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Pio XII tifava Bartali ma vinse il calvinista Koblet

Ultimo Aggiornamento: 04/10/2009 06:58
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04/10/2009 06:58

Anche nel 1950, in occasione del Giubileo, il Giro d'Italia terminò a Roma

Pio XII tifava Bartali ma vinse il calvinista Koblet


Domenica 31 maggio si conclude a Roma l'edizione del centenario del Giro d'Italia. Nell'occasione pubblichiamo un breve estratto dal libro L'Italia del Giro d'Italia (Bologna, il Mulino, 2009, pagine 295, euro 12).




di Daniele Marchesini
 

La rivalità sportiva inizia subito nel 1946. Coppi si aggiudica la Milano-Sanremo e Bartali il Giro della rinascita. L'anno seguente le parti si invertono. Per di più la Legnano non è più la squadra di entrambi, come nel Giro d'Italia del 1940, poiché Coppi riprende l'attività correndo con i colori della Bianchi alla quale resterà fedele per dieci anni senza interruzioni. Su questo antagonismo, all'origine tutto sportivo, si innesta ben presto una dimensione politica e anche culturale.
L'iniziativa in grande stile è del mondo cattolico il quale, trovato nel Pontefice il più autorevole dei riferimenti, rapidamente si avvia a diventare egemone nella società del dopoguerra sottolineando, tra l'altro, le finalità educative e morali dello sport. Secondo le indicazioni di Pio XII, contenute nel lungo discorso che egli rivolge ai dirigenti del Centro sportivo italiano e a diecimila sportivi romani già il 20 maggio 1945, esso "può e deve essere al servizio di Dio". 

Questa situazione che vede da una parte Luigi Gedda, presidente della Gioventù italiana di azione cattolica e futuro organizzatore dei comitati civici, giocare un ruolo fondamentale nel definire la strategia cattolica in materia di sport, dall'altra un giovane dell'ambiente cattolico democratico lombardo ruotante intorno a Giuseppe Lazzati - Vincenzo Torriani - approdare alla "Gazzetta dello Sport" (del cui "affitto" la curia milanese si è fatta appena promotrice a vantaggio del gruppo finanziario di Giuseppe Vismara) come responsabile dell'organizzazione del Giro in sostituzione del vecchio Armando Cougnet, questa situazione si combina perfettamente con il rapido ritorno alla ribalta del grande ciclismo grazie alla corsa a tappe italiana.
Il Papa mostra infatti un'attenzione particolare verso il mondo delle due ruote e la manifestazione organizzata dalla "Gazzetta", cui accorda ben tre udienze nello spazio di sei anni, tra il 1946 e il 1952.

Si comincia il 27 giugno 1946, con la benedizione ai girini in partenza per la tappa Roma-Perugia:  "Vorremmo... rilevare come lo sport della corsa merita una speciale considerazione, sia in se stesso, sia per il suo valore di simbolo... come elevata e fulgida è la realtà di cui questo sport è simbolo! Nella corsa verso la vita e la gloria eterna, voi lottate non per guadagnare un premio corruttibile o che può passare ad altre mani, ma con la speranza di una corona imperitura, che non espone nessuno di voi alla delusione di non essere il migliore, purché osserviate le leggi di questa sublime gara dello spirito e non vi lasciate arrestare da nessuna stanchezza e da nessun inciampo prima di avere toccato la meta. Andate dunque al sole radioso d'Italia... Andate, o prodi corridori della corsa terrena e della corsa eterna".
Due anni dopo, il 13 ottobre 1948, nell'accendere la lampada votiva offerta dai corridori italiani alla Madonna del Ghisallo - famosa salita di tanti Giri d'Italia e di Lombardia - loro patrona, il Pontefice esalta nuovamente l'esercizio dello sport secondo la "illuminatrice e salvatrice idea cattolica", e il valore della corsa tutta speciale che si arresterà solo "ai piedi della Madre di Dio e Madre nostra, la quale vi condurrà fino al Cuore di Gesù:  per Mariam ad Jesum!".

Nel 1950, Anno santo, il Giro si conclude a Roma e si ha l'ennesima prova dell'attenzione con cui Pio XII guarda ad uno sport nel quale emerge un cattolico di provata fede come Bartali.
Il Papa riceve nuovamente in udienza speciale i corridori. Perfetto sarebbe se Gino si presentasse in maglia rosa nelle sale del Vaticano, e invece, ironia della sorte, il privilegio tocca al protestante calvinista Hugo Koblet, primo straniero a vincere la corsa a tappe italiana in cui il toscano si piazza secondo distaccato di 5 minuti e 12 secondi.

A parte questo piccolo imprevisto, che guasta una festa che avrebbe potuto essere davvero straordinaria, il ritorno di Bartali sulle scene ciclistiche a pace ristabilita è in grande stile.
Il corridore toscano, che già nell'immediato anteguerra non faceva mistero della propria fede religiosa, con le sue vittorie dimostra la possibile simbiosi tra morale cattolica e successo mondano.
Bartali è ora l'eroe di un disegno rivolto a cattolicizzare la società, si trova più che mai a indossare i panni del cattolico fervente e vincente e a incarnare un modello di vita in cui si riassumono un po' tutti i valori della rinnovata antropologia cattolica, che nel corso degli anni a venire sarà ribadita da altre, autorevoli pubbliche dichiarazioni del Pontefice. Nel settembre 1947, alla folla accorsa in piazza San Pietro, Pio XII annuncia:  "La dura gara, di cui parla san Paolo, è in corso; è l'ora dello sforzo intenso. Anche pochi istanti possono decidere la vittoria. Guardate il vostro Gino Bartali, membro dell'Azione cattolica:  egli ha più volte guadagnato l'ambita maglia. Correte anche voi in questo campionato ideale, in modo da conquistare una ben più nobile palma".
È la consacrazione definitiva del toscano quale alfiere, nel mondo, delle perfette virtù cristiane. Virtù da additare ad un pubblico fatto non solo di adulti, ma specialmente di giovani e giovanissimi. Il 10 agosto 1952, poco dopo il doppio trionfo di Coppi al Giro e al Tour, sul settimanale cattolico per ragazzi "Il Vittorioso" Natale Bertocco - che si firma Papà Natale e che sul finire degli anni Trenta ha lavorato come osservatore-informatore delle vicende del mondo dello sport per conto della Direzione generale della pubblica sicurezza - fa uscire un articolo, dalle intenzioni forse consolatorie nei confronti del corridore toscano avviato verso la fine della carriera, che contiene passaggi eloquenti:  "I ragazzi hanno rivolto alla Madonna per te milioni di Ave Maria, e tu stesso hai dimostrato come debba vivere un atleta cristiano. Mai una volta m'è stato possibile vederti senza il distintivo della Gioventù cattolica all'occhiello. Solo qualche anno dopo, sposato, hai sostituito quello della Gioventù con l'altro degli Uomini. Hai accettato la dura croce della vita sportiva, della severa e pericolosa vita del corridore con gran cuore, con rassegnazione ("Grazie, Gino").
Bartali si trova perfettamente a suo agio nella parte, confortato da questo largo appoggio popolare e sostenuto com'è da una saldissima fede.

Nel 1947 il Giro scende verso sud, e nella tappa di Foggia Gino approfitta dell'occasione offerta dall'itinerario per confessarsi da Padre Pio. Nel corso del Tour del 1948 invoca ripetutamente la benedizione del Santo Padre - e la ottiene a Cannes, alla vigilia delle tappe alpine teatro dei suoi trionfi - al quale, dopo la vittoria, dona la maglia gialla conquistata in Francia.


(©L'Osservatore Romano - 31 maggio 2009)
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