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La biblioteca di Francesco Maria II Della Rovere da Urbania a Roma

Ultimo Aggiornamento: 15/10/2009 18:27
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La biblioteca di Francesco Maria II Della Rovere da Urbania a Roma

Il «furto» di Papa Alessandro


di Giulia Galeotti

Mio nonno, di fiera origine casteldurantina, raccontava spesso del grave furto che la biblioteca di Urbania aveva subito per ordine di Alessandro vII nel 1667 (Casteldurante, ex Castel delle Ripe ribattezzato per riconoscenza verso monsignor Durante che aveva aiutato a ricostruire il paese distrutto dagli Urbinati, nel 1636 prese definitivamente il nome di Urbania).

La biblioteca, chiamata Libraria nuova (o Libraria impressa), venne allestita a Casteldurante nel 1607 da Francesco Maria II Della Rovere. Era "una famosissima libraria, la quale con finita spesa fè di tutti gli impressi libri da che il magontino Giovan Catè ritrovò le stampe, fino a correnti giorni", scrive lo storico Vincenzo Cimarelli nel 1642.

Formata da circa 13.000 libri a stampa, la Libraria nuova era famosa già all'epoca per la sua completezza e armonia. Non si trattava di una biblioteca di Stato, idealmente perfetta - come fu quella manoscritta di Federico da Montefeltro - ma di una biblioteca nuova, completa e aggiornata, composta dalle opere più recenti disponibili sul mercato italiano e straniero, nata per soddisfare le ansie conoscitive e speculative di Francesco Maria II, duca filosofo, regnante atipico che alternava questioni di governo con profonde speculazioni. Il padre Guidobaldo II lo qualificò "prencipe meglio atto a governare sopra i libri che sugli uomini", anche se in realtà (incontestata la sua passione per i primi) la storia pubblica e privata smentisce il giudizio, attestando che per ben 57 anni "esso principe" governò con saggezza anche sugli uomini.

Si tratta di una biblioteca personale, dunque, ma, essendo il duca un intellettuale curioso, arguto e realmente appassionato, la biblioteca risulta essere di grande interesse, anche perché fornisce un quadro del panorama scientifico e culturale tra Cinquecento e Seicento. Essa venne acquisita alla Sapienza di Roma per volontà di Alessandro vII Chigi 36 anni dopo la morte di Francesco Maria II. Diverse furono le circostanze che favorirono il trasferimento del prezioso fondo alla nascente biblioteca Alessandrina. Tra le altre, la mancanza di eredi diretti, e, quindi, l'annessione del Ducato di Urbino allo Stato Pontificio, nonché la volontà di contrastare il progressivo degrado dello Studium Urbis, fondato a Roma nel 1303 da Bonifacio vIIi, nobilitando l'università romana con una nuova biblioteca. Nel 1658, infatti, il rettore Carlo Emanuele Vizzani e Carlo Cartari prospettarono ad Alessandro vII la creazione di una biblioteca universitaria che avrebbe dato, a lui e al suo mecenatismo, gloria eterna. L'idea giungeva alla fine della pestilenza che aveva impegnato le energie del Papa nei primi anni del regno. Entusiasta, Alessandro vII assicurò i finanziamenti e impegnò tutta la sua autorità nell'impresa.

Su pressione della comunità locale, a Urbania (oltre alla memoria della Libraria nuova) rimasero 500 volumi a stampa conservati nella sede originaria e, attualmente, presenti nel fondo antico della Biblioteca comunale, oggi frequentata in massima parte da ragazzi. Il fondo librario dopo il 1667 fu reintegrato in particolare con le donazioni dei conti Ubaldini.
In occasione dei 400 anni dalla fondazione della biblioteca durantina (1607-2007), volendo riannodare la vicenda, la Biblioteca comunale di Urbania e l'Alessandrina di Roma hanno avviato un progetto il cui scopo principale è quello di recuperare l'integrità bibliografica e documentaria del fondo, attraverso un percorso di studio che ne ricostruisca l'identità.

È molto interessante la presenza di un fondo librario ancora in gran parte integro dopo quattro secoli, certificato da un catalogo, il manoscritto numero 50, che ne permette il riscontro, smentendo la più ricorrente casistica di antiche biblioteche disperse, smembrate o incomplete, di cataloghi e inventari incerti, approssimativi, scomparsi o, forse, mai esistiti. Questo manoscritto, il più antico dei cataloghi del fondo, offrendo la struttura e la compartimentalizzazione delle scansie originarie, permette infatti di disegnare la posizione di ciascuna opera nel reticolo semantico-fisico.

In attesa di una più vasta indagine che ricostruisca per intero il catalogo dei libri della biblioteca a stampa di Francesco Maria II Della Rovere - una ricostruzione che consentirà anche di tracciare un'autentica biografia intellettuale di questo duca filosofo - è intanto uscito il volume che attesta la ricerca fin qui compiuta, La ricostruzione della Biblioteca durantina (Urbino, Edizioni QuattroVenti, 2009, pagine 132), curato da Alfredo Serrai. Studioso di bibliografia - nonché ideatore e coordinatore del progetto - Serrai scrive che "uno dei traguardi bibliografici di maggiore importanza e interesse sarà quello di poter ricostruire anche fisicamente il fondo Urbinate, nella sua fedeltà e interezza, e quindi in piena e fedele corrispondenza con la raccolta trasferita da Urbania a Roma". Fino a ora, continua, "si constata un numero piuttosto elevato di assenze librarie nel Fondo Urbinate della Biblioteca Alessandrina rispetto a quello delle citazioni del Catalogo Durantino; tali mancanze si aggirano intorno al 20 per cento del totale, ossia a un numero complessivo di circa 2600 edizioni". Purtroppo.

Il catalogo è stato presentato la settimana scorsa alla Biblioteca Alessandrina di Roma. In sala anche una rappresentanza di casteldurantini, tra cui il sindaco, Giuseppe Lucarini, che ha esordito affermando di aver compiuto "lo stesso viaggio che 400 anni fa compirono i libri". Fedele alla memoria della sua terra, il sindaco sembra essere dello stesso avviso di mio nonno. Se l'orgoglio per la propria storia è il tratto distintivo di ogni comunità locale, "Urbania ha sempre vissuto la storia della libreria di Francesco Maria II come il simbolo del passaggio storico che decretò la fine del ducato. Lo spostamento a Roma di gran parte della libreria ducale è stata spesso considerata una vera ingiustizia e il simbolo della progressiva perdita di ruolo nei secoli successivi, tale da alimentare storie e leggende". E così la storia di un "furto" eccellente diventa parte integrante della storia delle biblioteche italiane.


(©L'Osservatore Romano - 16 ottobre 2009)
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