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L'Europa e i suoi santi patroni

Ultimo Aggiornamento: 07/10/2009 18:07
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L'Europa e i suoi santi patroni

Da dove veniamo


di Antonio Zanardi Landi

Una grande mostra volta a sottolineare la forza e la profondità delle radici cristiane dell'Europa e della sua identità culturale. Di un'Europa intesa come Giovanni Paolo II la intendeva, costituita dai "due polmoni" dell'est e dell'ovest e in cui il mondo ortodosso e slavo ha anch'esso un'importanza primaria.

Quando ebbi modo di parlargliene, ormai un anno e mezzo fa, l'onorevole presidente del Consiglio riconobbe immediatamente la valenza dell'iniziativa tanto in termini ideali e di principio, quanto sotto l'aspetto della comunicazione e mi incoraggiò a seguire il percorso ambizioso e non facile che ha portato alla realizzazione della mostra "Il potere e la grazia. I santi patroni d'Europa", presentata a Palazzo Venezia. È questo un modo concettualmente semplice, ma efficace, per evidenziare quella eredità ideale e spirituale cristiana che è percepita dalla maggioranza degli italiani, praticanti e non, e di farlo in maniera culturalmente impegnata e non antagonizzante, con un invito alla lettura della nostra storia e al dialogo. La ricerca su come molte figure storiche riconosciute come santi dalla Chiesa abbiano contribuito a forgiare l'identità culturale dei propri Paesi, e anche talvolta a favorirne la costituzione in entità statali, serve a chiarire anche la nostra identità attuale di italiani e di europei, vuol essere un aiuto a capire da dove veniamo e dove vogliamo andare, come singoli e come cittadini di quella grande entità politica, oltre che economica, ancora in fieri che è l'Europa. Per questo sono convinto che questa mostra, che è un gesto importante del Governo nei confronti della Chiesa e della componente cattolica del Paese, possa essere fruita e goduta anche in un'ottica puramente laica e apprezzata appunto come ricerca, per quanto non esaustiva, di definizione dell'identità delle nostre società. Solo con una percezione chiara e orgogliosa delle nostre tradizioni, della nostra cultura, dei fondamenti stessi del nostro vivere insieme, potremo aprirci serenamente all'accoglienza, al confronto arricchente con lo straniero, al dialogo con chi ha una fede diversa dalla nostra o non ha alcun credo religioso.

Per un'Ambasciata non dotata di istituto di cultura e operante, caso unico al mondo, nella propria capitale, l'impegno per la ricerca dei finanziamenti necessari e per l'organizzazione della mostra, assieme al Polo museale di Roma, al Comitato di San Floriano e a Mondo mostre, è stato considerevole e protratto. Si è trattato di un esperimento nuovo che ha dato, credo, dei buoni frutti sia perché siamo riusciti a vedere realizzata l'idea proposta nella primavera dello scorso anno da monsignor Angelo Zanello e don Alessio Geretti, sia perché siamo riusciti a lavorare in perfetta armonia con tutte le amministrazioni coinvolte e a instaurare un'atmosfera di intesa e amicizia con sponsor e collaboratori. Si è trattato anche di un esperimento di comunicazione di vaste proporzioni in cui l'Ambasciata si è sforzata di interpretare fedelmente e di presentare agli interlocutori della Santa Sede e al pubblico le impostazioni date dal Governo al rapporto con il mondo cattolico e la Chiesa.

Da ultimo, sia pure in patria, l'Ambasciata ha applicato un metodo di promozione degli interessi del Paese e del sistema Italia già largamente praticato all'estero dalle nostre rappresentanze e che consiste nell'identificare esempi e aree di assoluta eccellenza e su questi far leva per presentare al meglio l'immagine dell'Italia con ricadute benefiche anche su altri settori di attività.

Il fatto che la mostra "Il potere e la grazia. I santi patroni d'Europa" sia, come altre sei che l'hanno preceduta, originata da un villaggio della montagna carnica di circa trecentocinquanta abitanti è, a mio parere, un fenomeno di vivacità culturale e di capacità organizzativa tutto italiano e che ben si presta a essere proposto anche all'estero per sottolineare alcuni dei tanti aspetti straordinariamente positivi delle nostre realtà.


(©L'Osservatore Romano - 8 ottobre 2009)
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L'identità del vecchio continente


Il rapporto tra fede e cultura, tra comunità politica e Chiesa, è in continuo mutamento, nella perenne ridefinizione del rapporto tra coscienza e società. Come si è evoluto questo processo nel corso dei secoli vuole raccontarlo la mostra "Il potere e la grazia. I santi patroni d'Europa", aperta al pubblico dall'8 ottobre al 10 gennaio 2010 al Palazzo Venezia di Roma, che spicca già per il riuscito elegante allestimento. Un'occasione per cogliere in controluce sulla mappa del vecchio continente la filigrana del rapporto tra Chiesa e comunità politica, decisivo per comprendere lo sviluppo della storia europea.

I settanta santi patroni, tradizionali o proclamati, dei diversi popoli europei hanno ispirato nei secoli espressioni delle arti, della liturgia, della mistica e della religiosità popolare. A tutto questo rende omaggio un'esposizione costruita come un grande racconto che ripercorre, dall'epoca dei martiri e della Roma imperiale fino al XX secolo, le principali tappe della storia del continente. Il tentativo è quello di usare il fascino del bello per dare un contributo al dibattito culturale contemporaneo sulle questioni delle identità, della laicità, delle civiltà e delle religioni. L'intreccio tra potere, religione e arte è scandagliato attraverso una serie di capolavori noti e meno noti, alcuni davvero straordinari. Articolata in dieci sezioni, la mostra - il cui catalogo è curato da Alessio Geretti e Serenella Castri - parte da un'introduzione al mondo dei santi tra Europa occidentale e orientale, per aiutare il visitatore a percepire in cosa consista la santità e come possa toccarne con mano le diverse forme in cui si manifesta. A questo scopo sono state scelte, tra le altre, opere come il trittico San Martino e il povero di Cima da Conegliano, la Madonna e bambino con Caterina da Siena, Rosa di Lima e Agnese di Montepulciano di Giambattista Tiepolo e l'Immacolata Concezione di Bartolomé Esteban Murillo. Dalla seconda alla quinta sezione si ricostruiscono le principali tappe della storia della santità antica e, parallelamente, della vicenda della cristianizzazione dell'Occidente:  dal culto delle reliquie e delle sepolture dei martiri, ai grandi pellegrinaggi. Ecco allora opere come Il martirio di san Pietro del Guercino, San Benedetto di Hans Memling, Storie di san Nicola di Ambrogio Lorenzetti o Storie di Thomas Becket di Michael Pacher.

Subito dopo si aprono tre sezioni di particolare rilievo, incentrate su re santi, cavalieri di Dio e santi della mistica e della carità. È l'occasione questa per rievocare la lotta del potere contro la santità, come nel caso dei martiri uccisi da sanguinari sovrani o da congiure di palazzo prima di diventare patroni dei loro popoli. Si indaga sugli intrecci tra santità e potere, che a volte si sintetizzano in una stessa persona nelle figure di sovrani santi e fondatori della patria, come Stefano d'Ungheria o Olav di Norvegia.

La nona sezione presenta invece una sorta di testamento dei sei santi patroni d'Europa:  Benedetto da Norcia, Cirillo e Metodio di Tessalonica, Caterina da Siena, Brigida di Svezia e Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein. Attraverso sei scritti, scelti come cifra della loro eredità spirituale e culturale, si cerca di ricostruire il codice genetico del continente, prima di condurre il visitatore nella sezione finale che conclude il percorso riportando l'attenzione sul rapporto tra potere e grazia attraverso il San Giovanni Battista del Caravaggio, L'imperatore Teodosio e sant'Ambrogio all'entrata della cattedrale di Milano di van Dyck, Il tributo della moneta di Bernardo Strozzi e Ritratto di Tommaso Moro di Holbein. Quattro opere che pongono interrogativi e indicano sentieri sui quali la civiltà occidentale e il cristianesimo possono continuare a confrontarsi.


(©L'Osservatore Romano - 8 ottobre 2009)
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