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L'episcopato in Canada esorta i politici a riflettere sulle conseguenze della legge sull'eutanasia

Ultimo Aggiornamento: 02/10/2009 11:22
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30/09/2009 19:26

Lettera ai membri del parlamento

L'episcopato in Canada esorta i politici a riflettere sulle conseguenze della legge sull'eutanasia


Toronto, 30. Il presidente della Conferenza episcopale del Canada, monsignor Vernon James Weisberger, arcivescovo di Winnipeg, ha inviato una lettera in cui invita i membri del parlamento e il popolo canadese a riflettere sulle possibili conseguenze della legge C-384 che mira a legalizzare l'eutanasia e il suicidio assistito nel Paese. Quelli che desiderano riaprire questo dibattito - si legge nella lettera - sono senza dubbio preoccupati per le sofferenze degli altri. Un senso della compassione frainteso li ha spinti a praticare l'eutanasia sulle persone più vulnerabili, invece di fornire loro un'assistenza adeguata, un efficace controllo del dolore, un sostegno sociale, emotivo e spirituale fino alla morte naturale. È sempre importante - prosegue la lettera - essere più chiari possibile sulle intenzioni e le conseguenze quando riflettiamo sugli atti umani, in modo da assicurare il bene e limitare eventuali danni alle persone direttamente coinvolte e anche all'intera comunità. Purtroppo, alcuni termini proposti per questa discussione sono ingannevoli e poco chiari. Dal punto di vista dei cattolici - sottolinea il presidente della Conferenza episcopale canadese - l'uso dei farmaci e di altri mezzi per alleviare le sofferenze è legittimo anche se possono avere come effetti collaterali la riduzione di speranza di vita. È anche legittimo che qualcuno rifiuti le cure mediche considerate particolarmente gravose. Ma ciò che non potrà mai essere accettato è l'uccisione diretta e intenzionale delle persone depresse, dei disabili, dei malati terminali, delle persone anziane e dei morenti. È difficile vedere come una legislazione legalizzi l'eutanasia e il suicidio assistito e possa al tempo stesso proteggere le persone più vulnerabili della nostra società.

L'arcivescovo si domanda:  "Quale fiducia, quale certezza possono avere queste persone affinché le loro vite vengano poi effettivamente protette dagli operatori sanitari, dalla famiglia, dagli amici e dalla società nel suo insieme?".
L'eutanasia e il suicidio assistito, per loro stessa natura, significano che non vi è più il dovere di proteggere la vita altrui. Esiste anche il timore ben fondato - si legge ancora nella lettera - che l'eutanasia e il suicidio assistito possano essere imposti alle persone come un modo per risparmiare sui costi della sanità e ridurre le richieste di assistenza. Inevitabilmente, il risultato sarebbe quello di una società sempre più frammentata i cui membri vivranno un'ansia e un isolamento sempre maggiori.

I vescovi canadesi, pertanto, invitano i membri del parlamento, rappresentanti della Camera dei comuni, nonché del Senato, "a utilizzare nei loro dibattiti termini e definizioni più chiari e di prendere in considerazione l'impatto che tale normativa avrebbe sulla vita delle persone e sull'intera comunità. I canadesi andrebbero informati meglio su questi importanti temi e occorrerebbe promuovere anziché l'eutanasia e il suicidio assistito, cure palliative e l'assistenza domiciliare per aiutare le persone in difficoltà e le famiglie. Invitiamo i cattolici, i nostri fratelli e le nostre sorelle che appartengono ad altre comunità cristiane o ad altre fedi, e tutti coloro che apprezzano la bellezza e la dignità della vita - concludono i vescovi - a impegnarsi in questo dibattito civilmente e rispettosamente, al fine di testimoniare profondo rispetto della dignità di ogni vita umana".



(©L'Osservatore Romano - 1 ottobre 2009)
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I Vescovi canadesi e le conseguenze della legalizzazione dell'eutanasia

Lettera della Conferenza Episcopale del Canada ai parlamentari



di Nieves San Martín


TORONTO, giovedì, 1° ottobre 2009 (ZENIT.org).-

Il presidente della Conferenza Episcopale del Canada (CECC), monsignor Vernon James Weisberger, Arcivescovo di Winnipeg, ha inviato una lettera in cui invita i membri del Parlamento e il popolo canadese a riflettere sulle possibili conseguenze della legge C-384, il cui obiettivo è legalizzare l'eutanasia e il suicidio assistito nel Paese.

Pur sottolineando che chi vuole riaprire questo dibattito è motivato dalla preoccupazione di fronte alla sofferenza altrui, il presidente della CECC mette in dubbio le ragioni di queste persone, spiega la pagina web della Conferenza Episcopale.

“Un'inaccettabile interpretazione della comprensione le porta a proporre che si esegua l'eutanasia sui più vulnerabili anziché assicurare loro, fino alla morte naturale, le cure appropriate, un controllo efficace del dolore e un sostegno sociale, affettivo e spirituale”.

Basandosi sugli insegnamenti del Catechismo della Chiesa Cattolica, monsignor Weisgerber ricorda che è legittimo ricorrere ai medicinali e ad altri mezzi per alleviare la sofferenza, anche se l'effetto secondario è accorciare la vita. Ad ogni modo, aggiunge, “ciò che non è mai accettabile è uccidere in modo diretto e intenzionale le persone handicappate, malate, anziane o moribonde”.

L'Arcivescovo non vede come una legge che autorizza l'eutanasia e il suicidio assistito possa difendere le fasce più deboli della società.

In accordo con i Vescovi cattolici del Canada, il presidente della Conferenza Episcopale invita i membri del Parlamento canadese – deputati e senatori – a ricorrere a definizioni chiare nei dibattiti che si annunciano e a fare attenzione al profondo impatto che l'adozione di questa legge avrà sulla vita degli individui e di tutta la comunità.

Invita anche tutti i canadesi a informarsi meglio sull'eutanasia e sul suicidio assistito e a promuovere al posto di questi le cure palliative e l'assistenza domiciliare, per aiutare le persone che ne hanno bisogno e chi si occupa di loro.

Allo stesso modo, esorta i cattolici e i fratelli delle comunità cristiane o di altre religioni, e tutti coloro che apprezzano la bellezza e la dignità inerenti alla vita, a impegnarsi in questo dibattito con cortesia e rispetto per testimoniare una profonda reverenza per ogni vita umana.


[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]
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