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ECUMENISMO: DIALOGO CATTOLICO-ORTODOSSO, A CIPRO SU VESCOVO DI ROMA

Ultimo Aggiornamento: 27/10/2009 23:18
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A Paphos ortodossi e cattolici dialogano, con qualche screzio

di Paolo Rodari

A Paphos, la spiaggia cipriota dalla cui spuma nacque Afrodite, c’è il bellissimo hotel Saint George: affaccio sul mare, piscina, spiaggia privata, piano bar e camerieri in livrea che, bello e malinconico assieme, provano a far rivivere ai turisti (tantissimi gli inglesi) i fasti di Famagosta la bella, la città fino agli inizi degli anni Settanta meta indiscussa della movida mediorientale e oggi tragicamente ridotta a fantasma dall’indebita occupazione dei militari turchi.
A Paphos, all’hotel Saint George, è il Patriarca ortodosso di Cipro, Chrysostomos II, il padrone di casa. E’ lui che in questi giorni, come fosse un preparativo dell’attesissima visita papale di giugno nella Cipro situata al di qua (ovvero nella parte meridionale) dell’ultimo muro d’Europa (quello che spezza in due la capitale Nicosia), accoglie i confratelli delle diverse chiese ortodosse e, con loro, i cattolici (sessanta delegati in tutto) appartenenti alla commissione mista di dialogo incaricata di continuare i lavori svoltisi a Ravenna nel 2007. Lo scopo è uno: trovare motivi d’unità tali da arrivare all’abbattimento delle divisioni. Scopo arduo ma non impossibile, soprattutto in questi tempi nei quali altri separati e altri scismatici (anglicani e lefebvriani) non sono poi così lontani dal tornare sotto Pietro. Soprattutto se si osserva, per quanto rigurda i rapporti ortodossi-cattolici (l’hanno fatto a Ravenna e lo stanno facendo a Cipro), l’ecclesiologia del Primo millennio, quando lo scisma non era ancora stato consumato e le due chiese erano, pur con qualche divergenza, in piena comunione.
Già, le divergenze. Le chiese ortodosse non sono nuove a screzi. Anche tra loro. A Ravenna fu la chiesa russa che s’impuntò e non firmò il documento finale: lo fece per ripicca verso il patriarcato ecumenico di Costantinopoli che aveva voluto ai lavori la chiesa estone, chiesa che i russi non riconoscono. Acqua passata, viene da dire. Ma poi mica tanto. Perché gli screzi sono sempre all’ordine del giorno. L’ha ricordato in questi giorni a Paphos il metropolita di Pergamo Giovanni Zizioulas. Questi, copresidente assieme al cardinale Walter Kasper della commissione mista, eminente teologo e figura carismatica, ha detto che non solo nel mondo dell’ortodossia, ma pure nella chiesa cattolica, vi sono esponenti imbrigliati in un “eccessivo razionalismo dogmatico, e vogliono che nulla sia cambiato”. Parole pesanti. Che, forse, si riferiscono anche a quella decisione di Roma poco digerita in Oriente, almeno dalle chiese che si riconoscono nella pentarchia: l’annullamento del titolo di patriarca d’occidente per il Papa.
Paphos, dunque. Qui vi sono anche i monaci ortodossi tradizionalisti e i sacerdoti ortodossi di Larnaca – città cipriota – che proprio in questi giorni si sono palesati a Paphos per disturbare l’incontro della commissione mista domandando all’arcivescovo Chrysostomos di fermarla. Essi reputano che il dialogo fra le due chiese miri esclusivamente a “sottomettere l’ortodossia al Papa di Roma”. Un discorso, questo, fatto proprio anche dai monaci del Monte Athos. Anche loro contestano, anzitutto al patriarcato ecumenico, di cedere a Roma sulla questione del primato petrino.
Non solo primato petrino, a Paphos. Si parla pure di ecumenismo. Al centro la domanda delle domande: è un’eresia? Zizioulas, ad AsiaNews, ha risposto così: “Da parte di chi fra gli ortodossi partecipa al dialogo ecumenico non mi risulta alcuna deviazione dai princìpi della fede. Saper dialogare con chi è contrario al proprio credo non ti rende eretico. Il dialogo non ha nulla da nascondere e il cammino è ancora lungo”.

Pubblicato sul Foglio giovedì 22 ottobre 2009

© Copyright Il Foglio, 22 ottobre 2009 consultabile online anche
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