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Il New Age
Il relativismo di Hick, Knitter e teorie analoghe si fonda in ultima analisi su un razionalismo che, alla maniera di Kant, ritiene che la ragione non possa conoscere ciò che è metafisico (10); la rifondazione della religione segue una strada pragmatica che assume una tonalità più etica o più politica. Vi è però anche una reazione espressamente antirazionalista all'esperienza che «tutto è relativo», e che si riassume nell'etichetta polivalente del New Age (11). Qui la via di uscita dal dilemma della relatività non viene individuata in un nuovo incontro di un Io con un Tu o con il Noi, ma nel superamento del soggetto, nel ritorno estatico nel processo cosmico.
Come già la gnosi antica, questa via ritiene di essere in sintonia con tutto ciò che la scienza insegna e pretende inoltre di valorizzare le conoscenze scientifiche di ogni genere (biologia, psicologia, sociologia, fisica). Nello stesso tempo però, partendo da queste premesse, intende offrire un modello del tutto antirazionalista di religione, una moderna «mistica»: l'assoluto non lo si può credere, ma sperimentare. Dio non è una persona che sta di fronte al mondo, ma l'energia spirituale che pervade il Tutto. Religione significa l'inserimento del mio Io nella totalità cosmica, il superamento di ogni divisione.
K. H. Menke descrive molto bene la svolta spirituale che ne deriva, quando afferma: «Il soggetto, che pretendeva sottomettere a sè ogni cosa, si trasfonde ora nel "Tutto"» (12). La ragione oggettivante-così ci avverte il New Age-ci sbarra la via che conduce al mistero della realtà; l'essere Io ci esclude dalla pienezza della realtà cosmica, sconvolge l'armonia del Tutto ed è la causa autentica del nostro irredentismo.
La redenzione consiste nello svincolamento dell'Io, nell'immergersi nella pienezza della vita, nel ritorno nel Tutto. Si ricerca l'estasi, l'ebbrezza dell'infinito, che si può sperimentare nel suono della musica, nel ritmo, nell'eccitazione della luce e del buio, nella massa umana. Così facendo, non solo si capovolge la strada dell'epoca moderna al dominio assoluto del soggetto; al contrario l'uomo stesso, per essere liberato, deve sciogliersi nel «Tutto». Ritornano gli dei. Essi appaiono più credibili di Dio. Bisogna rinnovare i riti primordiali, con i quali l'Io viene iniziato ai misteri del Tutto e viene liberato da se stesso.
Questo rinnovarsi delle religioni e dei culti precristiani, che oggi viene praticato in molte maniere, trova diverse spiegazioni. Se non vi è una verità comune, che ha valore proprio perché è vera, il cristianesimo diventa solo un prodotto importato dall'esterno, un imperialismo spirituale, che bisogna scuotersi di dosso al pari di quello politico. Se nei sacramenti non si realizza un incontro di tutti gli uomini con l'unico Dio vivente, essi diventano dei riti privi di contenuto, che non ci dicono e non ci danno nulla, o tutt'al più ci fanno percepire il numinoso che è presente in tutte le religioni.
E’ più sensato cercare ciò che ci appartiene originariamente, piuttosto che lasciarci imporre ciò che è estraneo e antiquato. Ma soprattutto, se la «sobria ebbrezza del mistero cristiano non ci può rendere ubriachi di Dio, bisogna allora evocare l'ebbrezza reale delle estasi efficaci, la cui passione ci eccita e ci rende dèi almeno per un attimo, ci fa sentire per un momento il gusto dell'infinito e ci fa dimenticare la miseria del finito. Quanto più si rende manifesta l'inutilità degli assolutismi politici tanto più diventa forte l'attrattiva dell'irrazionalità, la rinuncia alla realtà del quotidiano (13).
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