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Joseph Ratzinger spiega i pericoli della Teologia della Liberazione

Ultimo Aggiornamento: 23/10/2009 12:20
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23/10/2009 12:18

I. Il concetto della teologia della liberazione e i presupposti della sua genesi

Queste osservazioni preliminari ci hanno frattanto già introdotto nel nucleo del tema. Hanno però lasciato aperta la questione principale: che cos'è propriamente la teologia della liberazione?
In un primo tentativo di risposta possiamo dire: la teologia della liberazione pretende dare una nuova interpretazione globale del cristianesimo; spiega il cristianesimo come una prassi di liberazione e pretende di porsi essa stessa come una guida a tale prassi. Ma siccome secondo questa teologia ogni realtà è politica, anche la liberazione è un concetto politico e la guida alla liberazione deve essere una guida all'azione politica.
"Nulla resta fuori dall'impegno politico. Tutto esiste con una colorazione politica", scrive testualmente uno dei suoi più noti esponenti sudamericani. Una teologia che non sia "pratica " ' vale a dire essenzialmente politica, è considerata "idealistica" e condannata come irreale o come veicolo di conservazione degli oppressori al potere.

Per un teologo che abbia imparato la sua teologi . a nella tradizione classica e che abbia accettato la sua vocazione spirituale, è difficile immaginare che si possa seriamente svuotare la realtà globale del cristianesimo i . n uno schema di prassi socio-politica di liberazione. La cosa è tuttavia possibile, in quanto molti teologi della liberazione continuano ad usare gran parte del linguaggio ascetico e dogmatico della Chiesa in chiave nuova, in maniera tale che chi legge e chi ascolta partendo da un altro retroterra, può ricevere l'impressione di ritrovare il patrimonio antico con l'aggiunta solamente di qualche affermazione un poco "strana ", che però, unita a tanta religiosità, non potrebbe essere così pericolosa.


Proprio la radicalità della teologia della liberazione fa sì che ne venga spesso sottovalutata la gravità, perché non entra in alcuno schema esistente fino ad oggi di eresia; la sua impostazione di partenza si trova al di fuori di ciò che può venir colto dai tradizionali schemi di discussione.

Per questo vorrei tentare di accostarmi all'indirizzo fondamentale della teologia della liberazione in due tappe: prima occorrerà dire qualche cosa sui presupposti' che l'hanno resa possibile; successivamente vorrei esplorare alcuni dei concetti basilari che permettono di conoscere qualcosa della sua struttura
Come si è arrivati a quell'orientamento completamente nuovo del pensiero teologico che trova espressione nella teologia della liberazione? Vedo principalmente tre fattori che l'hanno resa possibile.
 Dopo il Concilio si produsse una situazione teologica nuova:

a) si creò l'opinione che la tradizione teologica esistente fino ad allora non fosse più accettabile e che di conseguenza si dovesse cercare, a partire dalla Scrittura e dai segni dei tempi, orientamenti teologici e spirituali totalmente nuovi;

b) l'idea dì apertura al mondo e di impegno nel mondo si trasformò spesso in una fede ingenua nelle scienze; una fede che accolse le scienze umane come un nuovo vangelo, senza volerne riconoscere i limiti ed i problemi propri. La psicologia, la sociologia e l'interpretazione marxista della storia furono considerate come scientificamente sicure e quindi come istanze non più contestabili del pensiero cristiano;

c) la critica della tradizione da parte della esegesi evangelica moderna, specialmente di Rudolf Bultmann e della sua scuola, divenne una istanza teologica inamovibile che sbarrò la strada alle forme fino ad allora valide della teologia, incoraggiando così anche nuove costruzioni.

2) La situazione teologica così mutata coincise con una situazione della storia spirituale anch'essa modificata. Alla fine della fase di ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale, fase che coincise all'incirca con il termine del Concilio, si produsse nel mondo occidentale un sensibile vuoto di significato al quale la filosofia esistenzialista ancora in voga non era in grado di dare alcuna risposta. In questa situazione le differenti forme del neomarxismo si trasformarono in un impulso morale e allo stesso tempo in una promessa di significato che appariva quasi irresistibile alla gioventù universitaria. Il marxismo, con gli accenti religiosi di Bloch e le filosofie provviste di rigore "scientifico" di Adorno, Horkheimer, Habermas e Marcuse, offrirono modelli di azione con i quali si credette di poter rispondere alla sfida della miseria nel mondo e, allo stesso tempo, di poter attualizzare il senso corretto del messaggio biblico.

3) La sfida morale della povertà e dell'oppressione non si poteva più ignorare nel momento in cui l'Europa e l'America del Nord avevano raggiunto un'opulenza fino ad allora sconosciuta. Questa sfida esigeva evidentemente nuove risposte che non si potevano trovare nella tradizione esistente sino a quel momento. La situazione teologica e filosofica mutata invitava espressamente a cercare la risposta in un cristianesimo che si lasciasse guidare dai modelli di speranza, in apparenza fondati "scientificamente", delle filosofie marxiste.

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