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In Pakistan, i Salesiani danno lezioni di speranza

Ultimo Aggiornamento: 21/10/2009 21:44
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08/10/2009 10:44

In Pakistan, i Salesiani danno lezioni di speranza

Si dedicano all'istruzione dei più poveri, cristiani e musulmani



KÖNIGSTEIN, mercoledì, 7 ottobre 2009 (ZENIT.org).-
 
Gli abitanti più poveri di Quetta, la capitale della provincia del Belucistan, nel Pakistan sud-occidentale, hanno un punto di riferimento per l'istruzione dei propri figli: i sacerdoti salesiani.

I religiosi sono infatti impegnati nell'assicurare l'istruzione in una regione afflitta dalla povertà e che vede un ingente flusso di rifugiati provenienti dall'Afghanistan.

Il missionario italiano don Pietro Zago ha riferito all'associazione internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) che la missione educativa dei Salesiani include il lavoro con i bambini dei campi di rifugiati afghani vicino Quetta, esclusi dalle scuole pakistane per la loro povertà e lo status di immigrati.In una provincia in cui il 70% della popolazione è analfabeta, i Salesiani hanno costruito il Centro Educativo Don Bosco nella zona di Issa Nagri, che in lingua urdu significa Gesù di Nazareth.

La scuola fornisce l'istruzione di base ai giovani – cristiani e musulmani – che non possono studiare in istituti privati perché non possono permettersi di pagarne le rette.

Le scuole private costano fino a 2.000 rupie al mese, quando uno stipendio medio si aggira sulle 6.000 rupie mensili per famiglia.

La retta del Centro Don Bosco oscilla invece tra le 70 e le 100 rupie al mese, cifra che copre solo una parte del costo totale sostenuto per ogni alunno. Le spese del Centro, tra stipendi per gli insegnanti, materiale scolastico e pasti, superano i 7 milioni di rupie annuali.

“Abbiamo iniziato il Centro per i cristiani che non possono permettersi di andare a scuola, ma abbiamo pensato che fosse ingiusto non aprire le porte anche ai musulmani poveri”, ha detto don Zago.

Dei 1.300 studenti, quasi la metà è costituita da musulmani.

Gli immigrati afghani

In Pakistan ci sono circa 2 milioni di immigrati afghani, e circa 500.000 di loro vivono nei campi intorno a Quetta.

“Molti bambini rifugiati vanno a scuola in case affittate nel loro campo perché non hanno il permesso e i mezzi per entrare nelle scuole governative”, ha ricordato il sacerdote. “Il Centro Don Bosco aiuta tre di queste scuole, fornendo fondi per pagare gli insegnanti e distribuire materiale scolastico e pasti, ma molti altri non ricevono un'istruzione per la mancanza di denaro”.

I rifugiati appartengono a due categorie: quelli che hanno lasciato l'Afghanistan prima del 2000 per l'invasione russa e quanti sono emigrati dopo il 2001 in seguito alla campagna statunitense contro i talebani.

Don Zago ha spiegato ad ACS che il Centro promuove il rispetto reciproco tra i vari gruppi etnici. Gli alunni sono divisi in classi diverse solo quando studiano religione.

“Quando sono messi insieme fin dalla tenera età e imparano a rispettarsi, significa che possono crescere vivendo insieme nella collaborazione reciproca”, ha sottolineato don Zago.

I cristiani in Pakistan rappresentano appena l'1,4% della popolazione: 2,3 milioni tra 160 milioni di musulmani.

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Cristiani in Pakistan: "Ci incoraggia sapere che non siamo soli"


ROMA, mercoledì, 21 ottobre 2009 (ZENIT.org).-

“Ci sentiamo molto incoraggiati quando sappiamo che non siamo soli, quando vediamo che c'è qualcuno dietro di noi, che ci aiuta, che prega per noi”.

Sono questi i sentimenti dei cristiani pakistani, espressi sabato scorso dal Vescovo Joseph Coutts di Faisalabad durante l'incontro annuale organizzato dall'associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) nella Westminster Cathedral Hall di Londra.

“ACS è molto speciale, perché fornisce non solo aiuti materiali, ma anche spirituali”, ha confessato il presule, che ha ricevuto minacce di morte per i suoi sforzi a favore della cooperazione interreligiosa.

“Noi [cristiani] abbiamo sempre sperimentato forme di discriminazione, ma quello che stiamo vedendo ora è ben più serio – ha sottolineato –. Viviamo in uno stato di costante tensione”.

Ad ogni modo, ha aggiunto, “continueremo a testimoniare Cristo malgrado le difficoltà rappresentate dagli estremisti. Perfino la nostra sofferenza è una testimonianza di Cristo”.

Secondo il Vescovo, i problemi principali per i tre milioni di cristiani del Pakistan sono rappresentati dall'“uso improprio” delle cosiddette Leggi sulla Blasfemia, per cui i fedeli sono vittime degli assalti degli estremisti per presunte offese contro Maometto o il Corano.

La giornata di sabato è iniziata con una Messa celebrata dal Vescovo Coutts nella Cattedrale di Westminster ed è proseguita con l'incontro con 400 sostenitori di ACS e il discorso di benvenuto al Vescovo pakistano da parte dell'Arcivescovo Vincent Nichols di Westminster, che ha incoraggiato l'associazione per il lavoro che svolge “soprattutto in Paesi come il Pakistan, in cui la Chiesa ha grande bisogno di aiuto”.

ACS ha un “carattere specificamente cattolico”, ha affermando, ricordando l'importanza della “carità radicata in un senso di fede condivisa ma espressa attraverso l'aiuto pratico e mantenuta mediante la preghiera e l'amore”.

Il direttore nazionale di ACS per il Regno Unito, Neville Kyrke-Smith, ha dichiarato a proposito della visita del Vescovo Coutts che “è un grande incoraggiamento per gli amici di ACS il fatto di sapere che le nostre preghiere e il nostro aiuto ai cristiani oppressi del Pakistan sono profondamente apprezzati nel mondo odierno, in cui la fede è così sotto attacco”.

“ACS sta aiutando a portare la croce”, ha concluso.

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