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Joseph Ratzinger spiega i pericoli della Teologia della Liberazione

Ultimo Aggiornamento: 23/10/2009 12:20
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23/10/2009 12:20

Tra marxismo e capitalismo

Questo che abbiamo riportato è dunque il quadro delle riflessioni e delle constatazioni sul cui sfondo, secondo il teologo Joseph Ratzinger, va vista l'ormai celebre "Istruzione su alcuni aspetti della teologia della liberazione".

Aggiungiamo, che, durante il nostro colloquio, il Cardinale è più volte tornato su un aspetto dimenticato in molti commenti:

"La teologia della liberazione, nelle sue forme che si rifanno al marxismo, non è affatto un prodotto autoctono, indigeno, dell'America Latina o di altre zone sottosviluppate, dove sarebbe nata e sarebbe cresciuta quasi spontaneamente, per opera del popolo. Si tratta in realtà, almeno all'origine, di una creazione di intellettuali; e di intellettuali nati o formati nell'Occidente opulento: europei sono i teologi che l'hanno iniziata, europei - o allevati nelle università europee - sono i teologi che la fanno crescere in Sud America. Dietro lo spagnolo o il portoghese di quella predicazione si intravvede in realtà il tedesco, il francese, l'anglo-americano".

Dunque, per lui anche la teologia della liberazione farebbe parte "della esportazione verso il Terzo Mondo di miti e utopie elaborate nell'Occidente sviluppato. Quasi un tentativo di esperimentare in concreto ideologie pensate in laboratorio da teorici europei. Per qualche aspetto, pertanto, è ancora una forma di imperialismo culturale, seppur presentato come la creazione spontanea delle masse diseredate. È poi tutto da verificare che influsso reale abbiano davvero sul " popolo " i teologi che dicono di rappresentarlo, di dargli voce".

Osserva, continuando su questa linea:

"In Occidente il mito marxista ha perso fascino tra i giovani e tra gli stessi lavoratori; si tenta allora di esportarlo nel Terzo Mondo da parte di intellettuali che vivono però al di fuori dei Paesi dominati dal Il socialismo reale ". Infatti, solo dove il marxismo leninismo non è al potere c'è ancora qualcuno che prende sul serio le sue illusorie " verità scientifiche "".


Segnala ancora che "paradossalmente - ma non troppo - la fede sembra essere più al sicuro all'Est, dove è ufficialmente perseguitata. Sul piano dottrinale non abbiamo quasi alcun problema con il cattolicesimo di quelle zone. Il fatto è che, là, per i cristiani non c'è certo il pericolo di convertirsi alle posizioni di una ideologia imposta con la forza: la gente sconta ogni giorno sulla sua pelle la tragedia di una società che ha tentato sì una liberazione, ma da Dio. Anzi, in alcuni Paesi dell'Est, sembra emergere l'idea di una " teologia della liberazione", ma come liberazione dal marxismo. Il che non significa certo che guardino con simpatia alle ideologie e al costume prevalenti in Occidente".
Mi ricorda che "il cardinale primate di Polonia, Stefan Wyszynski, metteva in guardia dall'edonismo e dal permissivismo occidentali non meno che dall'oppressione marxista. Alfred Bengsch, cardinale di Berlino, mi diceva un giorno di vedere un pericolo più grave per la fede nel consumismo occidentale e in una teologia contaminata da questo atteggiamento che non nel comunismo marxista".

Ratzinger non teme di riconoscere :

"il marchio del satanico nel mondo con cui in Occidente si sfrutta il mercato della pornografia e della droga". "Sì - dice - c'è qualcosa di diabolico nella freddezza perversa con cui, in nome del denaro, si corrompe l'uomo approfittando della sua debolezza, della sua possibilità di essere tentato e vinto. È infernale la cultura dell'Occidente, quando persuade la gente che il solo scopo della vita sono il piacere e l'interesse privato".
 

Eppure, se gli si chiede quale - a livello di elaborazione teorica - gli sembri il più insidioso tra i molti ateismi del nostro tempo, è ancora al marxismo che ritorna: "Mi sembra che il marxismo, nella sua filosofia e nelle sue intenzioni morali, sia una tentazione più profonda che non certi ateismi pratici, dunque intellettualmente superficiali. È che nell'ideologia marxista si approfitta anche della tradizione giudeo-cristiana, rovesciata però in un profetismo senza Dio; si strumentalizzano per fini politici le energie religiose dell'uomo, indirizzandole verso una speranza solo terrena che è il capovolgimento della tensione cristiana verso la vita eterna. È questa perversione della tradizione biblica che trae in inganno molti credenti, convinti in buona fede che la causa di Cristo sia la stessa di quella proposta dagli annunciatori della rivoluzione politica".

Il dialogo impossibile

E qui - con aria che mi è sembrata più sofferente che " inquisitoria " - mi ha di nuovo ricordato quel "dramma del Magistero" che gli avvenimenti susseguenti alla pubblicazione dell'Istruzione sulla teologia della liberazione avrebbero riconfermato: "C'è questa dolorosa impossibilità di dialogare con i teologi che accettano quel mito illusorio, che blocca le riforme e aggrava la miseria e le ingiustizie, e che è la lotta di classe come strumento per creare una società senza classi". Continua: "Se, Bibbia e Tradizione alla mano, fraternamente, si cerca di denunciare le deviazioni, subito si è etichettati come " servi ", "lacchè " delle classi dominanti che vogliono conservare il potere appoggiandosi anche alla Chiesa. D'altronde, le più recenti esperienze mostrano che rappresentanti significativi della teologia della liberazione si differenziano felicemente (per la loro disponibilità alla comunità ecclesiale e al servizio reale dell'uomo) dall'intransigenza di una parte dei mass-media e di numerosi gruppi di loro sostenitori, prevalentemente europei. Da parte di questi ultimi ogni nostro intervento, anche il più pensato e rispettoso, viene respinto a priori, perché si schiererebbe dalla parte dei "padroni". Mentre la causa degli ultimi è tradita proprio da queste ideologie, che si sono rivelate fonte di sofferenza per il popolo stesso".

Mi ha poi parlato dello sgomento provocatogli dalla lettura di molti dei teologi della liberazione:

"C'è un ritornello ripetuto senza tregua: " bisogna liberare l'uomo dalle catene dell'oppressione politico-economica; per liberarlo le riforme non bastano, anzi sono devianti; quel che ci vuole è la rivoluzione; ma il solo modo per fare la rivoluzione è bandire la lotta di classe ". Eppure, coloro che ripetono tutto questo non sembrano porsi alcun problema concreto, pratico, sul come organizzare una società dopo la rivoluzione. Ci si limita a ripetere che bisogna farla".

Dice ancora: "
Ciò che è inaccettabile teologicamente e pericoloso socialmente, è questo miscuglio tra Bibbia, cristologia, politica, sociologia, economia. Non si può abusare della Scrittura e della teologia per assolutizzare, sacralizzare una teoria sull'ordinamento socio-politico. Questo, per sua natura, è sempre relativo. Se invece si sacralizza la rivoluzione mescolando Dio, Cristo, ideologie si crea un fanatismo entusiastico che può portare alle ingiustizie e alle oppressioni peggiori, rovesciando nei fatti ciò che in teoria ci si proponeva ".

Continua: "
Colpisce dolorosamente poi - in sacerdoti, in teologi! - questa illusione così poco cristiana di potere creare un uomo e un mondo nuovi, non col chiamare ciascuno a conversione, ma agendo solo sulle strutture sociali ed economiche. È il peccato personale che è in realtà alla base anche delle strutture sociali ingiuste. E sulla radice, non sul tronco e i rami dell'albero dell'ingiustizia che bisognerebbe lavorare se si vuole davvero una società più umana. Sono verità cristiane fondamentali, eppure respinte con disprezzo come " alienanti spiritualiste ".


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Testo integrale tratto da: Rapporto sulla fede "Messori a colloquio con Joseph Ratzinger"

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