Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Benvenuto in Famiglia Cattolica
Famiglia Cattolica da MSN a FFZ
Gruppo dedicato ai Cattolici e a tutti quelli che vogliono conoscere la dottrina della Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica Amiamo Gesu e lo vogliamo seguire con tutto il cuore........Siamo fedeli al Magistero della Chiesa e alla Tradizione Apostolica che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre. Ti aspettiamo!!!

 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

J.Ratzinger, Benedetto XVI, spiega il Concilio Vaticano II

Ultimo Aggiornamento: 19/09/2009 08:28
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
19/09/2009 08:02

Exclamation Giovedì 8 dicembre 2005: nel 40° anniversario della Conclusione del Concilio Ecumenico con Benedetto XVI

UNA DOMANDA ....


 
Mi chiedo e chiedo a voi gestori, come si concilia questo con il Magistero del passato, prima del Concilio? E forse Benedetto XVI intendeva dire qualcosaltro in questa affermazione?
..............
Caro Giuseppe.....per ora ti do una risposta sobria......... poi l'approfondiremo appena avrò un pò di tempo, il fine settimana è colmo di impegni in parrocchia........
Partiamo dal meditare che la Chiesa non è statica.......
Essa che è Madre e Maestra, cammina con gli uomini di ogni tempo......
Cosa vuol dire?
Vuol dire che la Chiesa NON deve bloccare le innovazioni, ma deve fare in modo che certe innovazioni non vadano contro il Vangelo e le dottrine stabilite........

Ora cosa ha detto Benedetto XVI? una frase che ho letto anch'io in due articoli di giornali e che alla domanda della Fallaci "come dovrebbe vivere il suo ateismo l'ateo?" il Papa risponde: " " viva come se Dio esistesse""
non vi è nulla di contraddittorio in questa frase, nel Magistero presente, passato e futuro......

Vivere come se Dio esistesse permetterà all'ateo stesso di NON chiudersi al rifiuto
....... per questo la Chiesa di recente insiste sull'unità delle LEGGI MORALI ED ETICHE che essendo naturali e perciò UNIVERSALI esse possono diventare strumento di unione anche con gli atei, anche con chi religiosamente la pensa diversamente......

Attenzione, qui non parliamo di dottrine, MA DI LEGGE NATURALE......in questo senso vivere come se Dio esistesse, per un ateo, gli permetterà lentamente di scoprire che alla fine Dio esiste.......esempio: se ateo, difendo la vita umana fin dal suo concepimento, questo gesto mi potrebbe portare alla contemplazione DEL MISTERO RACCHIUSO NELLA VITA UMANA......e così via.......

Non vi è dunque una contraposizione con il Magistero passato, al contrario, assistiamo ad una apertura della Chiesa che se andiamo a risfogliare la Lettera ai Romani e agli Ebrei di Paolo, ritroveremo le medesime indicazioni:
Nella lettera ai Romani Paolo NON esclude la salvezza AI PAGANI.........
nella lettera agli Ebrei Paolo dice la loro durezza di cuore NON ha permesso a Dio di venire meno alle sue promesse di salvezza........
Per ora vi lascio meditare queste due Lettere.....

all'Angelus sembra che il Papa stesso, caro Giuseppe, ti confermi quanto abbiamo da noi meditato:
Dio attende una risposta d’amore. In questi giorni la liturgia ci presenta come modello perfetto di tale risposta la Vergine Maria, che giovedì prossimo 8 dicembre contempleremo nel mistero dell’Immacolata Concezione.

La Vergine è Colei che resta in ascolto, pronta sempre a compiere la volontà del Signore, ed è esempio per il credente che vive nella ricerca di Dio. A questo tema, come pure al rapporto tra verità e libertà, il Concilio Vaticano II ha dedicato un’attenta riflessione. In particolare, i Padri Conciliari hanno approvato, proprio quarant’anni or sono, una Dichiarazione concernente la questione della libertà religiosa, cioè il diritto delle persone e delle comunità a poter ricercare la verità e professare liberamente la loro fede.

Le prime parole che danno il titolo a tale Documento sono "dignitatis humanae": la libertà religiosa deriva dalla singolare dignità dell’uomo che, fra tutte le creature di questa terra, è l’unica in grado di stabilire una relazione libera e consapevole con il suo Creatore. "A motivo della loro dignità – dice il Concilio – tutti gli uomini, in quanto sono persone, dotate di ragione e di libera volontà… sono spinti dalla loro stessa natura e tenuti per obbligo morale a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione" (DH, 2). Il Vaticano II riafferma così la dottrina tradizionale cattolica per cui l’uomo, in quanto creatura spirituale, può conoscere la verità e, quindi, ha il dovere e il diritto di cercarla (cfr ivi, 3).

Posto questo fondamento, il Concilio insiste ampiamente sulla libertà religiosa, che dev’essere garantita sia ai singoli che alle comunità, nel rispetto delle legittime esigenze dell’ordine pubblico. E questo insegnamento conciliare, dopo quarant’anni, resta ancora di grande attualità. Infatti la libertà religiosa è ben lontana dall’essere ovunque effettivamente assicurata: in alcuni casi essa è negata per motivi religiosi o ideologici; altre volte, pur riconosciuta sulla carta, viene ostacolata nei fatti dal potere politico oppure, in maniera più subdola, dal predominio culturale dell’agnosticismo e del relativismo.


Angelus


*********************

Chi ascolta voi, ascolta me, dice Gesù a Pietro e ai suoi apostoli....ergo, dopo Duemila anni siamo noi oggi a dover accogliere questo saggio suggerimento di Gesù: ASCOLTARE PIETRO.......


 

QUARANTA ANNI DOPO

www.avvenire.it


Un evento che rilanciò il dialogo nella Chiesa e con il mondo. Grazie a figure come il cardinale tedesco Frings. E il suo consulente, il giovane teologo Joseph Ratzinger, il futuro Benedetto XVI


«Io cronista al Vaticano II testimone della storia»

Vittorio Citterich,decano dei vaticanisti,visse in prima persona il Concilio. Da Roncalli e Montini una profezia di pace che alimentò il pontificato di Wojtyla

Di Vittorio Citterich


Eravamo più di millecinquecento cronisti, provenienti da ogni angolo del mondo, per seguire il Concilio ecumenico Vaticano II. La quarta ed ultima sessione si stava concludendo quarant'anni fa, proprio di questi giorni. Posso dire ai miei nipotini: c'ero anch'io. L'evento, più di duemila vescovi riuniti ogni giorno a pregare e discutere nella Basilica di San Pietro trasformata in aula conciliare, ha lasciato una grande traccia nella storia del mondo.


Anche nella mia piccola storia personale. Quando nel 1958 Pio XII morì e venne Papa Giovanni che, quasi per istinto dello Spirito Santo convocò il Concilio, mi trovavo ancora a Firenze per seguire, per conto del Giornale del mattino, uno dei fantasiosi «colloqui mediterranei» che La Pira, spes contra spem, riusciva a promuovere, riunendo ebrei, cristiani e musulmani che altrove si combattevano, nella ricerca di una «riconciliazione della famiglia di Abramo».

Il colloquio del 1958 era presieduto dal principe ereditario del Marocco, il futuro re Hassan II. Quando venne la notizia del malore mortale che aveva colpito Papa Pacelli tutti i presenti vennero invitati a pregare, ciascuno a suo modo. E all'annuncio della morte La Pira, a suo modo improvvisando, commentò: «E noi, adesso che cosa faremo? Con la nostra preghiera accompagneremo gli angeli che porteranno il Papa in Paradiso. E con la preghiera accoglieremo il nuovo Papa che verrà e sarà il Papa dell'Occidente e dell'Oriente, del Nord e del Sud ed estenderà a tutti i popoli la benedizione di Abramo».


Quasi un preannuncio di Papa Giovanni. Per il conclave il piccolo e battagliero giornale fiorentino dei miei esordi mi spedì a Roma. Fumata bianca, habemus Papam, Angelo Roncalli. E fui meno sorpreso di altri cronisti assai più esperti di me. Sempre da La Pira colsi il primo giudizio sul Concilio appena convocato. Lo avevo accompagnato a Mosca per il suo «ponte di preghiera e di pace fra il santuario occidentale di Fatima e il san tuario orientale di San Sergio». Ripeteva che l'ateismo imperante da quelle parti sarebbe inevitabilmente caduto e invitava l'esterrefatto Krusciov a «tagliare il ramo secco dell'ateismo» se veramente voleva la coesistenza e la pace.

E indicava proprio nel Concilio l'annuncio dei tempi nuovi
.


Ricordo le insistenze, soprattutto rivolte ai rappresentanti della Chiesa ortodossa russa: «Il Concilio è il segno dei tempi di un'epoca nuova nella quale scompare la guerra, fiorisce la pace, emergono i popoli, si unifica il mondo, crollano le ideologie ed emerge ogni giorno di più sul mondo, quasi per illuminarlo, la Chiesa». Una delle tante utopie lapiriane? Può darsi. Ma come negare, dopo le quattro sessioni conciliari e quarant'anni dopo, che la tendenza storica e religiosa di fondo del Concilio sia andata proprio in queste direzioni di «cosiddetta utopia»?


 Il Concilio, inoltre, ha portato un cambiamento decisivo nella comunicazione della Chiesa e nella Chiesa. Dalla seconda sessione in poi ne feci personale esperienza essendo passato a lavorare, a Roma, per L'Avvenire d'Italia e mentre, dopo i rigorosi segreti che avevano accompagnato la prima sessione, si passò a un'apertura che in quel tempo ci sembrò straordinaria.


Sette gruppi linguistici informavano ogni giorno i cronisti su quanto accadeva nell'aula. Nel gruppo italiano, composto dal vescovo di Livorno monsignor Pangrazio (ossia da un «padre conciliare»), dal teologo Sartori e da padre Tucci de La Civiltà cattolica (oggi cardinale) si lavorò con rispetto delle esigenze di ciascuno, a cominciare dalla pubblica opinione. E si dette, mi sembra, un'informazione completa e corretta.


Resta, nella memoria, la sola occasione che consentì anche ai cronisti di entrare nell'aula conciliare. Il ritorno di Paolo VI dal viaggio a New York per portare alle Nazioni Unite il messaggio di fondo «mai più la guerra». L'esile Papa Montini che attraversa a piedi la navata della Basilica fra gli applausi. L'impegno preso. «Avendo noi parlato della pace alle Nazioni Unite, l'intera Chiesa si è impegnata ad essere operatrice di pace perché la parola data impegna...».


Il discorso del Papa all'Onu viene inserito fra gli atti del Concilio. Quasi a preludio del lungo pontificato di Giovanni Paolo II che, portando i nomi del Papa che ha indetto il Concilio (Giovanni) e del Papa che l'ha concluso (Paolo), ha portato anche a compimento, a cominciare dall'impegno a operare per la pace, tante «utopie» della straordinaria stagione conciliare.


E c'era, in quel tempo, anche un giovane consulente ed esperto che accompagnava il cardinale Frings il quale aveva dato inizio, rifiutando gli schemi e documenti prefissati, al dialogo della Chiesa e nella Chiesa.

Quel giovane teologo si chiamava Joseph Ratzinger. Benedetto XVI.


**********************

                                 

Benedetto XVI rilegge il Concilio Vaticano II. E questa è la prefazione
A quarant’anni da quell’evento, il presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, Walter Brandmüller, fa chiarezza sulla sua storia. E l’8 dicembre il papa tira le somme

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana dell'Angelus oggi, Festa dell'Immacolata sempre Vergine, Maria:




Cari fratelli e sorelle!

Celebriamo oggi la solennità dell’Immacolata Concezione. E’ un giorno di intenso gaudio spirituale, nel quale contempliamo la Vergine Maria, "umile e alta più che creatura / termine fisso d’eterno consiglio", come canta il sommo poeta Dante (Par., XXXIII, 3). In Lei rifulge l’eterna bontà del Creatore che, nel suo disegno di salvezza, l’ha prescelta per essere madre del suo unigenito Figlio, e, in previsione della morte di Lui, l’ha preservata da ogni macchia di peccato (cfr Orazione colletta). Così, nella Madre di Cristo e Madre nostra si è realizzata perfettamente la vocazione di ogni essere umano. Tutti gli uomini, ricorda l’apostolo Paolo, sono chiamati ad essere santi e immacolati al cospetto di Dio nell’amore (cfr Ef 1,4). Guardando alla Madonna, come non lasciar ridestare in noi, suoi figli, l’aspirazione alla bellezza, alla bontà, alla purezza del cuore? Il suo celeste candore ci attira verso Dio, aiutandoci a superare la tentazione di una vita mediocre, fatta di compromessi con il male, per orientarci decisamente verso l’autentico bene, che è sorgente di gioia.

Quest’oggi il mio pensiero va all’8 dicembre del 1965, quando il Servo di Dio Paolo VI chiuse solennemente il Concilio Ecumenico Vaticano II, l’evento ecclesiale più grande del secolo ventesimo, che il beato Giovanni XXIII aveva iniziato tre anni prima. Tra l’esultanza di numerosi fedeli in Piazza San Pietro, Paolo VI affidò l’attuazione dei documenti conciliari alla Vergine Maria, invocandola col dolce titolo di Madre della Chiesa. Presiedendo questa mattina una solenne Celebrazione eucaristica nella Basilica Vaticana, ho voluto rendere grazie a Dio per il dono del Concilio Vaticano II. Ho voluto, inoltre, rendere lode a Maria Santissima per aver accompagnato questi quarant’anni di vita ecclesiale ricchi di tanti eventi. In modo speciale, Maria ha vegliato con materna premura sul pontificato dei miei venerati Predecessori, ognuno dei quali, con grande saggezza pastorale, ha guidato la barca di Pietro sulla rotta dell’autentico rinnovamento conciliare, lavorando incessantemente per la fedele interpretazione ed attuazione del Concilio Vaticano II.

Cari fratelli e sorelle, a coronamento dell’odierna giornata tutta dedicata alla Vergine Santa, seguendo un’antica tradizione nel pomeriggio mi recherò a Piazza di Spagna, ai piedi della statua dell’Immacolata. Vi chiedo di unirvi spiritualmente a me in questo pellegrinaggio, che vuole essere un atto di filiale devozione a Maria, per affidarLe l’amata città di Roma, la Chiesa e l’intera umanità.

***************************

Romani 15:14 - Ora, fratelli miei, io stesso sono persuaso a vostro riguardo, che anche voi siete pieni di bontà, ripieni d’ogni conoscenza, capaci anche di ammonirvi gli uni gli altri.


1° Tessalonicesi 5:14 - Ora, fratelli, vi esortiamo ad ammonire i disordinati, a confortare gli scoraggiati, a sostenere i deboli e ad essere pazienti verso tutti.

Verso 17b... e se rifiuta anche di ascoltare la chiesa.
chiaro no??

2 Tess. 3:6 - Ora, fratelli, vi ordiniamo nel nome del Signor nostro Gesù Cristo, che vi ritiriate da ogni fratello che cammini disordinatamente e non secondo l’insegnamento che avete ricevuto da noi. 14-15 E se qualcuno non ubbidisce a quanto diciamo in questa epistola, notate quel tale e non vi associate a lui, affinché si vergogni. Non tenetelo però come un nemico, ma ammonitelo come fratello.


Voglio farvi notare che l'ammonizione verso i disordinati era stata già comandata da Paolo ai Tessalonicesi nella prima lettera:

"vi esortiamo ad ammonire i disordinati" ma dopo una prima ammonizione allora bisogna agire con una severità maggiore.

Romani 16:17-18 - Or io vi esorto, fratelli, a guardarvi da quelli che fomentano le divisioni e gli scandali contro la dottrina che avete appreso, e ritiratevi da loro; costoro infatti non servono il nostro Signore Gesù Cristo ma il proprio ventre, (cioè il loro proprio interesse) e con dolce e lusinghevole parlare seducono i cuori dei semplici.

Scrive Giovanni Paolo II nella:

ESORTAZIONE APOSTOLICA
CATECHESI TRADENDAE

VIII.

LA GIOIA DELLA FEDE IN UN MONDO DIFFICILE


Affermare l'identità cristiana

56. Noi viviamo in un mondo difficile, nel quale l'angoscia derivante dal vedere le migliori realizzazioni dell'uomo sfuggirgli di mano e rivoltarsi contro di lui, crea un clima d'incertezza. E' appunto entro questo mondo che la catechesi deve aiutare i cristiani ad essere, per la loro gioia e per il servizio di tutti, «luce» e «sale». Ciò esige sicuramente che essa li rafforzi nella loro propria identità e che si sottragga essa stessa di continuo all'ambiente di esitazioni, di incertezze e di svigorimento. Fra le molte difficoltà, che sono altrettante sfide per la fede, io ne rilevo soltanto qualcuna per aiutare la catechesi a superarle.

In un mondo indifferente

57. Si parlava molto, qualche anno fa, di mondo secolarizzato e di èra post-cristiana. Le mode passano...; resta, però, una realtà profonda. I cristiani di oggi debbono essere formati per vivere in un mondo che per larga parte ignora Dio o che, in materia religiosa, al posto di un dialogo esigente e fraterno, stimolante per tutti, decade troppo spesso in un indifferentismo livellatore, quando non resta arroccato in un atteggiamento sprezzante di «sospetto», in nome dei suoi progressi in materia di «spiegazioni» scientifiche. Per riuscire a «tenere» in questo mondo, per offrire a tutti un «dialogo di salvezza», nel quale ciascuno si senta rispettato nella sua dignità veramente fondamentale, quella di ricercatore di Dio, noi abbiamo bisogno di una catechesi che insegni ai giovani ed agli adulti delle nostre comunità ad essere lucidi e coerenti nella loro fede, ad affermare con serenità la loro identità cristiana e cattolica, a «vedere l'invisibile» e ad aderire così fortemente all'assoluto di Dio, da poterlo testimoniare entro una civiltà materialista, che lo nega.

Con la pedagogia originale della fede

58. L'irriducibile originalità dell'identità cristiana ha per corollario e condizione una non meno originale pedagogia della fede. Tra le numerose e prestigiose scienze umane, che registrano ai nostri giorni un immenso progresso, la pedagogia è senza dubbio una delle più importanti. Le conquiste delle altre scienze - biologia, psicologia, sociologia - le offrono elementi preziosi. La scienza dell'educazione e l'arte dell'insegnare sono oggetto di continue rimesse in discussione, in vista di un migliore adattamento o di una più grande efficacia, con risultati peraltro diversi.

Ora, vi è anche una pedagogia della fede, e non si parlerà mai abbastanza di quel che una tale pedagogia della fede può arrecare alla catechesi. E' normale, infatti, adattare in favore dell'educazione della fede le tecniche sperimentate e perfezionate dell'educazione in quanto tale. Occorre, tuttavia, tener conto in ogni istante della fondamentale originalità della fede. Quando si parla della pedagogia della fede, non si tratta di trasmettere un sapere umano, anche se il più elevato; si tratta di comunicare nella sua integrità la rivelazione di Dio. Dio medesimo, nel corso della storia sacra e soprattutto nel vangelo, si è servito di una pedagogia, che deve restare come modello per la pedagogia della fede. Una tecnica non ha valore, nella catechesi, se non nella misura in cui si pone al servizio della trasmissione della fede e dell'educazione alla fede; in caso contrario non ha alcun valore.

Linguaggio adatto al servizio del «Credo»

59. Un problema che si avvicina al precedente è quello del linguaggio. Ognuno sa quanto tale questione sia scottante al giorno d'oggi. Non è pure paradossale constatare come gli studi contemporanei, nel campo della comunicazione, della semantica e della scienza dei simboli, per esempio, diano una notevole importanza al linguaggio, e come d'altronde il linguaggio sia oggigiorno utilizzato abusivamente al servizio della mistificazione ideologica, della massificazione del pensiero, della riduzione dell'uomo alla condizione di oggetto?

Tutto ciò esercita influssi notevoli nel campo della catechesi. Ad essa incombe, infatti, il preciso dovere di trovare un linguaggio adatto ai fanciulli ed ai giovani del nostro tempo in generale, come a numerose altre categorie di persone: linguaggio per gli intellettuali, per gli uomini di scienza; linguaggio per gli handicappati ecc. Sant'Agostino aveva già incontrato un tale problema ed aveva contribuito a risolverlo, per il suo tempo, con la nota opera De catechizandis radibus. In catechesi come in teologia, la questione del linguaggio senza alcun dubbio, fondamentale. Ma non è superfluo ricordarlo qui: la catechesi non potrebbe ammettere alcun linguaggio che, sotto qualsiasi pretesto, anche se presentato come scientifico, avesse come risultato quello di snaturare il contenuto del Credo. E meno ancora conviene un linguaggio che inganni o che seduca. La legge suprema è, al contrario, che i grandi progressi nella scienza del linguaggio debbono poter essere messi al servizio della catechesi, perchè essa possa più agevolmente «dire» o «comunicare» ai fanciulli, agli adolescenti, ai giovani e agli adulti di oggi tutto il contenuto dottrinale, senza alcuna deformazione.

Ricerca e certezza di fede

60. Una sfida più sottile deriva a volte dalla concezione stessa della fede. Talune scuole filosofiche contemporanee, che sembrano esercitare una forte influenza su alcune correnti teologiche e, per loro tramite, sulla prassi pastorale, sottolineano volentieri che l'atteggiamento fondamentale dell'uomo è quello di una ricerca all'infinito, una ricerca che non raggiunge mai il suo oggetto. In teologia questa visione delle cose afferma molto categoricamente che la fede non è una certezza, ma un interrogativo, che non è una chiarezza, ma un salto nel buio!

Queste correnti di pensiero hanno certamente il vantaggio di ricordarci che la fede riguarda cose che non sono ancora possedute, perchè sono sperate, cose che non si vedono ancora se non «in uno specchio, in maniera confusa», e che Dio abita sempre in una luce inaccessibile. Esse ci aiutano a non fare della fede cristiana un atteggiamento di immobilismo, ma piuttosto una marcia in avanti, come quella di Abramo. A più forte ragione si deve evitare di presentare come certe le cose che non lo sono.

Tuttavia, non bisogna cadere - come avviene molto spesso - nell'eccesso opposto. La Lettera agli ebrei dice che «la fede è il fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono». Se noi non ne abbiamo il pieno possesso, ne abbiamo una garanzia ed una prova. Quando noi educhiamo i fanciulli, gli adolescenti ed i giovani, non presentiamo loro un concetto della fede del tutto negativo - come un non-sapere assoluto, una sorta di cecità, un mondo di tenebre -, ma sforziamoci di mostrar loro che la ricerca umile e coraggiosa del credente, lungi dal partire dal nulla, da semplici illusioni, da opinioni fallibili, da incertezze, si fonda sulla parola di Dio, il quale nè si inganna nè inganna, e si edifica di continuo sulla roccia incrollabile di tale Parola. E' la ricerca dei magi al seguito di una stella, ricerca in ordine alla quale Pascal, riprendendo un pensiero di sant'Agostino, scriveva in termini così profondi: «Tu non mi cercheresti, se non mi avessi già trovato».

E', altresì, uno scopo della catechesi quello di offrire ai giovani catecumeni quelle certezze, semplici, ma solide, che li aiutino a cercare di più e meglio la conoscenza del Signore.

Catechesi e teologia

61. In questo contesto, mi sembra importante che sia ben compreso il legame che c'è tra la catechesi e la teologia.

Questo legame appare con ogni evidenza profondo e vitale a chi comprende la missione insostituibile della teologia a servizio della fede. Non c'è da meravigliarsi, pertanto, che ogni scossa nel campo teologico provochi ugualmente ripercussioni sul terreno della catechesi. Ora la chiesa, in questo immediato post-concilio, vive un momento importante, ma rischioso, della ricerca teologica.
Alcuni padri sinodali, venuti da tutti i continenti hanno affrontato tale questione con un linguaggio molto netto: essi hanno parlato di un «equilibrio instabile», che dalla teologia rischia di passare alla catechesi, ed hanno, altresì, sottolineato la necessità di apportare un rimedio a tale inconveniente. Il pontefice Paolo VI aveva anch'egli affrontato il problema in termini non meno netti nell'introduzione alla sua Solenne professione di fede, e nell'esortazione apostolica che ricordava il quinto anniversario della chiusura del concilio Vaticano II.

Conviene insistere nuovamente su questo punto. Consapevoli dell'influsso delle loro ricerche e delle loro affermazioni sull'insegnamento catechetico, i teologi e gli esegeti hanno il dovere di stare molto attenti a non far passare come verità certe ciò che appartiene, al contrario, all'àmbito delle questioni opinabili o della disputa tra esperti. I catechisti avranno, a lor volta, la saggezza di cogliere nel campo della ricerca teologica ciò che può illuminare la loro riflessione ed il loro insegnamento, attingendo come i teologi stessi alle vere fonti, nella luce del magistero. Si asterranno dal turbare l'animo dei fanciulli e dei giovani, a questo stadio della loro catechesi, con teorie peregrine, con vari problemi e con sterili discussioni, spesso condannate da san Paolo nelle sue «Lettere Pastorali».

Il dono più prezioso, che la chiesa possa offrire al mondo contemporaneo, disorientato ed inquieto, è di formare in esso cristiani sicuri nell'essenziale ed umilmente lieti nello loro fede. La catechesi questo insegnerà loro, e ne trarrà vantaggio essa stessa per prima: «L'uomo che vuol comprendere se stesso fino in fondo - non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere - deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli deve, per così dire, entrare in lui con tutto se stesso, deve «appropriarsi» ed assimilare tutta la realtà dell'incarnazione e della rendenzione per ritrovare se stesso».

__________________________________________________

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 18:03. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com