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Viaggio Apostolico di Sua Santità Benedetto XVI a Cipro 4-6 giugno 2010

Ultimo Aggiornamento: 11/06/2010 21:46
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Il Papa visiterà Cipro nel giugno 2010 (Asca)

PAPA: SI RECHERA' IN VISITA A CIPRO NEL GIUGNO 2010

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 1 ott - Papa Benedetto XVI visitera' Cipro nel giugno 2010. Lo annuncia oggi con un comunicato il presidente cipriota, Demetris Christofias, che aveva invitato il pontefice in occasione della sua visita in Vaticano il 27 marzo 2009. In un comunicato, il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, il Custode di Terra Santa, p. Pierbattista Pizzaballa, e l'arcivescovo maronita di Cipro, mons. Josef Souaef confermano ''con grande piacere'' la notizia.

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[cipro.png] 

Benedetto XVI a Cipro nel giugno 2010. L’annuncio del governo di Nicosia, la gioia della Chiesa locale

Il governo cipriota ha annunciato stamani che Benedetto XVI ha accettato di visitare Cipro.
L’invito era stato rivolto al Papa dalla Chiesa locale e dal presidente della Repubblica di Cipro, Demetris Christofias, durante la sua visita in Vaticano lo scorso 27 marzo.
La visita di Benedetto XVI dovrebbe svolgersi all’inizio di giugno 2010. Anche la Chiesa locale, nelle persone del Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, e dell’arcivescovo maronita di Cipro, Josef Souaef, insieme al Custode di Terrasanta, padre Pierbattista Pizzaballa, ha espresso la sua gioia per la prossima visita del Papa.

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22/05/2010 11:58

PAPA A CIPRO: MONS. SOUEIF (MARONITA), “RAFFORZERA' LA SOCIETA' CIPRIOTA”

“Diamo un caldo benvenuto al Papa. Viviamo il suo arrivo in profondità. Egli è uomo di dialogo, di pace e di giustizia. La visita nella nostra isola rafforzerà tutti questi valori di cui la nostra società ha bisogno”. A circa due settimane dal viaggio apostolico di Benedetto XVI a Cipro (4-6 giugno) a lanciare questo appello è l’arcivescovo maronita di Cipro, Youssef Soueif, che della visita è il coordinatore generale per la comunità cattolica cipriota. Oggi dalle colonne di “O Typos ton Maroniton” l’arcivescovo fa il punto sui preparativi: “c’è molta attesa e siamo entusiasti di accogliere il Papa. Nella preparazione abbiamo coinvolto direttamente le parrocchie in ogni sua componente. Siamo davanti ad un evento storico. Per tre giorni Cipro sarà sulle prime pagine dei giornali e dei notiziari di tutto il mondo e ciò rappresenta un gran beneficio”.
Tutto, dunque, sembra essere pronto, anche se “serve aiuto soprattutto nel settore giovani. Abbiamo bisogno di giovani che possano aiutare coloro che giungeranno per le celebrazioni”. In questo ambito mons. Soueif fa delle previsioni: “attendiamo dalle 5 alle 6 mila persone alla scuola elementare di St. Maron di Nicosia(5 giugno), 6500 all’interno del palazzo dello Sport Elefteria di Nicosia (6 giugno) e molte altre migliaia all’esterno seguiranno dai maxi schermi. 3-4 mila saranno alla cerimonia ecumenica nell’area archeologica della Chiesa di Agia Kiriaki Chrysopolitissa di Paphos (4 giugno)”. Analogo appello all’accoglienza è stato lanciato anche dalla Chiesa ortodossa cipriota: “è un segno di amore - afferma mons. Soueif – e di fratellanza”, una risposta ad alcuni articoli negativi relativi alla visita papale apparsi nei giorni scorsi su organi di stampa e su poster affissi sui muri. “In questa visita – conclude l’arcivescovo maronita – porteremo la nostra lunga esperienza di multiculturalismo mostrando come si possa vivere insieme, cattolici, ortodossi e musulmani, nonostante le differenze religiose”.

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04/06/2010 14:35

Cipro e le rotte marine del primo cristianesimo

L'isola di Barnaba


di Fabrizio Bisconti


I cristiani, ancora in età apostolica, in seguito alla persecuzione seguita al martirio di Stefano, si rifugiarono nell'isola di Cipro, dove era una fiorente comunità giudaica (Flavio Giuseppe, Antiquitates Judaicae, 16, 129). Da Cipro proveniva Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Barnaba, che significa "figlio dell'esortazione", un levita giudeo ed ellenista, appartenente alla famiglia della tribù di Levi, il quale appare, per la prima volta, nello scenario movimentato descritto dagli Atti degli Apostoli (4, 36), in quanto padrone di un campo, che vendette per donare il ricavato agli apostoli.
Le prime gesta di Barnaba sono legate a Paolo, il quale fu accreditato presso gli apostoli, che in un primo tempo lo temevano, proprio dal levita di Cipro, che prese con sé l'apostolo delle genti e lo presentò alla comunità di Gerusalemme, raccontando come, durante il viaggio, che avevano fatto insieme, il Signore gli aveva parlato, come era successo sulla via di Damasco (Atti, 9, 26-27).
Nel primo viaggio missionario, che deve essersi svolto tra il 44 e il 49, Barnaba, in compagnia di Paolo e di Marco, evangelizza proprio l'isola di Cipro, percorrendola da Salamina a Paphos, dove risiedeva il proconsole Sergio Paolo, alla cui presenza si svolse una disputa, narrata dettagliatamente dagli Atti degli Apostoli:  "Giunti a Salamina, cominciarono ad annunziare la parola di Dio nelle sinagoghe dei giudei, avendo con loro anche Giovanni come aiutante. Attraversata tutta l'isola fino a Paphos, vi trovarono un tale mago e falso profeta giudeo di nome Bar-Jesus, al seguito del proconsole Sergio Paolo, persona assai saggia, che aveva fatto chiamare a sé Barnaba e Saulo e desiderava ascoltare la parola di Dio. Ma Elimas, il mago - ciò, infatti, significa il suo nome - faceva loro opposizione, cercando di distogliere il proconsole dalla fede. Allora Saulo fissò gli occhi su di lui e disse:  "O uomo pieno di ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, quando cesserai di sconvolgere le vie diritte del Signore? Ecco, la mano del Signore è sopra di te:  sarai cieco e per un certo tempo non vedrai il sole". Di colpo piombarono su di lui oscurità e tenebre e, brancolando, cercava chi lo guidasse per mano. Quando vide l'accaduto il proconsole credette" (Atti, 13, 4-12).
In occasione del secondo viaggio paolino, che si svolse tra il 49 e il 52, Barnaba espresse il desiderio di farsi accompagnare da Giovanni Marco, contro il parere di Paolo. Fu così che Barnaba si separò da Paolo, imbarcandosi per Cipro insieme al cugino (Atti, 15, 37). Il distacco deve forse essere legato al cosiddetto "incidente di Antiochia" (Galati, 2, 11-13), da riferire al delicato problema dell'osservanza della circoncisione.
 Dopo queste rapide notizie relative all'età apostolica, le certezze storiche diventano più rare, anche se pare probabile che, al tempo di Diocleziano, alcuni cristiani palestinesi furono esiliati a Cipro, mentre è sicuro che i vescovi Cirillo di Paphos, Gelasio di Salamina e Spiridione di Tremithos parteciparono al primo concilio di Nicea del 325. Anche se, quasi vent'anni dopo, al concilio di Sardica, il numero dei vescovi ciprioti sale a dodici, il paganesimo è ancora molto vivace nell'isola, come dimostrano i rinvenimenti archeologici effettuati a Paphos, relativi ad abitazioni riferibili al pieno quarto secolo, con decorazioni pavimentali musive , che accolgono i miti di Dioniso, Apollo, Marsia, Teti e Peleo.
Il presunto passaggio per Cipro di Elena, che tornava dalla Terra Santa, sembra aver innescato un processo di cristianizzazione dell'isola, che, secondo gli studiosi, dovette manifestarsi con la costruzione di un discreto numero di chiese, che si incrementerà per la presenza del vescovo Epifanio di Salamina, che, nel 403, fu sepolto in una basilica ancora incompiuta, con il permesso dell'imperatore Arcadio. La basilica era organizzata in sette navate, munita di atrio ed era lunga oltre sessanta metri; l'arredo, che comportava colonne e capitelli finemente lavorati, fu eseguito in loco da maestranze autoctone e in pietra locale.
Ma la basilica più importante, forse concepita ancora nel quarto secolo, ma definita nel corso del quinto, è quella di Santa Ciriaca Chrysopolitissa a Paphos, che dovette rivestire il ruolo di cattedrale. Anche questo monumentale edificio di culto - dove si fermerà in preghiera il Papa - si sviluppava in sette navate, anche se oggi è stata molto ridimensionata. Gli archeologi e i visitatori possono ancora ammirare i molti materiali dell'arredo liturgico del sontuoso edificio di culto e, segnatamente, le colonne in granito, i capitelli corinzi in marmo, la pavimentazione musiva, che presenta motivi geometrici e zoomorfi, tra i quali emerge il tema battesimale dei cervi al fonte, in riferimento al salmo 42, ma anche un tralcio di vite, commentato dalle parole del vangelo di Giovanni, che recita:  "Io sono la vera vite" (15, 1).
Tra il quinto e il sesto secolo fu costruito un importante complesso basilicale a Kourion:  si tratta di una chiesa a tre navate, fornita di catechumèneia, diakònikon e palazzo episcopale. La basilica presenta un pavimento in mosaico e in opus sectile, mentre della decorazione parietale rimangono piccoli frammenti musivi relativi a una teoria di santi e di angeli. Il complesso comprendeva anche un battistero monumentale a pianta basilicale, sontuosamente decorato con transenne e plutei marmorei.
L'isola - come si diceva - è costellata di chiese paleocristiane e bizantine:  da quella dell'acropoli di Amanthous a quella di Campanopetra a Salamina; da quella di Ayios Yeoryos a Peja presso Paphos a quella di Panaya Angeloktisos a Kiti, che mantiene ancora il mosaico parietale con Maria e il Cristo tra due arcangeli.
Nei musei dell'isola si conservano anche molti materiali archeologici provenienti dai diversi siti paleocristiani, a cominciare da un frammento del bordo di una mensa marmorea istoriata con il sacrificio di Isacco e riferibile a una bottega costantinopolitana attiva in età teodosiana. Preziosissimi risultano gli undici piatti argentei, con marchi che li datano al 613 e al 630, decorati a rilievo con scene ispirate alla vita di Davide.
Tutti questi materiali, ma anche un cospicuo numero di lucerne e di altro vasellame ceramico tardoantico dimostrano il ruolo dell'isola come crocevia di culture, religioni, genti e traffici mercantili. L'incontro delle culture permise, comunque, al cristianesimo di innestarsi naturalmente in un sostrato sociale composito, ma aperto ad accogliere la nuova religione, che produsse un sistema di evangelizzazione precoce, che risale - come abbiamo rilevato in apertura - all'età apostolica, ma che cresce e si sviluppa tra il quarto e il quinto secolo, trovando il suo apice in età bizantina, quando l'isola diverrà una vera e propria nebulosa di edifici basilicali complessi, sontuosamente decorati, estremamente articolati, denunciando l'attività e la presenza di una committenza ecclesiastica e privata elevatissima, sia dal punto di vista culturale, sia per quanto attiene il livello del potenziale economico.


(©L'Osservatore Romano - 3 giugno 2010)
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04/06/2010 14:37

Le attese della popolazione di Cipro nell'intervista al nunzio apostolico Antonio Franco

Dalla visita del Papa un valore aggiunto nel cammino verso la pace


di Mario Ponzi

Un valore aggiunto nel cammino verso la pace nella vasta regione mediorientale. Così l'arcivescovo Antonio Franco, nunzio apostolico a Cipro, ha definito il prossimo viaggio di Benedetto XVI nell'isola mediterranea. Nell'intervista rilasciata al nostro giornale il rappresentante pontificio si sofferma su quelle che, a suo parere, saranno le linee direttrici lungo le quali si svilupperà la visita. Il Papa "sarà missionario sulle orme dell'apostolo Paolo e di san Barnaba"; "promotore di un nuovo slancio per la ripresa e la positiva conclusione del processo di pace e di riunificazione dell'isola", divisa dal 1974; "testimone della validità del dialogo ecumenico"; "conforto per le due eroiche comunità cattoliche di Cipro"; "faro sul cammino sinodale verso l'assemblea speciale per il Medio Oriente".

 Benedetto XVI si reca a Cipro. Difficilmente però l'attenzione sarà contenuta nei confini dell'isola. Dopo Turchia, Giordania, Israele e Territori Palestinesi questo viaggio assume un significato emblematico dell'attenzione con la quale il Papa segue lo sviluppo della questione medio orientale, nelle sue diverse sfaccettature.

Non vi è dubbio che sia una concreta chiave di lettura. Cipro rappresenta, nel suo piccolo, la problematica che scuote il Medio Oriente:  dalla convivenza di religioni diverse, al confronto con l'islam, alle contese territoriali. Il Papa non può certo obbligare nessuno, tanto meno pretende di risolvere annosi problemi politici. Certamente la sua sola presenza potrà servire da stimolo per un rinnovato impegno comune. È quello che si augurano un po'tutti, anche se per motivi diversi.

Diversi in che cosa?

I motivi degli uni riguardano per esempio il ripristino dell'unità territoriale dell'isola, con tutto ciò che ne consegue:  dalla possibilità di circolare liberamente, a un rinnovato incremento turistico, visto l'alto valore archeologico del nord del Paese. I motivi degli altri sono forse più legati alla realizzazione di programmi politici di più ampio respiro, per esempio in un'ottica europeistica. Comunque non è nelle possibilità del Papa risolvere le situazioni, lo ripeto. C'è già l'Organizzazione delle Nazioni Unite che sta lavorando molto e bene per una composizione della controversia. Dunque si deve solo attendere che la buona volontà abbia il sopravvento. Senza dubbio è di buon auspicio il fatto che nei giorni della vigilia dell'arrivo del Pontefice a Cipro, dopo quasi due mesi di sospensione si è riaperto il negoziato tra le parti contendenti - esattamente il 26 maggio - e un accordo sembra finalmente più vicino.

Dal punto di vista ecumenico quale sarà l'impatto di questa visita?

Naturalmente non ci aspettiamo nulla nell'immediato. Ma devo dire che i suoi effetti la visita li ha già avuti in questi giorni, cioè ancora prima che inizi. L'arcivescovo ortodosso Chrysostomos ii ha espresso più volte soddisfazione e si è molto adoperato per far sopire sul nascere ombre di possibili contestazioni estremiste. Ha cercato ripetutamente di far capire il senso profondo di questo viaggio che, sebbene non sia dovuto o ispirato esclusivamente da motivazioni di carattere ecumenico, certamente porterà frutti anche per lo sviluppo futuro del dialogo. C'è da considerare anche la particolarità del Medio Oriente, vitalizzato dalla presenza di Chiese orientali sui iuris:  melchita, siriaca, maronita, copta, armena e caldea. Si tratta di Chiese che se da una parte hanno bisogno di vivere i loro particolarismi liturgici, linguistici e pastorali dall'altra hanno bisogno di sentirsi in comunione tra loro. Qualche problema in questo senso si è avvertito negli ultimi anni. Un p0' meno a Cipro, dove vivono solo tre piccole comunità di cattolici latini, maroniti e armeni. Ritengo provvidenziale la visita del Papa proprio come elemento visibile di quella comunione che cercano. Sul piano più squisitamente ecumenico ci si aspetta un ulteriore elemento di speranza nel rapporto con la Chiesa greco-ortodossa. Ma i frutti, lo ripeto, li coglieremo ben dopo la visita del Papa. A Cipro la Chiesa cattolica è stimata per il suo impegno nel sociale, soprattutto nel campo dell'istruzione.

In quale modo si preparano le comunità cattoliche ad accogliere il Papa?

C'è tanto entusiasmo. Intendiamoci, si tratta di piccole comunità. Per avere un'idea pensi che su una popolazione di 794 mila persone i cattolici sono appena 25 mila. Sono riuniti in un'unica provincia ecclesiastica suddivisa in tredici parrocchie. Due vescovi, dodici sacerdoti diocesani, diciotto sacerdoti religiosi, diciotto religiosi non sacerdoti, oltre quarantadue religiose professe costituiscono la forza che la Chiesa cattolica può mettere in campo in questo momento a Cipro. E purtroppo c'è attualmente un solo seminarista maggiore. Tuttavia questo sparuto gruppo riesce a dirigere diciotto scuole primarie, quattro scuole medie e sei tra orfanotrofi e asili nido. Per un totale di quasi 7 mila studenti. Nell'assistenza sanitaria gestisce direttamente due ospedali, tre ambulatori e un centro per anziani. Proprio sui loro assistiti puntano per offrire al Papa una degna assistenza. Io credo poi che, grazie all'atteggiamento positivo di Sua Beatitudine Chrysostomos ii, anche molti ortodossi si presenteranno all'appuntamento con il Papa. Noi riteniamo per esempio che alla messa presso l'Eleftheria's Stadium di Nicosia parteciperanno oltre ventimila persone. Lo stadio ne contiene solo settemila, dunque altri tredicimila saranno costretti a seguire la messa dall'esterno.

Come mai è stata scelta Paphos per l'arrivo del Pontefice?

Certo sarebbe stato suggestivo accogliere il Papa a Salamina, nella parte nord dell'isola, sorta nel luogo in cui la tradizione vuole che nel 46 approdasse san Paolo, accompagnato dal suo amico san Barnaba, il fondatore della Chiesa a Cipro. Paphos è l'antica capitale romana. È un suggestivo sito archeologico, ricco di testimonianze e di simboli della religiosità. Tra l'altro c'è la famosa colonna alla quale, secondo la tradizione, l'apostolo Paolo fu legato e fustigato.

Che tipo di accoglienza si aspetta?

So che si stanno facendo molti preparativi. Sia il governo sia la Chiesa ortodossa e le comunità cattoliche stanno lavorando a tempo pieno per una degna accoglienza. Io credo che alla fine ci sarà una grande mobilitazione da parte dei ciprioti ai quali sicuramente si aggiungeranno moltissimi fedeli provenienti dalle zone vicine. Alcuni hanno già annunciato la loro partecipazione insieme con i loro vescovi. L'attesa è molto vivace. I ciprioti sono gente aperta. Sono certo che anche gli ortodossi guardano al Papa con stima e simpatia. Tutti sperano che la sua visita porti un vento di pace in uno spirito di perdono e di riconciliazione.


(©L'Osservatore Romano - 3 giugno 2010)
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A colloquio con l'arcivescovo Nikola Eterovic

Le comunità locali nella preparazione del Sinodo


Quaranta pagine suddivise in tre capitoli e quattordici sottotitoli che seguono punto dopo punto lo schema dei Lineamenta, arricchito dalle risposte e dalle proposte richieste ai duecento rappresentanti della comunità ecclesiale del Medio Oriente cui sono stati inviati. È il testo dell'Instrumentum laboris per la celebrazione dell'assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi. Il Papa lo consegnerà domenica prossima, 6 giugno, ai sette patriarchi, ai due presidenti delle Conferenze episcopali cattoliche dell'Iraq e della Turchia in rappresentanza delle Chiese in Medio Oriente, oltreché ai cardinali Kasper, Sandri e Tauran. La consegna avverrà al termine della messa che Benedetto XVI celebrerà a Nicosia nell'ultima giornata del suo viaggio apostolico a Cipro. Ne abbiamo parlato con l'arcivescovo Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei vescovi.

Qual è il significato del nuovo stile inaugurato dal Papa nel consegnare personalmente l'Instrumentum laboris durante i suoi viaggi apostolici?

È un chiaro segno dell'attenzione che egli riserva alla collegialità episcopale, della quale il Sinodo è strumento privilegiato. Ne è il presidente, ne segue in prima persona i preparativi, partecipa attivamente ai lavori. Anche per questo il Sinodo si volge in Vaticano. Il Papa però consegnando l'Instrumentum laboris di volta in volta in Paesi rappresentativi intende dimostrare il suo rispetto per i vescovi di tutto il mondo. È anche un riconoscimento per il fattivo contributo che i vescovi locali hanno dato e danno per la stesura dell'Instrumentum laboris.

Perché è stata scelta l'isola di Cipro per la consegna?

Il Papa è stato in Turchia, in Giordania, in Israele e nei Territori Palestinesi, tutti Paesi estremamente rappresentativi della situazione del Medio Oriente. Avendo convocato l'assemblea speciale ha voluto cogliere l'occasione della programmata visita a Cipro per consegnare l'Instrumentum laboris ai vescovi del Medio Oriente.

A chi sono stati inviati i Lineamenta?

Ne abbiamo spediti circa duecento. Innanzitutto ai rappresentanti delle diverse Chiese cattoliche d'Oriente, alle conferenze episcopali, a molte comunità religiose. Prima di Pasqua avevamo già ricevuto le risposte di tutti. Ci sono stati molti vescovi e molti religiosi che hanno voluto rispondere anche singolarmente. È stato un contributo eccezionale che lascia intuire quanta attesa vi sia per questo evento. Non a caso hanno tutti assicurato la preghiera personale e comunitaria per il buon esito dell'assemblea. È una testimonianza molto importante perché significa che su questa assemblea si concentrerà sicuramente tanta energia positiva. La situazione in questa parte di mondo è molto difficile per i cristiani. I vescovi hanno messo a nudo, nelle loro risposte, i dolori e le sofferenze che segnano la vita delle loro comunità. Questioni che determinano la pesante situazione di instabilità che grava su tutta la regione, per allargarsi poi pericolosamente sul resto del mondo. Si capisce allora sino in fondo l'importanza dell'assemblea convocata da Benedetto XVI. Anche se nessuno si aspetta soluzioni a tutta la questione mediorientale se non altro ne verranno indicazioni alla comunità cattolica, ma certamente possibili per tutti gli uomini di buona volontà.

Dalle risposte è possibile avere un quadro della Chiesa in Medio Oriente?

Una cosa va prima di tutto segnalata. La totalità dei patriarchi, dei vescovi, dei religiosi e delle religiose che hanno risposto concordano sulla felice intuizione del Papa nel proporre per l'assemblea il tema "La Chiesa cattolica nel Medio Oriente:  comunione e testimonianza". Consente, secondo le opinioni espresse, di riflettere su una realtà concreta ma è anche un richiamo alla comunione e alla testimonianza. Due momenti essenziali per la Chiesa in questa parte di mondo. Il Sinodo sarà anche occasione per riflettere insieme sull'effettività della comunione. Si tratta di Chiese sui iuris, cattoliche, dunque in comunione tra di loro e con il Papa, il capo visibile. Dovremo riflettere sull'arricchimento reciproco in uno scambio di doni che porti all'effettiva collaborazione per la promozione del bene comune, coinvolgendo anche le altre Chiese. Quanto alla testimonianza ci auguriamo che dal Sinodo risalti la necessità della presenza cattolica in queste terre d'oriente, come elemento fondamentale per la missione della Chiesa.

Quali sono le situazioni più critiche denunciate?

Ciò che causa maggiori sofferenze è l'emigrazione dei cristiani. È un problema che si ripropone da tanto tempo ma che in questo ultimo periodo sta assumendo dimensioni che non esitiamo a definire drammatiche. Legata a questo fenomeno c'è poi la delicata questione dei rapporti con le altre religioni, islam e ebraismo in particolare. Molte volte i cristiani soffrono per questioni essenziali per la loro vita sociale, spesso oggetto di vere e proprie discriminazioni. Alcuni vescovi per esempio denunciano pressioni esercitate nei confronti di cristiani che chiedono un lavoro:  gli è assicurato solo se accettano di cambiare religione. È una grave forma di proselitismo. Le comunità che si trovano in condizioni di minoranza assoluta corrono così un grave pericolo di sopravvivenza.

I fedeli delle altre Chiese hanno percezione della presenza dei cristiani?

Hanno tutti un'ottima impressione. Li stimano, li apprezzano per il contributo che danno con le loro opere sociali, e il più delle volte non solo non giustificano ma neppure riescono a spiegarsi il perché delle esplosioni di violenza estremista contro i cristiani. Numerose risposte evidenziano discrete manifestazioni di solidarietà in questi casi. Altri informano di tanti gesti di solidarietà accompagnati dall'auspicio del normalizzarsi della situazione per consentire il ritorno di quanti emigrano.

A cosa è dovuto secondo lei?

Credo che in gran parte sia dovuto al fatto che i cristiani rappresentano comunque un elemento di moderazione nel confronto tra gli estremismi ebraici e islamici. Del resto è il messaggio del Vangelo:  "Chiedere perdono e perdonare". Potrebbe essere la soluzione ai tanti problemi che devastano questa area. Per uscire dal circolo vizioso che scuote la regione è necessario rispettare la giustizia, ma bisogna anche essere pronti a perdonare e a chiedere perdono per riconciliarsi e costruire un futuro migliore nel quale ciascuno potrà dare il proprio contributo. Sono convinto che la pace e la stabilità di questa parte di mondo hanno bisogno dell'armonia tra le religioni.

La crisi vissuta in questo periodo dalla Chiesa in Occidente ha avuto riscontri o riflessi nelle risposte pervenute?

Quella nel Medio Oriente è una Chiesa in sofferenza per tanti motivi. Soffre per le persecuzioni, soffre per le discriminazioni, soffre per la continua emorragia di fedeli. È impegnata in un'opera di testimonianza cristiana che comporta anche immensi sacrifici. È in continuo dialogo con le altre religioni per trovare strade comuni che possano condurre alla pace e alla convivenza. Sperimenta la grandezza del Vangelo e resiste fin quando è possibile sino allo stremo. È una Chiesa forte della consapevolezza di dover assicurare la sua presenza affinché la Terra Santa non si riduca semplicemente a un luogo archeologico da visitare per curiosità, ma privo di vita. (mario ponzi)


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Arrivo del Papa a Cipro: il bellissimo servizio di Rome Reports

Clicca qui per visionare la versione inglese e qui per quella spagnola.
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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A CIPRO (E PUBBLICAZIONE DELL’INSTRUMENTUM LABORIS DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI) (4 – 6 GIUGNO 2010)

CERIMONIA DI BENVENUTO ALL’AEROPORTO INTERNAZIONALE DI PAPHOS

All’arrivo all’aeroporto internazionale di Paphos, previsto per le ore 14.00 locali (13.00 ora di Roma), il Santo Padre Benedetto XVI è accolto dal Presidente della Repubblica di Cipro, S.E. il Sig. Demetris Christofias, con la Consorte, e dai rappresentanti della Chiesa cattolica di Cipro: il Nunzio Apostolico, S.E. Mons. Antonio Franco; l’Arcivescovo di Cipro dei Maroniti, S.E. Mons. Joseph Soueif; il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Sua Beatitudine Fouad Twal; il Custode di Terra Santa, P. Pierbattista Pizzaballa, OFM; il Segretario della Nunziatura Apostolica, Mons. Paolo Borgia. È inoltre presente Sua Beatitudine Chrysostomos II, Arcivescovo di Nuova Giustiniana e di Tutta Cipro, con il suo seguito.

Dopo il saluto del Presidente della Repubblica di Cipro, Sig. Demetris Christofias, il Papa pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Presidente,
Vostra Beatitudine Crisostomo,
Vostre Beatitudini,
Eccellenze,
Distinte Autorità,
Signore e Signori,

O”\D,J,! +4DZ<0 µ”.\ F”H! +\<”4 µ,(V80 0 P”DV µ@L B@L ,\µ”4 FZµ,D” µ”.\ F”H.

[Saluti! La Pace sia con voi! È un grande piacere per me essere con voi oggi].

Signor Presidente, Le sono vivamente grato per il cortese invito a visitare la Repubblica di Cipro. Rivolgo i miei cordiali saluti a Lei, al Governo e al popolo di questa Nazione, e La ringrazio per le gentili parole di benvenuto. Ricordo ancora con gratitudine la Sua recente visita in Vaticano e attendo con gioia il nostro incontro di domani a Nicosia.

Cipro si trova all’incrocio di culture e religioni, di storie gloriose ed antiche insieme, ma che ancora mantengono un forte e visibile impatto sulla vita del vostro Paese. Essendo entrata recentemente nell’Unione Europea, la Repubblica di Cipro ha iniziato a sentire il beneficio di scambi economici e politici con gli altri Paesi Europei. Tale appartenenza ha dato al vostro Paese anche l’accesso a mercati, a tecnologia e a conoscenze pratiche. E’ grandemente auspicabile che questa appartenenza porti prosperità nel vostro Paese e che gli altri Paesi Europei, a loro volta, vengano arricchiti dalla vostra eredità spirituale e culturale, che riflette il vostro ruolo storico, trovandovi tra l’Europa, l’Asia e l’Africa. Possano l’amore della vostra Patria e delle vostre famiglie e il desiderio di vivere in armonia con i vostri vicini sotto la protezione misericordiosa di Dio onnipotente, ispirarvi a risolvere pazientemente i problemi che ancora condividete con la comunità internazionale per il futuro della vostra Isola.

Seguendo le orme dei nostri comuni padri nella fede, i Santi Paolo e Barnaba, sono venuto fra voi come pellegrino e il servo dei servi di Dio. Da quando gli Apostoli hanno portato il messaggio cristiano in queste rive, Cipro è stata benedetta da una forte eredità cristiana.

Saluto come un fratello in quella fede Sua Beatitudine Crisostomo Secondo, Arcivescovo di Nuova Giustiniana e di Tutta Cipro, e attendo intensamente di poter incontrare presto molti altri membri della Chiesa Ortodossa di Cipro.

Attendo anche con gioia di poter salutare gli altri responsabili religiosi Ciprioti. Spero di rafforzare i nostri comuni legami e di ribadire la necessità di consolidare la reciproca fiducia e l’amicizia durevole con tutti quelli che adorano l’unico Dio.

Quale successore di Pietro vengo in modo speciale a salutare i Cattolici di Cipro per confermarli nella fede (cfr Lc 22,32) ed incoraggiarli ad essere esemplari sia come cristiani che come cittadini, e a vivere pienamente il loro ruolo nella società a beneficio sia della Chiesa, sia dello Stato. Durante la mia permanenza tra di voi consegnerò anche l’Instrumentum Laboris, un documento di lavoro in vista della Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che si terrà in seguito, a Roma, quest’anno.

Tale Assemblea esaminerà molti aspetti della presenza della Chiesa nella regione e le sfide che i Cattolici devono affrontare, talvolta in circostanze difficili, vivendo la comunione con la Chiesa Cattolica ed offrendo la loro testimonianza a servizio della società e del mondo. Cipro è perciò un luogo appropriato dal quale lanciare la riflessione della nostra Chiesa sul posto della secolare comunità cattolica del Medio Oriente, la nostra solidarietà con tutti i Cristiani della regione e la nostra convinzione che essi hanno un insostituibile ruolo da sostenere nella pace e nella riconciliazione fra i suoi popoli.

Signor Presidente, cari amici, con questi pensieri affido il mio pellegrinaggio a Maria, la Madre di Dio, e all’intercessione dei Santi Paolo e Barnaba.

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[Che Dio benedica il popolo di Cipro. Che la Tutta Santa vi protegga sempre!]


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04/06/2010 15:04

Nel corso del viaggio a Cipro

Benedetto XVI: «I musulmani sono nostri fratelli» (mi domando; Maggiori o minori?)
Su Gaza: «Dopo tutti i casi di violenza, non bisogna perdere la pazienza e avere il coraggio di ricominciare»


PAPHOS (Cipro)

Il Papa ha esortato tutti i cristiani ad avere «una comune capacità» di dialogo con i musulmani che - ha riaffermato con forza - «sono nostri fratelli nonostante le diversità». Di ciò Benedetto XVI ha parlato durante la conferenza stampa in aereo, nel viaggio verso Cipro. Parlando a proposito del prossimo sinodo Vaticano sul Medio Oriente (10-24 ottobre), Ratzinger ha auspicato che l'assemblea faccia crescere il dialogo tra i cristiani ma anche «la comune capacità di dialogo con i fratelli musulmani». Il suo «incoraggiamento» è quello - ha detto - di «continuare con una visione comune e nonostante tutti i problemi nel dialogo con loro. Tutti i tentativi per una convivenza sempre più fruttuosa e fraterna - ha aggiunto - sono molto importanti».

DIALOGO - L'ombra dell'omicidio di mons. Luigi Padovese non ha nulla a che fare, «non può essere attribuito alla Turchia e ai turchi» e « non deve oscurare in alcun modo il dialogo con l'Islam»: ha affermato il Papa. «Di sicuro non si tratta di un assassinio politico, religioso». Il killer di mons. Padovese è già stato arrestato. I cristiani del Medio Oriente si trovano ad affrontare «circostanze difficili» ma hanno «un insostituibile ruolo da sostenere nella pace e nella riconciliazione tra i suoi popoli», ha aggiunto il Papa durante la cerimonia di benvenuto all'aeroporto di Paphos. Sono molte le sfide che «i cattolici devono affrontare, talvolta in circostanze difficili, vivendo la comunione con la Chiesa cattolica e offrendo la loro testimonianza a servizio della società e del mondo». «Cipro - ha proseguito - è perciò un luogo appropriato dal quale lanciare la riflessione della nostra Chiesa sul posto della secolare comunità cattolica del Medio Oriente, la nostra solidarietà con tutti i cristiani della regione e la nostra convinzione che essi hanno un insostituibile ruolo da sostenere nella pace e nella riconciliazione fra i suoi popoli».

GAZA: PAZIENZA PER LA PACE - Dopo il blitz di Israele contro i pacifisti diretti a Gaza, Papa Benedetto XVI invita tutti «alla pazienza» e «al coraggio di ricominciare». «In tutti questi episodi che viviamo - ha spiegato il Pontefice - c'è sempre il pericolo che si perda la pazienza, che si dica adesso basta e che non si voglia più cercare la pace». Invece, ha esortato, «ogni giorno dobbiamo imitare Dio nella sua pazienza; dopo tutti i casi di violenza, non bisogna perdere la pazienza e avere il coraggio di ricominciare». Il compito della Santa Sede, ha rimarcato, è proprio questo: «Creare la disposizione del cuore per ricominciare di nuovo, nella certezza che possiamo andare avanti, che la violenza non è la soluzione».

CIPRO - Il Papa ha poi parlato della divisione di Cipro in una parte greca e in una turca. Benedetto XVI ha lanciato un appello perché tutti i ciprioti possano risolvere «con pazienza» i loro problemi e vivere in armonia «con i loro vicini». «Possano l'amore della vostra patria e delle vostre famiglie e il desiderio di vivere in armonia con i vostri vicini sotto la protezione misericordia di Dio Onnipotente - ha detto Ratzinger - ispirarvi a risolvere pazientemente i problemi che ancora condividete con la comunità internazionale per il futuro della vostra isola». Durante la conferenza stampa in aereo, Ratzinger aveva spiegato di non voler portare a Cipro «un messaggio politico, quanto piuttosto un messaggio religioso che dovrebbe preparare gli animi a trovare l'apertura per la pace». «Non sono - aveva osservato parlando con i giornalisti in aereo - cose che vanno dall'oggi al domani. Ma è molto importante non solo fare i necessari passi politici ma anche preparare gli animi per essere capaci di compiere i passi politici necessari». Occorre - aveva esortato - «un'apertura interiore alla pace, che viene dalla fede in Dio e dalla convinzione che siamo tutti figli di Dio e fratelli e sorelle tra noi».

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04/06/2010 19:47

Incontro Ecumenico: gli imperdibili servizi di Rome Reports

E' con grandissimo piacere e gratitudine che segnaliamo il servizi sull'incontro ecumenico in inglese ed in spagnolo.
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04/06/2010 19:48

 



VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A CIPRO (E PUBBLICAZIONE DELL’INSTRUMENTUM LABORIS DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI) (4 – 6 GIUGNO 2010)

Discorso in occasione della celebrazione Ecumenica nell’area archeologica della Chiesa di Agia Kiriaki Chrysopolitissa, Paphos, 4 giugno 2010

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Carissimi Fratelli e Sorelle in Cristo,

“Η χάρις και η ειρήνη ας είναι πλούσια μαζί σας” (1 Pt 1,2). Με μεγάλη μου χαρά χαιρετώ εσάς που αντιπροσωπεύετε τις διάφορες χριστιανικές κοινότητες παροόσες στην Κύπρο.

[“A voi grazia e pace in abbondanza” (1Pt 1,2). Con grande gioia saluto voi che rappresentate le comunità cristiane presenti a Cipro].

Ringrazio Sua Beatitudine Crisostomo II per le gentili parole di benvenuto, Sua Eminenza Giorgio, Metropolita di Pafos, che ci ospita, e quanti si sono impegnati per rendere possibile questo incontro. Mi è grato, inoltre, salutare cordialmente i cristiani di altre confessioni qui presenti, inclusi coloro che appartengono alle comunità armena, luterana e anglicana.

In verità, è una grazia straordinaria per noi essere riuniti in preghiera in questa chiesa della Agia Kiriakì Chrysopolitissa [chiesa della Santissima Signora Ricoperta d’Oro]. Abbiamo appena udito la lettura dagli Atti degli Apostoli, che ci ha ricordato come Cipro fu la prima tappa dei viaggi missionari dell’Apostolo Paolo (cfr At 13,1-4). Riservati per sé dallo Spirito Santo, Paolo, unitamente a Barnaba, originario di Cipro, ed a Marco, il futuro evangelista, dapprima giunsero a Salamina, dove iniziarono a proclamare la parola di Dio nelle sinagoghe. Attraversando l’isola, giunsero a Pafos, dove, proprio vicino a questo luogo, predicarono alla presenza del proconsole romano Sergio Paolo. Fu quindi da questo posto che il messaggio del Vangelo cominciò a diffondersi in tutto l’impero e la Chiesa, fondata sulla predicazione apostolica, fu capace di piantare radici in tutto il mondo allora conosciuto.

La Chiesa a Cipro può giustamente andare fiera del proprio collegamento diretto con la predicazione di Paolo, Barnaba e Marco e della comunione nella fede apostolica, che la lega a tutte quelle Chiese che custodiscono la stessa regola della fede. Questa è la comunione, reale, benché imperfetta, che già ora ci unisce, e che ci sospinge a superare le nostre divisioni e a lottare per ripristinare quella piena unione visibile, che è voluta dal Signore per tutti i suoi seguaci. Poiché, nelle parole di Paolo, vi è “un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo” (Ef 4,4-5).

La comunione ecclesiale nella fede apostolica è sia un dono, sia un appello alla missione. Nel passo degli Atti che abbiamo ascoltato, vediamo un’immagine dell’unità della Chiesa nella preghiera, nell’apertura alle spinte dello Spirito alla missione. Come Paolo e Barnaba, ogni cristiano, mediante il battesimo, è “riservato” perché porti testimonianza profetica al Signore risorto ed al suo vangelo di riconciliazione, di misericordia e di pace.

In tale contesto, l’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che si riunirà a Roma nel prossimo ottobre, rifletterà sul ruolo vitale dei cristiani nella regione, li incoraggerà nella loro testimonianza al Vangelo e li aiuterà a promuovere maggior dialogo e cooperazione fra cristiani in tutta la regione. Significativamente, i lavori del Sinodo saranno arricchiti dalla presenza di delegati fraterni di altre Chiese e Comunità cristiane dell’area, quale segno del comune impegno al servizio della parola di Dio e della nostra apertura alla potenza della sua Grazia che riconcilia.

L’unità di tutti i discepoli di Cristo è un dono da implorare dal Padre, nella speranza che esso rafforzi la testimonianza del Vangelo nel mondo d’oggi. Il Signore ha pregato per la santità e l’unità dei suoi discepoli proprio perché il mondo creda (cfr Gv 17,21).

Giusto cento anni orsono, alla Conferenza Missionaria di Edimburgo, l’acuta consapevolezza che le divisioni fra cristiani erano un ostacolo alla diffusione del Vangelo diede origine al movimento ecumenico moderno. Oggi dobbiamo essere grati al Signore, il quale, mediante il suo Spirito, ci ha condotto – specie negli ultimi decenni –a riscoprire la ricca eredità apostolica condivisa da Oriente e da Occidente, e, mediante un dialogo paziente e sincero, a trovare le vie per riavvicinarci l’un l’altro, superando le controversie del passato e guardando ad un futuro migliore.

La Chiesa in Cipro, che si dimostra essere come un ponte fra l’Oriente e l’Occidente, ha contribuito molto a questo processo di riconciliazione. La via che conduce all’obiettivo della piena comunione non sarà certamente priva di difficoltà, ma la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa di Cipro sono impegnate a progredire sul cammino del dialogo e della cooperazione fraterna. Possa lo Spirito Santo illuminare le nostre menti e irrobustire la nostra determinazione, così che insieme possiamo recare il messaggio della salvezza agli uomini e alle donne del nostro tempo, i quali sono assetati di quella verità che porta libertà autentica e salvezza (cfr Gv 8,32), la verità il cui nome è Gesù Cristo!

Cari sorelle e fratelli, non posso concludere senza evocare la memoria dei Santi che hanno adornato la Chiesa in Cipro, in particolare sant’Epifanio, vescovo di Salamina. La santità è il segno della pienezza della vita cristiana, di una profonda docilità interiore allo Spirito Santo che ci chiama ad una conversione e a un rinnovamento costanti, mentre ci sforziamo di essere sempre più conformati a Cristo nostro Salvatore. Conversione e santità sono anche i mezzi privilegiati mediante i quali apriamo le menti e i cuori alla volontà del Signore per l’unità della sua Chiesa. Mentre rendiamo grazie per l’incontro odierno e per il fraterno affetto che ci unisce, chiediamo ai santi Barbara ed Epifanio, ai santi Pietro e Paolo, e a tutti i Santi di Dio, di benedire le nostre comunità, di conservarci nella fede degli Apostoli, e di guidare i nostri passi sulla via dell’unità, della carità e della pace.

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04/06/2010 20:08

                          Pope Benedict XVI , left, greets Cypriot Archbishop Chrysostomos, during a ceremony at the Church of Agia Kyriaki Chrysopolitissa of Paphos, west of the capital Nicosia, in the divided east Mediterranean island of Cyprus, Friday, June 4, 2010. Benedict is in Cyprus on a three-day visit.

                          Pope Benedict XVI greets Orthodox Archbishop Chrysostomos II (R) of Cyprus at the church of Agia Kyriaki Chrysopolitissa, known as the 'Church by St. Paul's Pillar', on June 4, 2010, in the southwestern Cypriot town of Paphos, where the pointiff is beginning his first visit to an Orthodox Christian country.                 

                          
Pope Benedict XVI attends a ceremony at Church of Agia Kyriaki Chrysopolitissa of Paphos, west of the capital Nicosia, in the divided east Mediterranean island of Cyprus, Friday, June 4, 2010. Benedict is in Cyprus on a three-day visit.

Archbishop of Cyprus Chrysostomos II (R) stands next to Pope Benedict XVI (C) as he prays at the church of Agia Kyriaki Chrysopolitissa, in the southwestern town of Paphos of the mainly Greek Orthodox Mediterranean island of Cyprus, on June 4, 2010.

Pope Benedict XVI and Cyprus Arcbishop Chrystomos II arrive at ancient church of Agia Kyriaki Chrysopolitissa in the southwestern Cypriot town of Paphos on June 4, 2010, at the start of the pointiff's first visit to an Orthodox country.
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04/06/2010 20:09

            Cypriot President Demetris Christofias and First Lady Elsi Christofias (L) greet Pope Benedict XVI as he arrives on June 4, 2010, in the southwestern Cypriot town of Paphos, where the pointiff is beginning his first visit to an Orthodox Christian country.Pope Benedict XVI walks with Cyprus' President Dimitris Christofias, left, during a welcoming ceremony at Paphos airport in southwest Cyprus, Friday, June 4, 2010. Pope Benedict is in Cyprus for a three-day official visit. In the background is seen a Cyprus flag.

Pope Benedict XVI gestures upon arrival at the church of Agia Kyriaki Chrysopolitissa in the southwestern town of Paphos, of the mainly Greek Orthodox Mediterranean island of Cyprus, on June 4, 2010.Pope Benedict XVI waves as he leaves the church of Agia Kyriaki Chrysopolitissa, known as the 'Church by St. Paul's Pillar', on June 4, 2010, in the southwestern Cypriot town of Paphos, where the pointiff is beginning his first visit to an Orthodox Christian country.

Pope Benedict XVI blesses a child as he leaves the Church of Agia Kyriaki Chrysopolitissa in the coastal town of Paphos June 4, 2010.

Pope Benedict XVI delivers a speech aboard his plane on June 4, 2010, on the way to Cyprus, where the pointiff will conduct his first visit to an Orthodox Christian country.Pope Benedict XVI listens to Cypriot President Demetris Christofias giving his welcoming address upon the former's arrival at Paphos international airport, in the southwestern town of Paphos, of the mainly Greek Orthodox Mediterranean island of Cyprus on June 4, 2010.

 A priest kneels to kiss the hand of Pope Benedict XVI upon his arrival at the church of Agia Kyriaki Chrysopolitissa in the southwestern town of Paphos  of the mainly Greek Orthodox Mediterranean island of Cyprus on June 4, 2010. Pope Benedict XVI (R) greets faithful as he enters the Church of Agia Kyriaki Chrysopolitissa in the coastal town of Paphos June 4, 2010.
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06/06/2010 17:27

 



INCONTRO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI CON I GIORNALISTI DURANTE IL VOLO VERSO CIPRO (4 GIUGNO 2010), 05.06.2010

Ieri mattina, nel corso del viaggio aereo verso Cipro, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato i giornalisti del Volo Papale. Pubblichiamo di seguito la trascrizione dell’intervista concessa dal Papa agli operatori dei media:

TESTO DELL’INTERVISTA

Padre Lombardi: Santità, noi La ringraziamo di essere con noi, come in ogni viaggio, e di darci la Sua parola per orientare la nostra attenzione in questi giorni, che saranno così intensi. Naturalmente, purtroppo, la prima domanda è obbligata per la circostanza che ieri ci ha colpito così dolorosamente, l’assassinio di Mons. Padovese, e che è stata per Lei occasione di un dolore profondissimo. Quindi, a nome di tutti i colleghi, volevo chiederLe di dirci qualche parola su come Lei ha recepito questa notizia e come vive l’inizio del viaggio a Cipro in quest’atmosfera.

Papa: Naturalmente, sono profondamente addolorato per la morte di Mons. Padovese, che ha anche molto contribuito per la preparazione del Sinodo; ha collaborato, e sarebbe stato un elemento prezioso in questo Sinodo. Raccomandiamo alla bontà del Signore la sua anima.
Questa ombra, tuttavia, non ha niente a che fare con i temi stessi e con la realtà del viaggio, perché non dobbiamo attribuire alla Turchia o ai Turchi questo fatto. E’ una cosa sulla quale abbiamo poche informazioni. Sicuro è che non si tratta di un assassinio politico o religioso; si tratta di una cosa personale.
Aspettiamo ancora tutte le spiegazioni, ma non vogliamo adesso mescolare questa situazione tragica con il dialogo con l’Islam e con tutti i problemi del nostro viaggio. E’ un caso a parte, che rende tristi, ma che non dovrebbe oscurare in nessun modo il dialogo, in tutti i sensi, che sarà tema e intenzione di questo viaggio.

Padre Lombardi: Cipro è una terra divisa. Santità, Lei non si recherà nella parte settentrionale occupata dai Turchi. Lei ha un messaggio per gli abitanti di quella regione? E come pensa che la Sua visita possa contribuire a risolvere la distanza fra la parte greca e quella turca, a procedere verso una soluzione di convivenza pacifica, nel rispetto della libertà religiosa, del patrimonio spirituale e culturale delle diverse comunità?

Papa: Questo viaggio a Cipro è, in molti sensi, una continuazione del viaggio dell’anno scorso in Terra Santa e anche del viaggio a Malta di quest’anno. Il viaggio in Terra Santa aveva tre parti: Giordania, Israele e Territori palestinesi. Per tutti e tre si trattava di un viaggio pastorale, religioso; non era un viaggio politico o turistico.
Il tema fondamentale era la pace di Cristo, che deve essere pace universale nel mondo. Il tema era quindi: da una parte, l’annuncio della nostra fede, la testimonianza della fede, il pellegrinaggio a questi luoghi che testimoniano la vita di Cristo e tutta la storia santa; dall’altra parte, la responsabilità comune di tutti quanti credono in un Dio creatore del cielo e della terra, in un Dio a immagine del quale siamo creati.
Malta e Cipro aggiungono ancora con forza il tema di San Paolo, grande credente, evangelizzatore, e anche san Barnaba, che è cipriota e che ha aperto la porta per la missione di San Paolo. Quindi, testimonianza della nostra fede per l’unico Dio, dialogo e pace sono i temi.
Pace in un senso molto profondo: non è una aggiunta politica alla nostra attività religiosa, ma pace è una parola del cuore della fede, sta nel centro dell’insegnamento paolino; pensiamo alla Lettera agli Efesini, dove dice che Cristo ha portato la pace, ha distrutto le mura dell’inimicizia. Questo rimane un mandato permanente, così non vengo con un messaggio politico, ma con un messaggio religioso, che dovrebbe preparare di più le anime a trovare l’apertura per la pace. Queste non sono cose che vengono dall’oggi al domani, ma è molto importante non solo fare i necessari passi politici, ma soprattutto anche preparare le anime per essere capaci di fare i passi politici necessari, creare quell’apertura interiore per la pace, che, alla fine, viene dalla fede in Dio e dalla convinzione che siamo tutti figli di Dio e fratelli e sorelle fra di noi.

Padre Lombardi: Grazie Santità. Questa nuova domanda è molto in continuità con la prima, però io la faccio ugualmente, in modo che se Lei vuole aggiungere qualche altra cosa potrà farlo. Lei si reca in Medio Oriente pochi giorni dopo che l’attacco israeliano alla flottiglia davanti a Gaza ha aggiunto ulteriori tensioni al già difficile processo di pace. Come pensa che la Santa Sede, il Vaticano possa contribuire a superare questo momento difficile per il Medio Oriente?

Papa: Direi che noi contribuiamo soprattutto in modo religioso. Possiamo anche essere di aiuto con consigli politici e strategici, ma il lavoro essenziale del Vaticano è sempre quello religioso, che tocca il cuore.
Con tutti questi episodi che viviamo, c’è sempre il pericolo che si perda la pazienza, che si dica “adesso basta”, e non si voglia più cercare la pace.
E qui mi viene in mente, in quest’Anno Sacerdotale, una bella storia del Parroco di Ars. Alle persone che gli dicevano: non ha senso che io adesso vada alla confessione e all’assoluzione, perché dopodomani sono sicuro di ricadere negli stessi peccati, il Curato d’Ars rispondeva: non fa niente, il Signore volutamente dimentica che tu dopodomani farai gli stessi peccati, ti perdona adesso completamente, sarà longanime, e continuerà ad aiutarti, a venire verso di te.
Così dobbiamo quasi imitare Dio, la sua pazienza. Dopo tutti i casi di violenza, non perdere la pazienza, non perdere il coraggio, non perdere la longanimità di ricominciare; creare queste disposizioni del cuore di ricominciare sempre di nuovo, nella certezza che possiamo andare avanti, che possiamo arrivare alla pace, che la violenza non è la soluzione, ma la pazienza del bene. Creare questa disposizione mi sembra il principale lavoro che il Vaticano e i suoi organi e il Papa possono fare.

Padre Lombardi: Grazie! Passiamo ad un altro tema, quello dell’ecumenismo. Santità, il dialogo con gli Ortodossi ha fatto molti passi avanti dal punto di vista culturale, spirituale e della vita. In occasione del recente Concerto offertoLe dal Patriarca di Mosca si è sentita una profonda sintonia fra ortodossi e cattolici di fronte alle sfide poste al cristianesimo in Europa dalla secolarizzazione. Ma qual è la sua valutazione sul dialogo, anche dal punto di vista più propriamente teologico?

Papa: Vorrei innanzitutto sottolineare questi progressi grandi che abbiamo fatto nella comune testimonianza dei valori cristiani nel mondo secolarizzato. Questa non è solo una coalizione – diciamo – morale, politica, ma è veramente una cosa profondamente di fede, perché i valori fondamentali per i quali viviamo in questo mondo secolarizzato non sono moralismi, ma sono la fisionomia fondamentale della fede cristiana. Quando siamo capaci insieme di testimoniare questi valori, di impegnarci nel dialogo, nella discussione di questo mondo, nella testimonianza per vivere questi valori, abbiamo già dato una testimonianza fondamentale di un’unità molto profonda della fede.
Naturalmente, ci sono molti problemi teologici, ma anche qui gli elementi di unità sono forti. Vorrei indicare tre elementi che ci legano, che ci vedono sempre più vicini, ci fanno sempre più vicini.
Primo: la Scrittura, la Bibbia non è un libro caduto dal cielo, che c’è adesso ed ognuno lo prende, ma è un libro cresciuto nel popolo di Dio e vive in questo comune soggetto del popolo di Dio e solo qui rimane sempre presente e reale, cioè la Bibbia non è isolabile, ma la Bibbia sta nel nesso di tradizione e Chiesa.
Questa consapevolezza è fondamentale e appartiene al fondamento di Ortodossia e Cattolicesimo e ci dà una strada comune. Come secondo elemento, diciamo: la tradizione, che ci interpreta, che ci apre la porta per la Scrittura, ha anche una forma istituzionale, sacra, sacramentale voluta dal Signore, cioè l’episcopato; ha una forma personale, cioè il collegio dei vescovi insieme è testimone e presenza di questa tradizione.
E terzo punto: la cosiddetta regula fidei, cioè la confessione della fede elaborata negli antichi Concili è la somma di quanto sta nella Scrittura e apre la “porta” di interpretazione. Poi altri elementi: la liturgia, il comune amore per la Madonna ci legano profondamente e sempre più ci diventa anche chiaro che sono le fondamenta della vita cristiana. Dobbiamo essere più consapevoli e approfondire anche i dettagli, ma mi sembra che anche se le culture diverse, le situazioni diverse abbiano cerato malintesi e difficoltà, cresciamo nella consapevolezza dell’essenziale e dell’unità dell’essenziale. Vorrei aggiungere che, naturalmente, non è la discussione teologica che crea di per sé l’unità; è una dimensione importante, ma tutta la vita cristiana, il conoscersi, l’esperienza della fratellanza, imparare, nonostante l’esperienza del passato, questa fraternità comune, sono processi che esigono anche grande pazienza. Ma mi sembra che stiamo proprio imparando la pazienza, così come l’amore, e con tutte le dimensioni del dialogo teologico andiamo avanti, lasciando al Signore quando ci donerà l’unità perfetta.

Padre Lombardi: E ora un’ultima domanda. Uno degli scopi di questo viaggio è la consegna del documento di lavoro del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente. Quali sono le Sue principali attese e speranze per questo Sinodo, per le comunità cristiane e anche per i credenti di altre fedi in questa regione?

Papa: Il primo punto importante è che diversi Vescovi, Capi di Chiese si vedano qui, perché abbiamo tante Chiese – vari Riti sono dispersi in diversi Paesi, in situazioni diverse – ed essi appaiono spesso isolati, spesso hanno anche poche informazioni dall’altro; vedersi insieme, incontrarsi insieme, e così prendere conoscenza l’uno dell’altro, dei problemi, delle diversità e delle situazioni comuni, formare insieme un giudizio sulla situazione, sul cammino da prendere. Questa comunione concreta di dialogo e di vita è un primo punto. Secondo è anche la visibilità di queste Chiese, che si veda, cioè, nel mondo che c’è una grande e antica cristianità nel Medio Oriente, che spesso non sta davanti ai nostri occhi, e che questa visibilità ci aiuta anche ad essere loro vicini, ad approfondire la nostra conoscenza reciproca, a imparare gli uni dagli altri, ad aiutarci, e aiutare così anche i cristiani del Medio Oriente a non perdere la speranza, a rimanere, anche se le situazioni possono essere difficili. Così – terzo punto – nel dialogo tra di loro si aprono anche al dialogo con gli altri cristiani ortodossi, armeni, eccetera, e cresce una comune consapevolezza della responsabilità cristiana e anche una comune capacità di dialogo con i fratelli musulmani, che sono fratelli, nonostante le diversità; e mi sembra venga anche l’incoraggiamento, nonostante tutti i problemi, a continuare, con una visione comune, il dialogo con loro. Tutti i tentativi per una convivenza sempre più fruttuosa e fraterna sono molto importanti. Questo quindi è un incontro interno della cristianità cattolica del Medio Oriente nei diversi Riti, ma è un incontro proprio anche di apertura, di capacità rinnovata di dialogo, di coraggio e di speranza per il futuro.

Padre Lombardi: Grazie, Santità, di questa panoramica ampia e grazie in particolare della visione così positiva e incoraggiante che ci ha dato anche delle finalità di questo viaggio; e noi quindi Le facciamo veramente gli auguri perché il viaggio si volga in questa atmosfera e con questi risultati, e cerchiamo di collaborare anche con una buona informazione a questo scopo. Grazie, Santità, e buon viaggio!

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06/06/2010 17:29

 



VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A CIPRO (E PUBBLICAZIONE DELL’INSTRUMENTUM LABORIS DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI) (4 – 6 GIUGNO 2010)

INCONTRO CON LE AUTORITÀ CIVILI E CON IL CORPO DIPLOMATICO, NEL PALAZZO PRESIDENZIALE DI NICOSIA

Alle ore 9.45, nel giardino del Palazzo Presidenziale di Nicosia, il Santo Padre Benedetto XVI incontra le Autorità civili e il Corpo Diplomatico.
Dopo il saluto del Presidente della Repubblica di Cipro, S.E. il Sig. Demetris Christofias, il Papa pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Presidente,
Eccellenze,
Signore e Signori,

sono grato di avere, nel contesto del mio viaggio apostolico a Cipro, la possibilità di incontrare le Autorità politiche e civili della Repubblica, come pure i membri della comunità diplomatica.

Ringrazio il Presidente Christofias per le parole gentili di benvenuto, che ha espresso anche a vostro nome, e che volentieri ricambio attraverso il mio rispettoso augurio per il vostro importante lavoro, ricordando, in particolare, la felice occasione del cinquantesimo anniversario della Costituzione della Repubblica.

Ho appena deposto una corona di fiori al monumento del defunto Arcivescovo Makarios, primo Presidente della Repubblica di Cipro. Come lui, ciascuno di voi nella vita di pubblico servizio deve essere impegnato a servire il bene degli altri nella società, a livello locale, nazionale ed internazionale. Si tratta di una nobile vocazione, stimata dalla Chiesa.

Quando adempiuto con fedeltà, il servizio pubblico ci permette di crescere in sapienza, integralmente e con realizzazione personale. Platone, Aristotele e gli stoici diedero grande importanza a tale realizzazione personale – eudemonia – quale scopo per ogni essere umano, e videro nel carattere morale la via per raggiungerlo. Per loro, e per i grandi filosofi islamici e cristiani che hanno seguito i loro passi, la pratica della virtù consisteva nell’agire secondo la retta ragione, nel perseguimento di tutto ciò che è vero, buono e bello.

In una prospettiva religiosa, siamo membri di un’unica famiglia umana creata da Dio, e siamo chiamati a promuovere l’unità e a costruire un mondo più giusto e fraterno fondato su valori durevoli. Nella misura in cui adempiamo il nostro dovere, serviamo gli altri e aderiamo a ciò che è giusto, le nostre menti divengono più aperte alle verità più profonde e la nostra libertà si rafforza nel suo aderire a ciò che è buono. Il mio predecessore, il Papa Giovanni Paolo II, scrisse una volta che l’obbligazione morale non dovrebbe essere vista come una legge che si impone da se stessa dall’esterno e che esige obbedienza, ma piuttosto come un’espressione della sapienza stessa di Dio, alla quale la libertà umana si sottomette con prontezza (cfr Veritatis splendor, 41). Quali esseri umani, troviamo la nostra realizzazione ultima in riferimento a quella Realtà Assoluta, il cui riflesso trova così spesso riscontro nella nostra coscienza come invito pressante a servire la verità, la giustizia e l’amore.

A livello personale, come servitori pubblici voi conoscete l’importanza della verità, dell’integrità e del rispetto nel vostro relazionarvi con gli altri. Le relazioni personali sono spesso i primi passi per costruire fiducia e – a tempo debito – solidi vincoli di amicizia fra individui, popoli e nazioni.

Questa è una parte essenziale del vostro ruolo, sia di politici sia di diplomatici. In Paesi con situazioni politiche delicate, un simile rapporto personale onesto e aperto può essere l’inizio di un bene più grande per società e popoli interi. Permettetemi di incoraggiarvi, quanti siete oggi qui presenti, a cogliere le opportunità offertevi, sia a livello personale sia a livello istituzionale, per costruire tali relazioni e, così facendo, promuovere il bene più grande dell’insieme delle Nazioni, ed il vero bene di quanti rappresentate.

Gli antichi filosofi greci ci insegnano inoltre che il bene comune viene servito precisamente attraverso l’influenza di persone dotate di chiara visione morale e di coraggio. In tal modo, le azioni politiche vengono a purificarsi dagli interessi egoistici o da pressioni di parte e vengono poste su una base più solida. Inoltre, le aspirazioni legittime di quanti rappresentiamo vengono protette e promosse. La rettitudine morale e il rispetto imparziale degli altri e del loro benessere sono essenziali al bene di qualsiasi società, dato che essi stabiliscono un clima di fiducia nel quale ogni relazione umana, religiosa o economica, sociale e culturale, o civile e politica, acquista forza e sostanza.

Ma cosa significa in termini pratici rispettare e promuovere la verità morale nel mondo della politica e della diplomazia a livelli nazionali ed internazionali? Come può la ricerca della verità recare un’armonia più grande alle tribolate regioni della terra? Desidererei suggerire che vi sono tre vie.

Prima di tutto, il promuovere la verità morale significa agire in modo responsabile sulla base della conoscenza dei fatti reali. Come diplomatici, sapete per esperienza che tale conoscenza vi aiuta a identificare le ingiustizie e le recriminazioni, così che potete valutare in maniera spassionata le preoccupazioni di quanti sono coinvolti in una determinata disputa. Quando le parti riescono ad innalzarsi dal proprio modo di vedere gli eventi, acquisiscono una visione oggettiva e integrale. Quanti sono chiamati a risolvere simili dispute sono in grado di prendere le giuste decisioni e di promuovere una genuina riconciliazione nel momento in cui afferrano e riconoscono la verità piena di una questione specifica.

Un secondo modo di promuovere la verità morale consiste nel destrutturare le ideologie politiche che altrimenti soppianterebbero la verità. Le esperienze tragiche del 20° secolo hanno posto in evidenza l’inumanità che consegue dalla soppressione della verità e della dignità umana. Anche ai giorni nostri, siamo testimoni di tentativi di promuovere pseudovalori con il pretesto della pace, dello sviluppo e dei diritti umani. In questo senso, parlando all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ho richiamato l’attenzione sui tentativi di certi ambienti di reinterpretare la Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo al fine di soddisfare interessi particolari, che avrebbero compromesso l’intima unitarietà della Dichiarazione e l’avrebbero allontanata dei suoi intenti originari (cfr Discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 18 aprile 2008).

In terzo luogo, il promuovere la verità morale nella vita pubblica esige uno sforzo costante per fondare la legge positiva sui principi etici della legge naturale. Richiamarsi ad essa, un tempo, era considerato evidente da sé, ma l’onda del positivismo nella dottrina giuridica contemporanea richiede la riaffermazione di questo importante assioma. Individui, comunità e Stati senza la guida di verità morali oggettive, diverrebbero egoisti e senza scrupoli, ed il mondo sarebbe un luogo pericoloso per viverci. D’altra parte, rispettando i diritti delle persone e dei popoli, proteggiamo e promuoviamo la dignità umana. Quando le politiche che sosteniamo sono poste in atto in armonia con la legge naturale propria della nostra comune umanità, allora le nostre azioni diventano più fondate e portano ad un’atmosfera di intesa, di giustizia e di pace.

Signor Presidente, illustri amici, con queste considerazioni riaffermo la mia stima e quella della Chiesa per il vostro importante servizio alla società e all’edificazione di un futuro sicuro per il nostro mondo. Invoco su tutti voi le benedizioni divine di saggezza, forza e perseveranza nell’adempimento dei vostri doveri. Grazie.

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A CIPRO (E PUBBLICAZIONE DELL’INSTRUMENTUM LABORIS DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI) (4 – 6 GIUGNO 2010)

INCONTRO CON LA COMUNITÀ CATTOLICA DI CIPRO, PRESSO LA SCUOLA ELEMENTARE “ST. MARON” A NICOSIA

Alle ore 10.45 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI incontra la Comunità Cattolica di Cipro presso la Scuola elementare “St. Maron” a Nicosia. Accolto al suo arrivo dal Direttore scolastico, il Papa raggiunge il campo sportivo della scuola dove sono riuniti i fedeli cattolici ciprioti appartenenti alle comunità maronita, armena e latina.
Dopo l’indirizzo di omaggio dell’Arcivescovo di Cipro dei Maroniti, S.E. Mons. Youssef Soueif, il Papa pronuncia il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

Είναι ευάρεστο σε μένα να είμαι μαζί με σας που είστε οι αντιπρόσωποι της καθολικής κοινότητας της Κύπρου.

[E’ una grande gioia per me essere con voi, rappresentanti della comunità cattolica di Cipro.]

Ringrazio l’Arcivescovo Soueif per le sue gentili parole di benvenuto a vostro nome e ringrazio, in modo particolare, i bambini per la loro bella rappresentazione. Saluto anche Sua Beatitudine il Patriarca Foual Twad e rendo onore al grande e paziente lavoro della Custodia Francescana della Terra Santa nella persona di Padre Pizzaballa, oggi qui con noi.

In questa storica occasione della prima visita del Vescovo di Roma a Cipro, vengo a confermarvi nella vostra fede in Gesù Cristo e ad incoraggiarvi a rimanere un cuore solo ed un’anima sola nella fedeltà alla tradizione apostolica (cfr At 4,32). Come successore di Pietro, sto tra di voi oggi per offrirvi l’assicurazione del mio sostegno, delle mie affettuose preghiere e del mio incoraggiamento.

Abbiamo appena ascoltato dal Vangelo di Giovanni come alcuni Greci, che avevano saputo delle grandi opere che Gesù aveva compiute, si avvicinassero all’apostolo Filippo dicendo: “Vogliamo vedere Gesù” (cfr Gv 12,21). Queste parole toccano profondamente ciascuno di noi. Come gli uomini e le donne del Vangelo, vogliamo vedere Gesù, conoscerlo, amarlo e servirlo con “un cuore solo ed un’anima sola” (cfr At 4,32). Inoltre, come la voce dal cielo nel Vangelo di oggi, che ha dato testimonianza alla gloria del nome di Dio, la Chiesa proclama il suo nome non solamente per il proprio beneficio, ma per il bene dell’umanità intera (cfr Gv 12,30). Anche voi, odierni seguaci di Cristo, siete chiamati a vivere la vostra fede nel mondo unendo le vostre voci ed azioni per la promozione dei valori del Vangelo giunti a voi attraverso generazioni di Cristiani Ciprioti.

Questi valori, profondamente radicati nelle vostre culture, così come nel patrimonio della Chiesa universale, dovranno continuare a ispirare i vostri sforzi di promuovere la pace, la giustizia e il rispetto per la vita umana e la dignità dei vostri concittadini. In questo modo la vostra fedeltà al Vangelo assicurerà beneficio a tutta la società cipriota.

Cari fratelli e sorelle, data la vostra particolare situazione, desidero anche attirare la vostra attenzione su una parte essenziale della vita e missione della nostra Chiesa, ossia la ricerca di una maggiore unità nella carità con gli altri cristiani e il dialogo con coloro che non sono cristiani. In modo particolare dal Concilio Vaticano Secondo, la Chiesa è stata impegnata a proseguire sulla via di una maggiore comprensione con i nostri fratelli cristiani manifestando un ancor più stretto legame d’amore ed amicizia fra tutti i battezzati. Nella vostra particolare situazione, voi siete in grado di portare un contributo personale al raggiungimento di una maggiore unità cristiana nella vita quotidiana. Vi incoraggio a fare così, confidando che lo Spirito del Signore, che ha pregato perché i suoi discepoli siano uno (cfr Gv 17,21), vi accompagnerà in questo importante compito.

Guardando al dialogo interreligioso molto ancora occorre fare nel mondo. Questo è un altro campo nel quale i cattolici di Cipro spesso vivono situazioni che offrono loro delle opportunità per una giusta e prudente azione. Solo attraverso un paziente lavoro di reciproca fiducia può essere superato il peso della storia passata, e le differenze politiche e culturali fra i popoli possono diventare un motivo di operare per una maggiore comprensione. Vi esorto ad aiutare a creare tale vicendevole fiducia fra cristiani e non cristiani, come fondamento per costruire una pace durevole ed un’armonia fra i popoli di diverse religioni, regioni politiche e basi culturali.

Cari amici, desidero invitarvi a guardare alla profonda comunione che voi già condividete fra voi e con la Chiesa Cattolica nel mondo. Con attenzione ai bisogni immediati della Chiesa, vi incoraggio a pregare per le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa e a promuoverle. Mentre quest’Anno Sacerdotale si sta chiudendo, la Chiesa ha guadagnato una rinnovata consapevolezza del bisogno di sacerdoti buoni, santi e ben preparati. Essa desidera uomini e donne religiosi completamente sottomessi a Cristo, dediti a diffondere il regno di Dio sulla terra. Nostro Signore ha promesso che coloro che offrono la loro vita ad imitazione di lui la conserveranno per la vita eterna (cfr Gv 12,25). Chiedo ai genitori di considerare questa promessa ed incoraggiare i loro figli a rispondere generosamente alla chiamata del Signore. Invito i pastori a seguire i giovani, i loro desideri ed aspirazioni, e a formarli alla pienezza della fede.

Qui, in questa scuola cattolica, desidero rivolgere una parola a coloro che operano nelle scuole cattoliche dell’Isola, specialmente agli insegnanti. Il vostro lavoro fa parte di una lunga e stimata tradizione della Chiesa cattolica di Cipro. Continuate pazientemente a servire il bene dell’intera comunità sforzandovi per una educazione eccellente. Che il Signore vi benedica abbondantemente nel sacro impegno della formazione che è il più grande dono che l’Onnipotente fa a noi e ai nostri figli.

Rivolgo ora una speciale parola a voi, miei cari giovani di Cipro.

Παραμείνετε δυνατοί στην πίστη σας, γεμάτοι χαρά στην υπηρεσία του Θεού και γενναιόδωροι με τον χρόνο σας και με τα τάλαντα σας. Βοηθήστε να κτισθεί ένα καλύτερο μέλλον για την Εκκλησία και για την χώρα σας, προωθώντας το καλό των άλλων παρά το δικό σας.

[Siate forte nella vostra fede, gioiosi nel servire il Signore e generosi con il vostro tempo e i vostri talenti! Aiutate a costruire un miglior futuro per la Chiesa e per il vostro Paese mettendo il bene degli altri prima di voi stessi.]

Cari Cattolici di Cipro, coltivate la vostra armonia in comunione con la Chiesa universale e con il Successore di Pietro ed accrescete i vostri legami fraterni con gli altri nella fede, nella speranza e nell’amore.

In modo speciale desidero affidare questo messaggio ai presenti provenienti da Kormákiti, Asómatos, Karpásha e Aía Marina. Sono al corrente dei vostri desideri e sofferenze, pertanto vi prego di portare la mia benedizione, la mia vicinanza e il mio affetto a tutti coloro che sono originari dei vostri villaggi. Noi cristiani siamo un popolo di speranza. Da parte mia spero e prego con fervore affinché, con l’impegno e la buona volontà di quanti sono implicati, possa essere prontamente assicurata una vita migliore a tutti gli abitanti dell’Isola.

Con queste brevi parole affido ciascuno di voi alla protezione della Beata Vergine Maria e all’intercessione dei Santi Paolo e Barnaba.

Ο Θεός ας σας ευλογήση όλους!


[Che Dio vi benedica!]


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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A CIPRO (E PUBBLICAZIONE DELL’INSTRUMENTUM LABORIS DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI) (4 – 6 GIUGNO 2010)

VISITA DI CORTESIA A SUA BEATITUDINE CHRYSOSTOMOS II NELL’ARCIVESCOVADO ORTODOSSO DI CIPRO A NICOSIA

Alle ore 12.15 il Santo Padre Benedetto XVI si reca all’Arcivescovado ortodosso di Cipro a Nicosia, per la visita di cortesia a Sua Beatitudine Chrysostomos II, Arcivescovo di Nuova Giustiniana e di Tutta Cipro.
L’incontro ha inizio con il colloquio privato nel salone al primo piano, quindi il Papa e l’Arcivescovo Chrysostomos visitano nel giardino il Monumento in memoria dell’Arcivescovo Makarios III e raggiungono la Cattedrale, dedicata a san Giovanni. Dopo il saluto di Sua Beatitudine Chrysostomos II, il Santo Padre Benedetto XVI pronuncia le parole che riportiamo di seguito:

SALUTO DEL SANTO PADRE

Σε χαιρετώ με αδελφική αγάπη εν τω Αναστημένω Κυρίω. Σε ευχαριστώ για την θερμή σου υποδοχή.

[La saluto con fraterno affetto nel Cristo Risorto e La ringrazio per il Suo gentile saluto di benvenuto.]

Ricordo con gratitudine la Sua visita a Roma tre anni fa, e mi rallegro che oggi ci incontriamo ancora nella Sua amata terra. Per Suo tramite saluto il Santo Sinodo e tutti i Sacerdoti, diaconi, monaci e monache e fedeli laici della Chiesa di Cipro.

Anzitutto desidero esprimere la mia gratitudine per l’ospitalità che la Chiesa di Cipro ha così generosamente offerto alla Commissione Internazionale per il Dialogo Teologico in occasione dell’incontro dello scorso anno in Paphos.

Sono parimenti grato per il sostegno che la Chiesa di Cipro, con la chiarezza ed apertura dei suoi contributi, ha sempre dato all’impegno del dialogo.

Possa lo Spirito Santo guidare e confermare questa grande iniziativa ecclesiale, che mira a ricomporre la piena e visibile comunione tra le Chiese dell’Oriente e dell’Occidente, una comunione che deve essere vissuta nella fedeltà al Vangelo e alla tradizione apostolica, in modo che apprezzi le legittime tradizioni dell’Oriente e dell’Occidente, e che sia aperta alla diversità dei doni tramite i quali lo Spirito edifica la Chiesa nell’unità, nella santità e nella pace.

Questo spirito di fraternità e di comunione ha anche trovato espressione nel generoso contributo che Vostra Beatitudine ha inviato, a nome della Chiesa di Cipro, per coloro che, lo scorso anno, a L’Aquila, vicino a Roma, hanno sofferto a causa del terremoto, e le cui necessità mi stanno a cuore.

In tale spirito, mi associo con Lei, pregando perché tutti gli abitanti di Cipro, con l’aiuto di Dio, trovino la saggezza e la forza di lavorare insieme per una giusta soluzione dei problemi che ancora sono da risolvere, impegnandosi per la pace e la riconciliazione e costruendo per le generazioni future una società che si distingua per il rispetto dei diritti di tutti, inclusi i diritti inalienabili alla libertà di coscienza e alla libertà di culto.

Cipro è tradizionalmente considerata parte della Terra Santa, e la situazione di continuo conflitto nel Medio Oriente dev’essere un motivo di riflessione per tutti i fedeli Cristiani. Nessuno può rimanere indifferente alla necessità di offrire sostegno in ogni maniera possibile ai Cristiani di quella tormentata regione, affinché le sue antiche Chiese possano vivere in pace e prosperità. Le comunità cristiane di Cipro possano trovare un ambito molto fruttuoso per la cooperazione ecumenica, pregando e lavorando insieme per la pace, la riconciliazione e la stabilità nelle terre benedette dalla presenza terrena del Principe della Pace.

Con questi sentimenti, Vostra Beatitudine, la ringrazio ancora una volta per il Suo fraterno benvenuto e voglio assicurarLa delle mie preghiere per Lei e per tutto il clero e i fedeli della Chiesa di Cipro.

Η χαρά και η ειρήνη του αναστημένου Χριστού ας είναι πάντοτε μαζί σου.

[Che la gioia del Signore risorto sia sempre con voi!]

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A CIPRO (E PUBBLICAZIONE DELL’INSTRUMENTUM LABORIS DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI) (4 – 6 GIUGNO 2010)

SANTA MESSA CON SACERDOTI, RELIGIOSI, RELIGIOSE, DIACONI, CATECHISTI E MOVIMENTI ECCLESIALI DI CIPRO, NELLA CHIESA DI HOLY CROSS A NICOSIA

Alle ore 17.15 di questo pomeriggio, lasciata la Nunziatura Apostolica di Nicosia, il Santo Padre si reca a piedi nella chiesa parrocchiale latina di Holy Cross dove, alle ore 17.30, presiede la Santa Messa con i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i diaconi, i catechisti e i membri di movimenti ecclesiali cattolici di Cipro.
Nel corso della Celebrazione Eucaristica, introdotta dal saluto del Patriarca Latino di Gerusalemme, Sua Beatitudine Fouad Twal, dopo la proclamazione del Santo Vangelo il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

il Figlio dell’Uomo deve essere innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia la vita eterna (cfr Gv 3,14-15). In questa Messa votiva adoriamo e lodiamo il nostro Signore Gesù Cristo, poiché con la sua Santa Croce ha redento il mondo. Con la sua morte e risurrezione ha spalancato le porte del Cielo e ci ha preparato un posto, affinché a noi, suoi seguaci, venga donato di partecipare alla sua gloria.

Nella gioia della vittoria redentrice di Cristo, saluto tutti voi riuniti nella chiesa della Santa Croce e vi ringrazio per la vostra presenza. Apprezzo molto il calore con il quale mi avete accolto. Sono particolarmente grato a Sua Beatitudine il Patriarca latino di Gerusalemme per le sue parole di benvenuto all’inizio della Messa, e per la presenza del Padre Custode di Terra Santa. Qui a Cipro, terra che fu il primo porto di approdo dei viaggi missionari di san Paolo attraverso il Mediterraneo, giungo oggi fra voi, sulle orme di quel grande Apostolo, per rinsaldarvi nella vostra fede cristiana e per predicare il Vangelo che offre vita e speranza al mondo.

Il centro della celebrazione odierna è la Croce di Cristo. Molti potrebbero essere tentati di chiedere perché noi cristiani celebriamo uno strumento di tortura, un segno di sofferenza, di sconfitta e di fallimento. E’ vero che la croce esprime tutti questi significati. E tuttavia a causa di colui che è stato innalzato sulla croce per la nostra salvezza, rappresenta anche il definitivo trionfo dell’amore di Dio su tutti i mali del mondo.

Vi è un’antica tradizione che il legno della croce sia stato preso da un albero piantato da Seth, figlio di Adamo, nel luogo dove Adamo fu sepolto. In quello stesso luogo, conosciuto come il Golgota, il luogo del cranio, Seth piantò un seme dall’albero della conoscenza del bene e del male, l’albero che si trovava al centro del giardino dell’Eden. Attraverso la provvidenza di Dio, l’opera del Maligno sarebbe stata sconfitta ritorcendo le sue stesse armi contro di lui.

Ingannato dal serpente, Adamo ha abbandonato la filiale fiducia in Dio ed ha peccato mangiando i frutti dell’unico albero del giardino che gli era stato proibito. Come conseguenza di quel peccato entrarono nel mondo la sofferenza e la morte. I tragici effetti del peccato, e cioè la sofferenza e la morte, divennero del tutto evidenti nella storia dei discendenti di Adamo. Lo vediamo dalla prima lettura di oggi, che fa eco alla caduta e prefigura la redenzione di Cristo.

Come punizione dei propri peccati, il popolo di Israele, mentre languiva nel deserto, venne morso dai serpenti ed avrebbe potuto salvarsi dalla morte solo volgendo lo sguardo al simbolo che Mosè aveva innalzato, prefigurando la croce che avrebbe posto fine al peccato e alla morte una volta per tutte.

Vediamo chiaramente che l’uomo non può salvare se stesso dalle conseguenze del proprio peccato. Non può salvare se stesso dalla morte. Soltanto Dio può liberarlo dalla sua schiavitù morale e fisica. E poiché Dio ha amato così tanto il mondo, ha inviato il suo Figlio unigenito non per condannare il mondo – come avrebbe richiesto la giustizia – ma affinché attraverso di Lui il mondo potesse essere salvato. L’unigenito Figlio di Dio avrebbe dovuto essere innalzato come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così che quanti avrebbero rivolto lo sguardo a lui con fede potessero avere la vita.

Il legno della croce divenne lo strumento per la nostra redenzione, proprio come l’albero dal quale era stato tratto aveva originato la caduta dei nostri progenitori. La sofferenza e la morte, che erano conseguenze del peccato, divennero il mezzo stesso attraverso il quale il peccato fu sconfitto. L’agnello innocente fu sacrificato sull’altare della croce, e tuttavia dall’immolazione della vittima scaturì una vita nuova: il potere del maligno fu distrutto dalla potenza dell’amore che sacrifica se stesso.

La croce, pertanto, è qualcosa di più grande e misterioso di quanto a prima vista possa apparire. Indubbiamente è uno strumento di tortura, di sofferenza e di sconfitta, ma allo stesso tempo esprime la completa trasformazione, la definitiva rivincita su questi mali, e questo lo rende il simbolo più eloquente della speranza che il mondo abbia mai visto.

Parla a tutti coloro che soffrono – gli oppressi, i malati, i poveri, gli emarginati, le vittime della violenza – ed offre loro la speranza che Dio può trasformare la loro sofferenza in gioia, il loro isolamento in comunione, la loro morte in vita. Offre speranza senza limiti al nostro mondo decaduto.

Ecco perché il mondo ha bisogno della croce.

Essa non è semplicemente un simbolo privato di devozione, non è un distintivo di appartenenza a qualche gruppo all’interno della società, ed il suo significato più profondo non ha nulla a che fare con l’imposizione forzata di un credo o di una filosofia. Parla di speranza, parla di amore, parla della vittoria della non violenza sull’oppressione, parla di Dio che innalza gli umili, dà forza ai deboli, fa superare le divisioni, e vincere l’odio con l’amore. Un mondo senza croce sarebbe un mondo senza speranza, un mondo in cui la tortura e la brutalità rimarrebbero sfrenati, il debole sarebbe sfruttato e l’avidità avrebbe la parola ultima.

L’inumanità dell’uomo nei confronti dell’uomo si manifesterebbe in modi ancor più orrendi, e non ci sarebbe la parola fine al cerchio malefico della violenza. Solo la croce vi pone fine. Mentre nessun potere terreno può salvarci dalle conseguenze del nostro peccato, e nessuna potenza terrena può sconfiggere l’ingiustizia sin dalla sua sorgente, tuttavia l’intervento salvifico del nostro Dio misericordioso ha trasformato la realtà del peccato e della morte nel suo opposto. Questo è quanto celebriamo quando diamo gloria alla croce del Redentore. Giustamente sant’Andrea di Creta descrive la croce come “più nobile e preziosa di qualsiasi cosa sulla terra […], poiché in essa e mediante di essa e per essa tutta la ricchezza della nostra salvezza è stata accumulata e a noi restituita” (Oratio X, PG 97, 1018-1019).

Cari fratelli sacerdoti, cari religiosi, cari catechisti, il messaggio della croce è stato affidato a noi, così che possiamo offrire speranza al mondo. Quando proclamiamo Cristo crocifisso, non proclamiamo noi stessi, ma lui. Non offriamo la nostra sapienza al mondo, non parliamo dei nostri propri meriti, ma fungiamo da canali della sua sapienza, del suo amore, dei suoi meriti salvifici.

Sappiamo di essere semplicemente dei vasi fatti di creta e, tuttavia, sorprendentemente siamo stati scelti per essere araldi della verità salvifica che il mondo ha bisogno di udire. Non stanchiamoci mai di meravigliarci di fronte alla grazia straordinaria che ci è stata data, non cessiamo mai di riconoscere la nostra indegnità, ma allo stesso tempo sforziamoci sempre di diventare meno indegni della nostra nobile chiamata, in modo da non indebolire mediante i nostri errori e le nostre cadute la credibilità della nostra testimonianza.

In questo Anno Sacerdotale permettetemi di rivolgere una parola speciale ai sacerdoti oggi qui presenti e a quanti si preparano all’ordinazione. Riflettete sulle parole pronunciate al novello sacerdote dal Vescovo, mentre gli presenta il calice e la patena: “Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore”.

Mentre proclamiamo la croce di Cristo, cerchiamo sempre di imitare l’amore disinteressato di colui che offrì se stesso per noi sull’altare della croce, di colui che è allo stesso tempo sacerdote e vittima, di colui nella cui persona parliamo ed agiamo quando esercitiamo il ministero ricevuto.

Nel riflettere sulle nostre mancanze, sia individualmente sia collettivamente, riconosciamo umilmente di aver meritato il castigo che lui, l’Agnello innocente, ha patito in nostra vece. E se, in accordo con quanto abbiamo meritato, avessimo qualche parte nelle sofferenze di Cristo, rallegriamoci, perché ne avremo una felicità ben più grande quando sarà rivelata la sua gloria.

Nei miei pensieri e nelle mie preghiere mi ricordo in modo speciale dei molti sacerdoti e religiosi del Medio Oriente che stanno sperimentando in questi momenti una particolare chiamata a conformare le proprie vite al mistero della croce del Signore. Dove i cristiani sono in minoranza, dove soffrono privazioni a causa delle tensioni etniche e religiose, molte famiglie prendono la decisione di andare via, e anche i pastori sono tentati di fare lo stesso. In situazioni come queste, tuttavia, un sacerdote, una comunità religiosa, una parrocchia che rimane salda e continua a dar testimonianza a Cristo è un segno straordinario di speranza non solo per i cristiani, ma anche per quanti vivono nella Regione.

La loro sola presenza è un’espressione eloquente del Vangelo della pace, della decisione del Buon Pastore di prendersi cura di tutte le pecore, dell’incrollabile impegno della Chiesa al dialogo, alla riconciliazione e all’amorevole accettazione dell’altro. Abbracciando la croce loro offerta, i sacerdoti e i religiosi del Medio Oriente possono realmente irradiare la speranza che è al cuore del mistero che celebriamo nella liturgia odierna.

Rinfranchiamoci con le parole della seconda lettura di oggi, che parla così bene del trionfo riservato a Cristo dopo la morte in croce, un trionfo che siamo invitati a condividere. “Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fil 2,9-10).

Ναι, αγαπητές εν Χριστώ αδελφές και αγαπητοί αδελφοί, εμάς δε μή γένοιτο καυχάσθαι ει μή εν τώ σταυρώ του Κυρίου ημών Ιησού Χριστού (cfr Gal 6:14). Αυτος ειναι η σωτηρία, η ζωή και η ανάστασις. Δια μέσου αυτου εσωθήκαμε και ελευθερωθήκαμε.

[Sì, amati fratelli e sorelle in Cristo, lungi da noi la gloria che non sia quella nella croce di Nostro Signore Gesù Cristo (cfr Gal 6,14). Lui è la nostra vita, la nostra salvezza e la nostra risurrezione. Per lui noi siamo stati salvati e resi liberi.]

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A CIPRO (E PUBBLICAZIONE DELL’INSTRUMENTUM LABORIS DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI) (4 – 6 GIUGNO 2010)

SANTA MESSA IN OCCASIONE DELLA PUBBLICAZIONE DELL’INSTRUMENTUM LABORIS DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI, PRESSO IL PALAZZO DELLO SPORT ELEFTHERIA A NICOSIA

Alle ore 9.00 di questa mattina, lasciata la Nunziatura Apostolica di Nicosia, il Santo Padre Benedetto XVI si trasferisce in auto al Palazzo dello Sport Eleftheria, dove, alle ore 9.30 celebra la Santa Messa in occasione della pubblicazione dell’Instrumentum Laboris dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi.
Partecipano alla Celebrazione Eucaristica i Patriarchi e i Vescovi Cattolici del Medio Oriente, con rappresentanze delle rispettive comunità. È presente Sua Beatitudine Chrysostomos II, Arcivescovo di Nuova Giustiniana e di Tutta Cipro.
La Santa Messa della solennità del Corpo e Sangue di Cristo è introdotta dal saluto di S.E. Mons. Youssef Soueif, Arcivescovo di Cipro dei Maroniti, Segretario Speciale dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi.
Dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Santo Padre Benedetto XVI pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

saluto con gioia i Patriarchi e Vescovi delle varie comunità ecclesiali del Medio Oriente che sono venuti a Cipro per questa occasione e ringrazio specialmente il Molto Reverendo Youssef Soueif, Arcivescovo Maronita di Cipro, per le parole che mi ha rivolte all’inizio della Messa.

Lasciatemi dire quanto io sia felice di avere questa opportunità di celebrare l’Eucarestia insieme a così tanti fedeli di Cipro, una terra benedetta dal lavoro apostolico di San Paolo e San Barnaba. Saluto tutti voi con grande affetto e vi ringrazio per l’ospitalità e per la generosa accoglienza che mi avete riservato. Estendo un particolare saluto agli immigrati Filippini e dello Sri Lanka ed alle altre comunità di immigrati che formano un significativo gruppo nella popolazione cattolica di questa isola. Prego perché la vostra presenza qui possa arricchire l’attività e il culto delle parrocchie alle quali appartenete e che a vostra volta possiate ottenere il sostegno spirituale dall’antica eredità cristiana della terra che avete scelta come vostra casa.

Oggi celebriamo la Solennità del Corpo e Sangue di Cristo. Corpus Christi, il nome dato a questa festa in Occidente, è usato nella tradizione della Chiesa per indicare tre distinte realtà: il corpo fisico di Gesù, nato dalla Vergine Maria, il suo corpo eucaristico, il pane del cielo che ci nutre in questo grande sacramento, e il suo corpo ecclesiale, la Chiesa. Riflettendo su questi diversi aspetti del Corpus Christi, giungiamo ad una più profonda comprensione del mistero della comunione che lega tutti coloro che appartengono alla Chiesa.

Tutti quelli che si nutrono del corpo e sangue di Cristo nell’Eucarestia sono riuniti dallo Spirito Santo in un solo corpo (cfr Preghiera Eucaristica II) per formare l’unico popolo santo di Dio. Così come lo Spirito Santo è sceso sugli Apostoli nel Cenacolo a Gerusalemme, lo stesso Santo Spirito è all’opera in ogni celebrazione della Messa per un duplice scopo: santificare i doni del pane e del vino affinchè diventino il corpo e sangue di Cristo e riempire coloro che sono nutriti da questi santi doni perché possano divenire un solo corpo ed un solo spirito in Cristo.

Sant’Agostino spiega magnificamente questo processo (cfr Sermone 272). Egli ci ricorda che il pane non è preparato a partire da un solo, ma da numerosi grani. Prima che questi grani diventino pane devono essere macinati. Egli fa qui allusione all’esorcismo al quale i catecumeni dovevano sottomettersi prima del loro battesimo. Ciascuno di noi che apparteniamo alla Chiesa ha bisogno di uscire dal mondo chiuso della propria individualità ed accettare la compagnia di coloro che condividono il pane con lui. Non devo più pensare a partire da “me stesso” ma da “noi”. E’ per questo che tutti i giorni noi preghiamo “nostro” Padre per il “nostro” pane quotidiano. Abbattere le barriere tra noi e i nostri vicini è prima premessa per entrare nella vita divina alla quale siamo chiamati. Abbiamo bisogno di essere liberati da tutto quello che ci blocca e ci isola: timore e sfiducia gli uni verso gli altri, avidità ed egoismo, mancanza di volontà di accettare il rischio della vulnerabilità alla quale ci esponiamo quando ci apriamo all’amore.

I grani di frumento, una volta schiacciati, sono mischiati nella pasta e cotti. Qui sant’Agostino fa riferimento all’immersione nelle acque battesimali seguita dal dono sacramentale dello Spirito Santo che infiamma il cuore dei fedeli con il fuoco dell’amore di Dio. Questo processo che unisce e trasforma i grani isolati in un solo pane ci presenta una immagine suggestiva dell’azione unificante dello Spirito Santo sui membri della Chiesa, realizzata in maniera eminente attraverso la celebrazione dell’Eucarestia. Coloro che prendono parte a questo grande sacramento diventano il Corpo ecclesiale del Cristo quando si nutrono del suo Corpo eucaristico. “Sii ciò che tu puoi vedere – dice sant’Agostino incoraggiandoli – e ricevi ciò che tu sei”.

Queste forti parole ci invitano a rispondere generosamente all’invito ad “essere il Cristo” per coloro che ci circondano. Noi siamo il suo corpo adesso sulla terra. Per parafrasare una celebre frase attribuita a santa Teresa d’Avila, noi siamo gli occhi con i quali la sua compassione guarda a coloro che sono nel bisogno, siamo le mani che egli stende per benedire e per guarire, siamo i piedi dei quali egli si serve per andare a fare il bene, e siamo le labbra con le quali il suo Vangelo viene proclamato. E’ quindi importante sapere che quando noi partecipiamo così alla sua opera di salvezza, noi non facciamo memoria di un eroe morto prolungando ciò che egli ha fatto: al contrario, Cristo è vivente in noi, suo corpo, la Chiesa, suo popolo sacerdotale. Nutrendoci di Lui nell’Eucarestia e accogliendo lo Spirito Santo nei nostri cuori, diventiamo veramente il corpo di Cristo che abbiamo ricevuto, siamo veramente in comunione con lui e gli uni con gli altri, e diveniamo autenticamente suoi strumenti, rendendo testimonianza a lui davanti al mondo.

“La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola” (At 4,32). Nella prima comunità cristiana, nutrita alla tavola del Signore, noi vediamo gli effetti dell’azione unificatrice dello Spirito Santo.

Condividevano i loro beni in comune, staccandosi da ogni bene materiale per amore dei fratelli. Hanno trovato soluzioni eque alle loro differenze come vediamo, per esempio, nella risoluzione della disputa fra Ellenisti ed Ebrei sulla distribuzione quotidiana (cfr At 6,1-6). Come più tardi ha detto un commentatore: “Vedi come questi cristiani si amano l’un l’altro e come sono pronti a morire l’uno per l’altro” (Tertulliano, Apologia,39). Ma il loro amore non era affatto limitato verso i loro amici credenti. Mai hanno considerato se stessi come esclusivi, privilegiati beneficiari del favore divino, ma invece come messaggeri inviati a spargere la buona notizia della salvezza in Cristo fino ai confini della terra. E fu così che il messaggio affidato agli Apostoli dal Signore Risorto, venne sparso in tutto il Medio Oriente e da qui al mondo intero.

Αγαπητοί εν Χριστώ αδελφοί και αγαπητές αδελφές, σήμερα είμαστε καλεσμένοι σαν ένα σωμα και μιά ψυχή να εξετάσουμε σε βάθος την κοινωνία μας με τον Κυριον και με τον πλησίον και να τον μαρτυρήσουμε μπροστά σε ολο τον κόσμο.

[Cari fratelli e sorelle in Cristo, oggi siamo chiamati, come loro, ad essere un cuore ed un’anima sola, approfondendo la nostra comunione con il Signore e tra di noi, ed essere suoi testimoni dinnanzi al mondo].

Siamo chiamati a superare le nostre differenze, a portare pace e riconciliazione dove ci sono conflitti, ad offrire al mondo un messaggio di speranza. Siamo chiamati ad estendere la nostra attenzione ai bisognosi, dividendo generosamente i nostri beni terreni con coloro che sono meno fortunati di noi. E siamo chiamati a proclamare incessantemente la morte e risurrezione del Signore, finché egli venga. Per lui, con lui ed in lui, nell’unità che lo Spirito Santo dona alla Chiesa, rendiamo onore e gloria a Dio nostro Padre celeste insieme a tutti gli angeli e santi che cantano le sue lodi per sempre. Amen.

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A CIPRO (E PUBBLICAZIONE DELL’INSTRUMENTUM LABORIS DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI) (4 – 6 GIUGNO 2010)

CONSEGNA DELL’INSTRUMENTUM LABORIS DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI, AL TERMINE DELLA SANTA MESSA PRESSO IL PALAZZO DELLO SPORT ELEFTHERIA DI NICOSIA
 

Al termine della Santa Messa celebrata questa mattina nel Palazzo dello Sport Eleftheria di Nicosia, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, S.E. Mons. Nikola Eterović, rivolge al Papa alcune parole di ringraziamento.
Quindi, all’atto di consegnare l’Instrumentum laboris a ciascun Membro del Consiglio Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, il Papa pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

ringrazio l’Arcivescovo Eterović per le gentili parole, e rinnovo il mio augurio a voi tutti, qui giunti in occasione dell’avvio della prossima Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Ringrazio per tutto il lavoro che è già stato fatto in previsione dell’Assemblea Sinodale, e vi prometto il sostegno della mia preghiera mentre entrate nella fase finale della preparazione.

Prima di iniziare, ritengo doveroso fare memoria del defunto Vescovo Luigi Padovese, che, come Presidente della Conferenza Episcopale Turca, ha contribuito alla preparazione dell’Instrumentum Laboris, che oggi vi consegno. La notizia della sua morte improvvisa e tragica, avvenuta giovedì, ha sorpreso e colpito tutti noi. Affido la sua anima alla misericordia di Dio onnipotente, ricordando quanto egli si impegnò, specialmente come Vescovo, per la mutua comprensione in ambito interreligioso e culturale e per il dialogo tra le Chiese. La sua morte è un lucido richiamo alla vocazione che tutti i cristiani condividono ad essere, in ogni circostanza, testimoni coraggiosi di tutto ciò che è buono, nobile e giusto.

Il motto scelto per l’Assemblea ci parla di comunione e testimonianza, e ci ricorda come i membri della primitiva comunità cristiana avevano “un cuore solo e un’anima sola” (cfr At 4,32). Al centro dell’unità della Chiesa c’è l’Eucaristia, dono inestimabile di Cristo al suo popolo e punto focale della celebrazione liturgica odierna in questa Solennità del Corpo e Sangue del Signore. Pertanto, non è senza significato che la data scelta per la consegna dell’Instrumentum laboris dell’Assemblea Speciale cada proprio oggi.

Il Medio Oriente ha un posto speciale nel cuore di tutti i cristiani, dal momento che fu proprio lì che Dio si è fatto conoscere ai nostri padri nella fede. Dal tempo in cui Abramo uscì da Ur dei Caldei obbedendo alla chiamata del Signore, sino alla morte e risurrezione di Gesù, l’opera salvifica di Dio fu compiuta mediante individui e popoli nelle vostre patrie. Da allora, il messaggio del Vangelo si è diffuso in tutto il mondo, ma i cristiani da ogni luogo continuano a guardare al Medio Oriente con speciale riverenza, a causa dei profeti e dei patriarchi, degli apostoli e dei martiri, ai quali dobbiamo così tanto, agli uomini e alle donne che hanno ascoltato la parola di Dio, hanno dato testimonianza ad essa, e l’hanno consegnata a noi appartenenti alla grande famiglia della Chiesa.

L’Assemblea Speciale del Sinodo dei vescovi, convocata su vostra richiesta, tenterà di approfondire i legami di comunione fra i membri delle vostre Chiese locali, come pure la comunione di queste medesime Chiese tra di loro e con la Chiesa universale. Questa Assemblea desidera inoltre incoraggiarvi nella testimonianza della vostra fede in Cristo, che voi rendete nei Paesi dove questa fede è nata ed è cresciuta. E’ inoltre noto che alcuni fra voi soffrono grandi prove dovute alla situazione attuale della regione.

L’Assemblea Speciale è un’occasione per i cristiani del resto del mondo di offrire un sostegno spirituale e una solidarietà per i loro fratelli e sorelle del Medio Oriente. E’ un’occasione per porre in risalto il valore importante della presenza e della testimonianza cristiane nei Paesi della Bibbia, non solo per la comunità cristiana a livello mondiale, ma ugualmente per i vostri vicini e concittadini. Voi contribuite in innumerevoli modi al bene comune, per esempio attraverso l’educazione, la cura dei malati e l’assistenza sociale, e voi operate per la costruzione della società.

Voi desiderate vivere in pace ed in armonia con i vostri vicini ebrei e mussulmani. Spesso agite con artigiani della pace nel difficile processo di riconciliazione. Voi meritate la riconoscenza per il ruolo inestimabile che rivestite. E’ mia ferma speranza che i vostri diritti siano sempre più rispettati, compreso il diritto alla libertà di culto e la libertà religiosa, e che non soffriate giammai di discriminazioni di alcun tipo.

Prego che i lavori dell’Assemblea Speciale aiutino a volgere l’attenzione della comunità internazionale sulla condizione di quei cristiani in Medio Oriente, che soffrono a causa della loro fede, affinché si possano trovare soluzioni giuste e durature ai conflitti che causano così tante sofferenze. In merito a questa grave questione, ripeto il mio appello personale per uno sforzo internazionale urgente e concertato al fine di risolvere le tensioni che continuano nel Medio Oriente, specie in Terra Santa, prima che tali conflitti conducano a uno spargimento maggiore di sangue.

Con tali pensieri, presento a voi il testo dell’Instrumentum laboris dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Dio benedica abbondantemente il vostro lavoro! Dio benedica tutti i popoli del Medio Oriente!

© Copyright 2010 – Libreria Editrice Vaticana

SALUTO DI MONS. ETEROVIC:

Beatissimo Padre,

La celebrazione del grande mistero dell’Eucarestia nella solennità del Ss.mo Corpo e Sangue di Cristo, rende attuale, in modo mirabile, il miracolo di unità e di comunione ecclesiale compiuto dal Signore. Veramente “tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati” (Lc 9, 17). La significativa celebrazione liturgica getta la sua luce sull’evento a cui Vostra Santità sta dando inizio.

Al termine di questa bellissima Eucaristia, Ella consegnerà, qui nel Palazzo dello Sport Eleftherìa di Nicosia, l’Instrumentum laboris ai rappresentanti dell’episcopato cattolico nei Paesi del Medio Oriente. Con questo gesto squisito Vostra Santità darà inizio idealmente alla celebrazione dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi che avrà luogo a Roma dal 10 al 24 ottobre 2010 sul tema La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola” (At 4, 32).


Anche a nome dei Patriarchi delle 6 venerate Chiese Orientali Cattoliche, del Patriarca di Gerusalemme dei Latini, che è pure Presidente della Conferenza dei Vescovi latini nelle Regioni Arabe (CELRA), a nome dei Presidenti delle Conferenze Episcopali della Turchia e dell’Iran, come pure dei Capi dei 4 Dicasteri della Curia Romana, membri del Consiglio Presinodale per il Medio Oriente della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, ringrazio vivamente Vostra Santità per la convocazione dell’Assemblea sinodale e per l’attenzione con la quale ha seguito la sua organizzazione. Con essa, tutti i Vescovi del Medio Oriente, inclusi quelli della Diaspora, rifletteranno sulla attuale situazione ecclesiale e sociale nelle rispettive Chiese sui iuris e pregheranno il Signore perché irrobustisca la fede dei cattolici e, anzi, di tutti i cristiani, che da quasi 2.000 anni vivono in queste terre santificate dalla vita, dalla morte e dalla resurrezione di Gesù Cristo.

Nel Medio Oriente vi sono situazioni difficili, che si possono paragonare alla dispersione della gente in ricerca del cibo per sopravvivere “in una zona deserta” (Lc 9, 12). Solo Gesù Cristo può compiere il miracolo radunandoli insieme ed offrendo loro nell’Eucaristia il cibo per la vita eterna, che è in grado di trasformare la loro esistenza e di fare di ognuno un suo intrepido testimone nella vita personale, familiare e sociale. Nell’Assemblea sinodale, sotto l’illuminata guida di Vostra Santità, la Chiesa nel Medio Oriente, che nell’unità cattolica è ricca di molteplici Tradizioni, implorerà da Dio Uno e Trino la grazia di ridonare un nuovo dinamismo pastorale alle feconde Chiese particolari del Medio Oriente affinché possano, illuminate dallo Spirito Santo, continuare la loro provvidenziale missione. Esse sono chiamate a lodare Dio in lingue imparentate con quella appresa e usata dal suo Figlio Unigenito, Gesù Cristo, ad annunciare la Buona Notizia alle nuove generazioni, impegnarsi sempre di più nella evangelizzazione e nella promozione umana. In tale campo, la Chiesa è aperta alla collaborazione con tutti gli uomini di buon volontà, specialmente con gli appartenenti ad altre due religioni monoteistiche, l’ebraismo e l’islam, che pure sono nate nel Medio Oriente.

Mentre ringraziamo Vostra Santità per tutto quello che sta facendo in favore dei cristiani del Medio Oriente, affidiamo l’esito dell’Assise sinodale alla preghiera di tutti i fedeli della Chiesa e all’intercessione della Beata Vergine Maria e dei santi di questa terra benedetta, fiduciosi che anche oggi si ripeterà la manifestazione della gloria di Dio per mezzo della potente parola del Signore Gesù ai discepoli: “Voi stessi date loro da mangiare” (Lc 9, 13).
Il cibo che la Chiesa può offrire agli uomini di buona volontà è la persona di Gesù Cristo, pane di vita eterna e creatore dei “nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia” (2 Pt 3, 13).

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