È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Benvenuto in Famiglia Cattolica
Famiglia Cattolica da MSN a FFZ
Gruppo dedicato ai Cattolici e a tutti quelli che vogliono conoscere la dottrina della Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica Amiamo Gesu e lo vogliamo seguire con tutto il cuore........Siamo fedeli al Magistero della Chiesa e alla Tradizione Apostolica che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre. Ti aspettiamo!!!

 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Joseph Ratzinger: La fede e la teologia dei nostri giorni

Ultimo Aggiornamento: 23/10/2009 12:33
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 31.493
Registrato il: 02/05/2009
Registrato il: 02/05/2009
Sesso: Maschile
23/10/2009 12:32

I compiti della teologia

Ci troviamo dunque, in sostanza, di fronte ad una strana situazione: la teologia della liberazione aveva tentato di dare al cristianesimo, stanco di dogmi, un nuovo assetto pratico, attraverso il quale la redenzione doveva diventare ancora una volta un evento. Ma questa pratica ha lasciato dietro di sè delle rovine, invece di instaurare la libertà. Rimasto quindi il relativismo e il tentativo di adeguarsi ad esso. Ma quello che ne è derivato è ancora una volta così vuoto, che le teorie relativiste cercano aiuto presso la teologia della liberazione per potere trovare attraverso di essa uno sbocco nella pratica.

Il New Age giunge a dire: abbandoniamo l'avventura del cristianesimo, che è fallito, e torniamo invece agli dèi, perché lì si vive meglio. Ma sorgono allora diversi problemi. Accenniamo solo a quello più pratico: come mai la teologia classica si è mostrata così impreparata di fronte a questi eventi? Dove si trovano i punti deboli che l'hanno resa così inefficace?

Desidero solo rilevare due punti, che emergono dalle posizioni di Hick e Knitter. Questi ultimi si appellano all'esegesi per giustificare la loro distruzione della cristologia: l'esegesi avrebbe provato che Gesù non si è ritenuto il Figlio di Dio, il Dio incarnato, ma che solo in seguito i suoi seguaci lo avrebbero reso tale (14). Ambedue - anche se Hick in modo più chiaro rispetto a Knitter - si richiamano inoltre all'evidenza filosofica. Hick ci assicura che Kant avrebbe dimostrato inconfutabilmente che l'assoluto, o Colui che è l'assoluto, non può essere conosciuto nella storia e come tale non può trovarsi in essa (15). In base alla struttura della nostra conoscenza - secondo Kant - non può essere possibile quello che afferma la fede cristiana: i miracoli i misteri e i mezzi della grazia sono un illusione, così spiega Kant nella sua opera La religione entro i limiti della semplice ragione (16).

Penso che il problema dell'esegesi e quello dei limiti e delle possibilità della nostra ragione, ossia delle premesse filosofiche della fede, costituiscano effettivamente il vero punto dolente dell'odierna teologia, per il quale la fede - e in misura crescente anche la fede dei semplici - entra in crisi.
Voglio solo tentare di delineare qui il compito che ne deriva per noi. Anzitutto, per quanto riguarda l'esegesi bisognerebbe dire in primo luogo che Hick e Knitter non possono certo appellarsi all'esegesi in modo globale, come tutto ciò sarebbe un risultato indiscutibile e riconosciuto da tutti gli esegeti.

Ciò non è possibile nell'ambito della ricerca storica, che non conosce questo tipo di certezza. Ed è ancor meno possibile quando si tratta di un problema che non è puramente storico o letterario, ma implica delle decisioni su dei valori, le quali vanno al di là di una semplice ricostruzione del passato e di una pura interpretazione di un testo. E’ vero però che se si guarda all'esegesi moderna nel suo complesso si può ricavarne un'impressione che è simile a quella di Hick e Knitter.

Quale grado di certezza vi si può attribuire? Pur supponendo che la maggioranza degli esegeti pensi così (cosa che però resta da provare), rimane il problema di vedere su che cosa si fondi una tale opinione della maggioranza. La mia tesi è la seguente: se molti esegeti pensano come Hick e Knitter e ricostruiscono la storia di Gesù in modo simile, ciò è dovuto al fatto che condividono la loro filosofia. Non è l'esegesi che prova la filosofia, ma è la filosofia che produce l'esegesi (17).

Se so a priori (parlando come Kant) che Gesù non può essere Dio, che i miracoli, i misteri e i mezzi della grazia sono tre forme di illusione, allora non posso neppure ricavare dai testi sacri un dato di fatto che tale non può essere. Posso solo cercare di vedere come si è giunti a simili affermazioni, come esse si sono formate gradualmente.

Ma vediamo le cose un po' più da vicino. Il metodo storico-critico è uno strumento eccellente per leggere le fonti storiche ed interpretare i testi. Ma esso racchiude anche una sua filosofia, alla quale in genere si dà poco peso per esempio quando si tratta di conoscere la storia degli imperatori medievali. Con esso infatti voglio conoscere il passato, e nulla più. Ma anche in questo caso non si può prescindere da un insieme di valori, e perciò in questo senso il metodo ha i suoi limiti. Se si prende in considerazione la Bibbia, subentrano inoltre due altri fattori. Il metodo intende conoscere il passato come passato. Vuole afferrare il più possibile ciò che è avvenuto nella sua fattualità, nel punto preciso in cui è accaduto. E ciò presuppone che la storia in linea di principio sia uniforme: l'uomo in tutta la sua varietà, il mondo in tutte le sue differenziazioni, è governato dalle medesime leggi e dai medesimi limiti per cui io sono in grado di escludere ciò che è impossibile. Quello che oggi non può accadere in nessun modo, non poteva accadere neppure ieri e non potrà accadere domani.

Se questo si applica alla Bibbia, viene a dire che un testo, un fatto, una persona resta fissato rigidamente nel suo passato. Si vuole ricavare ciò che l'autore ha detto allora o può aver detto in passato. Tutto dipende dalla «storicità», da «ciò che è accaduto allora». Perciò l'esegesi storico-critica non mi trasfonde la Bibbia nell'oggi, nella mia vita attuale. Questo resta escluso. Al contrario, essa la allontana da me e me la mostra ben ancorata nel passato. Questo è il punto su cui Drewermann ha giustamente criticato l'esegesi storico-critica, in quanto ritiene di essere autosufficiente. Per sua natura essa non parla dell'oggi, di me, ma di ciò che era ieri, di un'altra cosa.

Perciò essa non può mai mostrarmi il Cristo di oggi, di domani e dell'eternità, ma soltanto, se vuole restare fedele a se stessa, del Cristo di ieri. Vi è poi il secondo presupposto, l'omogeneità del mondo e della storia, quello cioè che Bultmann chiama la moderna visione del mondo. M. Waldstein con un'approfondita analisi ha mostrato che la teoria della conoscenza di Bultmann è influenzata completamente dal neokantismo di Marburgo (18).

Di qui egli ha tratto l'idea di ciò che può esserci o non esserci. Altri esegeti possono avere una coscienza filosofica meno chiara, ma i presupposti che derivano dalla teoria kantiana della conoscenza si fanno sentire ugualmente, anche se solo nel sottofondo, come una chiave ermeneutica spontanea che guida il cammino della critica. Stando così le cose, l'autorità ecclesiastica non può semplicemente imporre che si debba trovare nella Scrittura una cristologia della figliolanza divina. Essa tuttavia può e deve esortare a valutare criticamente la filosofia che soggiace al metodo che si adotta.

Infine, con la rivelazione divina Egli, il Vivente e il Vero, irrompe in questo mondo e apre il carcere delle nostre teorie, con le cui sbarre tentiamo di difenderci contro questa venuta di Dio nella nostra vita. Per fortuna, nonostante la crisi della filosofia e della teologia, che stiamo vivendo, si è venuta affermando oggi nell'esegesi una nuova riflessione sui principi fondamentali, elaboratasi anche grazie ai dati emersi da un'accurata analisi storica dei testi (19). Esse ci aiutano a liberarci dal carcere di presupposti filosofici, di cui soffre l'esegesi: la parola ci si apre nuovamente in tutta la sua vastità.

Il problema dell'esegesi, come abbiamo visto, coincide ampiamente con il problema della filosofia. Le difficoltà della filosofia, ossia le difficoltà in cui si è dibattuta la ragione orientata in senso positivista, sono diventate le difficoltà della nostra fede. Quest'ultima non può divenire libera, se la ragione stessa non si apre nuovamente. Se rimane chiusa la porta della conoscenza metafisica, se restano invalicabili i confini posti da Kant alla conoscenza umana, la fede è destinata ad atrofizzarsi: le manca il respiro.

Certo, il tentativo di volersi tirare fuori dalla palude dell'incertezza, per così dire prendendosi per i capelli, attraverso una ragione strettamente autonoma, che non vuole sapere nulla in fatto di fede, non può avere successo. La ragione umana infatti non è per nulla autonoma. Essa vive sempre in particolari contesti storici. Le contingenze le offuscano la vista (come possiamo constatare); perciò essa ha bisogno anche di venir soccorsa sul piano storico, per poter superare le barriere che le provengono dalla storia (20).

Ritengo che il razionalismo neoscolastico sia fallito nel suo tentativo di voler ricostruire i Preambula Fidei con una ragione del tutto indipendente dalla fede, con una certezza puramente razionale; tutti gli altri tentativi che procedono su questa medesima strada, otterranno alla fine gli stessi risultati. Su questo punto aveva ragione Karl Barth, nel rifiutare la filosofia come fondamento della fede, indipendentemente da quest'ultima: la nostra fede si fonderebbe allora, in fondo, su mutevoli teorie filosofiche.

Ma Barth sbagliava nel definire perciò stesso la fede come un semplice paradosso, che può sussistere solo contro la ragione e in totale indipendenza da essa. Una delle funzioni della fede, e non tra le più irrilevanti, è quella di offrire un risanamento alla ragione come ragione, di non usarle violenza, di non rimanerle estranea, ma di ricondurla nuovamente a se stessa. Lo strumento storico della fede può liberare nuovamente la ragione come tale, in modo che quest'ultima - messa sulla buona strada dalla fede - possa vedere da sè. Dobbiamo sforzarci di ottenere un simile dialogo nuovo tra fede e filosofia perché esse hanno bisogno l'una dell'altra. La ragione non si risana senza la fede, ma la fede senza la ragione non diventa umana.

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 10:54. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com