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Quando il Papa disse: FATE CONOSCERE IL MAGISTERO DELLA CHIESA

Ultimo Aggiornamento: 04/10/2009 07:21
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04/10/2009 07:16

IL RICHIAMO

quanto segue  risale al 2004 vale la pena di meditare E APPLICRE se poi si vuole gridare "SANTO SUBITO"....

Parlando alla Congregazione per la dottrina della fede il Papa ha invitato a riflettere sull’accoglienza dei documenti


http://www.avvenire.it/


«Il Magistero non si può ridurre a una battuta»

Di Giorgio Bernardelli

Le verità affermate dal Magistero? Ai fedeli troppo spesso arrivano solo attraverso qualche battuta dei mass-media. Che il più delle volte ne distorcono il senso complessivo. È un'analisi allarmata quella che il Papa ha proposto ieri mattina, incontrando nella Sala Clementina i partecipanti alla plentaria della Congregazione per la dottrina della fede. Nel giro di orizzonti che ogni due anni compie col dicastero dottrinale della Santa Sede, Giovanni Paolo II ha scelto di toccare anche il tema della recezione dei documenti del Magistero da parte dei cattolici.

Prendendo le mosse da una fotografia non certo confortante del mondo dei media: quando viene pubblicato un nuovo testo - ha osservato il Pontefice - «i fedeli spesso sono disorientati più che informati dalle immediate reazioni dei mezzi di comunicazione sociale».

La preoccupazione è molto seria. Quella del Magistero - ha spiegato ancora il Papa - è una «parola autorevole che fa luce su una verità di fede o su alcuni aspetti della dottrina cattolica contestati o travisati da particolari correnti di pensiero e di azione».


E «promuovere e tutelare la verità della fede cattolica» è un compito che, proprio davanti alla Congregazione vaticana a questo deputata. Giovanni Paolo II ha definito ancora una volta fondamentale. «Le moltitudini - ha spiegato citando la sua enciclica Redemptoris missio - hanno il diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo».

Perché «la piena adesione alla verità cattolica non diminuisce, ma esalta la libertà umana».
Ma si può davvero conoscere questa verità se ciò che si ha a disposizione è solo un titolo ad effetto?


Di qui l'invito ai vescovi e alle comunità cristiane ad adoperarsi in prima persona affinché le indicazioni del Magistero arrivino ai cattolici nella loro interezza. Perché prima ancora che un fatto mediatico - ha precisato Giovanni Paolo II - la pubblicazione di un documento deve essere «un evento ecclesiale di accoglienza, nella comunione e nel la condivisione più cordiale della dottrina della Chiesa».


Ecco allora il consiglio rivolto all'interno della Chiesa di «prevedere modi opportuni di trasmissione e di diffusione di ogni documento, che ne consentano la piena conoscenza innanzitutto da parte dei Pastori della Chiesa, primi responsabili dell'accoglienza e della valorizzazione del magistero pontificio come insegnamento che contribuisce a formare la coscienza cristiana dei fedeli di fronte alle sfide del mondo contemporaneo».

L'udienza di ieri alla plenaria della Congregazione per la dottrina della fede ha offerto tuttavia al Papa l'occasione per soffermarsi su altri due temi importanti. Innanzi tutto il concetto di legge morale naturale, quelle «norme prime ed essenziali, patrimonio della sapienza umana, sulla base delle quali si può costruire una piattaforma di valori condivisi». Si tratta di un cardine oggi in molti ambienti messo in discussione; con la conseguenza da una parte «della diffusione tra i credenti di una morale di carattere fideista» e, dall'altra, della mancanza «di un riferimento oggettivo per le legislazioni, che spesso si basano solo sul consenso sociale».


Sono temi - ha ricordato Giovanni Paolo II - già affrontati nelle encicliche Veritatis splendor e Fides et ratio. «Purtroppo - ha aggiunto però - questi insegnamenti non sembra siano stati recepiti finora nella misura auspicata». Di qui l'invito alla Congregazione ad approfondire questo tema «cercando anche convergenze con rappresentanti delle diverse confessioni, religioni e culture».



Giovanni Paolo II ha chiesto di applicare la normativa canonica facendo attenzione alla «proporzionalità tra colpa e pena». Ma ha anche ricordato come la migliore garanzia stia «nella giusta ed equilibrata formazione dei futuri sacerdoti».


 

Precisi richiami di Giovanni Paolo II sull'odierno contesto culturale


ANGELO MARCHESI
 

C'è da augurarsi che non sia sfuggita a nessuno, sia egli un laico cristiano o un sacerdote, l'importanza del discorso che Giovanni Paolo II ha tenuto in occasione dell'udienza ai partecipanti alla Sessione plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede svoltasi recentemente a Roma (cfr L'Osservatore Romano di sabato 7 febbraio 2004).

Dopo che il Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto di tale Congregazione, aveva presentato un indirizzo di omaggio al Papa, Giovanni Paolo II, esprimendo il Suo gradimento per tale incontro, non ha mancato di porre subito in rilievo il difficile compito del richiamo "all'unità della fede e della comunione di tutti i credenti", messo a confronto con "l'odierno contesto culturale, qualificato sia da un diffuso relativismo come dalla tentazione di un facile pragmatismo", contesto culturale che richiede, più che in altri tempi, "l'annuncio coraggioso delle verità che salvano l'uomo e un rinnovato slancio evangelizzatore".

Impegnandoci tutti in questo chiaro annuncio, sulla scorta della Evangelii nuntiandi, espressamente qui menzionata dal Pontefice:  "si rende un enorme servizio agli uomini che cercano la luce della verità", giacchè nel Vangelo, che richiede "la libera adesione dell'uomo" tutta l'umanità può "trovare, in una pienezza insospettabile, tutto ciò che essa cerca su Dio, sull'uomo e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla verità", come ricorda la Redemptoris missio ( 7-8), dello stesso Giovanni Paolo II.

Il Papa ha aggiunto che intende richiamare a questa "nuova evangelizzazione" tutta la Chiesa, proprio all'inizio di questo terzo millennio, ed ha significativamente insistito sulla necessità di una chiara e completa "ricezione dei documenti magisteriali da parte dei fedeli cattolici, spesso disorientati - ha detto - più che informati dalle immediate reazioni e interpretazioni dei mezzi di comunicazione sociale".
Su questo rilievo val la pena di insistere giacché - come ha fatto notare lo stesso Pontefice - la ricezione di un documento e di un insegnamento della Chiesa "più che un fatto mediatico, deve essere visto soprattutto come un evento ecclesiale di accoglienza del magistero nella comunione e nella condivisione più cordiale della dottrina della Chiesa".
 
Sovente infatti accade che, per superficiale frettolosità informativa, gli odierni mezzi di comunicazione sociale (giornali e reti televisive) confezionino in una o due frasi, quando non addirittura in "slogan", quello che l'autorità magisteriale della Chiesa propone in un suo specifico insegnamento, dottrinale o morale, e che esige quindi completezza di informazione e di conoscenza e pacata riflessione.
Troppe volte i mezzi di comunicazione sociale, ovviamente non solo su temi religiosi, nella gara di arrivare per primi finiscono per distorcere o falsare quello che vorrebbero (e dovrebbero!) comunicare con maggiore precisione e completa correttezza.

Giovanni Paolo II su questo tema aggiunge espressamente:  "Affinché la ricezione diventi un autentico evento ecclesiale, conviene prevedere modi opportuni di trasmissione e di diffusione del documento stesso, che ne consentano la piena conoscenza innanzitutto da parte dei Pastori della Chiesa..." per poter poi "formare la coscienza cristiana dei fedeli di fronte alle sfide del mondo contemporaneo".

Quante volte invece accade di ascoltare frettolosi (ed arruffati) dibattiti televisivi o generiche interviste giornalistiche di certi personaggi su temi e problemi morali, religiosi o anche civili che esigerebbero ben altri spazi temporali e ben altri modi di riflessione e di valutazione, al fine di aiutare realmente gli ascoltatori o i lettori a costruire un loro motivato giudizio.

La civiltà delle immagini televisive e della carta stampata deve impegnarsi non a schokkare (come usa dire!) il cittadino, ma a farlo riflettere in modo più consapevole e responsabile! Questo vale tanto per le diverse comunità religiose dei nostri giorni, evitando anche perniciosi fondamentalismi, quanto nella più vasta comunità civile, che ha bisogno non di essere sottoposta a docce scozzesi, ma di essere educata alla discussione democratica e alla costruzione di un meditato e motivato consenso sui diversi problemi del nostro tempo.
Legge morale naturale come tema rilevante in due recenti encicliche
Giovanni Paolo II, proseguendo il suo discorso, ha poi richiamato l'attenzione sul problema della "legge morale naturale", osservando che:  "Tale legge appartiene al grande patrimonio della sapienza umana, che la Rivelazione, con la sua luce, ha contribuito a purificare e sviluppare ulteriormente. La legge naturale, di per sé accessibile ad ogni creatura razionale, indica le norme prime ed essenziali che regolano la vita morale". I richiami a tale legge morale naturale sono espressamente presentati nelle pagine della Veritatis splendor, al cap. II, con puntuali rinvii alla Summa theologiae (I IIae, qq. 90 - 97) di Tommaso d'Aquino, tutt'altro che sorpassato.

Alla luce di questo importante richiamo alla "legge morale naturale" sulla cui base "si può costruire una piattaforma di valori condivisi, intorno ai quali sviluppare un dialogo costruttivo con tutti gli uomini e con la società secolare", sempre Giovanni Paolo II rileva che:  "oggi, in conseguenza della crisi della metafisica, in molti ambienti, non si riconosce più una verità inscritta nel cuore di ogni persona umana", con la diffusione o di una "morale di carattere fideista" oppure con l'assenza di un "riferimento oggettivo per le legislazioni, che spesso si basano soltanto sul consenso sociale, così da rendere sempre più difficile giungere ad un fondamento etico comune a tutta l'umanità", come invece dovrebbe verificarsi se la predetta "legge morale naturale" avesse il suo accertato fondamento metafisico e la sua corretta formulazione, universalmente valida per tutti.

Proprio ai fini di questo necessario ed irrinunciabile  "fondamento etico", Giovanni Paolo II rinvia qui, a buon diritto, alle sue Encicliche Veritatis splendor e Fides et ratio in cui egli, con rigoroso approfondimento filosofico e teologico, ha voluto deliberatamente "offrire elementi utili a riscoprire, tra l'altro, l'idea della legge morale naturale". (Si vedano in particolare i capp. II e III della Veritatis splendor, dedicati al tema del rapporto tra legge, libertà, verità e coscienza morale ai 28 - 105).

"Purtroppo - aggiunge Giovanni Paolo II con un palese accorato accenno - questi insegnamenti non sembra siano stati recepiti finora nella misura auspicata e la complessa problematica merita ulteriori approfondimenti", suggerendo quindi di:  "promuovere opportune iniziative (...) per contribuire ad un rinnovamento costruttivo della dottrina sulla legge morale naturale, cercando anche convergenze con rappresentanti della diverse confessioni religiose e culture".
In queste parole non è chi non veda l'urgenza sociale e culturale di un siffatto invito e la positività di questa proposta che sottolineano con chiarezza che, senza un preciso riferimento a Dio libero creatore dell'uomo e del mondo, non è assolutamente possibile parlare di una "natura umana" e di una legge morale naturale, inscritta nella coscienza dell'uomo. È palese infatti che se non si riconduce, in ultima analisi, il tema e il problema della "natura umana" ad un atto creativo e libero di Dio, si finisce inevitabilmente, o col negare tale realtà della "natura umana", che sta a fondamento della dignità della "persona", o col travolgere la realtà dell'uomo in una concezione storicistica o relativistica che annulla ogni possibile riferimento a valori etici perenni e sottopone l'uomo ad ogni possibile manipolazione, priva di ogni regola.

Non a caso Giovanni Paolo II si riferisce alla "crisi della metafisica" e rinvia ai testi delle due citate Encicliche, dove questi temi e problemi sono stati escussi e affrontati con precise indicazioni e motivazioni che non è qui possibile ora ripercorrere, ma che restano pietre miliari per chi vuole affrontare e chiarire questi urgenti problemi.

Auguriamoci quindi che il Suo invito trovi valide risposte, consapevole unità di intenti e coerenti approfondimenti dei temi qui sinteticamente richiamati.

(©L'Osservatore Romano - 13 Febbraio 2004)
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