Benvenuto in Famiglia Cattolica
Famiglia Cattolica da MSN a FFZ
Gruppo dedicato ai Cattolici e a tutti quelli che vogliono conoscere la dottrina della Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica Amiamo Gesu e lo vogliamo seguire con tutto il cuore........Siamo fedeli al Magistero della Chiesa e alla Tradizione Apostolica che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre. Ti aspettiamo!!!

 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Iota unum; di Romano Amerio

Ultimo Aggiornamento: 15/05/2010 17:35
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 31.493
Registrato il: 02/05/2009
Registrato il: 02/05/2009
Sesso: Maschile
17/10/2009 12:29

Promozione editoriale su Romano Amerio

STRAORDINARIA OFFERTA EDITORIALE PER I LETTORI DI MESSAINLATINO.IT

La Lindau Edizioni mette a disposizione dei nostri lettori uno straordinario sconto del 30% sul prezzo di copertina dei due volumi di Romano Amerio ripubblicati quest'anno, nonché l'esonero dalle spese postali di spedizione.

Si tratta indubbiamente di un'offerta molto favorevole e per questo ne facciamo volentieri pubblicità (beninteso: gratuita), dato che tra l'altro ci è stata presentata come una concessione per i nostri lettori.

Per fruire dello sconto e della gratuità della spedizione, precisate che chiedete di avvalervi dell'offerta Messainlatino. Cliccate sulle immagini per accedere alle pagine del sito della Lindau.


Pubblicato nel 1985, frutto di una ricerca protrattasi per circa mezzo secolo, Iota unum è l’opera più complessa e profonda del grande studioso cattolico Romano Amerio, una riflessione serrata e sistematica sul Magistero della Chiesa novecentesca (in particolare conciliare) e, insieme, un’aggiornata summa metafisica cattolica (e il senso ultimo di questa summa, il suo apex, si trova tutto in Stat Veritas).Contro molte scuole di pensiero formatesi nel dopoguerra, soprattutto dopo quel Concilio Vaticano II esaltato come «rottura e nuovo inizio», come una «nuova Pentecoste» della Chiesa (non solo l’«officina bolognese» di Dossetti, ma tutto il Nord Europa), Romano Amerio ripropone con forza il primato della Verità sull’Amore – come insegnato a partire dagli Evangeli, da san Giovanni Apostolo e san Paolo, e poi da sant’Agostino – per cui in Dio all’essere seguono prima l’intelligere e poi l’amare, e non viceversa. Per Amerio mutare quest’ordine significa indurre l’uomo ad agire non più mosso dal pensiero, ma dal sentimento, in una condizione di libertà illusoria.«La celebrazione indiscreta che la Chiesa e la teologia ammodernata fanno dell’amore è una perversione del dogma trinitario, perché […] la nostra fede porta che in principio sia il Padre, il Padre genera il Figlio, che è il Verbo, e, dal Padre e dal Figlio, si genera lo Spirito Santo, che è l’amore. L’amore è preceduto dal Verbo, è preceduto dalla conoscenza. Separare l’amore, la carità, dalla verità, non è cattolico.»



Pubblicato postumo nel 1997, Stat Veritas analizza e commenta in 55 chiose la Lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente indirizzata il 10 novembre 1994 da Giovanni Paolo II all’episcopato, al clero e ai fedeli in preparazione del giubileo dell’anno 2000, per definire gli orientamenti pastorali per la Chiesa del nuovo millennio.Insieme a Iota unum, Stat Veritas è l’opera fondamentale di Romano Amerio, il massimo rappresentante dei fautori della continuità della Chiesa. Amerio contesta all’insegnamento cattolico nato dal Concilio Vaticano II di aver trascurato la Verità metafisica del Logos divino – che non è unidimensionale né astratta, come oggi la ritengono anche molti cattolici, ma è una realtà di persona –, e di essersi concentrato sul tema della Carità, riducendo la Chiesa a mero soggetto storico, sociale e culturale che si confronta con le varie opzioni filosofiche e morali proposte dalla società moderna. Deprivato del suo principio più specifico – la sovrannaturalità, la fede, la dottrina perfettamente «impersonata» dal Logos –, il messaggio cattolico ha così smarrito la sua identità rispetto alle altre religioni e si è dimostrato impotente di fronte al diffondersi, anche all’interno del mondo cristiano, della secolarizzazione e del relativismo. Come scrive Enrico Maria Radaelli nella postfazione al volume: «Stat Veritas. La Verità sta, ossia è ferma, solida, irremovibile. Anzi – meglio di ogni traduzione letterale –, dobbiamo dire la Verità è: come una vera Amica la Verità è, ci precede, poi ci sta davanti, e infine anche ci attende. Per non farci perire nel nostro Io, senza un’Amica accanto».
OFFLINE
Post: 31.493
Registrato il: 02/05/2009
Registrato il: 02/05/2009
Sesso: Maschile
18/10/2009 09:01

Ieri ho ordinato i due libri, per chi è interessato a questi due testi potete scaricare il glossario dei termini meno usuali che troverete nei testi del libro Iota unum:

Il glossario in formato pdf
OFFLINE
Post: 31.493
Registrato il: 02/05/2009
Registrato il: 02/05/2009
Sesso: Maschile
21/01/2010 15:39

Il Vescovo di Albenga su Romano Amerio e il Concilio


Messainlatino

OFFLINE
Post: 31.493
Registrato il: 02/05/2009
Registrato il: 02/05/2009
Sesso: Maschile
15/05/2010 17:25

IN MEMORIA DI ROMANO AMERIO

Con la chiamata a Dio del prof. Romano Amerio si è conclusa la vicenda umana di un insigne ed emerito figlio di Santa Romana Chiesa. 
Pensiamo di poterne onorare debitamente la memoria richiamando all'attenzione degli amici quel suo magistrale "Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX", dal titolo piú noto di IOTA UNUM
nel quale egli seppe sintetizzare le deviazioni di dottrina e di morale importate dal modernismo nel seno stesso della Chiesa. 

Ne proponiamo alcuni passi. 
 



Cap. XVI - IL DIALOGO 

151. Dialogo e discussionismo nella Chiesa postconciliare. Il dialogo in «Ecclesiam suam». - Nel vocabolo dialogo si è consumata la piú grande variazione della mentalità della Chiesa postconciliare, soltanto paragonabile a quella seguita al vocabolo libertà nel secolo scorso. Il vocabolo è del tutto incognito e inusitato nella dottrina prima del Concilio. Non si trova una sola volta nei Concilii antecedenti, non nelle encicliche papali, non nell'omiletica e nella parenetica pastorale. Nel Vaticano II il termine dialogus appare ventotto volte, di cui dodici nel decreto Unitatis redintegratio sull'ecumenismo. Ma questa parola, nuovissima nella Chiesa cattolica, diventa, con propagazione fulminea e con enorme dilatazione semantica, il vocabolo principe della protologia postconciliare e la categoria universale della mentalità neoterica. Si parla non pure di dialogo ecumenico, di dialogo tra Chiesa e mondo, di dialogo ecclesiale ma, con inaudita catacresi si ascrive struttura dialogica alla teologia, alla pedagogia, alla catechesi, alla Monotriade, alla storia della salvezza, alla scuola, alla famiglia, al sacerdozio, ai sacramenti, alla redenzione, e a quant'altro era stato per secoli nella Chiesa senza che quel concetto fosse nelle menti e quel vocabolo nel linguaggio. 
Il passaggio dal discorso tetico, che fu proprio della religione, al discorso ipotetico e problematico è palese sin nella mutazione del titolo dei libri, che un tempo insegnavano e oggi ricercano. […] 
In agosto 1964, dedicando una terza parte dell'enciclica Ecclesiam suam al dialogo, Paolo VI poneva equazione tra il dovere che incombe alla Chiesa di evangelizzare il mondo e il suo dovere di dialogare col mondo. Ma non si può non avvertire che l'equazione non trova appoggio né nella Scrittura né nel lessico. […] Nei Vangeli l'evangelizzare comandato agli Apostoli è immediatamente identificato con l'insegnare. Alla dottrina infatti e non alla disputa si conferisce il mandato apostolico e d'altronde il vocabolo stesso aggelos importa l'idea di qualche cosa che è data da comunicare e non di qualcosa che è gettata alla disputa. […] 
 

152. Filosofia del dialogo. - Il dialogo nella filosofia neoterica, e lo professa l'Osservatore Romano, 15 gennaio 1971, ha per base «la perpetua problematicità del soggetto cristiano», cioè l'impossibilità di fermarsi in qualcosa che non sia problema. Vien negato, insomma il gran principio, riconosciuto in logica e in metafisica e in morale, che anagke stenai (è necessario fermarsi). 
In una prima aporia incappa il dialogo quando lo si fa coincidere con l'universale officio della evangelizzazione e lo si preconizza come mezzo di diffusione della verità. È impossibile che tutti dialoghino. La possibilità di dialogare è infatti in funzione della scienza che si abbia del soggetto e non, come si pretende, in funzione della libertà o della dignità dell'anima. Il titolo a disputare dipende dalla cognizione e non dalla generale destinazione dell'uomo alla verità. […] Nel dialogo contemporaneo invece si suppone che ogni uomo, perché razionale, sia atto a dialogare con tutti e sopra tutte le cose. Si richiede perciò che il vivere della comunità civile e il vivere della comunità ecclesiale siano ordinati per tal modo che tutti partecipino non, come vuole il sistema cattolico, recando ciascuno la propria scienza, bensí la propria opinione, e non adempiendo la parte che gli spetta, ma pronunciando su tutto. […] 
[…] 
Ma anche dal canto dell'interrogante il dialogo patisce difficoltà perché poggia su un supposto gratuito, già acutamente intuito da sant' Agostino. Un intelletto può essere capace di formulare un'obiezione, ed insieme essere incapace di capire l'argomento con cui l'obiezione si scioglie. […] 
Questa inadeguanza tra intelletto che concepisce una domanda e intelletto che intende la risposta è una conseguenza del generale divario tra potenza e atto. Il rifiuto della distinzione porta da un lato al paralogismo politico: tutti gli individui hanno per natura potenza a comandare, ergo tutti hanno l'atto del comandare. Dall'altro lato il rifiuto porta al paralogismo insito al dialogo: tutti gli individui hanno potenza a conoscere il vero, ergo tutti gli individui conoscono in atto il vero. […] 
 

153. Inidoneità del dialogo. - Nella Scrittura, come dicemmo, il metodo dell'evangelizzazione è l'insegnamento e non il dialogo. Nell'imperativo che sigilla la missione del Cristo con la missione degli Apostoli il verbo adoperato è matheteusate che letteralmente vale fate discepoli tutti i popoli, come se l'opera degli Apostoli consistesse nel ridurre i popoli alla condizione di ascoltatori e discepoli e come se matheteuein fosse un grado previo a didaskein
Oltre però che il fondamento biblico, manca al dialogo il fondamento gnoseologico, perché la natura del dialogo contraddice alle condizioni del discorso di fede. Suppone infatti che la credibilità della religione dipenda dallo scioglimento previo di tutte le obiezioni particolari mossele contro. Ora un tale scioglimento è impossibile ad aversi e a premettersi all'assenso di fede. Il procedimento corretto è invece a rovescio. 
[…] 
È infine da osservare che la presente concezione del dialogo trascura la via dell'ignoranza utile propria di quegli spiriti che, trovandosi incapaci della via dell'esame, si tengono stretti a quell'adesione fondamentale e non considerano con attenzione le opinioni opposte per scoprire dove stia l'errore. Essi, temendo ogni pensiero contrario a ciò che conoscono per incontrastabile vero, si tengono in uno stato di ignoranza che, per preservare la verità posseduta, esclude le idee false e insieme con queste anche le idee vere che per avventura vi si accompagnino, senza sceverare le une dalle altre. 
Questa via dell'ignoranza utile è lecita nella religione cattolica, è fondata sul principio teoretico spiegato sopra ed è d'altronde il fatto dello stragrande numero dei credenti. È dunque inaccettabile l'opinione espressa in Osservatore Romano, l5-16 novembre 1965, che «chi rinuncia al dialogo è un fanatico, un intollerante che finisce sempre per essere infedele a sé stesso prima che alla società di cui fa parte. Chi invece dialoga rinuncia all'isolamento, alla condanna». Dialogare senza cognizione è prova di temerità e di quel fanatismo che scambia la propria forza soggettiva con la forza oggettiva della verità. 
 

l54. I fini del dialogo. Paolo VI. Il Segretariato per i non credenti. - Notevole è il divario tra dialogo tradizionale e dialogo moderno, quando si considera il fine assegnato al dialogo. Il dialogo, dicono, non ha per fine la confutazione dell'errore né la conversione del collocutore. La mentalità neoterica aborre dalla polemica, tenuta per incompatibile con la carità, mentre al contrario ne è un atto. Il concetto di polemica è invero indissolubile dal contrapposto tra il vero e il falso. […] 
Il fine del dialogo dal canto del dialogante cattolico non può essere euristico, perché egli, quanto alle verità religiose, è in possesso e non in ricerca. Neppure può essere eristico, cioè di carattere contenzioso, perché ha per motivo e per obiettivo la carità. Il dialogo è invece inteso a dimostrare un vero, a promuovere in altri una persuasione e ultimamente una conversione. […] 
[…] 
 

l55. Se il dialogo sia sempre un arricchimento. Escluse dal dialogo postconciliare la conversione e l'apologetica si suol dire che il dialogo «è sempre uno scambio positivo», ma l'asserto sembra difficile da ammettere. In primo luogo accanto al dialogo convertitore esiste un dialogo pervertitore in cui il collocutore vien distolto dalla verità e fatto cadere nell'errore. Oppure si dirà che efficace è la parola di verità ma inefficace quella dell'errore? 
In secondo luogo è da considerare la situazione in cui il dialogo nonché giovare ai collocutori li stringe a un'impossibilità. È il caso contemplato da san Tommaso, che cioè, mancando ai due collocutori un principio comune, dal quale sillogizzare, diventi impossibile provare la verità al collocutore che rifiuta il medio della dimostrazione. […] 
 

156. Il dialogo cattolico. - Il dialogo cattolico ha per fine la persuasione e, in un ordine piú elevato, la conversione del collocutore. 
Il vescovo mons. Marafini in Osservatore Romano, 18 dicembre 1971, dice (ma non si sa se dice quel che vuole) addirittura che «il metodo del dialogo va inteso come movimento convergente verso la pienezza della verità e ricerca dell'unità profonda». 
In questi testi si confondono il dialogo in materia naturale e il dialogo di fede soprannaturale. Il primo si svolge sotto il lume della ragione che accomuna tutti gli uomini. Ponendosi sotto questo lume tutti gli individui stanno a pari con tutti gli individui: i dialoganti sentono sopra il loro dialogo il Logo, piú importante del loro dialogo, come già dicemmo al § 125, sperimentano la loro fraternità vera e l'unità profonda della loro natura. V'è però un altro dialogo nel quale è impegnata la fede e in cui i collocutori non possono muoversi convergendo verso il vero né situarsi in condizioni di parità. Il collocutore non credente sta infatti in una situazione di rifiuto o di dubbio nella quale è impossibile per il credente di collocarsi. […] 
[…] 
Concludendo sul dialogismo della Chiesa postconciliare diciamo che il dialogo neoterico non è il dialogo cattolico. Primo, perché ha funzione puramente euristica, come se la Chiesa dialogante non possedesse, ma cercasse la verità, o come se dialogando potesse prescindere dal possesso della verità. Secondo, perché non riconosce la posizione poziore della verità rivelata, come se fosse caduta la distinzione di grado assiologico tra natura e Rivelazione. Terzo, perché suppone parità, sia pure soltanto metodica, tra i dialoganti, come se il prescindere dal vantaggio che ha la fede divina, anche solo per finzione dialettica, non fosse un peccato contro la fede. Quarto, perché postula che tutte le posizioni dell'umana filosofia siano indefinitamente disputabili, come se non esistessero invece punti di contraddizione principiale che troncano il dialogo e lasciano solo la possibilità della confutazione. Quinto, perché suppone che il dialogo sia sempre fruttuoso e che «nessuno deve sacrificare alcunché» (Osservatore Romano, 19 novembre 1971), come se non vi fosse un dialogo corruttore che spianta la verità e impianta l'errore, e come se non si dovesse, nel caso, rigettare l'errore prima professato. 
Il dialogo di convergenza dei collocutori verso una verità piú alta e piú universale non conviene alla Chiesa cattolica, perché non le conviene un processo euristico che la metta sulle tracce della verità, ma soltanto un'operazione della carità la quale vuole comunicare una verità posseduta per grazia, e trarre non a sé ma alla verità. La superiorità infatti non è del credente dialogante sopra il non credente dialogante, bensí della verità sopra tutte le persone dialoganti. 
Non si scambi l'atto con cui un uomo persuade un altro uomo della verità con un atto di sopraffazione e di offesa della altrui libertà. La contraddizione logica e l'aut aut sono strutture dell'essere, e non violenza. L'effetto sociologico del pirronismo e del conseguente discussionismo è il pullulare di convegni, incontri, commissioni, congressi, cominciato col Vaticano II. Di qui la consuetudine introdotta di rimettere tutto in problema e tutti i problemi affidare a commissioni plurime e la responsabilità, una volta personale e individuale, disciogliere in corpi collegiali. [...] 

Romano Amerio, Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX, 3a ed., Riccardo Ricciardi Editore, Milano, 1989 




Glossario 

Aporía. - Dal greco aporia, difficoltà, punto controverso, problema. Da cui: problema le cui possibilità di soluzione 
                         risultano annullale in partenza dalla contraddizione. 
Assiologico. - Dal greco aksios, degno, valido. Da cui l'accezione di: criterio che interpreta la realtà sulla base di 
                         riferimenti degni e validi. 
Catacrèsi. - Dal greco katakresis, abuso. Da cui il latino catachresis: estensione retorica di un termine o di una 
                         locuzione oltre il suo significato proprio. 
Collocutore. - Dal latino collocútor, l'agente di colloquor (loquor cum, parlo con): colui che prende parte ad un 
                       colloquio. 
Erístico. - Dal greco eristikòs, incline alle contese, alle dispute; con un ragionamento sottile e specioso. 
Eurístico. - Dal greco eurísko, trovare. Che va alla ricerca. 
Neotèrico. - Dal greco neoteríko, innovare, tendere alla novità. Da cui il latino neotericus: cosa nuova, moderna. 
Ontologia. - Scienza relativa ai caratteri universali dell'Ente. 
Omelia. - Dal greco omilia, nell'accezione di: commercio spirituale che si svolge in seno al popolo, per cui la 
                         conversazione diviene oratoria per l'istruzione del popolo. Da qui l'accezione del latino ecclesiastico 
                      homilia: discorso al popolo costituito dall'esposizione e il commento di passi della Scrittura. 
Omilética. - Dal greco omiletikòs, che attiene al popolo in relazione all'omilia. Da qui l'accezione del latino 
                         ecclesiastico homileticus: l'insieme delle cure da usarsi per svolgere l'omelia; per estensione: il genere 
                         oratorio relativo alla omelia. 
Paralogismo. - Falso ragionamento che sembra vero solo in apparenza, in effetti fondato su un equivoco o su una 
                         illusione della ragione. 
Parenética. - Dal greco parénesis, azione di paréneo, cercare di persuadere, ammonire, esortare, raccomandare. Da 
                         qui il latino ecclesiastico parænesis: esortazione rivolta al popolo sulla base delle prescrizioni religiose. 
Pirronismo. - Dal promotore, Pirrone di Elide, che sosteneva una forma estrema di scetticismo consistente nella 
                          supposta necessità di sospendere l'assenso. L'unico atteggiamento legittimo sarebbe quello di non 
                          giudicare alcunché come vero o falso, buono o cattivo, bello o brutto; cosí che non vi sarebbe niente che 
                          si possa considerare come corretto. 
Poziore. - Dal lalino potior, piú potente. Da cui il senso di: preminente. prevalente, precedente. 
Protologia. - La scienza del puro ente intelligibile quale si presenta all'attivita del pensiero. Particolarmente derivata 
                          dal Gioberti che la intendeva come «scienza dell'ente intelligibile intuita per via del pensiero 
                           immanente»; cosí che dovrebbe essere alla base di ogni scienza ed anteriore alla stessa ontologia. 
Tético. - Dal greco thetikòs, che si pone come regola. Da cui il latino theticus: che ha la caratteristica di porsi da sé, 
                           che ha la sua giustificazione in sé. A differenza di ipotetico che fonda la sua verifica e la sua 
                           giustificazione fuori di sé, nelle sue conseguenze, e che quindi non ha garanzia di verita in sé e di 
                           verifica diretta. 

Una Vox

OFFLINE
Post: 31.493
Registrato il: 02/05/2009
Registrato il: 02/05/2009
Sesso: Maschile
15/05/2010 17:35

Il libro postumo di Romano Amerio


STAT  VERITAS

Lo si aspettava nel 1997, poco dopo la morte dell'Autore; è stato approntato a gennaio il nuovo libro del compianto prof. Romano Amerio: STAT VERITAS. Questo il titolo del libro, composto, stavolta, in maniera diversa da Iota Unum
Si tratta di «55 chiose da noi radunate a commento di alcune proposizioni della Lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente, uscito dalle tipografie vaticane l'11 novemebre del 1994.» (nota dell'Autore, pag. 14). 

Chi conosce il famoso Iota Unum, conosce anche lo stile e il rigore di Romano Amerio, che, fino alla fine, si è sempre preoccupato di mantenersi «…nei modi in cui siamo meno incapaci e in spirito di carità, al servizio del venerabile Magistero della Chiesa. La venerabilità di questo Magistero, che è venerabile anche quando sembre disdire in parte le parole da dire, richiede anche da noi suoi semplici ed ultimi fedeli la donazione di ogni intelligenza affinché, con il servizio ordinato di tutte le intelligenze obbedienti il Signore, le parole create e divenienti proferite dalla Chiesa corrispondano sempre in ogni loro parte al vero che esse devono rivelare.» (Conclusione della Premessa dell'Autore, pag. 12). 

Per coloro che non conoscessero l'Autore vale piú che mai la raccomandazione di leggere i suoi scritti. 
Essi si commentano da soli, per la loro chiarezza, cosí che il modo migliore per presentare anche questo libro postumo, riteniamo sia quello di riportarne qui alcuni brani. 





Chiosa 8: Commento al § 18, p. 24
[…] Il Concilio Vaticano II costituisce un evento provvidenziale, attraverso il quale la Chiesa ha avviato la preparazione prossima al Giubileo del secondo Millennio.

Crediamo che la parola Giubileo, nei testi del Vaticano II, non sia neanche una volta adoperata. Il Giubileo non è mai stato oggetto di attenzione particolare da parte dei Padri sinodali e quindi non può esservi stata, durante quel Concilio, la preparazione al Giubileo, perché non si può dare che il Concilio Vaticano II prepari una cosa che nei Documenti da esso promulgati non viene nominata nemmeno una volta. 
 

Chiosa 9: Di seguito.
Si tratta infatti di un Concilio simile ai precedenti, eppure tanto diverso; un Concilio concentrato sul mistero di Cristo e della sua Chiesa ed insieme aperto al mondo.

L'uso di termini non convergenti, in teologia, è ormai un uso caratteristico. 
Concentrato, si presume, nella sua attenzione, ma insieme anche aperto; ora, l'apertura qui svolge funzione di metafora per dire ancora attenzione. Quindi il Concilio sarebbe attentissimo e tutto concentrato al mistero di Cristo e della sua Chiesa; contemporaneamente offre la medesima intellezione al mondano. 
Ma qui si impone una scelta: o il Concilio è concentrato, cioè è rivolto al centro, o è aperto, cioè proiettato al di fuori (cfr. anche la Chiosa 14). 
 

Chiosa 15: Commento al § 20, p. 27.
Nel messaggio conciliare Dio è presentato nella sua assoluta signoria su tutte le cose, ma anche come garante dell'autentica autonomia delle realtà temporali. 

Qui abbiamo l'associazione di due motivi incompatibili: la «signoria di Dio» ma, nello stesso tempo, il riconoscimento «dell'autonomia delle realtà temporali». Queste sono due cose che non coeriscono tra loro. 
Inoltre si vede, nello svolgimento reale della storia moderna, che è uno dei due motivi quello che prevale: quello dell'autonomia dell'uomo. La signoria di Dio diventa secondaria. Il motivo dominante, quello sentito da tutti e sempre progrediente, è quello dell'autonomia dell'uomo. 
Del resto, Paolo VI l'aveva detto: «Questa è la civiltà dell'uomo». 
L'uomo cosí è misura di sé stesso e di tutte le cose. Difatti Dio, in realtà, diviene irrilevante: le forme della vita umana non sono quasi piú informate alla Legge divina. 
[…] 
 

Chiosa 25: Commento al § 34, p. 43.
Bisogna proseguire nel dialogo dottrinale, ma soprattutto impegnarsi di piú nella preghiera ecumenica

In Iota Unum, noi abbiamo dedicato un intero capitolo al dialogo (cfr. Iota Unum, XVI); qui vogliamo solo ricordare che il dialogo deve mirare a cambiare le opinioni errate del collocutore. Invece, secondo i moderni, non si deve mirare al proselitismo ma soltanto a una reciproca confidenza perché le due parti vengano a conoscersi. 
[…] 
Certo, riguardo alla preghiera ecumenica, bisogna dire che questa preghiera è importantissima. Ma deve avere un'intenzione retta, e questa intenzione è retta solo quando chiede la conversione dei fratelli erranti. 
Poi bisogna vedere se per «preghiera ecumenica» non si intenda la communicatio in sacris: una comunione di preghiere e di atti sacri che, una volta, nella Chiesa era proibitissima: nelle cose sacre non si può avere nessuna comunione con quelli che sono al di fuori della Chiesa. 
 

Chiosa 32: Commento al § 36, p. 45. 
Non si può infatti negare che la vita spirituale attraversi, in molti cristiani, un momento di incertezza… 

«Un momento di incertezza»: questo ci sembra un eufemismo. Sarebbe oggi meglio dire: un momento di decadenza. La crisi del mondo cattolico non è una crisi sulla quale si può essere incerti. È una crisi certissima. Bisogna sigillare gli occhi per non vederla. 
 

Chiosa 35: Commento al § 36, p. 46. 
In che misura la Parola di Dio è divenuta piú pienamente anima della teologia e ispiratrice di tutta l'esistenza cristiana, come chiedeva la Dei Verbum?

Di questa domanda se ne vede il desolante effetto osservando quanto poco le chiese siano frequentate e come siano irriverenti quelli che le frequentano. È diminuita la frequenza ma, soprattutto, è diminuito l'atteggiamento religioso e riverente: adesso, andando a ricevere la Santa Comunione, si va non con l'attitudine di devozione ma con le braccia conserte, come fanno i giovani, o all'indietro come quando si va a spasso, o portando con sé cartelle, borse, ombrelli: questo è il progresso che la Chiesa ha fatto con la riforma liturgica. 
E qui il Documento pontificio parrebbe a noi ingenuo, affermando cose che sussistono soltanto in apparenza. 
 

Chiosa 51: Di seguito.
[…] Ben vigilando sul rischio del sincretismo e di un facile e ingannevole irenismo. 

Questo è puro parlato: perché, dopo le parole dette alle CHIOSE precedenti, non si può piú scrivere queste: non si può promuovere questo sincretismo e poi avvertire che bisognerà badare a evitare il sincretismo. 
[…]
Una volta di piú qui ci troviamo davanti al solito procedimento: di fare una metà ex corde e l'altra metà di puro parlato, di convenienza.

Una Vox

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 10:39. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com