Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Benvenuto in Famiglia Cattolica
Famiglia Cattolica da MSN a FFZ
Gruppo dedicato ai Cattolici e a tutti quelli che vogliono conoscere la dottrina della Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica Amiamo Gesu e lo vogliamo seguire con tutto il cuore........Siamo fedeli al Magistero della Chiesa e alla Tradizione Apostolica che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre. Ti aspettiamo!!!

 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

J.Ratzinger, Benedetto XVI, spiega il Concilio Vaticano II

Ultimo Aggiornamento: 19/09/2009 08:28
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
19/09/2009 07:50

Il futuro del Concilio passa dai giovani


 18/11/2005

I vescovi italiani affidano alle nuove generazioni il compito di far proprio lo spirito del Concilio Vaticano II. "La Chiesa vi guarda con fiducia e con amore… essa è la vera giovinezza del mondo"...

ASSISI - Il patrimonio del Concilio Vaticano II consegnato ai giovani. È quanto hanno fatto i vescovi italiani con un messaggio scritto in occasione dei 40 anni dal grande evento ecclesiale che ridisegnò il volto della Chiesa. "Anche se non è stato possibile arrestare i processi di secolarizzazione e purtroppo di scristianizzazione - sottolineano i vescovi nel testo, letto mercoledì sera ad Assisi - il rinnovamento conciliare ha indubbiamente aiutato a comprendere le radici di questi fenomeni". Per questo si rende necessario un "impegno capillare e generoso dei laici cristiani e delle loro molteplici aggregazioni". La Chiesa, hanno ribadito gli oltre 250 vescovi riuniti nella città umbra, si deve impegnare "con piena consapevolezza e responsabilità nell'attività di evangelizzazione e di missione". Un riferimento, seppur non esplicito, al ruolo che i cristiani devono svolgere nella vita pubblica italiana e un richiamo diretto "all'impegno ecumenico a cui tutti siamo chiamati". Infine un appello alla pace fra gli uomini e i popoli: "Il rifiuto della violenza - prosegue il testo letto da monsignor Sergio Goretti, vescovo di Assisi - il rifiuto della violenza si coniuga all'urgenza di promuovere la giustizia e la riconciliazione come unica via possibile ad una pace autentica e duratura".


Il testo integrale del messaggio dei vescovi

Carissimi nel Signore,

quarant’anni fa, l’8 dicembre 1965, Paolo VI chiudeva il Concilio Vaticano II. Quasi tutti eravamo, allora, seminaristi o giovani preti. Oggi che lo Spirito Santo ci ha posto come Vescovi a pascere le Chiese di Dio che sono in Italia (cfr At 20,28) ricordiamo ancora con commozione quei giorni; abbiamo davanti agli occhi immagini piene di fascino, come quella dei duemila Vescovi che entrano in processione in San Pietro o quella di Papa Giovanni che, dalla finestra del Palazzo Apostolico, saluta i fedeli venuti per essere testimoni di quell’avvenimento. Ma soprattutto portiamo ancora nel cuore i desideri, le attese, le speranze che il Concilio aveva suscitato in noi. Eravamo – e lo siamo nello stesso modo oggi – gioiosi e fieri della Chiesa e della testimonianza di universalità, di unità, di amore al Vangelo che essa offriva al mondo; ed eravamo convinti di vivere una primavera, una stagione bella, ricca di promesse e di speranze.

Abbiamo capito meglio, in quegli anni, che cosa sia la Chiesa, istituzione antica e sempre nuova, che noi amiamo con affetto profondo. Essa è il popolo “in religioso ascolto della parola di Dio”, chiamato a proclamarla a tutti con ferma fiducia, secondo la testimonianza ricevuta fin dalle origini e così espressa dall’apostolo Giovanni: “Vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi; quello che abbiamo veduto e udito noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi e la nostra comunione sia col Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo” (Gv 1,1-3), “affinché mediante l’annuncio della salvezza il mondo intero ascoltando creda, credendo speri, sperando ami” (DV 1). Così il Concilio si è presentato e così noi desideriamo che la Chiesa sempre si manifesti: popolo che si pone in ascolto della Parola di Dio, la riceve e la proclama, e celebra i divini misteri per la salvezza del mondo.

Anzitutto l’ascolto: all’inizio, infatti, non ci siamo noi con i nostri progetti; all’inizio risuona quella parola che, scaturita dal silenzio di Dio, tocca i nostri cuori e li riempie di gioia stupita e riconoscente. C’è una parola di Dio per noi, una parola che ci coglie nell’intimo del nostro cuore e si rivolge alla nostra libertà suscitando la risposta della fede.

La costituzione dogmatica Dei Verbum confessa questa parola, per la quale “Dio invisibile per la ricchezza del suo amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con loro per invitarli e ammetterli alla comunione con sé” (DV 2). In questo modo, il Concilio ci ha ricordato che l’uomo non è solo, gettato a vivere nella fredda immensità dell’universo, ma è chiamato da una parola amica a rispondere a un appello e a costruire insieme un mondo degno dell’uomo e di Dio. Le tante e varie parole che scandiscono la storia del rapporto tra Dio e l’uomo (cfr Eb 1,1-2) hanno il loro compimento e la loro perfezione nella Parola fatta carne, in Gesù di Nazaret (DV 4). Poiché è Dio in carne umana, egli ci rivela il volto di amore del Padre; e poiché è uomo a perfetta somiglianza di Dio, egli ci permette di sperare sempre nell’uomo e di comprenderne il compito sulla terra.

È il mistero di Cristo a unire indissolubilmente l’uomo e Dio e a rivelare la nostra vocazione, il compito che ci è affidato: la comunione. Comunione con Dio Padre, dal quale riceviamo con gratitudine la vita; comunione tra noi, perché Dio sia santificato nel mondo. Questo mistero di vita e di morte, di amore che ha vinto il peccato, ci è donato nell’Eucaristia e nei diversi sacramenti che da esso scaturiscono, esprimendone la ricchezza e attuandone la forza. La costituzione Sacrosanctum Concilium proclama proprio questo: che il mistero di Cristo non appartiene soltanto al passato come fatto storico, ma è vivo, presente, efficace come azione di salvezza di Dio. Per questo la Chiesa attraverso i secoli non smette di celebrare la liturgia, che “è il culmine cui tende la [sua] azione… e, insieme, la fonte da cui promana tutto il suo vigore” (SC 10): è consapevole che nel mistero di Cristo, reso presente tra noi per la forza dello Spirito Santo, sta l’origine inesauribile della sua vita, la forza della sua missione, la via della sua santità, la manifestazione piena della sua identità.

Nella Parola e nei sacramenti è Cristo stesso, vincitore del peccato e della morte, a operare ed edificare il suo corpo, la Chiesa, che in Maria contempla il proprio ideale mentre la venera come Madre. Fatta di uomini con le loro doti e i loro limiti, la Chiesa è però dono di Dio, presa di mezzo al mondo, riempita dello Spirito del Risorto, costruita come comunione di fede e di amore per essere nel mondo, segno e strumento di unità. “Popolo radunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, essa – come ci insegna la costituzione dogmatica Lumen gentium - esiste per riunire gli uomini con Dio e fra di loro e per attirare il mondo intero al Padre (cfr LG1). L’unica Chiesa, una santa cattolica e apostolica, articolata nella molteplicità dei ministeri e arricchita dalla varietà dei carismi, si fa presente in tutte le Chiese particolari, guidate dai loro Vescovi: e l’unità generata dall’unica Parola e dall’unico Pane di vita è espressa dalla comunione collegiale dei Vescovi con il Vescovo di Roma, il successore di Pietro.

Il Signore chiama tutti alla sua Chiesa: di qui nasce la passione che ogni battezzato deve sentire per la causa del Vangelo, impegnandosi per essa con piena consapevolezza e responsabilità nell’attività di evangelizzazione e di missione. Da qui scaturisce la passione per l’unità del corpo ecclesiale di Cristo, e dunque l’impegno ecumenico, a cui tutti siamo chiamati. Da qui viene l’urgenza di riscoprire il legame della Chiesa con la sua santa radice, la fede d’Israele, e di avere a cuore il dialogo e l’amicizia con i “fratelli maggiori”, gli ebrei. Da questa vocazione alla comunione con Dio nasce anche l’urgenza del dialogo con i credenti di tutte le religioni. Da qui, infine, sorge il bisogno di sviluppare un dialogo rispettoso, mai separato dalla proclamazione del Vangelo con le donne e gli uomini di buona volontà a qualunque cultura, situazione storica o posizione appartengano.



La Chiesa vive così nella storia al servizio della salvezza per la gloria di Dio: scaturisce da qui l’ispirazione della costituzione pastorale del Concilio Gaudium et spes, che offre uno sguardo fiducioso sul panorama dell’esistenza umana per cogliere nelle culture l’anelito all’unità e alla comunione, per valorizzare tutti i germi di bene, per moltiplicare le esperienze di donazione, di amore, “al fine di stabilire quella fraternità universale che corrisponde a tale vocazione” (GS 3), e accoglie il contributo che le può venire dall’uomo e dalla sua storia (cfr GS 44). In modo particolare si colloca in questa luce l’impegno della Chiesa al servizio della pace fra gli uomini e i popoli: il rifiuto della violenza si coniuga all’urgenza di promuovere la giustizia e la riconciliazione come unica via possibile a una pace autentica e duratura.

La ricezione del Concilio, ossia la sua assimilazione e attuazione concreta nella vita e nella missione della Chiesa, è stata ed è un’opera complessa e spesso travagliata; ma i frutti positivi sono comunque assai grandi e ben più rilevanti delle difficoltà: abbiamo dunque tutti i motivi per ringraziare il Signore del dono che ci ha fatto attraverso il Vaticano II.

In Italia il rinnovamento conciliare, per cui tanto si è speso, con non poca sofferenza, Paolo VI e poi, con altrettanta fedeltà, Giovanni Paolo II, ha inciso in maniera profonda sul volto e sulla realtà delle nostre Chiese, e anche sui modi e sulle forme della presenza cristiana nella vita del Paese: anche se non è stato possibile arrestare i processi di secolarizzazione e purtroppo di scristianizzazione, il rinnovamento conciliare ha indubbiamente aiutato a comprendere le radici di questi fenomeni e soprattutto ha stimolato una risposta pastorale e culturale, in chiave di missione e di evangelizzazione. Gli aspetti di travaglio, di contestazione e di crisi del periodo successivo al Concilio in Italia non hanno bloccato la rinnovata consapevolezza della comunione ecclesiale e della responsabilità missionaria condivisa da tutti i credenti, in particolare mediante l’impegno capillare e generoso dei laici cristiani e delle loro molteplici aggregazioni. Il panorama, rispetto a quarant’anni fa, è assai cambiato, ma è rimasta viva e feconda l’eredità del Concilio, che ci ha insegnato a “discernere negli avvenimenti … i veri segni della presenza e del disegno di Dio” (GS 11) e al contempo ci ha ammonito che “al di sotto di tutti i mutamenti ci sono molte cose che non cambiano; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli (cfr Eb 13,8)” (GS 10). La Chiesa è chiamata pertanto a continuare oggi, e sempre di nuovo, quella grande opera di discernimento e di orientamento profetico che il Vaticano II, sotto la guida dello Spirito Santo, ha saputo compiere tanto fruttuosamente, testimone della speranza che non delude in questo mondo che cambia.

Sono queste alcune delle considerazioni che ci hanno motivato a fare memoria con voi e per voi di questa “grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo ventesimo. In esso – come ci ha ricordato Giovanni Paolo II – ci è offerta una sicura ‘bussola’ per orientarci nel cammino del secolo che si apre” (NMI 57). È una convinzione che Benedetto XVI ci ha riproposto con forza nel suo primo messaggio. Per questo sentiamo di dover riconsegnare il patrimonio del Concilio alle nostre comunità cristiane, soprattutto ai giovani. È grande in noi tutti il desiderio che il cammino verso la comunione con Dio – amore infinito – e verso la comunione tra gli uomini si rinnovi con fresca energia.

Questo compito noi ora lo affidiamo a voi, giovani. Ve lo ripetiamo con le parole sempre attuali e belle che il Concilio vi ha rivolto: “La Chiesa vi guarda con fiducia e con amore… essa è la vera giovinezza del mondo. Essa possiede ciò che fa la forza e la bellezza dei giovani: la capacità di rallegrarsi per ciò che comincia, di darsi senza ritorno, di rinnovarsi e ripartire verso nuove conquiste. Guardatela e voi ritroverete in essa il volto di Cristo, il vero eroe umile e saggio, profeta della verità e dell’amore, il compagno e l’amico dei giovani” (Messaggi del Concilio all’umanità, Ai giovani). Per questo vi invitiamo a conoscere meglio e ad amare il Concilio, traendone ispirazione sempre nuova per la vostra fede, per la costruzione del popolo di Dio e per il servizio al Regno nella storia, secondo la volontà del Signore.

            

 

A quarant’anni dal Vaticano II Walter Brandmüller sottolinea l’originalità di un’assise che «non emanò né leggi né giudizi, ma fece del Vangelo la guida al mondo d’oggi»

Concilio, passi dentro la storia

«Non furono espresse condanne dottrinali: come disse Giovanni XXIII, oggi la Chiesa preferisce piuttosto dimostrare la validità delle sue dottrine e far uso della medicina della grazia»

«Anche Joseph Ratzinger rilevò che possiamo rendere davvero degno di fede il Vaticano II se lo rappresentiamo chiaramente così com’è: parte della tradizione unica e totale della Chiesa »

Di Walter Brandmüller*

Il Vaticano II (1962-1965) è stato il Concilio dei superlativi. Mai nella storia della Chiesa un Concilio era stato preparato così intensamente. Certo, anche il Vaticano I (1869-1870) è stato molto ben preparato e probabilmente la qualità teologica dei suoi schemi preparatori era addirittura migliore. Ma il numero delle sollecitazioni e delle proposte inviate da tutto il mondo e la loro utilizzazione nel Vaticano II superarono quanto che c'era stato fino ad allora.


Il Vaticano II si è dimostrato visibilmente il Concilio dei superlativi già quando l'enorme numero di 2440 vescovi entrarono nella basilica di San Pietro. Se il Vaticano I con i suoi 642 padri circa aveva trovato posto nel transetto destro della basilica, ora aula conciliare era l'intera navata centrale. Nel secolo intercorso fra i due Concili la Chiesa non rivendicava soltanto il ruolo di Chiesa universale ma lo era diventata davvero. E mai si era verificato, come nel 1962, che un migliaio di giornalisti di tutto il mondo fosse accreditato al Concilio. Così il Vaticano II è stato anche il Concilio più conosciuto di tutti i tempi, divenendo un evento mediatico mondiale di prima grandezza.


Altre particolarità di questo Concilio lo fanno spiccare sugli altri. I Concili esercitano le supreme funzioni magisteriali, legislative, giudiziarie, sotto e con il Papa, al quale tutte queste funzioni spettano anche senza Concilio. Non tutti i Concili hanno esercitato ciascuna di queste funzioni. Se il primo Concilio di Lione (1245), con la scomunica e deposizione dell'imperatore Federico II, ha agito come tribunale e ha emanato leggi, il Vaticano I non ha giudicato né emanato leggi, ma ha deliberato esclusivamente su questioni di dottrina. Il Concilio di Vienne (1311-1312) invece ha giudicato, emanato leggi e deliberato su questioni di fede, e lo stesso hanno fatto i Concili del Quattrocento.


Il Vaticano II invece non ha giudicato né emanato leggi e neppure deliberato in modo definitivo su questioni di fed e e piuttosto ha realizzato un nuovo tipo di Concilio, considerandosi un Concilio pastorale, quindi spirituale, che voleva avvicinare la dottrina del Vangelo in modo attraente perché facesse da guida al mondo di oggi. In particolare non ha espresso condanne dottrinali, come disse con chiarezza Giovanni XXIII nel discorso di apertura: «La Chiesa si è sempre opposta alle eresie. Spesso le ha condannate con la massima durezza»; oggi invece «la Chiesa preferisce fare uso della medicina della grazia», perché «crede che essa corrisponda alle esigenze dell'epoca attuale, preferendo dimostrare la validità delle sue dottrine piuttosto che esprimere condanne». Anche se, alla luce degli sviluppi storici, il Vaticano II si sarebbe rivelato lungimirante se, sulle orme di Pio XII, avesse trovato il coraggio di condannare espressamente il comunismo.


Invece il timore di pronunciare condanne dottrinali e definizioni dogmatiche ha fatto sì che alla fine i testi conciliari risultino tra loro diversi: così, per esempio, le costituzioni dogmatiche Lumen gentium sulla Chiesa e Dei Verbum sulla rivelazione divina possiedono il carattere e la natura di documenti dottrinali, ma senza definizioni vincolanti, mentre secondo il canonista Klaus Mörsdorf la dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae «prende posizione senza un contenuto normativo evidente». I testi del Vaticano II possiedono quindi un grado molto diverso di obbligatorietà e anche questo è un elemento assolutamente nuovo nella storia dei Concili.


Paragoniamo poi il Vaticano II con il primo Concilio di Nicea (325), con il Tridentino (1545-1563) e il Vaticano I tenendo conto delle rispettive conseguenze. Salta agli occhi che dopo i due Concili vaticani si è arrivati a uno scisma. Nel 1871 i "vecchi cattolici" per protesta contro le definizioni del primato e dell'infallibilità del Papa si separarono dalla Chiesa, e nel 1988 l'arcivescovo Lefebvre e i suoi sostenitori hanno scelto lo s cisma. Per quanto appaiano opposti, i due movimenti concordano nel rifiuto dei legittimi sviluppi nella dottrina e nella vita della Chiesa, fondato su un rapporto distorto con la storia.

La speranza deve scaturire proprio dall'esperienza della storia e i Concili hanno bisogno di un lungo respiro, il respiro della storia. Dopo il primo Concilio di Nicea sono cominciate lotte religiose che crebbero di asprezza e violenza prima che alla fine s'imponesse il dogma niceno confermato dal Concilio di Calcedonia (451), attraverso vicende durate oltre un secolo. Si può fare un paragone anche con la fase successiva al Tridentino, che ha avuto come conseguenza una straordinaria fioritura missionaria, religiosa e culturale dell'Europa rimasta cattolica: Hubert Jedin ha parlato di "miracolo di Trento". Ma sbaglieremmo se ritenessimo che questa fioritura si sia prodotta di colpo: dopo la conclusione del Concilio passò quasi un secolo prima che i suoi decreti dogmatici e di riforma mostrassero efficacia su larga scala.


Quasi ogni Concilio, e naturalmente anche il Vaticano II, per struttura, svolgimento e contenuto possiede la sua inconfondibile peculiarità, ma ha in comune con tutti gli altri il fatto che sotto l'aspetto formale in ognuno è stata esercitata collegialmente la suprema autorità dottrinale e pastorale. Dal punto di vista dei contenuti si tratta della presentazione, dell'interpretazione e dell'applicazione della tradizione, alla quale ogni concilio dà il suo contributo specifico. Questo non può ovviamente consistere in un'aggiunta di nuovi contenuti al patrimonio di fede della Chiesa.

E neppure in un'eliminazione delle dottrine fino a quel momento tramandate. È piuttosto un processo di sviluppo, chiarimento e distinzione che si sta compiendo, con l'assistenza dello Spirito Santo, e attraverso questo processo ogni concilio con il suo definitivo annuncio dottrinale s'inserisce come parte integrante nella tradizione complessiva della Chiesa. Per questo i Concili guardan o sempre avanti, verso un annuncio dottrinale più ampio, più chiaro, più attuale, mai all'indietro. Un Concilio non può contraddire i suoi antecedenti, ma solo integrare, precisare, proseguire.
Tutto ciò vale anche per il Vaticano II. Anch'esso non è né più né meno che un Concilio fra gli altri, accanto e dopo altri, non al di sopra né al di fuori, ma all'interno della serie dei Concili generali della Chiesa. Anche il Vaticano II riconosce la sua collocazione nel solco della tradizione. La quantità di richiami alla tradizione nei testi del Vaticano II è impressionante.

Il Concilio accoglie diffusamente la tradizione citando i Concili, in particolare il Fiorentino (1439-1442), il Tridentino e il Vaticano I, le encicliche di numerosi Papi, la letteratura patristica e i grandi teologi, primo fra tutti Tommaso d'Aquino, come fonti alle quali attinge.


Il cardinale Joseph Ratzinger, in un incontro di qualche anno fa, ha parlato di «un isolamento oscuro del Vaticano II» e ha detto: «Alcune descrizioni suscitano l'impressione che dopo il Vaticano II tutto sia diventato diverso e che tutto ciò che è venuto prima non potesse essere più considerato o potesse esserlo soltanto alla luce del Vaticano II. Il Vaticano II non viene trattato come una parte della complessiva tradizione vivente della Chiesa, ma come un inizio totalmente nuovo. Sebbene non abbia emanato alcun dogma e abbia voluto considerarsi più modestamente al rango di Concilio pastorale, alcuni lo rappresentano come se fosse per così dire il superdogma, che rende tutto il resto irrilevante», mentre «possiamo rendere davvero degno di fede il Vaticano II se lo rappresentiamo molto chiaramente così com'è: un pezzo della tradizione unica e totale della Chiesa e della sua fede».


In effetti, negli anni postconciliari era di moda paragonare la Chiesa a un cantiere, in cui si facevano demolizioni e nuove costruzioni o ricostruzioni. Spesso l'ordine di Dio ad Abramo di andarsene dal suo paese era interpretato come un'esor tazione alla Chiesa ad abbandonare il suo passato e la sua tradizione. Si parlava con entusiasmo di partenza della nave di Pietro e del suo viaggio verso nuove sponde. Si predicava la partenza in direzione dell'ignoto, del lontano, del nuovo e la parola tradizione era diventata un insulto. Al contrario, bisogna ribadire con forza che un'interpretazione del Vaticano II al di fuori della tradizione contrasterebbe con l'essenza della fede. Su questo sfondo anche la distinzione così in voga tra "preconciliare" e "postconciliare" è molto dubbia sul piano teologico e su quello storico. Un Concilio non è mai un punto di arrivo o di partenza sul quale possa essere scandita la storia della Chiesa o addirittura la storia della salvezza.


Ci sarà un Vaticano III? Non sorprende che alcuni abbiano avanzato una richiesta di questo tipo, anche da parti opposte. Secondo alcuni dovrebbe riunirsi un nuovo Concilio che finalmente abbatta le barriere, realizzi la democratizzazione della Chiesa, consenta l'accesso ai sacramenti a coloro che dopo un matrimonio fallito hanno contratto una nuova unione, apra la strada al matrimonio dei sacerdoti e al sacerdozio femminile, e porti alla riunificazione dei cristiani divisi. Altri pensano che la confusione e la crisi dell'irrequieto periodo postconciliare avrebbero bisogno urgentemente di un Vaticano III che metta ordine e faccia da guida.

Una cosa è certa: anche questo nuovo eventuale concilio - magari Nairobiense o Moscoviense - si collocherebbe nel solco della tradizione e sarebbe solo un altro elemento di questa venerabile serie. In ogni caso il Vaticano II non è stato né l'inizio né la fine della storia conciliare e abbiamo il compito di realizzarlo, prima di parlare del futuro.

*presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche


__________________________________________________

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 04:36. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com