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Fine vita: il Parlamento sia sovrano
Davvero non c’è più tempo da perdere: il Parlamento non può tollerare oltre di lasciarsi esautorare da ristrette cerchie di magistrati che manipolano a piacimento princìpi giuridici cardine su una materia indisponibile come la vita umana. Assistiamo a un’inaccettabile sarabanda di sentenze ambigue, nelle quali viene esaltata la libertà individuale rendendola a tal punto abnorme da giustificare capziosamente un raggelante "diritto di morire" come e quando si preferisce. Alcuni giudici amministrativi ora arrivano al punto di respingere «per difetto di giurisdizione» il ricorso contro l’atto di indirizzo ministeriale "per Eluana" snocciolando, intanto, ben tredici cartelle di discutibile esercizio retorico e ideologico. L’umanità più fragile è sotto il tiro di questi colpi di mano. Che hanno l’unico merito di chiarire una volta per tutte come il varo di una legge seria sul fine vita non possa più attendere.
Antefatto: Fine vita, dal Tar del Lazio una sentenza ambigua
A nessuno possono essere imposte alimentazione e idratazione forzata, né cosciente né incosciente, e anche in caso di stato vegetativo un cittadino può esprimere "ex post" la propria volontà di interrompere terapie giudicate inutili, comprese proprio alimentazione e idratazione. È il parere dei giudici del Tar del Lazio, che in quello che è un "caso" già destinato a far discutere, hanno respinto per difetto di giurisdizione il ricorso del Movimento difesa dei Cittadini all'ordinanza Sacconi emanata lo scorso anno, nei giorni del caso Eluana, ma hanno ugualmente espresso il loro parere sulla questione.
Dicendo tutto il contrario rispetto alla legge sul testamento biologico già approvata alla Camera e al vaglio del Senato (in cui si precisa, invece, che alimentazione e idratazione artificiali sono atti imprescindibili che il malato in stato vegetativo non può rifiutare tramite una dichiarazione anticipata di trattamento).
"I pazienti in stato vegetativo permanente - si legge nella curiosa sentenza - che non sono in grado di esprimere la propria volontà sulle cure loro praticate o da praticare e non devono in ogni caso essere discriminati rispetto agli altri pazienti in grado di esprimere il proprio consenso, possono, nel caso in cui loro volontà sia stata ricostruita, evitare la pratica di determinate cure mediche nei loro confronti". E ancora: il paziente "vanta una pretesa costituzionalmente qualificata di essere curato nei termini in cui egli stesso desideri, spettando solo a lui decidere a quale terapia sottoporsi".
Nella sentenza il Tar richiama sia il parere del Comitato Nazionale per la Bioetica del 2005, sia quello della Convenzione sui diritti delle persone disabili approvata dall'Onu nel 2006, secondo cui - vale la pena ricordarlo - i pazienti in stato vegetativo sono da considerare a tutti gli effetti dei disabili gravi e che negare loro alimentazione e idratazione significherebbe discriminarli rispetto ai disabili meno gravi.
Sacconi: «Ancora più urgente la legge». Immediata la risposta di Sacconi: «Se corrisponde al vero quanto contenuto in una nota che fa riferimento a una sentenza del Tar del Lazio sul caso di Eluana Englaro - ha scritto in una nota il ministro del Welfare - questo rende di fatto ancora più urgente l'approvazione della 'norma Englaro' relativa all'inalienabile diritto all'alimetnazione e all'idratazione per offrire una certezza normativa coerente con l'articolo 2 della Carta costituzionale e con il riconoscimento del valore della vita che è presente nella tradizione largamente condivisa del nostro popolo».
da avvenire.it |
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