prega per il dono dello Spirito Santo. Questo periodo di riconciliazione sia distinto dai seguenti elementi:
a. una conversione personale con la confessione sacramentale ed assoluzione individuale;
b. un Congresso Eucaristico continentale;
c. la celebrazione di riti penitenziali durante i quali i partecipanti si perdonano a vicenda;
d. il rinnovo delle promesse battesimali, durante il quale il nostro essere discepoli di Gesù supera tutte le forme di asservimento al clan o a un partito politico; e
e. una vita eucaristica rinnovata.

Propositio 9

La spiritualità della riconciliazione

"Dio riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori" (2 Cor 5, 19-20). Riconciliazione implica un modo di vita (spiritualità) ed una missione. Per attuare una spiritualità di riconciliazione, giustizia e pace, la Chiesa ha bisogno di testimoni radicati profondamente in Cristo, nutriti della sua Parola e dei sacramenti. Così, essi potranno sforzarsi verso la santità, sulla base di una conversione permanente e di una intensa vita di preghiera, e darsi al lavoro di riconciliazione, giustizia e pace nel mondo, fino al martirio, sull’esempio di Cristo. Con il loro coraggio nella verità, con la loro abnegazione e con la loro gioia, essi offrono una testimonianza profetica in un modo di vita coerente con la propria fede. Maria, la Madre della Chiesa-Famiglia di Dio, che volontariamente accolse la Parola di Dio, ascoltò i bisogni umani e fu mediatrice compassionevole, ne sarà il modello.
I Padri sinodali raccomandano:
- che sia preservata la memoria dei grandi testimoni che diedero la loro vita in servizio del Vangelo, e che promossero il bene comune e difesero la verità e i diritti umani, e che siano commemorati fedelmente;
- che i membri della Chiesa sviluppino un senso di responsabilità per le proprie azioni ed una continua "metanoia", che possa essere celebrata regolarmente nel sacramento della riconciliazione; e
- la celebrazione ed adorazione dell’Eucaristia, la preghiera e meditazione sulla Parola di Dio, costituiscano profondamente la Chiesa-Famiglia di Dio nel Signore e le diano la forza di essere "sale della terra" e "luce del mondo".

Propositio 11

Dialogo interreligioso

La pace in Africa come in altre parti del mondo è ampiamente condizionata dalle relazioni tra le religioni. Perciò, la promozione del valore del dialogo è importante perché i credenti lavorino nelle associazioni dedite alla pace e alla giustizia, in mutuo spirito di fiducia e sostegno, e si insegnino alle famiglie i valori dell’ascolto paziente e del rispetto reciproco senza paura.
Il dialogo con le altre religioni, specialmente l’Islam e la religione tradizionale africana, è parte integrante della predicazione del Vangelo e dell’attività pastorale della Chiesa in nome della riconciliazione e della pace. Di conseguenza l’iniziativa del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso di intavolare il dialogo con le diverse religioni non cristiane è altamente raccomandato.
Tuttavia, poiché la religione è costantemente politicizzata, e diviene causa di conflitti, si richiede con urgenza il dialogo religioso con l’Islam e la religione tradizionale africana a tutti i livelli. Questo dialogo sarà autentico e produttivo nella misura in cui ogni religione si muove dal profondo della propria fede e incontra l’altra in verità e in apertura.
I Padri sinodali pregano che l’intolleranza e la violenza religiose diminuiscano e vengano eliminate per mezzo del dialogo interreligioso. L’importante evento ecumenico e interreligioso di Assisi (1986) ci fornisce un modello da seguire.

Propositio 12

Islam

Con il Concilio Vaticano II, la Chiesa-Famiglia di Dio "guarda anche con stima i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini" ("Nostra Aetate", 3).
Per servire la riconciliazione, la giustizia e la pace, si deve superare qualsiasi forma di discriminazione, di intolleranza e di fondamentalismo religioso. Per quanto riguarda la libertà religiosa, il diritto al culto deve essere messo in risalto.
Nei rapporti con i Musulmani, dobbiamo:
- dare la priorità al dialogo della vita e ad un partenariato su contenuti sociali e sulla riconciliazione;
- prendere in considerazione la varietà delle situazioni ed esperienze;
- confrontare onestamente i nostri fraintendimenti e difficoltà;
- fornire migliori informazioni sull’Islam nella formazione dei sacerdoti, uomini e donne religiosi, e i fedeli laici; e
- prendere iniziative che promuovano il rispetto, l’amicizia, la collaborazione e la reciprocità.

Propositio 13

La Religione Tradizionale Africana

Poiché la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa continua a vivere fianco a fianco con gli aderenti della religione tradizionale africana, i Padri sinodali hanno ricordato il saggio consiglio del Vaticano II ("Nostra aetate") il quale considera la religione tradizionale africana e le altre religioni in questa prospettiva: "Dai tempi antichi fino ad oggi presso i vari popoli si trova una certa sensibilità a quella forza arcana che è presente al corso delle cose e sopra agli avvenimenti della vita umana…".
La gente bene informata, che si è convertita dalla religione tradizionale africana, può guidare la Chiesa ad una sempre più grande e più precisa conoscenza delle culture e religioni africane, facendo più facilmente discernimento dei veri punti di opposizione. Questo aiuterà la necessaria distinzione che deve essere fatta tra il culturale e il religioso e specialmente tra il culturale e quei perniciosi programmi di stregoneria che causano la rottura e la rovina delle nostre famiglie e delle nostre società.
Pertanto, seguendo il Concilio Vaticano II, i Padri sinodali nulla rigettano di quanto "è vero e santo in queste religioni... [La Chiesa] perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi".
Pertanto, questo Sinodo propone che:
- la religione tradizionale africana e le culture siano soggette ad una qualificata e completa ricerca scientifica nelle Università Cattoliche dell’Africa e nelle facoltà delle Università Pontificie romane alla luce della Parola di Dio;
- i Vescovi, nelle loro diocesi, dovrebbero intraprendere una energica azione pastorale contro tutti coloro che sono coinvolti nella stregoneria e decidere quali misure disciplinari siano necessarie; e
- ogni Vescovo dovrebbe nominare un esorcista, dove non ci sia.
Riguardo alla stregoneria ed ai culti,
- la Chiesa locale si deve basare su un confronto equilibrato che studi questo fenomeno alla luce della fede e della ragione, così da liberare gli africani da questa piaga; e
- una équipe pastorale diocesana multidisciplinare deve preparare un programma pastorale basato sulla razionalità, sulla redenzione e sulla riconciliazione.

Propositio 20

Protocollo di Maputo

I Padri sinodali conoscono gli aspetti problematici del Protocollo di Maputo sulle donne e la vita, ad esempio riguardo alla salute riproduttiva. Ma soprattutto ritengono inaccettabile la promozione dell’aborto nell’articolo 14,2/c: "proteggere i diritti riproduttivi delle donne autorizzando l’aborto clinicamente assistito nei casi di violenza sessuale, stupro, incesto e quando portare avanti la gravidanza comporterebbe la salute mentale e fisica della donna o la vita della donna o del feto".
Secondo l’insegnamento della Chiesa, l’aborto è contrario alla volontà di Dio. Inoltre questo articolo è in contraddizione con i diritti umani e con il diritto alla vita. Banalizza la serietà del crimine dell’aborto e svaluta il ruolo della maternità. La Chiesa condanna questa posizione sull’aborto, proclamando che per valore e dignità la vita umana sia protetta dal concepimento fino alla morte naturale.
I Padri sinodali invitano la Chiesa in Africa e nelle sue Isole a dedicarsi ad usare i mezzi e le strutture necessari per accompagnare donne e coppie tentate di abortire. Inoltre lodano il coraggio dei governi che combattono l’aborto nella loro legislazione.

Propositio 32

Rispetto per la diversità etnica

La Chiesa, a servizio della riconciliazione, ha la missione di riconciliare tutte le cose in Cristo (cf. 2 Cor 5, 19). Nell’adempiere la sua missione la Chiesa riconosce e rispetta le ricche diversità etniche culturali, politiche e religiose dei popoli africani, cercando l’unità nella diversità, piuttosto che nell’uniformità, preferendo quanto unifica a ciò che li divide e prendendo dalle diversità i valori positivi come sorgente di forza per raggiungere la concordia sociale, la pace e il progresso.

Propositio 33

Inculturazione

C’è bisogno di compiere uno studio completo sulle tradizioni e culture Africane alla luce del Vangelo, per arricchire la vita cristiana, per mettere da parte quegli aspetti che sono contrari all’insegnamento cristiano e per animare e sostenere il lavoro di evangelizzazione dei popoli d’Africa e delle loro culture.
La Chiesa in Africa sperimenta una crescita costante nel numero dei suoi membri e di coloro che servono come clero. Tuttavia esiste un’incoerenza tra alcune pratiche culturali tradizionali Africane e quanto richiesto dal Vangelo.
Per poter essere pertinente e credibile, la Chiesa ha bisogno di compiere un discernimento profondo, per identificare quegli aspetti della cultura che promuovono ed quelli che impediscono l’inculturazione di valori evangelici.
Quindi il Sinodo propone:
- che siano promossi i valori culturali positivi e inculcati in tutte le sue istituzioni di insignamento ed educazione;
- che sia incoraggiato e promosso il lavoro dei teologi autenticamente africani;
- che gli elementi positivi delle culture tradizionali africane siano incorporati nei riti della Chiesa;- che gli agenti pastorali imparino le lingue e culture locali, così che i valori del Vangelo possano toccare il cuore della gente, ed aiutarla verso una genuina riconciliazione, che porti ad una pace durevole;
- che i documenti del Magisterium siano tradotti nelle lingue locali;
- che lo scambio di documenti tra Conferenze Episcopali sia facilitato;
- che le regole canoniche e liturgiche riguardanti il ministero dell’esorcismo siano usate in un ministero di compassione, giustizia e carità; e
- che venga denunciata la simonia tra un certo numero di sacerdoti, i quali abusano dei sacramentali per venire incontro alle richieste dei fedeli, a cui piacciono simboli religiosi, come incenso, acqua santa, olio d’oliva, sale, candele, ecc.
L’insegnamento della cultura condiziona lo sviluppo integrale degli individui e gruppi. Quindi gli Africani dovrebbero promuovere l’eredità culturale della loro regione. Essi dovrebbero tenere cari certi valori e allo stesso tempo aprirli ad un incontro con altre culture, valori come il rispetto per gli anziani e per le donne come madri; rispetto per la solidarietà, aiuto vicendevole ed ospitalità, unità, rispetto per la vita; onestà, verità e la parola d’onore.

Propositio 35

Piccole Comunità Cristiane / Comunità Ecclesiali Viventi

Il Sinodo rinnova il suo appoggio alla promozione delle SCC / CEV, che edificano saldamente la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa. Le SCC / CEV, basate sulla condivisione del Vangelo, dove i cristiani si riuniscono per celebrare la presenza del Signore nella loro vita e in mezzo a loro, attraverso la celebrazione dell’Eucaristia, la lettura della Parola di Dio e la testimonianza della loro fede nel servizio amorevole tra loro e nelle loro comunità. Sotto la guida dei loro pastori e catechisti cercano di approfondire la lor fede e maturare nella testimonianza cristiana nel vivere esperienze concrete di fraternità, maternità, relazione, amicizia aperta, dove ciascuno si prende cura dell’altro. Questa Famiglia di Dio si estende al di là dei vincoli di sangue, etnia, tribù, cultura e razza. In questo modo le SCC / CEV aprono sentieri di riconciliazione con le famiglie estese, che hanno la tendenza ad imporre ai nuclei delle famiglie cristiane i loro modi e costumi sincretistici.

Propositio 36

Sfide dei nuovi movimenti religiosi

Alla luce delle sfide poste dai nuovi movimenti religiosi (culti, movimenti esoterici, ecc.), alle Chiese locali è richiesto di approntare forme di evangelizzazione che affrontino al meglio gli attuali problemi dei fedeli.
Anche le parrocchie devono promuovere nelle loro Piccole Comunità Cristiane / Comunità Ecclesiali Viventi (SCC / CEV) una vita fraterna di solidarietà. Gli operatori nell’attività apostolica devono sviluppare un ministero di ascolto spirituale e di sostegno per assistere i fedeli nel vivere ogni giorno conservando la fede.
Inoltre il Sinodo raccomanda che la catechesi conduca ad una genuina esperienza di conversione e includa la formazione alla perseveranza nella fede in tempo di prova (cf. Rm 5, 3-5) alla stessa maniera che l’iniziazione tradizionale prepara i giovani ad affrontare tutti i tipi di situazioni. Deve essere offerto ai fedeli un profondo insegnamento biblico e dottrinale. I gruppi di preghiera, i movimenti ecclesiali e le nuove comunità dovrebbero introdurre anche questa istanza nei loro programmi.

Propositio 39

I preti

Ogni prete configurato per l’ordinazione a Cristo, Capo e Buon Pastore, è chiamato ad essere un’immagine viva di Gesù Cristo, che venne a servire, non ad essere servito (Mc 10,45).
Di conseguenza i preti devono coltivare una profonda vita spirituale che comprenda l’ascolto della Parola di Dio, la celebrazione dell’Eucaristia e la fedeltà alla preghiera, specialmente delle Ore. Devono dedicarsi in modo risoluto una vita di comunità evangelica e fraterna, protetti da pressioni familiari, dedicati ad una sobria vita di disciplina e di abnegazione ("Apostolica vivendi forma"), e ad un amore speciale per i poveri. Devono essere esempi di un’amministrazione responsabile e trasparente. Dovrebbero imitare i profeti coraggiosi di fronte ai mali sociali. Divengono così "sale della terra" e "luce del mondo".
La vocazione sacerdotale comprende anche un impegno alle virtù evangeliche di povertà, castità ed obbedienza. Queste sono la loro più grande professione di amore per Cristo, per la sua Chiesa e per i loro vicini. Di conseguenza i Padri sinodali raccomandano a tutti i preti di rito latino di vivere il loro celibato generosamente e con amore.
Secondo l’Esortazione Apostolica "Pastores dabo vobis" (n. 29): "Il celibato è dunque da accogliere... come dono inestimabile di Dio, come «stimolo della carità pastorale», come singolare partecipazione alla paternità di Dio e alla fecondità della Chiesa, come testimonianza al mondo del Regno escatologico".
Inoltre il periodo di grazia dell’Anno Sacerdotale invita tutti i preti a imitare lo zelo di S. Giovanni Maria Vianney nel ministero del sacramento della penitenza.
In vista di tutto ciò e a causa dei ministeri che i preti esercitano in Cristo e in favore dei fedeli cristiani, talvolta in circostanze molto difficili, i Padri sinodali non cessano di ringraziare Dio per loro e di portarli nella preghiera a Dio, perché li aiuti. Ma i Padri sinodali desiderano anche assicurare ai loro preti una solida formazione permanente nelle rispettive zone di vita e di ministero. Raccomandano loro per il proprio mantenimento e crescita spirituale:
- giornate mensili ed annuali di ritiro;
- regolare vita di preghiera e lettura biblica;
- formazione permanente specialmente per giovani preti, che hanno bisogno di un accompagnamento amorevole, che includa la dottrina sociale della Chiesa; ed
- un’assicurazione generale e mezzi per una vita dignitosa dei preti malati e anziani.
Inoltre il Sinodo precisa, per i preti che lavorano fuori della loro diocesi, che venga raggiunta una convenzione tra la diocesi di origine e quella di destinazione, che definisca chiaramente le condizioni di vita e di lavoro e la durata della missione. Per di più questi preti devono essere considerati pienamente pastori in tutta giustizia e carità cristiana, e inseriti pienamente nel presbiterio.

Propositio 45

Eucaristia fonte di comunione e riconciliazione

All’inizio del terzo millennio del cristianesimo la nostra grande sfida non consiste nell’illustrare le differenze di origine e di cultura, ma nel costruire un’unità che rispetti la diversità. Uomini e donne di differente origine, per carattere, cultura e religione possono costruire insieme un alto grado di unità: un’unità tale da fondare la vita di ciascuno per e con gli altri per amore della stessa persona, cioè Dio fatto uomo, Gesù Cristo, che visse tra noi, sparse il suo sangue per noi con la più grande solidarietà e ci dà se stesso in cibo nella nostra vita quotidiana. Questo sangue di Cristo sparso per noi è il vincolo e il fondamento di una nuova relazione che respinge ogni parvenza di tribalismo, razzismo, etnicismo, nepotismo, feticismo, ecc.
Il Sinodo ha espresso una forte disapprovazione di certe deviazioni nella pratica sacramentale, contrarie ai sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia.
Insistiamo nel ricordare che l’Eucaristia rimane la fonte e il culmine della riconciliazione e l’intera vita cristiana e che la santità è il mezzo più efficace per costruire una società di riconciliazione, giustizia e pace. Guardiamo con attenzione alla celebrazione eucaristica e disponiamo tempi e luoghi per l’adorazione eucaristica, individuale e comunitaria, in tutte le diocesi e parrocchie. Bisogna curare che le chiese e le cappelle siano ordinariamente riservate alla celebrazione dell’Eucaristia, evitando il più possibile che esse divengano semplicemente degli spazi sociali. I Padri sinodali chiedono che le organizzazioni assistenziali siano pronte ad appoggiare le diocesi in un dialogo sincero con i vescovi locali nella costruzione di spazi di culto, convinti che essi sono essenziali per la visibilità della Chiesa e garantiscono il senso del sacro e di uno sviluppo umano autentico ed integrale.

Propositio 47

Donne in Africa

Le donne in Africa offrono un grande contributo alla famiglia, alla società e alla Chiesa con i loro molti talenti e capacità. Tuttavia non solo la loro dignità e apporto non vengono pienamente riconosciuti e apprezzati, ma i loro stessi diritti sono spesso negati. Nonostante il grande progresso fatto nell’educazione e nello sviluppo delle donne in alcune nazioni dell’Africa, lo sviluppo delle giovani e delle donne in generale è sproporzionato rispetto a quello dei giovani e degli uomini; ragazze e donne generalmente sono trattate ingiustamente.
I Padri sinodali condannano tutti gli atti di violenza contro le donne, p. e. i maltrattamenti alle mogli, la privazione dell’eredità alle figlie, l’oppressione delle vedove in nome della tradizione, i matrimoni forzati, la mutilazione genitale alle donne, traffico delle donne e tanti altri abusi come la schiavitù sessuale ed il turismo sessuale. Sono ugualmente condannati tutti gli altri atti disumani ed ingiusti contro le donne.
I Padri sinodali propongono:
- la formazione umana integrale (intellettuale, professionale, morale, spirituale, teologica, ecc.) delle ragazze e delle donne;
- la creazione di "case di accoglienza" per ragazze e donne vittime di abusi perché trovino riparo e consulenza.
-la stretta collaborazione tra Conferenze Episcopali per porre fine al traffico delle donne;
- l’integrazione più ampia delle donne nelle strutture della Chiesa e nei processi decisionali;
- l’istituzione di una commissione di studio diocesana e nazionale per trattare le questioni delle donne, per aiutarle a svolgere meglio la loro missione nella Chiesa e nella società; e
- l’istituzione di una commissione di studio sulle donne nella Chiesa all’interno del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

Propositio 51

HIV/AIDS

L’AIDS è una pandemia, che insieme alla malaria e alla trubercolosi sta decimando la popolazione africana e danneggiando fortemente la sua vita economica e sociale. Non la si deve considerare come problema semplicemente medico-farmaceutico e solamente come un’istanza di cambiamento della condotta umana. In realtà si tratta di un’istanza di sviluppo integrale e di giustizia, che richiede alla Chiesa un trattamento integrale e una risposta.
I malati di AIDS in Africa sono vittime di ingiustizia, poiché non ricevono la stessa qualità di trattamento di altri paesi. La Chiesa chiede che i fondi destinati a loro siano realmente devoluti a questo scopo e raccomanda che i pazienti africani ricevano la stessa qualità di trattamento praticato in Europa.
La Chiesa condanna decisamente ogni tentativo deliberato da parte di persone e gruppi di diffondere il virus, o come arma da guerra o con il proprio stile di vita.
Il Sinodo incoraggia tutte le istituzioni e movimenti della Chiesa che lavorano nel campo della salute e specialmente dell’AIDS, e chiede alla agenzie internazionali di riconoscerli e sostenerli nel rispetto della loro specificità. La Chiesa raccomanda urgentemente che la ricerca corrente sui trattamenti sia allargata per scongiurare questa profonda sofferenza.
Inoltre il Sinodo propone:
- l’abolizione di ogni causa di diffusione della malattia, di distruzione della vita familiare, di infedeltà coniugale, la promiscuità e uno stile di vita che disprezzi i valori umani e le virtù evangeliche;
- una pastorale che offra ai malati di HIV e AIDS di accedere alla terapia, al cibo, ad un accompagnamento per un cambiamento di condotta e una vita priva di marchio di condanna;
- una pastorale che offra ad orfani, vedove e vedovi una vera speranza di vita priva di marchio di condanna e discriminazione;
- un sostegno pastorale di aiuto alle coppie di contagiati per informarle e formare la loro coscienza perché facciano scelte giuste, con piena responsabilità per il miglior bene reciproco, la loro unione e la loro famiglia; e
- la preparazione da parte del SECAM di un manuale pastorale sull’HIV/AIDS per tutti coloro che sono coinvolti nel ministero della Chiesa per l’AIDS (preti, religiosi, medici, infermieri, consulenti, catechisti, insegnanti) nell’attuazione della dottrina morale e sociale della Chiesa nelle diverse situazioni in cui il popolo di Dio in Africa affronta le diverse sfide della pandemia.

Propositio 55

Abolizione della pena di morte

"La Chiesa vede come un segno di speranza la crescita della pubblica opposizione alla pena di morte, anche quando essa è vista come un’espressione di giustizia ed un tipo di legittima difesa da parte della società. La società moderna, infatti, ha i mezzi per una effettiva abolizione del crimine rendendo innocui i criminali senza certamente negare loro la possibilità di emendarsi" ("Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica", 405).
La dignità della persona richiede che i suoi diritti fondamentali siano rispettati anche quando essa non rispetta i diritti degli altri. La pena di morte fa fallire tale intenzione. A volte, la pena di morte è usata per eliminare gli oppositori politici. Inoltre, la povera gente che non può difendersi da sola, è più facilmente soggetta a questa pena definitiva e inappellabile.
Questo Sinodo invoca l’abolizione totale ed universale della pena di morte.

__________


Giorno per giorno, la documentazione ufficiale del sinodo speciale per l'Africa, 4-25 ottobre 2009:

> Synodus Episcoporum 2009 – Bollettino


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Sul viaggio del papa in Camerun ed Angola dello scorso marzo e sulle polemiche per una sua frase sul preservativo:

> Mine vaganti. In Africa il preservativo, in Brasile l'aborto  (23.3.2009)

E su una realtà poco conosciuta del cristianesimo africano:

> Etiopia, una stupefacente cristianità in terra d'Africa (18.3.2009)

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Fuori dall'aula del sinodo, l'intervista di maggiore interesse è quella data a John L. Allen Jr. dall'arcivescovo di Accra, la capitale del Ghana, Charles Palmer-Buckle, una delle figure emergenti dell'episcopato africano:

> Ghaneian Archbishop Says Church Has Failed

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28/10/2009 10:25

Benedetto XVI: il Sinodo ha fatto un buon lavoro

Discorso ai Padri sinodali durante il pranzo con loro



CITTA' DEL VATICANO, domenica, 25 ottobre 2009 (ZENIT.org).-
 
Riportiamo di seguito le parole pronunciate da Papa Benedetto XVI questo sabato durante il pranzo svoltosi nell'Atrio dell'Aula Paolo VI con i partecipanti alla II Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa.

* * *


Cari fratelli e sorelle,
è adesso l'ora di dire grazie. Grazie anzitutto al Signore che ci ha convocato, ci ha riunito, ci ha aiutato ad ascoltare la sua Parola, la voce dello Spirito Santo, e così ha dato anche la possibilità di trovare la strada dell'unità nella molteplicità delle esperienze, l'unità della fede e la comunione nel Signore. Perciò l'espressione "Chiesa-Famiglia di Dio" non è più solo un concetto, un'idea, ma è un'esperienza viva di queste settimane: siamo stati realmente riuniti, qui, come Famiglia di Dio. Abbiamo fatto anche, con l'aiuto del Signore, un buon lavoro.

Il tema, di per sé, era una sfida non facile, con due pericoli, direi. Il tema "Riconciliazione, giustizia e pace" implica certamente una forte dimensione politica, anche se è evidente che riconciliazione, giustizia e pace non sono possibili senza una profonda purificazione del cuore, senza un rinnovamento del pensiero, una metanoia, senza una novità che deve risultare proprio dall'incontro con Dio. Ma anche se questa dimensione spirituale è profonda e fondamentale, pure la dimensione politica è molto reale, perché senza realizzazioni politiche, queste novità dello Spirito comunemente non si realizzano. Perciò la tentazione poteva essere di politicizzare il tema, di parlare meno da pastori e più da politici, con una competenza, così, che non è la nostra.

L'altro pericolo è stato - proprio per fuggire da questa tentazione - quello di ritirarsi in un mondo puramente spirituale, in un mondo astratto e bello, ma non realistico. Il discorso di un pastore, invece, deve essere realistico, deve toccare la realtà, ma nella prospettiva di Dio e della sua Parola. Quindi questa mediazione comporta, da una parte essere realmente legati alla realtà, attenti a parlare di quanto c'è, e dall'altra non cadere in soluzioni tecnicamente politiche; ciò vuol dire indicare una parola concreta, ma spirituale. Era questo il grande problema del Sinodo e mi sembra che, grazie a Dio, siamo riusciti a risolverlo, e per me questo è anche motivo di gratitudine perché facilita molto l'elaborazione del documento post-sinodale.

Vorrei adesso ritornare ai ringraziamenti. Ringrazio soprattutto i presidenti delegati, che hanno moderato, con grande "sovranità" e anche con allegria, le sedute del Sinodo. Ringrazio i relatori: abbiamo visto anche adesso e toccato - per così dire - con mano, che essi hanno portato il più grande peso del lavoro, hanno lavorato di notte e anche di domenica, hanno lavorato durante il pranzo e adesso meritano realmente un grande applauso da parte nostra.Posso qui comunicare che ho deciso di nominare il cardinale Turkson nuovo presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, successore del cardinale Martino. Grazie, Eminenza, per aver accettato; siamo contenti di averla fra poco tra noi. Grazie poi a tutti i Padri, ai delegati fraterni, agli uditori, agli esperti e grazie soprattutto ai traduttori perché hanno una parte nella trama di "creare Pentecoste". Pentecoste vuol dire capirsi reciprocamente; senza traduttore questo ponte di comprensione mancherebbe. Grazie! E grazie soprattutto anche al Segretario generale, al suo team, che ci ha guidato e ha organizzato silenziosamente tutto molto bene.

Il Sinodo finisce e non finisce, non solo perché i lavori vanno avanti con l'Esortazione Post-Sinodale: Synodos vuol dire cammino comune. Rimaniamo nel comune cammino col Signore, andiamo avanti al Signore per preparargli le strade, per aiutarlo, aprirgli le porte del mondo perché possa creare il suo Regno tra di noi. In questo senso la mia Benedizione per voi tutti. Recitiamo adesso la preghiera di ringraziamento per il pranzo.


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