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Viaggio Apostolico di Sua Santità Benedetto XVI a Cipro 4-6 giugno 2010

Ultimo Aggiornamento: 11/06/2010 21:46
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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A CIPRO (E PUBBLICAZIONE DELL’INSTRUMENTUM LABORIS DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI) (4 – 6 GIUGNO 2010)

RECITA DELL’ANGELUS NEL PALAZZO DELLO SPORT ELEFTHERIA DI NICOSIA

Prima di concludere la Celebrazione Eucaristica, il Santo Padre Benedetto XVI guida la recita dell’Angelus con i fedeli convenuti nel Palazzo dello Sport Eleftheria a Nicosia.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PAROLE DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

a mezzogiorno è tradizione della Chiesa rivolgersi in preghiera alla Beata Vergine Maria, ricordando con gioia il suo pronto assenso a divenire la madre di Dio. E’ stato un invito che l’ha riempita di trepidazione e che lei avrebbe potuto appena comprendere. Era un segno che Dio aveva scelto lei, sua umile ancella, per cooperare con lui nell’opera di salvezza. Come non rallegrarci per la generosità della sua risposta!

Attraverso il suo “sì” la speranza della storia è divenuta una realtà, l’Unico che Israele aveva da lungo atteso venne nel mondo, dentro la nostra storia. Di lui l’angelo ha annunciato che il suo regno non avrebbe avuto fine (Lc 1,33).
Circa trent’anni dopo, trovandosi Maria piangente ai piedi della croce, dev’essere stato difficile mantenere viva questa speranza. Le forze delle tenebre sembrava che avessero avuto il sopravvento. E nel suo intimo lei avrebbe ricordato le parole dell’angelo. Ma anche nella desolazione del Sabato Santo la certezza della speranza la sostenne fino alla gioia della mattina di Pasqua. Ed anche noi, suoi figli, viviamo nella stessa fiduciosa speranza che la Parola fatta carne nel seno di Maria, mai ci abbandonerà. Egli, il Figlio di Dio e il Figlio di Maria, fortifica la comunione che ci lega insieme così che noi possiamo divenire testimoni di lui e del potere del suo amore che guarisce e riconcilia.

Imploriamo ora la Vergine Maria, nostra Madre, di intercedere per tutti noi, per il popolo di Cipro e per la Chiesa del Medio Oriente, con Cristo suo Figlio, il Principe della Pace.

* * *


Ora desidero dire alcune parole in lingua polacca nella lieta circostanza dell’odierna beatificazione di Jerzy Popiełuszko, sacerdote e martire.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Kościoła w Polsce, który dziś raduje się wyniesieniem na ołtarze księdza Jerzego Popiełuszki. Jego ofiarna posługa i męczeństwo są szczególnym znakiem zwycięstwa dobra nad złem. Niech jego przykład i wstawiennictwo budzi gorliwość kapłanów i rozpala miłość wiernych.

[Rivolgo un cordiale saluto alla Chiesa in Polonia, che oggi gioisce dell’elevazione agli altari del padre Jerzy Popiełuszko. Il suo zelante servizio e il martirio sono particolare segno della vittoria del bene sul male. Il suo esempio e la sua intercessione accrescano lo zelo dei sacerdoti e infiammino d’amore i fedeli laici.]


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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A CIPRO (E PUBBLICAZIONE DELL’INSTRUMENTUM LABORIS DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI) (4 – 6 GIUGNO 2010)

Discorso in occasione della visita alla Cattedrale Maronita di Cipro, Nicosia, 6 giugno 2010

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

sono molto contento di poter fare questa visita alla Cattedrale di Nostra Signora delle Grazie. Ringrazio l’Arcivescovo Youssef Soueif per le sue gentili parole di benvenuto a nome della comunità Maronita di Cipro e cordialmente saluto tutti voi con le parole dell’Apostolo: “Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo” (1 Cor 1,3)!

Visitando questo edificio compio nel mio cuore un pellegrinaggio spirituale verso ogni chiesa maronita dell’isola. Vi assicuro che, con la premura di un padre, sono vicino ad ogni fedele di quelle antiche comunità.

Questa chiesa Cattedrale in vari modi rappresenta la vera lunga e ricca storia, talvolta turbolenta, della comunità Maronita di Cipro. I Maroniti giunsero a queste rive in vari periodi durante i secoli e furono spesso duramente provati per rimanere fedeli alla loro specifica eredità cristiana. Tuttavia, nonostante la loro fede sia stata esaminata come l’oro nel fuoco (cfr Pt 1,7), sono rimasti perseveranti nella fede dei loro padri, una fede che è ora passata a voi, Maroniti Ciprioti di oggi. Vi esorto a far tesoro di questa grande eredità, di questo dono prezioso.

Questo edificio Cattedrale ci ricorda anche una importante verità spirituale. San Pietro ci dice che noi Cristiani siamo come pietre vive “costruiti come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo” (1Pt 2,5).

Insieme con i Cristiani sparsi nel mondo, siamo parte di questo grande tempio che è il Corpo Mistico di Cristo. Il nostro culto spirituale, offerto in molte lingue, in molti posti ed in una bella varietà di liturgie, è una espressione dell’unica voce del Popolo di Dio, unito in preghiera e in ringraziamento a lui in una permanente comunione gli uni con gli altri. Questa comunione, che abbiamo così cara, ci sospinge a portare la Buona Notizia della nostra nuova vita in Cristo a tutta l’ umanità.

Ιδου η πρόκλησις που σας αφήνω σήμερα: εγώ προσεύχουμαι ώστε η εκκλησία σας, με ενότητα μαζύ με τους ποιημένες σας και με τον Επίσκοπον Ρώμης, να αυξάνεται εις την αγιοσύνη, εις την πίστην του Ευαγγελίου και εις την αγάπη γιά τον Κύριον και για τον πλησίον.

[Questo è l’impegno che io condivido con voi oggi: prego perché la vostra Chiesa in unione con tutti i vostri pastori e con il Vescovo di Roma, possa crescere in santità, nella fedeltà al Vangelo e nell’amore per il Signore e per l’un l’altro.]

Raccomandando voi e le vostre famiglie, specialmente i vostri amati bambini, alla intercessione di San Marone, di cuore imparto a tutti voi la mia Apostolica Benedizione.

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06/06/2010 17:44

Il Papa a Cipro chiede alla politica visione morale e coraggio per il bene di qualsiasi società

Soluzioni giuste per costruire fiducia e amicizia


 C'è bisogno di persone coraggiose, rispettose degli altri e moralmente rette per servire il bene comune. La seconda giornata della visita a Cipro si apre con l'appello del Papa a superare "interessi egoistici" o "pressioni di parte" per "costruire fiducia e solidi vincoli di amicizia fra individui, popoli e nazioni". Benedetto XVI si rivolge ai politici e ai diplomatici ciprioti - incontrati sabato mattina, 5 giugno, a Nicosia - ma è chiaro il suo intento di parlare alle coscienze di tutti quelli che sono impegnati "a servire il bene degli altri nella società, a livello locale, nazionale e internazionale". A loro il Pontefice indica in particolare l'esigenza di risolvere le controversie riconoscendo con obiettività "le ingiustizie e le recriminazioni" in vista di "una genuina riconciliazione".
Un richiamo, questo, particolarmente attuale alla luce della situazione di divisione dell'isola, alla quale Benedetto XVI accenna indirettamente quando saluta un gruppo di profughi originari del nord del Paese, presenti al successivo incontro con la comunità cattolica locale. Alla quale il Papa ripropone la strada della "fiducia" per superare incomprensioni e diffidenze, esortandola a lavorare per consolidare l'unità con gli altri cristiani e promuovere il dialogo con le diverse religioni. È questo - spiega - il "fondamento per costruire una pace durevole e un'armonia fra i popoli di diverse religioni, regioni politiche e basi culturali".
Di pace e riconciliazione il Pontefice parla anche con l'arcivescovo ortodosso di Cipro Chrysostomos II . Durante l'incontro svoltosi a fine mattinata Benedetto XVI invoca "saggezza" per arrivare a "una giusta soluzione" della questione cipriota. Ed esprime preoccupazione per "la situazione di continuo conflitto" nel Medio Oriente. "Nessuno - avverte - può rimanere indifferente alla necessità di offrire sostegno in ogni maniera possibile ai cristiani di quella tormentata regione". Da qui l'invito alla "cooperazione ecumenica" per contribuire alla costruzione di una società "che si distingua per il rispetto dei diritti di tutti".



(©L'Osservatore Romano - 6 giugno 2010)
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06/06/2010 17:45

La ragione e il bene comune



Da Cipro il Papa lancia alla comunità internazionale un nuovo e forte appello alla ragione. Con uno scopo che può essere compreso e accettato da tutti, al di là di ogni divisione:  servire il bene comune. E questo in un Paese diviso innaturalmente e sulle soglie di una regione - il Vicino e il Medio Oriente - segnata da conflitti che sembrano non avere fine e costituiscono un pericolo permanente per la pace mondiale. Con la conseguenza gravissima di allargare l'abisso dell'odio e di mettere a rischio l'esistenza stessa di antichissime Chiese cristiane, proprio là dove il cristianesimo è nato e si è sviluppato nei primi secoli.
Non si deve scambiare il pacato ragionare di Benedetto XVI per un esercizio teorico e sterile di raffinata intellettualità. Al contrario, si tratta di parole che risuonano con immediata concretezza nel drammatico scenario della Terra santa - e Cipro vi appartiene da sempre - e dell'intero Medio Oriente. Parole basate su principi di cui erano convinti già Platone, Aristotele e gli stoici, ripresi nel medioevo da filosofi islamici e cristiani, come ha voluto ricordare il Papa con una sottolineatura carica di significato e di implicazioni esigenti per una contemporaneità che spesso non riconosce più la tradizione culturale su cui pure è fondata.
Dopo i discorsi pronunciati nel 2006 all'università di Ratisbona e nel 2008 a New York davanti alle Nazioni Unite, questo di Nicosia ai politici e diplomatici può essere considerato la terza grande variazione di Benedetto XVI sul tema della ragione, che deve governare i comportamenti di ogni persona. Ma, in concreto, come è possibile servire il bene comune dell'unica famiglia umana e purificare la politica dagli interessi di parte? Tre sono le vie indicate dal Papa nella città che il presidente cipriota Dimitris Christofias ha definito l'ultima capitale europea ancora divisa:  agire sulla base della conoscenza dei fatti reali, destrutturare le nefaste ideologie politiche che hanno disseminato di tragedie il Novecento, fondarsi sui  principi  etici  della  legge  naturale.
L'appello alla fiducia e alla convivenza è risuonato nell'incontro con la comunità cattolica nella scuola maronita, una gioiosa festa inondata dal sole e scandita da preghiere, canti struggenti, musiche (anche di Mikis Theodorakis) e danze coloratissime di bambini. In una celebrazione della memoria che ha reso percepibile, con efficacia toccante, l'anima di un popolo allontanato dai suoi villaggi, i cui nomi sono stati ricordati da Benedetto XVI. Proprio il sostegno a queste piccole comunità è il motivo primo della visita del Papa che, parlando ai cattolici ciprioti, si è di fatto rivolto a quelli in tutto il Medio Oriente per esortarli a ricercare l'unità nella carità con gli altri cristiani e al dialogo con gli appartenenti alle altre religioni per creare fiducia.
Dunque non a caso gli stessi accenti sono ritornati nell'incontro con l'arcivescovo Crisostomo II, che oggi guida una delle Chiese ortodosse più antiche e autorevoli. Questa Chiesa, talmente legata alle sorti del popolo di Cipro che nel 1960, ottenuta l'indipendenza, il suo capo religioso - Macario III, alla cui memoria il Papa ha reso omaggio - ne divenne anche il primo presidente, si è impegnata con decisione nel dialogo ecumenico. In questo le è vicina quella sorella di Roma, per contribuire alla costruzione di una società che rispetti ogni diritto, inclusi quelli alla libertà di coscienza e di culto. Come ha mostrato a tutti l'abbraccio di Benedetto XVI e Crisostomo II, che ha ricordato quello a Gerusalemme tra Atenagora e Paolo VI.

g. m. v.


(©L'Osservatore Romano - 6 giugno 2010)
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06/06/2010 17:46

Le visite di Benedetto XVI nella capitale cipriota

In difesa del valore universale della pace


dal nostro inviato Mario Ponzi

Azioni politiche purificate dagli interessi egoistici, dalle ingiustizie e dalle tribolazioni patite dalle popolazioni; moralità nella vita pubblica, in uno sforzo costante di fondare la legge positiva sui principi etici di quella legge naturale; unità dei cristiani per testimoniare il desiderio di pace e di fratellanza universale. Non ha fatto nomi, non si è riferito a situazioni particolari il Papa questa mattina, sabato 5, parlando ai rappresentanti diplomatici a Cipro. Ma non per questo il suo messaggio è stato meno chiaro:  il valore universale della pace va difeso, senza "se" e senza "ma" e nessuno ha il diritto di piegarlo a interessi egoistici - individuali o nazionali - o può fingere di non sapere.
È entrato così nel vivo il viaggio di Benedetto XVI a Cipro. La mattinata nella capitale è stata dedicata a visite di cortesia, con la parentesi gioiosa dell'incontro con la piccola comunità cattolica nella scuola di San Marone.
C'è una buona risonanza mediatica sull'evento. "Sulla carta - si legge stamane su "Alithià", uno dei più venduti quotidiani ciprioti - quello del Papa era un viaggio destinato ad avere grande risonanza, indipendentemente dai risvolti ecclesiali e politici. Si pensava che il solo fatto di vedere Benedetto XVI tra le nostre case avrebbe sicuramente galvanizzato l'interesse generale sull'isola. Ma quanto sta succedendo in queste ore non era certo prevedibile". "Cyprus Mail", un altro dei sette quotidiani nazionali, dedica sei pagine all'avvenimento. "È l'anima genuina degli isolani" spiega il francescano Umberto Barato, vicario per Cipro del patriarcato latino di Gerusalemme. A lui l'onore di ospitare il Papa a Nicosia. La nunziatura, dove risiede Benedetto XVI, è un piccolo appartamento ricavato in un'ala del convento annesso alla chiesa latina della Santa Croce, retta dai frati minori della Custodia di Terra Santa. "Non bisogna lasciarsi ingannare - continua - da quello che si vede qui intorno. Questa non è la vera Cipro". Padre Barato parlava dinanzi alla chiesa in attesa che dal giardino della nunziatura uscisse il corteo papale. In realtà quando le auto hanno varcato il cancellone di ferro dirette verso il palazzo presidenziale - dove il Pontefice avrebbe incontrato il presidente Christofias - lo sfilare è stato accolto da un silenzio surreale, se si eccettuano timidi applausi dei pochi civili ammessi. Siamo infatti nel cuore della zona blu, la fascia smilitarizzata e controllata dalle Nazioni Unite che divide in due la città e l'isola. Qui è severamente vietato anche solo avvicinarsi. Men che mai si possono scattare fotografie. "Durante il giorno - assicura padre Umberto - si sentono al massimo sferragliare i carri e i blindati militari".
Il corteo papale è stato fatto uscire da una porta laterale, perché quella centrale è sbarrata. Si affaccia su una strada nella quale un muro, innalzato di traverso, ha tolto ogni possibilità di vita. Il corteo ha solo sfiorato la zona. Quel tanto che è bastato perché si materializzasse davanti agli occhi degli ospiti la divisione tra le due anime di Cipro. Avevano le forme del filo spinato, delle mura sbrecciate dai colpi di artiglieria, delle garitte e delle feritoie difese da sacchetti di cemento ingrigiti dal tempo. Oltre il muro si vede dalle condizioni degli edifici, la situazione di abbandono in cui versa l'altra parte di una città ricca dei segni del passaggio di tanti popoli:  dagli arabi, ai turchi, ai crociati, ai veneziani, agli inglesi. Un'immagine che forse ancora dominava il pensiero del Papa, quando si è trovato a tu per tu con il presidente Christofias. Nel palazzo presidenziale si è trattenuto a colloquio con lui per una quindicina di minuti, poi insieme si sono recati nella cerimonial hall, dov'è avvenuta la presentazione dei rispettivi seguiti. Prima di lasciare la sala il Papa ha lasciato una frase autografa sul libro degli ospiti. "In occasione della mia visita a Cipro - ha scritto in inglese - mi piace invocare le benedizioni divine di pace e prosperità sul presidente e sul popolo della Repubblica di Cipro". Quindi, nel giardino del palazzo, l'incontro con le altre autorità della Repubblica e con il Corpo Diplomatico. Il discorso del Papa, in risposta a quello del capo dello Stato, è stato fondamentale per l'intera visita. Il presidente e i rappresentanti diplomatici hanno seguito con attenzione ogni parola, con evidenti cenni di approvazione. Tutti alla fine hanno applaudito convinti.
Molto gradita da Benedetto XVI l'esibizione dei piccoli violinisti che lo hanno accolto eseguendo musiche di Bach, di Mozart e altri compositori. Si trattava del Cyprous Young Strings Soloist, 8 bambine e 4 maschietti, diretti dal maestro Matheus Kariolous. Per uscire dal palazzo il Papa è nuovamente passato davanti alla statua dell'arcivescovo Makarios iii, l'arcivescovo ortodosso che nel 1960 fu eletto primo presidente della Repubblica. Benedetto XVI, quando era giunto al palazzo presidenziale aveva deposto una corona di fiori ai piedi della statua.
È stato durante il trasferimento verso la scuola elementare San Marone - uno dei ventidue istituti di istruzione cattolici di Cipro - che si è delineato il volto di una popolazione straordinaria. Nella scuola attendevano il Pontefice i rappresentanti delle comunità cattoliche locali. Ci sono tanti immigrati che hanno trovato accoglienza a Cipro. Si sono integrati senza difficoltà. Non subiscono discriminazioni. E oggi sono qui, gli uni accanto agli altri. Accompagnano il Papa fin dentro il campo sportivo. Tra loro anche alcuni abitanti di quattro villaggi maroniti nel nord di Cipro:  Kormakiti, Asomatos, Agia Marina e Karpasha. Benedetto XVI ha sfiorato con lo sguardo i loro volti, sui quali i segni della festa cancellano quelli della sofferenza quotidiana. Il Pontefice al di là della gioia sa leggere i segni della sofferenza. E li ha consolati con affetto paterno, aggiungendo al testo preparato parole di saluto improvvisate. Anche molti altri tra i fedeli maroniti che oggi abitano nel sud di Cipro hanno nel cuore la pena per gli affetti e per le case che sono stati loro strappati. A esprimere loro solidarietà sono giunti a Nicosia, per questa occasione, diciassette vescovi maroniti venuti da Siria, Libano, Grecia e addirittura dal Canada, dagli Stati Uniti d'America e dal Messico. Il Papa, rispondendo al saluto dell'arcivescovo Soueif, ha avuto per tutti parole di incoraggiamento. Li ha lasciati mentre i bambini, su musiche di Theodorakis, eseguivano danze tradizionali.
Benedetto XVI ha infine pranzato con l'arcivescovo ortodosso di Cipro, Sua Beatitudine Chrysostomos II . Poco prima i due si erano intrattenuti a colloquio privato. Quindi la visita alla tomba dell'arcivescovo Makarios iii e alla cattedrale. Infine lo scambio dei discorsi. Dopo aver ringraziato l'arcivescovo per l'aiuto offerto ai terremotati dell'Aquila, il Papa ha risposto alle preoccupazioni manifestate, venerdì a Paphos, da Chrysostomos II auspicando che presto i ciprioti possano trovare una soluzione ai loro problemi. Infine ha visitato il museo che conserva preziose icone dei secoli passati.


(©L'Osservatore Romano - 6 giugno 2010)
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TUTTI I VIDEO SU BENEDICT XVI.TV

IL PAPA A CIPRO: RACCOLTA DI VIDEO DI GLORIA TV

VIDEO

Santa Messa a Nicosia: servizio di Alessandra Buzzetti

Santa Messa a Nicosia: servizio di Stefano Maria Paci

Santa Messa a Nicosa: servizio di Lucio Brunelli

Il secondo giorno del Papa a Cipro: servizio di Alessandra Buzzetti

Consegna dell'Instrumentum Laboris: servizio di The Vatican

Il Papa a Cipro: servizio Tg5

Santa Messa a Nicosia: servizio di The Vatican

Santa Messa con il clero cipriota: servizio di The Vatican

Saluto del Papa a Chrysostomos II: video The Vatican

Incontro con la comunità cattolica: video The Vatican

Incontro con le autorità di Cipro: video The Vatican

Il Papa a Nicosia: il bellissimo servizio di Lucio Brunelli

Arrivo del Papa a Cipro: servizio di Stefano Maria Paci

Incontro Ecumenico: gli imperdibili servizi di Rome Reports

Arrivo del Papa a Cipro: il bellissimo servizio di Rome Reports

Incontro ecumenico: video The Vatican

Prima visita del Papa in un momento delicato di Antonio Ferrari (audio)

Arrivo del Papa a Cipro: video Repubblica tv

Arrivo del Papa a Cipro: video The Vatican

PODCAST

Pope Benedict XVI in Cyprus - Angelus, 6 giugno 2010

Pope Benedict XVi in Cyprus :Adress of the Holy Father on the occasion of the publication of the Instrumentum laboris of the Special Assembly for the Middle East, 6 giugno 2010

Pope Benedict XVI in Cyprus: Eucharistic Celebration at the Eleftheria sports centre in Nicosia, 6 giugno 2010

Pope Benedict XVI in Cyprus - meeting with the civil authorities and diplomatic corps, 5 giugno 2010

Pope Benedict XVI in Cyprus - Ecumenical Service, 4 giugno 2010

FOTO

Il blog degli amici di Papa Ratzinger [3]
 
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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A CIPRO (E PUBBLICAZIONE DELL’INSTRUMENTUM LABORIS DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI) (4 – 6 GIUGNO 2010)

CERIMONIA DI CONGEDO

DISCORSO DEL SANTO PADRE


Signor Presidente,
Distinte Autorità,
Signore e Signori,

è giunto ormai il tempo per me di lasciarvi, dopo il mio breve ma fruttuoso Viaggio Apostolico a Cipro.

Signor Presidente, la ringrazio per le gentili parole e sono felice di esprimere la mia gratitudine a Lei per tutto quello che Lei, il suo Governo e le Autorità civili e militari hanno fatto per rendere la mia visita un memorabile successo.

Mentre lascio la vostra terra, come molti pellegrini prima di me, ricordo ancora come il Mediterraneo è formato da un ricco mosaico di popoli con le loro proprie culture e le loro bellezze, calore ed umanità. Nonostante tale realtà, il Mediterraneo Orientale, al medesimo tempo, non è estraneo a conflitto e spargimento di sangue, come abbiamo tragicamente visto negli ultimi giorni. Raddoppiamo i nostri sforzi al fine di costruire una pace reale e duratura per tutti i popoli della regione.

Assieme a questo obiettivo generale, Cipro può giocare un ruolo particolare nel promuovere il dialogo e la cooperazione. Impegnandovi pazientemente per la pace dei vostri focolari domestici e per la prosperità dei vostri vicini, voi sarete ben preparati ad ascoltare e comprendere tutti gli aspetti di molte complesse questioni, ed aiutare i popoli a giungere ad una maggiore comprensione gli uni degli altri. La strada che state percorrendo è una di quelle alle quali la comunità internazionale guarda con grande interesse e speranza e noto con soddisfazione tutti gli sforzi compiuti per favorire la pace per il vostro popolo e per tutta l’isola di Cipro.

Mentre rendo grazie a Dio per questi giorni che hanno visto il primo incontro della comunità cattolica di Cipro con il successore di Pietro nella vostra terra, ricordo anche con gratitudine i miei incontri con le altre autorità cristiane, in particolare Sua Beatitudine Crisostomo II, che ringrazio per la loro fraterna accoglienza.

Spero che la mia visita qui possa essere un ulteriore passo lungo il cammino che è stato aperto prima di noi con l’abbraccio a Gerusalemme dell’allora Patriarca Atenagora ed il mio venerabile predecessore Papa Paolo VI. I loro primi passi profetici compiuti insieme ci hanno indicato la strada che anche noi dobbiamo percorrere. Abbiamo un appello divino ad essere fratelli, a camminare fianco a fianco nella fede, umili davanti a Dio onnipotente e con inscindibili legami di affetto l’uno per l’altro. Nell’invitare i fedeli cristiani a continuare questo cammino, desidero assicurarli che la Chiesa Cattolica, con la grazia di Dio, impegnerà se stessa per raggiungere l’obiettivo della perfetta unità nella carità tramite una stima più profonda verso ciò che Cattolici ed Ortodossi hanno di più caro.

Lasciatemi anche esprimere ancora la mia sincera speranza e preghiera che, insieme, Cristiani e Musulmani diverranno un lievito di pace e riconciliazione tra i Ciprioti e ciò sarà di esempio per gli altri Paesi.

Infine, Signor Presidente, mi permetta di incoraggiare Lei ed il suo Governo nella vostra alta responsabilità. Come ben sapete, fra i vostri compiti più importanti vi è quello di assicurare la pace e la sicurezza di tutti i Ciprioti.

Avendo pernottato in questi ultimi giorni nella Nunziatura Apostolica, che si trova nella zona cuscinetto sotto il controllo delle Nazioni Unite, ho potuto vedere di persona qualcosa della triste divisione dell’isola, come pure rendermi conto della perdita di una parte significativa di un’eredità culturale che appartiene a tutta l’umanità.

Ho potuto anche ascoltare Ciprioti del nord che vorrebbero ritornare in pace alle loro case e ai loro luoghi di culto, e sono stato profondamente toccato dalle loro richieste.

Certamente, verità e riconciliazione, insieme al mutuo rispetto, sono il fondamento più solido per un futuro in unità e pace per quest’isola e per la stabilità e prosperità di tutti i suoi abitanti. Molto di positivo è stato raggiunto, a questo riguardo, negli anni scorsi, per mezzo di un dialogo concreto, benché ancora molto rimanga da fare per superare le divisioni. Mi permetta di incoraggiare Lei ed i suoi concittadini a lavorare con pazienza e costanza con i vostri vicini per costruire un futuro migliore e più sicuro per tutti i vostri figli. In questo impegno, sia certo delle mie preghiere per la pace di tutta Cipro.

Κύριε Πρόεδρε και αγαπητοί φίλοι, με αυτά τα σύντομα λόγια, σας αποχαιρετώ. Σας ευχαριστώ πάρα πολύ και εύχομαι ο Τριαδικός Θεος και η Παναγία να σας ευλογούν πάντα. Χαίρετε! Ειρήνη μαζί σας!

[Signor Presidente, cari amici, con queste brevi parole vi porgo il mio arrivederci. Grazie mille e che la Trinità Santissima e la Vergine Tutta Santa vi benedica sempre. Addio! La pace sia con voi!]

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Lebanese Maronite Cardinal Nasrallah Boutros Sfeir kisses Pope Benedict XVI's hand during mass at Eleftheria stadium in Nicosia on June 6, 2010 on the third and last day of his visit to Cyprus, a mostly Greek Orthodox Christian Mediterranean island.
Lebanese Maronite Cardinal Nasrallah Boutros Sfeir walks away after kissing Pope Benedict XVI's hand during mass at Eleftheria stadium in Nicosia on June 6, 2010 on the third and last day of his visit to Cyprus, a mostly Greek Orthodox Christian Mediterranean island.
A policeman stands in front of anti-Pope banners during a demonstration by Greek Orthodox Cypriots to protest the visit of Pope Benedict XVI, outside the Eleftheria Sports Centre in Nicosia as the pontiff holds a mass inside on the third and final day of his visit to the mostly Greek Orthodox Mediterranean island of Cyprus on June 6, 2010.
A policeman stands in front of anti-Pope banners during a demonstration by Greek Orthodox Cypriots to protest the visit of Pope Benedict XVI, outside the Eleftheria Sports Centre in Nicosia as the pontiff holds a mass inside on the third and final day of his visit to the mostly Greek Orthodox Mediterranean island of Cyprus on June 6, 2010.
Cypriot President Demetris Christofias and his wife Elsie attend a mass by Pope Benedict XVI's at Eleftheria stadium in Nicosia on June 6, 2010 on the third and last day of his visit to Cyprus, a mostly Greek Orthodox Christian Mediterranean island.
Priests give the communion to pilgrims during a mass celebrated by Pope Benedict XVI at the Fatima's Sanctuary, in Fatima, on May 13, 2010. Pilgrims flooded the shrine of Fatima today, many after spending the night outdoors, to attend a mass celebrated by Pope Benedict XVI at one of Christianity's biggest shrines. A Church spokesman said around half a million people had turned out, more than for Benedict's predecessor John Paul II when he last visited exactly 10 years ago.
Pope Benedict XVI waves as he boards an aircraft bound for Rome in Nicosia June 6, 2010, ending his three-day visit in Cyprus.
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Padre Lombardi sul viaggio a Cipro: un bilancio oltre le attese

Per un bilancio del
viaggio del Papa a Cipro
, ascoltiamo il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, al microfono di Adriana Masotti:

R. – E’ una valutazione estremamente positiva, che viene ad aggiungersi anche ai due viaggi precedenti. Una cosa che colpisce è che nel giro di poco più di un mese e mezzo abbiamo avuto tre viaggi all’estero del Papa, tutti e tre coronati direi da grandissimo successo, rispetto agli obiettivi che si potevano attendere e anche al di là di essi.
Mi pare che i grandi risultati si possano notare nel campo ecumenico. Proprio questo abbraccio di pace durante la Messa, questa mattina, tra il Papa e Chrysostomos, è il simbolo di questo incontro che segna un passo ulteriore sulla lunga strada dell’ecumenismo, ma con una Chiesa, come quella di Cipro, che pur essendo piccola numericamente è molto significativa nel movimento ecumenico, soprattutto nell’ambito ortodosso, e molto ricca di iniziative, e che quindi si è sentita certamente incoraggiata e onorata dalla presenza, dall’attenzione del Papa con questa visita specifica, proprio nella sua dignità di Chiesa che cammina alla ricerca dell’unità, pure nella fedeltà alle radici, che per questa Chiesa sono antichissime e risalgono a Barnaba e Paolo e al loro primo viaggio apostolico. Quindi, questo incontro con la Chiesa ortodossa è certamente positivo. Le contestazioni di cui si è parlato qualche volta sono rimaste assolutamente marginali, direi insignificanti in un bilancio globale.
Poi è stato certamente un evento assolutamente storico per la comunità cattolica cipriota, nelle sue diverse componenti, con momenti molto belli, entusiasmanti: l’incontro presso la suola maronita, con un momento di festa, di canti, di manifestazioni culturali, la Messa nella Chiesa della Santa Croce e poi stamattina la grande Messa, in cui ci sono state 8500 comunioni, il che vuol dire che erano presenti almeno 10 mila cattolici, che sono una parte sostanziale, la maggior parte, si può dire tranquillamente, dei cattolici presenti sull’isola. Certo non hanno mai potuto vivere un momento di unione e di entusiasmo, di mutuo sostegno nella fede, come quello di questa mattina, in cui hanno avuto addirittura al centro il Pastore universale ad incoraggiarli, ad invitarli, a vivere la comunione. Tra l’altro, il Papa faceva rilevare che è proprio la festa del Corpo e Sangue di Cristo, quindi la festa dell’Eucaristia che manifesta la comunione, costruisce la comunione nella Chiesa. E anche dal punto di vista del popolo di Cipro in generale, e anche delle sue autorità, il viaggio è stato molto ricco ed espressivo. Le autorità, sia quelle politiche, sia quelle religiose, hanno fatto presente con molta forza le loro attese, i loro problemi, connessi anche alla situazione di divisione dell’isola, di rischio di perdita del patrimonio culturale cristiano e così via. Lo hanno fatto con molta chiarezza, approfittando anche dell’occasione di avere un ospite così importante. Il Papa ha risposto da par suo con grande equilibrio e con chiarezza, sostenendo quelli che sono i principi fondamentali della convivenza: il rispetto dei diritti della persona umana e il diritto di poter tornare ai propri luoghi originari, essere in comunicazione con essi per coloro che li hanno dovuti lasciare, il diritto alla libertà religiosa, alla libertà di coscienza, alla libertà di culto. Ecco, quindi, in modo molto pacato il Papa ha saputo dimostrare la sua sensibilità a questi problemi e anche le vie attraverso cui si possono superare, così come negli appelli di pace per la regione del Medio Oriente. Alla conclusione della Messa c’è stato un appello molto esplicito proprio per la pace nel Medio Oriente e l’impegno di tutti in questa direzione. Tra l’altro, la venuta del Papa, e l’aver scelto Cipro come luogo del lancio del Sinodo del Medio Oriente, ha dato grandissima dignità all’isola in se stessa come crocevia, come punto di incontro, come luogo dove si può convenire da tutti i vari Paesi del Medio Oriente. Quindi, la dignità, l’importanza storica, culturale, religiosa di quest’isola è stata affermata nei fatti dal Papa e dalla Chiesa cattolica con grande evidenza, proprio approfittando di questo viaggio.

D. – Alla Messa erano presenti tutti i patriarchi e numerosi vescovi delle Chiese del Medio Oriente e il Papa ha consegnato loro l’Instrumentum laboris. L’importanza di questo momento...

R. – Il Sinodo è la risposta principale che in questi mesi il Papa cerca di dare ai problemi dei cattolici e dei cristiani nel Medio Oriente, che sono problemi molto gravi. Sappiamo quante violenze essi subiscono, quanto rischio di essere costretti all’emigrazione, ad abbandonare queste terre fondamentali per la nostra fede. E allora il Sinodo è chiamare insieme le diverse componenti, che sono molte, della Chiesa cattolica nel Medio Oriente, per ridarle forza, dignità, entusiasmo nello svolgere in questa terra la sua testimonianza e la sua missione, anche se in condizioni di minoranza. Ora la consegna, qui in terra di Medio Oriente, dello strumento fondamentale, su cui ci si misurerà poi nel corso dei prossimi mesi di preparazione e nel corso del Sinodo stesso ad ottobre in Roma, segna una tappa fondamentale. E quindi direi che questo sia proprio un momento molto importante, che guarda in avanti. Non è un viaggio che si conchiude in sé, ma anzi, un viaggio che apre un grande discorso della Chiesa cattolica e delle Chiese cristiane in favore del Medio Oriente, guardando avanti al Sinodo, che è una grande riunione, con delle discussioni, ma che speriamo sia anche l’inizio di una strada di impegno, di rinnovamento, di azioni concrete. Quindi, un avvio di un grande movimento che prende le mosse da questi giorni di Cipro. Vorrei notare purtroppo un’assenza nella Messa di questa mattina, che è stata notata anche dal Papa: l’assenza di mons. Padovese, che doveva essere presente e rappresentare la Turchia. Lui non c’era, non c’era nessun rappresentante della Turchia, che però è estremamente presente: come lui è nella nostra preghiera, nella nostra solidarietà spirituale, nel nostro impegno.

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07/06/2010 18:13

Il Papa conclude il viaggio a Cipro consegnando l'"Instrumentum laboris"
del prossimo Sinodo e invocando uno sforzo internazionale per risolvere le tensioni in Medio Oriente

La speranza per un mondo in cerca di pace


 La "triste divisione" di Cipro è l'emblema delle tensioni e dei conflitti che ancora lacerano drammaticamente il Medio Oriente. Il Papa l'ha avuta davanti agli occhi durante i tre giorni di permanenza nell'isola:  ne ha fatto esperienza diretta soggiornando nella nunziatura apostolica - situata nella zona cuscinetto controllata dalle Nazioni Unite - oltre ad averne ascoltato testimonianze di prima mano dai racconti dei profughi dal nord del Paese. E perciò, al momento del congedo - avvenuto nel pomeriggio di domenica 6 giugno - l'ha evocata espressamente, tornando a chiedere per Cipro "un futuro  migliore  e  più  sicuro"  fondato su verità, riconciliazione e mutuo rispetto.
Un appello che ha richiamato quello lanciato poche ore prima durante la messa a Nicosia, quando il Pontefice aveva denunciato le sofferenze dei cristiani e aveva chiesto "uno sforzo internazionale urgente e concertato" per trovare "soluzioni giuste e durature" ai conflitti che infiammano la regione mediorientale:  "Prima che tali conflitti - aveva precisato - conducano a uno spargimento maggiore di sangue". Parole nette ed esplicite, con le quali Benedetto XVI ha accompagnato la consegna dell'Instrumentum laboris del prossimo Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente ai rappresentanti delle Chiese locali e degli organismi coinvolti nella preparazione dell'assemblea. Un testo a cui aveva lavorato anche il vescovo Luigi Padovese - assassinato giovedì 3, proprio alla vigilia della visita papale - che il Pontefice ha ricordato con accenti commossi, invitando a leggere nella sua morte "un lucido richiamo alla vocazione che tutti i cristiani condividono a essere, in ogni circostanza, testimoni coraggiosi di tutto ciò che è buono, nobile e giusto".
Del valore della testimonianza resa in situazioni di difficoltà e sofferenza il Papa ha parlato anche ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici che hanno partecipato sabato pomeriggio alla messa nella chiesa della Santa Croce a Nicosia. A loro ha dettato un'ispirata e profonda meditazione sul significato della croce. Che non è - ha puntualizzato - solo "uno strumento di tortura, di sofferenza e di sconfitta", tantomeno "un simbolo privato di devozione" o "un distintivo di appartenenza a qualche gruppo all'interno della società". Il suo vero significato - ha aggiunto - "non ha nulla a che fare con l'imposizione forzata di un credo o di una filosofia". In realtà, essa parla di amore e di speranza. Anzi, è "il simbolo più eloquente della speranza che il mondo abbia mai visto". Nella croce i poveri, gli oppressi, i malati, gli emarginati trovano la certezza che Dio "innalza gli umili, dà forza ai deboli, fa superare le divisioni, e vincere l'odio con l'amore". Per questo "il mondo ha bisogno della croce". Senza di essa, "sarebbe un mondo senza speranza, un mondo in cui la tortura e la brutalità rimarrebbero sfrenate, il debole sarebbe sfruttato e l'avidità avrebbe l'ultima parola". Solo la croce può mettere fine "al cerchio malefico della violenza" e trasformare "la realtà del peccato e della morte nel suo opposto".



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07/06/2010 18:15

La croce e la Chiesa


La visita a Cipro di Benedetto XVI è stato un successo da ricordare, come ha detto lo stesso Papa nel congedarsi dal Paese. Come sempre, sono parole scelte attentamente e non si riferiscono soltanto alla riuscita esteriore, che è innegabile, del viaggio, ma soprattutto al suo significato più profondo. Il sedicesimo itinerario internazionale del pontificato - esplicitamente presentato come una continuazione di quello in Terra santa - è stato infatti importante innanzi tutto per la grande isola mediterranea, che festeggia il cinquantesimo dell'indipendenza e soffre tuttora di una divisione innaturale. Come ha mostrato la stessa ubicazione della nunziatura, dove il Papa ha vissuto in questi giorni e che è compresa nella zona cuscinetto controllata dai militari delle Nazioni unite nel cuore di una capitale spezzata.
Ma la portata del viaggio, in un Paese ortodosso, è storica per l'avvicinamento ulteriore a un'autorevole e veneranda Chiesa sorella, che sotto la guida dell'arcivescovo Crisostomo II si è impegnata con decisione nel cammino ecumenico. Un processo interno alle confessioni cristiane che costituisce anche un'indicazione e guarda al futuro in una regione - come il Vicino e il Medio Oriente - tormentata e troppo spesso insanguinata, dove l'unico percorso realistico per una pace reale e duratura è il confronto a tre fra cristiani, musulmani ed ebrei. Nonostante il riesplodere continuo della violenza in uno stato di tensione che sembra insormontabile, e anche di fronte alle ombre di episodi orribili come il massacro e l'assassinio di un uomo inerme, monsignor Luigi Padovese, testimone coraggioso della verità e della pace di Cristo.
È il mistero della croce, di cui Benedetto XVI ha parlato in un'omelia memorabile ricordando in primo luogo che l'uomo non può salvare se stesso dalle conseguenze dei propri peccati:  croce che allora non è tanto segno di sofferenza e di fallimento, quanto il simbolo più eloquente di cui il mondo ha bisogno. Proprio perché esprime la rivincita, compiuta da Cristo, su ogni male, compreso l'ultimo nemico che è la morte, significando la vera speranza che non delude. E oggi nel Vicino e Medio Oriente - ha detto il Papa con la sua forza mite - irradia questa speranza ogni cristiano che abbraccia la croce e si affida al suo mistero, non abbandonando, nonostante difficoltà e persecuzioni crescenti, i luoghi dove la Chiesa è nata ed è fiorita nei primi secoli.
Secondo una tradizione che risale addirittura agli apostoli, i cattolici e i cristiani - ma anche chiunque abbia a cuore i diritti dell'uomo, a iniziare dalla libertà di coscienza e di religione - non devono dimenticare i loro fratelli che vivono in questa parte del mondo. A loro sarà dedicata la prossima assemblea speciale del Sinodo dei vescovi, il cui documento di lavoro è stato consegnato dal Papa ai rappresentanti delle comunità cattoliche. È un testo che conferma il realismo della Chiesa e la sua disponibilità a costruire società dove la convivenza pacifica sia davvero possibile. Grazie al mistero della croce, segno della speranza portata da Cristo e testimoniata dalla Chiesa per il mondo.

g. m. v.


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07/06/2010 18:17

I contenuti del documento


Quaranta pagine compongono il documento per il lavoro dell'assemblea sinodale, pubblicato in arabo, francese, inglese e italiano.
Dopo la prefazione del segretario generale e l'introduzione, il primo capitolo parla della Chiesa cattolica in Medio Oriente, che è unica e presente in varie tradizioni:  oltre a quella latina vi sono, infatti, sei Patriarcati, ciascuno con il proprio patrimonio spirituale, teologico e liturgico. Il secondo tratta della comunione ecclesiale, che si manifesta mediante i segni del battesimo e dell'Eucaristia nella comunione con il Vescovo di Roma, Successore di Pietro, principio e fondamento perpetuo e visibile dell'unità.
Il terzo capitolo, il più corposo, affronta il tema della testimonianza cristiana, ribadendo l'importanza della catechesi e l'auspicio per "uno sforzo di rinnovamento" nella liturgia. Si riafferma l'urgenza dell'ecumenismo, attraverso la collaborazione per "l'unificazione delle feste cristiane (Natale e Pasqua) e la gestione comune dei Luoghi di Terra Santa". Si condanna il proselitismo e si rilanciano i rapporti con l'ebraismo, che hanno "nel Concilio Vaticano ii un punto di riferimento fondamentale". Il dialogo con gli ebrei è "essenziale, benché non facile", risentendo del conflitto israelo-palestinese. La Chiesa ritiene che "ambedue i popoli possano vivere in pace in una patria che sia la loro, all'interno di confini sicuri e riconosciuti". Ferma è la condanna dell'antisemitismo, mentre "gli attuali atteggiamenti negativi tra popoli arabi e popolo ebreo sembrano piuttosto di carattere politico". Per le relazioni con i musulmani si cita Benedetto XVI per il quale "il dialogo interreligioso e interculturale fra cristiani e musulmani non può ridursi a una scelta stagionale. Esso è una necessità vitale, da cui dipende il nostro futuro". Si aggiunge che "è importante avere i dialoghi bilaterali - con gli ebrei e con l'Islam - e anche il dialogo trilaterale". Le relazioni tra cristiani e musulmani sono difficili - si legge nel documento - soprattutto perché questi ultimi non distinguono tra religione e politica; il che mette i primi nella delicata situazione di non-cittadini di questi Paesi, mentre lo sono già da ben prima dell'arrivo dell'Islam. "Cristiani e musulmani sono chiamati a lavorare assieme per promuovere la giustizia sociale, la pace e la libertà, e difendere i diritti umani e i valori della vita e della famiglia" liberi da pregiudizi e stereotipi. Nella situazione conflittuale della regione i cristiani sono esortati a promuovere "la pedagogia della pace" contro il "terrorismo mondiale più radicale". Il loro contributo "che esige molto coraggio, è indispensabile" anche se "spesso" i Paesi mediorientali "identificano l'Occidente con il cristianesimo".
Il documento analizza anche l'impatto della modernità che al musulmano credente "si presenta con un volto ateo e immorale" e "come un'invasione culturale". Ma "la modernità è anche un rischio per i cristiani":  le società della regione sono infatti "minacciate dall'assenza di Dio, dall'ateismo e dal materialismo, dal relativismo e dall'indifferentismo". Rischi che "possono facilmente distruggere famiglie, società e Chiese". Da questo punto di vista "musulmani e cristiani devono percorrere un cammino comune". I cristiani, da parte loro, devono essere consapevoli di appartenere al Medio Oriente e di esserne "una componente essenziale come cittadini":  per essere "stati i pionieri della rinascita della Nazione araba", anche se "con la crescita dell'integralismo, aumentano ovunque gli attacchi contro di loro".
Il documento affronta quindi il tema dell'evangelizzazione, che nella società musulmana può avvenire solo attraverso la testimonianza. Perciò l'attività caritativa delle comunità cattoliche "verso i poveri e gli esclusi rappresenta il modo più evidente della diffusione dell'insegnamento cristiano".
Nella conclusione, infine, l'Instrumentum laboris sottolinea "le difficoltà del presente, ma, al contempo, la speranza, fondata sulla fede". La mancata risoluzione del conflitto israelo-palestinese, il non rispetto dei diritti e l'egoismo delle grandi potenze hanno destabilizzato la regione e imposto alle popolazioni violenza e disperazione. Ne consegue l'emigrazione massiccia dei cristiani, che sono esortati, sostenuti dalla comunità internazionale, a rimanere nelle loro terre.


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07/06/2010 18:19

Dalla cattedra della Croce un messaggio di liberazione


dal nostro inviato Mario Ponzi

Forse non avevano bisogno di nuove motivazioni, ma di una iniezione di fiducia e di speranza sì. Così Benedetto XVI ha riservato ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai movimenti ecclesiali laicali latini e maroniti due momenti di incontro e di preghiera.
Con la comunità latina il Papa ha celebrato la messa sabato pomeriggio, nella chiesa della Santa Croce, a pochi metri dalla sua residenza a Nicosia. È una chiesa parrocchiale. Può contenere circa 350 persone. Internamente si affaccia su un giardino fiorito come pochi se ne vedono. A volte ospita momenti di incontro organizzati dalla nunziatura, che si trova in un'ala dell'annesso monastero. Il più delle volte si anima per la presenza dei numerosi parrocchiani, immigrati per la maggior parte, che, dopo la messa, colgono l'unica occasione che hanno per incontrare i loro connazionali. Gli stranieri costituiscono la vera caratteristica di questa comunità ecclesiale latina. Solo duemila infatti sono cittadini ciprioti; altri settemila, pur essendo residenti stabilmente nell'isola sono originari di altri Paesi e ben quindicimila sono lavoratori stranieri che non hanno residenza permanente. In gran parte sono filippini; tanti nordafricani, diversi latinoamericani e molti srilankesi. Chiesa e comunità dipendono dalla cura pastorale del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini, poiché la parrocchia è una delle tre latine sull'isola - sono quattro in tutto - storicamente curate dai francescani della Custodia di Terra Santa. Ecco perché il saluto liturgico all'inizio della messa è stato rivolto al Papa dal patriarca latino di Gerusalemme, Sua Beatitudine Fouad Twal.
La messa era quella propria della santa Croce. La preghiera ha assunto il tono dell'invocazione universale. Si è pregato e cantato in greco, in latino e in inglese. Ma qualsiasi fosse la lingua usata la preghiera era unica e corale. Cipro è infatti uno di quei Paesi nei quali desiderio di libertà, orgoglio di popolo, tradizioni e fedi diverse sono totalmente mescolati e radicati da formare un'anima sola. I cattolici, siano essi latini, armeni o maroniti, danno il loro modesto ma fondamentale contributo all'amalgama di questa anima, offrendo una preziosa testimonianza.
Il Papa nella sua omelia ha additato la croce come esempio e testimonianza dell'amore di Cristo e ha invitato a identificare nel suo mistero le sofferenze che patiscono i cristiani in tante parti del mondo per le privazioni e le umiliazioni causate dalle differenze etniche e religiose. Ha quindi esortato i sacerdoti a uno sforzo ancora più grande, per diffondere soprattutto la loro capacità di perdonare.
E dalla figura del Papa ma soprattutto dalle sue parole si sono così rinnovati lo slancio del perenne invito all'unione fraterna, la tacita condanna della violenza, la speranza in un futuro di pace e di giustizia. Un discorso difficile da fare e da capire se si ripensa alla breve processione che ha accompagnato il Papa all'altare. Il corteo si è mosso dal vicino monastero e, per entrare nella piccola chiesa, è passato all'esterno, sotto lo sguardo dei militari delle Nazioni Unite di guardia sui tetti diroccati, e le forze turche a ridosso del filo spinato, sulla linea che spezza in due la città. Si avvertivano le note del canto d'introito e, per una strana coincidenza, il tocco delle campane che segnavano l'ora. Una melodia che invitava a volgere lo sguardo verso l'alto del cielo e lo scandire del tempo che costringeva a tenere i piedi per terra.
Ma forse proprio per questo l'invocazione del Papa ha assunto ancor più valore. Parlava ai sacerdoti latini lì davanti a lui, ma il suo sguardo era rivolto più a oriente, verso il resto della Terra Santa, che continua a essere bagnata dal sangue di vittime innocenti. La storia passata, e purtroppo quella recente, i luoghi comuni sulla mescolanza di fede e nazionalismo, di politica e religione sembrano effettivamente avallare alcuni timori. C'è bisogno di un rinnovamento da dentro. Questo è il vero grande ruolo che compete alle religioni:  favorire il rinnovamento spirituale. Un messaggio che è stato colto anche dallo sceicco Mohammed Nazim Abil Al-Haqqani, leader spirituale di un movimento sufi, 89 anni, personalità di spicco nel mondo islamico a Cipro, da sempre impegnato nel dialogo tra le religioni. Nonostante abbia dovuto compiere uno sforzo non indifferente soprattutto per le sue condizioni fisiche - dovute all'età - non ha voluto mancare l'incontro con il Papa. Lo ha atteso seduto su una sedia all'esterno della nunziatura. Si è alzato per andargli incontro appena lo ha visto. Si è scusato per il fatto di aver aspettato seduto, "ma sa - gli ha detto - sono molto anziano". E il Papa, tendendo le braccia quasi per sostenerlo, gli ha risposto:  "Capisco, sono anziano anch'io!". Il leader sufi gli ha spiegato che vive dietro la chiesa, nella parte Nord di Cipro, e che, dal momento in cui ha saputo del suo arrivo, è stato determinatissmo nel volerlo salutare. Nazim ha voluto lasciare al Papa in dono un bastone istoriato, una targa con parole di pace in arabo e un rosario musulmano. Il Pontefice, da parte sua, gli ha donato una medaglia. L'incontro si è concluso con un abbraccio fraterno e con l'assicurazione che ognuno di loro avrebbe pregato per l'altro. Quattro minuti in tutto, forse di meno. Ma si è trattato di una testimonianza dello sforzo che devono fare le religioni per trovare dentro se stesse la forza e la chiave per interpretare i segni dei tempi e condurre l'umanità verso la pace.
Lo ha ripetuto ai fedeli della sua Chiesa cattolica Benedetto XVI, anche durante l'incontro riservato ai maroniti. Hanno colto la delicatezza del pensiero del Papa il quale ha voluto recarsi nella loro chiesa cattedrale, dedicata a Nostra Signora delle Grazie. È stato l'ultimo momento della sua permanenza a Nicosia, domenica pomeriggio, prima di raggiungere l'aeroporto internazionale di Larnaca da dove è partito alla volta di Roma.
Nella cattedrale, posta nel cuore della città vecchia, circa trecento fedeli hanno accolto il Papa con un canto melodioso, della più pura tradizione liturgica maronita. Tra loro c'erano anche quanti hanno collaborato con il comitato organizzatore della visita. Dopo lo scambio dei discorsi - il Papa è stato salutato dall'arcivescovo maronita di Cipro, monsignor Joseph Soueif, e dal patriarca di Antiochia dei maroniti, Sua Beatitudine il cardinale Nasrallah Pierre Sfeir - è stata intonata la preghiera del perdono, secondo la liturgia siriaca. La cerimonia si è conclusa con un'invocazione a Maria e la successiva benedizione del Papa.
Mentre lasciava la chiesa lo seguiva l'eco di un canto, anche questa volta eseguito in lingue diverse, ma capaci di esprimere un unico sentimento di gratitudine per il dono di una presenza.


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07/06/2010 18:20

Le radici della pace crocevia dell'umanità


dal nostro inviato Mario Ponzi
 

Il viaggio apostolico del Papa a Cipro si è concluso - così come si era iniziato - con un gesto simbolico, significativo per quella Terra Santa "ancora insanguinata", che tanto sta a cuore a Benedetto XVI:  la benedizione di una pianta di ulivo, l'albero della pace per eccellenza. Lo aveva fatto appena giunto a Paphos venerdì pomeriggio, e lo ha fatto di nuovo all'aeroporto di Larnaca, domenica sera, 6 giugno, prima di lasciare l'isola.
Un messaggio molto semplice e molto chiaro il suo. È venuto a seminare la pace nel solco tracciato da Paolo, Barnaba e Marco; ha raccolto, per buona parte delle circa cinquantadue ore trascorse nell'isola, le speranze di pace di un popolo e le ha innestate in alberi secolari che saranno piantati, a ricordo e monito, in una terra che, forse mai come in questa circostanza, si è proposta al mondo intero come crocevia di popoli, razze, culture e religioni diverse; per poche ore specchio di quel sogno di pace che continua a sfuggire a tutta la martoriata regione mediorientale.
La pace dunque è stata il filo conduttore di questo nuovo pellegrinaggio del Papa. Le premesse c'erano tutte. La tragica uccisione in Turchia di monsignor Padovese, proprio nelle ultime ore prima della partenza; le ansie manifestate dal presidente cipriota Dimitris Christofias, per l'ultradecennale divisione dell'isola, le tensioni interne alla Chiesa ortodossa, nonostante le concrete manifestazioni di stima e di amicizia di Sua Beatitudine Crisostomo II; il dolore dei cattolici armeni defraudati delle loro chiese come delle loro case; l'emorragia cristiana nel Medio Oriente causata dall'odio razziale e religioso; le attese riposte nell'assise sinodale d'ottobre per la Chiesa in quest'area del mondo senza pace; i bagliori di guerra nel mare che bagna la Terra Santa. Il Papa è passato in mezzo a questa Chiesa e a questo popolo in affanno, con la sua consueta delicata ma ferma determinazione, non senza lasciare traccia.
La testimonianza più concreta si è avuta proprio domenica mattina, momento culminante di tutto il viaggio. Nel palazzo dello sport di Nicosia si doveva celebrare la messa per la consegna dell'Instrumentum laboris per la prossima assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi.
Una cerimonia che è stata rattristata da gravi episodi, causa di profondo dolore per il Pontefice. E non ne ha fatto mistero parlando dinanzi al mondo intero. Doveva esserci, a quella celebrazione, anche monsignor Padovese, il pastore che tanto aveva contribuito alla preparazione del documento di lavoro che di lì a poco il Papa avrebbe rimesso nelle mani dei rappresentanti delle Chiese del Medio Oriente. E Benedetto XVI ha fatto sì che fosse presente tra i protagonisti di questo momento di apertura simbolica dell'assise sinodale, ricordandone la personalità e il sacrificio. Così come ha voluto aggiungere nel suo calice il sangue versato, anche di recente, in questa parte di mondo e ripetere il suo "appello personale" perché fosse l'ultimo a bagnare queste terre, specie la Terra Santa.
La consegna del documento è avvenuta al termine della messa, alla quale hanno partecipato migliaia di persone, cattoliche e non, provenienti anche dalle altre Chiese della regione. Forse il momento più toccante di questa giornata è stato proprio lo sfilare dei patriarchi (Sfeir, Delly, Twal, Naguib, Tarmouni, Younan, Laham), dei presidenti delle Conferenze episcopali locali, dei tre cardinali a capo dei dicasteri della Santa Sede più direttamente coinvolti - Kasper, Sandri e Tauran - davanti al Papa per ricevere quel libriccino di appena quaranta pagine, nelle quali sono contenute tutte le attese e le speranze della Chiesa diffusa in quella vasta regione del mondo, che va dall'Egitto all'Iraq. "La Chiesa cattolica nel Medio Oriente:  comunione e testimonianza. La moltitudine di coloro che erano diventati credenti (Atti degli Apostoli, 4, 32) aveva un cuor solo e un'anima sola" il titolo del documento. I presuli che lo avevano ricevuto, lo stringevano tra le mani tradendo ora emozione, ora gioia, ora perplessità per un futuro che sanno comunque difficile. E mostravano anche un po' di preoccupazione per la grande responsabilità che il Papa aveva appena messo nelle loro mani, cioè guardare con onestà e sino in fondo anche all'interno della propria casa, per vedere, per capire.
Il testo è il frutto di un lavoro collettivo durato alcuni mesi. In esso sono affrontate tutte le situazioni difficili che vivono i cristiani nella regione, assediati da una parte dall'estremismo islamico che minaccia persino gli stessi musulmani, e dall'altra dai conflitti che ancora scuotono la Terra Santa. Vengono denunciate situazioni destabilizzanti, causate da occupazioni territoriali, vere e proprie "ingiustizie politiche", che di fatto limitano la libertà di movimento a popoli e individui, penalizzano lo sviluppo economico, la vita sociale e quella religiosa. Così come vengono denunciate le violenze perpetrate contro i cristiani, come per esempio accade in Iraq, e le angherie subite in regimi autoritari se non proprio dittatoriali, dove sono costretti a subire tutto in silenzio, nel tentativo di salvare almeno l'essenziale. Ma lo sguardo cade anche all'interno della Chiesa, dove si intrecciano debolezze strutturali, affannosa ricerca dell'unità anche tra i membri del clero, l'affacciarsi di posizioni estremistiche che tendono a giustificare atteggiamenti di ingiustizia, offrendo così una sorta di controtestimonianza, dannosa per la Chiesa e per il popolo dei fedeli.
Puntuale sembra il richiamo dell'arcivescovo Eterovic alla situazione vissuta dalla prima comunità cristiana in Terra Santa, costretta a vivere tra difficoltà e persecuzioni ai tempi della dominazione romana.
Per poche ore questo popolo e questa Chiesa, si sono ritrovati uniti davanti al Papa che è sembrato reincarnare per loro le figure degli antichi padri:  Paolo, Barnaba, Marco. Affollatissimo l'Eleftherìa, il palazzo dello sport della capitale. Generalmente può contenere seimila persone. Difficile dire quante ce ne fossero domenica mattina. Certo è che almeno il doppio erano all'esterno, nel grande parcheggio, attrezzato per l'occasione con maxischermi per consentire a tutti la partecipazione. Molta gente è venuta dalla Grecia, dalla Turchia, dall'Egitto, dall'Iraq, dalla Terra Santa, dall'Europa. Alcuni fedeli maroniti profughi dal nord rivendicavano con striscioni la liberazione delle loro case. Gli striscioni sono stati rimossi prima dell'arrivo di Benedetto XVI, perché non fosse confusa la cerimonia liturgica con altri tipi di manifestazione. Mentre è rimasto sul muro di fondo del complesso sportivo, proprio davanti all'altare del Papa, un manifesto assai significativo per il momento particolare che il Paese sta vivendo, proprio dopo la tragedia di monsignor Padovese:  "Santo Padre - era scritto sul manifesto - la Chiesa che è in Turchia ti ama".
Imponente il coro multirazziale che ha guidato il canto della composita assemblea. Formato per la gran parte da fedeli filippini, ne facevano parte coriste africane, srilankesi, musicisti libanesi e ciprioti. Sull'altare, a far corona al Pontefice, i porporati, i presuli e i prelati del seguito papale, i patriarchi e i vescovi rappresentanti delle Chiese cattoliche del Medio Oriente, diciassette vescovi maroniti provenienti da diverse parti del mondo, e numerosi sacerdoti.
Si è pregato in greco, in inglese, in arabo, in latino. Il rito è stato estremamente suggestivo. Sarà stato per l'emozione di certi canti o per i colori degli abiti tradizionali indossati dagli offerenti, o per la commozione che per lunghi tratti ha segnato il volto del Papa; sta di fatto che tutta la cerimonia si è risolta in una espressione di fede profonda, proposta in tutta la ricchezza di una tradizione che nulla toglie alla solennità del rito.
E poi il momento della presentazione dell'Instrumentum da parte dell'arcivescovo Eterovic e la successiva consegna alla Chiesa del Medio Oriente dalle mani del Papa.
I fedeli hanno seguito questo momento con una partecipazione incredibile. La gente semplice spesso comprende o intuisce molto più di qualsiasi commentatore che cerca nel bagaglio della propria cultura la chiave di interpretazione di una realtà che invece agli occhi della gente è già chiara.
Il popolo di Cipro ha mostrato di aver capito il messaggio di Benedetto XVI. Molto più di quanto non abbiano sottolineato i quotidiani nazionali, peraltro tutti abbastanza benevoli nei suoi confronti, con qualche rara eccezione ferma su posizioni estremiste. Del resto quello lanciato dal Papa - ed è stato chiarissimo in tutti i suoi discorsi, sino a quello del congedo - è stato un messaggio religioso e umano. Dunque molto più facile da capire di un qualsiasi discorso politico o ideologico. La Chiesa e il Papa non si muovono su un terreno politico. Ribadiscono principi generali, universali, religiosi e umani che nessun sistema politico e nessuna ideologia ha il diritto di tradurre, bandire o negare. A Cipro Benedetto XVI si è posto ai piedi della Croce e ha richiamato proprio quei valori fondamentali per l'uomo, per qualsiasi uomo libero. Ha invocato la giustizia, la solidarietà, la riconciliazione e la pace oltre ogni confine. Parlava a Nicosia ma il suo sguardo era rivolto altrove, laddove si trova l'ultimo uomo che soffre e spera in un futuro diverso.


(©L'Osservatore Romano - 7-8 giugno 2010)
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All'udienza generale il Papa parla dello "storico" viaggio a Cipro e ricorda la morte "improvvisa e tragica" di mons. Padovese

Un “evento storico” che “ha felicemente conseguito i suoi scopi”. Benedetto XVI ha definito con queste parole il senso e gli esiti del suo recente viaggio apostolico a Cipro. Il Papa ha parlato questa mattina alla folla che si è raccolta in Piazza San Pietro per ascoltare la sua
catechesi, dedicata alle principali tappe della visita: dagli incontri ecumenici a quelli pastorali, dai preparativi per il prossimo Sinodo delle Chiese del Medio Oriente all’appello ai cristiani affinché non emigrino dalla Terra Santa, fino al ricordo della morte “improvvisa e tragica” di mons. Luigi Padovese. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Dopo la Terra Santa l’anno scorso e Malta due mesi fa, Cipro. La visita apostolica dello scorso fine settimana nell’Isola ha permesso a Benedetto XVI di aggiungere un tassello al mosaico del suo pellegrinaggio sui luoghi che hanno fatto la storia della Chiesa. Il calore e la vivacità della minoranza cattolica e la cordialità riservatagli dalle altre comunità cristiane hanno toccato profondamente il Papa già nella celebrazione ecumenica iniziale. Tra i resti archeologici dell’antica Paphos, “in un’atmosfera che – ha osservato – sembrava quasi la sintesi percepibile di duemila anni di storia cristiana”, abbiamo “fraternamente rinnovato – ha affermato – il reciproco e irreversibile impegno ecumenico”, tra armeni, luterani, anglicani, ma soprattutto con la maggioranza ortodossa guidata dall'arcivescovo Chrysostomos II, profondamente legata alla realtà di Cipro:

“Questo radicamento nella tradizione non impedisce alla Comunità ortodossa di essere impegnata con decisione nel dialogo ecumenico unitamente alla Comunità cattolica, animate entrambe dal sincero desiderio di ricomporre la piena e visibile comunione tra le Chiese dell’Oriente e dell’Occidente”.

Temi diversi e ugualmente importanti sono stati sviluppati il giorno dopo, a Nicosia, davanti al presidente cipriota e alle autorità, dove il Papa ha detto di aver ribadito...

“...l’importanza di fondare la legge positiva sui principi etici della legge naturale, al fine di promuovere la verità morale nella vita pubblica. E’ stato un appello alla ragione, basato sui principi etici e carico di implicazioni esigenti per la società di oggi, che spesso non riconosce più la tradizione culturale su cui è fondata”.

Il resoconto di Benedetto XVI si è poi soffermato sugli incontri avuti con i cattolici di rito maronita e di rito latino, sull’esperienza del loro “fervore” e la constatazione dell’apprezzato ruolo “caritativo” svolto a livello sociale. Il Papa ha detto di aver percepito “in modo commovente l’anima della Chiesa maronita” e ha fatto riferimento a un gruppo di fedeli che vivono nel nord di Cipro, controllato dai turchi:

“E’ stata particolarmente significativa la presenza di alcuni cattolici maroniti originari di quattro villaggi dell’Isola dove i cristiani sono popolo che soffre e spera; ad essi ho voluto manifestare la mia paterna comprensione per le loro aspirazioni e difficoltà (…) A tutti, latini e maroniti ho assicurato il mio ricordo nella preghiera, incoraggiandoli a testimoniare il Vangelo anche mediante un paziente lavoro di reciproca fiducia fra cristiani e non cristiani, per costruire una pace durevole ed un’armonia fra i popoli”.

Una pace che non può prescindere dai cristiani di ogni zona della Terra Santa, ai quali Benedetto XVI si è appellato perché, ha auspicato...

“...nonostante le grandi prove e le ben note difficoltà, non cedano allo sconforto e alla tentazione di emigrare, in quanto la loro presenza nella regione costituisce un insostituibile segno di speranza. Ho garantito loro, e specialmente ai sacerdoti e ai religiosi, l’affettuosa e intensa solidarietà di tutta la Chiesa, come pure l’incessante preghiera affinché il Signore li aiuti ad essere sempre presenza vivace e pacificante”.

Il Papa ha terminato ricordando la Messa solenne del 6 giugno, durante la quale ha consegnato l’Instrumentum laboris ai vescovi che a ottobre, in Vaticano, parteciperanno al Sinodo sulle Chiese del Medio Oriente: un’area che occupa, ha detto il Pontefice, “un posto speciale” nel cuore della Chiesa e dalla quale giorni fa è stato brutalmente strappato uno dei suoi pastori:

“Insieme abbiamo pregato per l’anima del compianto vescovo mons. Luigi Padovese, presidente della Conferenza Episcopale turca, la cui improvvisa e tragica morte ci ha lasciati addolorati e sgomenti”.

Tra i numerosi saluti, al termine delle catechesi nelle varie lingue, da segnalare quello rivolto da Benedetto XVI ai fedeli polacchi, invitati ad affidarsi al loro nuovo Beato, don Jerzy Popiełuszko, in particolare, ha detto, “tutti coloro che soffrono a causa delle alluvioni e coloro che gli recano aiuto”. Quindi, dopo aver ricordato il Capitolo generale dei Missionari d’Africa, i cosiddetti “Padri Bianchi”, il Papa ha dedicato l’ultimo pensiero alla festa del Sacro Cuore di Gesù di dopodomani, che segnerà la conclusione dell’Anno Sacerdotale alla presenza di migliaia di presbiteri.

© Copyright Radio Vaticana

Testi del Santo Padre a Cipro:

Benedetto XVI ai giornalisti durante il viaggio a Cipro

Discorso del Papa alla cerimonia di benvenuto all’aeroporto internazionale di Paphos

Discorso del Papa in occasione della celebrazione Ecumenica (Cipro)

Discorso del Papa alle Autorità civili e il Corpo Diplomatico di Cipro

Benedetto XVI incontra la Comunità Cattolica di Cipro presso la Scuola elementare “St. Maron” a Nicosia.

Benedetto XVI si reca all’Arcivescovado ortodosso di Cipro a Nicosia, per la visita di cortesia a Sua Beatitudine Chrysostomos II

Omelia del Papa alla Santa Messa nella Chiesa di Holy Cross

Santa Messa in occasione della pubblicazione dell’Instrumentum Laboris dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi.

Discorso del Papa all’atto di consegnare l’Instrumentum laboris

Benedetto XVI guida la recita dell’Angelus nel Palazzo dello Sport Eleftheria a Nicosia.

Discorso in occasione della visita alla Cattedrale Maronita di Cipro, Nicosia

Cerimonia di congedo; discorso del Papa
 
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11/06/2010 21:46

Il cardinale Leonardo Sandri sul recente viaggio apostolico del Papa a Cipro

Un gesto significativo per le Chiese cattoliche d'Oriente


di Mario Ponzi


Una gioia grande per Chiese piccole, ma soprattutto un'iniezione di fiducia e di coraggio per superare sofferenze ataviche. È la lettura del recente viaggio apostolico di Benedetto XVI a Cipro offerta dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. In questa intervista al nostro giornale il cardinale parla dell'esperienza vissuta accanto al Papa in questa occasione, dell'impatto che la presenza del Papa ha avuto sulla vita e sulla missione delle Chiese cattoliche del Medio Oriente e dell'impegno che lo attende quale presidente delegato della prossima assemblea speciale del Sinodo dei vescovi.

Quale esperienza ha vissuto nel cuore delle Chiese mediorientali accanto al Papa?

Come accade ogni volta che mi è dato di ritrovarmi accanto al Papa mentre incontra le Chiese orientali, ho avvertito l'impulso che Egli sa offrire al rinnovamento nella vita di queste Chiese. Ed esse manifestano la gioia di poter riprendere il cammino con maggiore vigore grazie al contatto con il Papa. Sappiamo bene quanto ognuna di queste Chiese abbia bisogno di appoggio e di sostegno. Siamo piccole Chiese, noi Chiese orientali; viviamo in contesti difficili, circondati da maggioranze musulmane o di altre confessioni religiose; spesso siamo discriminate e a volte perseguitate; condividiamo questa condizione con altre Chiese cristiane. Abbiamo perciò bisogno di sentire la vicinanza del Papa. Credo che Benedetto XVI abbia mostrato quanto apprezzi e comprenda queste Chiese. Del resto tutto il suo grande magistero è imbevuto della tradizione delle Chiese orientali, della loro disciplina e teologia, dei padri orientali, dei concili ecumenici. Ecco perché esse desiderino così fortemente la vicinanza del Papa:  riconoscono la voce paterna del Vescovo di Roma perché ha il tono dell'Oriente cristiano.

 Durante questo viaggio il Papa ha posto un accento particolare sulle sofferenze patite da queste Chiese, non solo nel corso della loro lunga storia ma anche ai nostri giorni.

Il Papa ha ben presenti queste sofferenze e non a caso ha voluto radicarle nella Croce. Nella chiesa della Santa Croce ne ha parlato approfonditamente e ha invitato a guardare a quel sacro legno come centro della vita cristiana, in tutto il suo splendore nel mistero redentivo di Cristo che ci ha portato con sé nel cammino della redenzione. Un cammino, ha detto il Papa, che dobbiamo condividere. Non si potrebbe capire la vita delle Chiese orientali, che è visitata dalla sofferenza, se non ci fosse la luce della croce di Cristo. Sarebbe per loro e per noi un cammino incomprensibile.

Quale impatto può aver avuto sulla vita di queste Chiese l'assassinio di monsignor Padovese?

È stato certamente uno shock, direi, esistenziale. In Turchia la Chiesa è costituita da una minoranza tra le minoranze. Monsignor Padovese, vicario apostolico per l'Anatolia, svolgeva la sua missione aiutato da pochi sacerdoti. Il suo assassinio ha inferto un colpo tremendo alla vita di quella piccola comunità. Siamo tutti profondamente costernati e profondamente addolorati. Forti nella fede osiamo sperare che, come il chicco di grano che morendo dà vita a una ricca messe, il sacrificio di monsignor Padovese sia l'inizio di una nuova e più ricca stagione per le Chiese dell'Oriente. E che per la Turchia sia impegno nuovo nella realizzazione di un clima di convivenza tra cristiani e musulmani e di maggiore libertà per la Chiesa. Confidando nel Signore, abbiamo la speranza che ciò possa compiersi.

Domenica  a  Nicosia  lei  ha  ricevuto, come gli altri padri della Chiesa mediorientale, l'Instrumentum laboris per la prossima assemblea speciale del Sinodo. Cosa ne farà già da domani, essendo lei, tra l'altro, uno dei tre presidenti delegati?

Comincerò a immergermi in tutte le problematiche che esso propone e racchiude come in uno scrigno prezioso di indicazioni. Cercherò soprattutto il modo giusto per pormi in ascolto dei padri orientali per capire ancor di più la voce di quelle Chiese particolari, entrando nel fondo della loro anima. Esse si trovano al confine di un mondo senza pace, che provoca sofferenze ai popoli della regione, all'umanità intera e alla Chiesa universale. Il testo aiuta a scoprire gli elementi di speranza che le sostengono e ad apprendere la condivisione delle loro sofferenze ma anche delle gioie che nascono dallo stare insieme, dal ritrovarsi insieme e scoprirsi parte integrante dell'unica Chiesa di Cristo. Mi auguro veramente che questo Sinodo porti abbondanti frutti di pace. E rappresenti l'occasione propizia per riaffermare la necessità della presenza dei cristiani in Medio Oriente, a cominciare dalla Terra Santa, che non sarebbe se stessa se non ci fossero i cristiani.

Sono tanti gli ostacoli da superare e non tutti di carattere religioso. Cosa ha provato per esempio davanti al muro che divide in due Nicosia?

Sono tornato con il pensiero al muro che delimita i territori palestinesi e a tutti i muri, visibili e non visibili, che separano l'uomo dall'uomo. Provocano tutti grandi sofferenze. Cristo con la sua morte ha abbattuto tutti i muri eretti dal peccato. Ma l'uomo ne ha costruiti altri, di nuovo. Ecco da dove nasce il nostro dolore profondo. Cristo ha portato nel mondo la "vera" libertà per tutti e noi siamo stati capaci di rinnegarla. Niente muri ma "vera" libertà per tutti, nel vicendevole rispetto, e unione tra gli uomini e tra i popoli. Ecco ciò di cui c'è più bisogno in Medio Oriente oggi.

Cos'è che in questa sua esperienza accanto al Papa a Cipro l'ha colpita in modo particolare?

Mi ha colpito soprattutto la partecipazione personale del Papa alla gioia manifestatagli da tutti. Dai latini, dai maroniti, dagli armeni ma anche da quanti cattolici non sono. Mi è sembrato che ovunque lo abbiano accolto come un padre. È impressa in me l'emozione che il Papa comunicava, in ogni suo gesto, mentre cercava di farsi vicino con tutto il cuore alle Chiese cattoliche orientali, ai loro fedeli, ai loro popoli e a quanti ho visto piangere perché accarezzava i loro bambini, sfiorando i loro volti. Sono rimasto toccato interiormente dalla riconoscente accoglienza che le parole del Papa ricevevano ovunque, anche perché le esprimeva con pacatezza e delicatezza, specialmente quando reclamava il diritto alla pace e alla giustizia per tutti.

Quale messaggio hanno recepito i sacerdoti delle chiese orientali?

Certamente hanno compreso l'ennesimo forte richiamo del Papa a essere testimoni di Cristo nella vita sacerdotale. Un impegno ancor più grande alla luce dell'Anno sacerdotale che abbiamo vissuto:  quello di essere veramente "sale della terra e luce del mondo".

Come hanno vissuto i sacerdoti delle Chiese orientali questo periodo difficile vissuto dalla Chiesa universale a causa del cattivo comportamento proprio di alcuni sacerdoti?

L'hanno vissuto con tanta sofferenza, come tutto il resto della Chiesa. L'augurio è che anche questo tipo di sofferenza si trasformi in ulteriore impegno di conversione personale, in un invito a realizzare una vita sacerdotale santa per essere realmente testimoni del Vangelo.


(©L'Osservatore Romano - 12 giugno 2010)
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