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Il diritto e il dovere del farmacista cattolico

Ultimo Aggiornamento: 28/10/2009 10:19
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Intervento del segretario generale della Cei vescovo Mariano Crociata

Il diritto e il dovere del farmacista cattolico


Roma, 23. "L'obiezione di coscienza è anche un diritto che deve essere riconosciuto ai farmacisti permettendo loro di non collaborare direttamente o indirettamente alla fornitura di prodotti che hanno per scopo scelte chiaramente immorali come l'aborto e l'eutanasia". È quanto ha affermato il segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), il vescovo Mariano Crociata, intervenendo al convegno nazionale dell'Unione cattolica farmacisti italiana, dal titolo "L'obiezione di coscienza del farmacista tra diritto e dovere".

La questione dell'obiezione di coscienza - ricorda monsignor Crociata - nasce dal conflitto interiore dell'uomo "posto di fronte all'alternativa, a volte lacerante, fra il comando della legge, che imporrebbe una determinata azione, e l'imperativo della propria coscienza - rispondente a motivazioni religiose, ma anche etiche o ideologiche - secondo cui quella azione risulta inaccettabile. Il riconoscimento della possibilità di appellarsi alla "clausola di coscienza" è diretto appunto a superare tale conflitto interiore tra coscienza individuale e obbligo legale". L'obiettore, cercando di evitare gli "esiti insanabili e gravissimi" che derivano da una legge ingiusta di cui sia destinatario - spiega monsignor Crociata citando il giurista Francesco D'Agostino - "dicendo di no alla legge intende dire di sì al diritto".

Tradizionalmente - ha continuato nel suo intervento il segretario generale della Cei - la possibilità dell'obiezione di coscienza è stata riconosciuta con riguardo al servizio di leva obbligatorio e agli interventi diretti all'interruzione volontaria di gravidanza, cioè ai due casi tipici che per la loro radicalità permettono di mettere in evidenza i referenti essenziali dell'obiezione stessa:  "Sono casi emblematici perché, pur nella loro diversità, appaiono entrambi legati direttamente al fondamentale principio del non uccidere. In questo quadro si colloca anche la questione del diritto-dovere dei farmacisti all'obiezione di coscienza, che viene oggi in discussione sia di fronte a taluni farmaci abortivi (come la Ru486, per i farmacisti ospedalieri) o potenzialmente abortivi - quale in concreto la cosiddetta pillola del giorno dopo - sia di fronte a taluni sviluppi (o meglio involuzioni) che si profilano in materia di fine vita, considerato che in alcuni Paesi europei, come a esempio in Belgio, risulta già in vendita nelle farmacie un kit eutanasico".

In Italia - aggiunge monsignor Crociata - il problema "è avvertito soprattutto riguardo alla vendita della cosiddetta pillola del giorno dopo. Infatti, sebbene l'autorizzazione ministeriale all'immissione in commercio della specialità medicinale Norlevo abbia qualificato tale prodotto come "contraccettivo d'emergenza", in base alle evidenze scientifiche disponibili non si può escludere la concreta possibilità di un'azione post-fertilizzativa del farmaco stesso nelle ipotesi in cui, essendosi già verificata la fecondazione dell'ovulo e quindi la formazione dell'embrione, viene impedito all'embrione stesso di iniziare l'impianto nella parete uterina, con evidente effetto abortivo".

In tal senso - aggiunge - "si è pronunciato il Comitato nazionale di bioetica nella Nota sulla contraccezione d'emergenza, approvata il 28 maggio 2004, nella quale, dopo aver rilevato la diversità di opinioni emerse nel dibattito scientifico circa l'efficacia della "pillola del giorno dopo", ha "ritenuta unanimemente da accogliersi la possibilità per il medico di rifiutare la prescrizione o la somministrazione" del levonorgestrel (lng, principio attivo del farmaco). Se una tale opzione è correlata ai possibili effetti post-fertilizzazione del farmaco, osserva il Comitato, "il medico ha comunque il diritto di appellarsi alla clausola di coscienza, dato il riconosciuto rango costituzionale dello scopo di tutela del concepito che motiva l'astensione"".

Del resto - aggiunge ancora monsignor Crociata - appare abbastanza chiaro "che l'intenzione di chi chiede o propone l'uso di questa pillola o è finalizzata direttamente all'interruzione di una eventuale gravidanza, proprio come nel caso dell'aborto, o perlomeno non esclude e accetta questo possibile risultato, che verrebbe a realizzarsi al di fuori delle rigorose prescrizioni e procedure stabilite dalla legge 194/78".

Proprio i farmacisti - spiega dunque il segretario generale della Cei - sono chiamati a dare in questo ambito una chiara testimonianza:  "Il farmacista cattolico è chiamato a cogliere questa opportunità per esercitare un autentico apostolato e un'opera di misericordia spirituale attraverso il suo lavoro. Per far questo è importante coltivare la vita di fede con la preghiera, i sacramenti e la testimonianza di onestà e di carità. Altresì è necessaria al farmacista, come a tutti gli operatori sanitari, quella speciale attenzione nella formazione della coscienza morale che si richiede per essere accanto a chi soffre. Dare testimonianza evangelica laddove i contenuti della fede sono messi in questione da casi limite emotivamente coinvolgenti, da forti interessi economici o da una cultura edonista e nichilista è oggi particolarmente faticoso. Bisogna perciò, come singoli farmacisti e come associazione, attingere al patrimonio morale e agli insegnamenti della Chiesa e coordinarsi con l'azione pastorale che essa esercita a tutela della vita e a servizio dei malati. D'altra parte - aggiunge monsignor Crociata rivolgendosi ai farmacisti - la riflessione ecclesiale che la Chiesa che è in Italia sta portando avanti sul tema dell'educazione rappresenta anche la via per un rilancio culturale della vostra professione, che spesso rischia di essere percepita e regolamentata come una pura attività commerciale, svuotata della sua dignità esposta a logiche economiche di tipo unicamente mercantile. Invece, educare le coscienze con la propria professione di farmacista è oggi una priorità per il bene comune e l'interesse di tutti e una missione alta e certamente impegnativa".

Per il farmacista cattolico - aggiunge monsignor Crociata - aderire all'insegnamento della Chiesa sul rispetto della vita e della dignità della persona umana, che è di natura etica e morale, "rappresenta anzitutto un dovere, sicuramente difficile da adempiere in concreto ma al quale non può rinunciare. I cristiani infatti sono chiamati a non prestare la loro collaborazione a quelle pratiche che, pur ammesse dalla legislazione civile, sono in contrasto con la Legge di Dio". Tale cooperazione si verifica quando - come si legge nell'enciclica Evangelium vitae (n.74) - "l'azione compiuta, o per la sua stessa natura o per la configurazione che essa viene assumendo in un concreto contesto, si qualifica come partecipazione diretta a un atto contro la vita umana innocente o come condivisione dell'intenzione immorale dell'agente principale".
In questa prospettiva - conclude monsignor Crociata - "l'obiezione di coscienza è anche un diritto che deve essere riconosciuto ai farmacisti, permettendo loro di non collaborare direttamente o indirettamente alla "fornitura di prodotti che hanno per scopo scelte chiaramente immorali, come per esempio l'aborto e l'eutanasia" e di superare le difficoltà di un contesto culturale che tende, talvolta, a non favorire l'accettazione dell'esercizio di questo diritto, in quanto elemento "destabilizzante" del quietismo delle coscienze", come affermato dalla Pontificia Accademia per la Vita (15 marzo 2007).

Il diritto-dovere all'obiezione di coscienza non riguarda dunque solo i farmacisti cattolici ma tutti i farmacisti, perché, come afferma ancora la Evangelium vitae (n. 101), "la questione della vita e della sua difesa e promozione non è una prerogativa dei soli cristiani. Anche se dalla fede riceve luce e forza straordinarie, essa appartiene a ogni coscienza umana che aspira alla verità ed è attenta e pensosa per le sorti dell'umanità".
Il segretario generale della Cei ha infine rivolto un incitamento:  "Desidero quindi esortare voi tutti a essere testimoni coraggiosi nell'esercizio della professione del valore inalienabile della vita umana, soprattutto quando è più debole e indifesa. Seguire la propria coscienza non è sempre una via facile e può comportare sacrifici e aggravi. Tuttavia, rimane necessario "proclamare chiaramente che la via dell'autentica espansione della persona umana passa per questa costante fedeltà alla coscienza mantenuta nella rettitudine e nella verità"", come affermato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nella Dichiarazione sull'aborto procurato del 1974.


(©L'Osservatore Romano - 24 ottobre 2009)
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L'obiezione di coscienza dei farmacisti: un problema aperto

Al convegno dell'UCFI si è discusso della pillola abortiva


di Luca Marcolivio

ROMA, domenica, 25 ottobre 2009 (ZENIT.org).-

Ai farmacisti va garantita l'obiezione di coscienza rispetto a un prodotto come la cosiddetta "pillola del giorno dopo".

Il tema è stato discusso venerdì scorso presso la casa "Bonus Pastor" nel corso del convegno "L'obiezione di coscienza del farmacista. Tra diritto e dovere", organizzato dall'Unione Cattolica Farmacisti Italiani (UCFI).

A seguito della prolusione del segretario generale della CEI, monsignor Mariano Crociata (http://www.zenit.org/article-20026?l=italian), sono intervenuti studiosi laici, giuristi e rappresentanti del settore farmaceutico, tutti concordi nel sostegno all'obiezione di coscienza.

L'obiezione, come ha spiegato il presidente emerito della Corte Costituzionale, Antonio Baldassarre, è un diritto garantito dalla Costituzione Italiana, il cui articolo 2 tutela i "diritti inviolabili dell'uomo", quindi anche il diritto alla vita.

È necessario, tuttavia, "un intervento del legislatore ordinario che si adegui alla Costituzione", ha osservato il presidente emerito della Consulta.

Baldassarre ha poi enunciato gli argomenti sostenuti contro il diritto all'obiezione: "In primo luogo si sostiene che fornire la pillola del giorno dopo costituisce un dovere che il farmacista non può rifiutare. Tale affermazione è inconsistente perché l'obiezione si applica proprio nei confronti di un dovere".

"Si afferma inoltre - ha aggiunto il giurista - che il farmacista non può conoscere la destinazione d'uso dei prodotti che vende. Anche questa argomentazione è fallace, dal momento in cui la pillola del giorno dopo è stata messa in commercio per una sola finalità: l'interruzione di gravidanza".

"L'OMS ha affermato che l'inizio della gestazione avviene al momento dell'attecchimento dell'embrione nell'utero. Si tratta però di un formalismo esasperato che, oltretutto non tiene conto che la vita (come afferma che la legge 40) inizia al momento del concepimento", ha concluso Baldassarre.

Giacomo Rocchi, Giudice per Indagini Preliminari presso il Tribunale di Firenze, ha sottolineato innanzitutto la situazione paradossale di un'obiezione di coscienza negata ai farmacisti eppure garantita "agli studenti vegetariani degli istituti alberghieri, i quali possono rifiutarsi di seguire le lezioni dove venga illustrata la preparazione di un arrosto".

Secondo il giudice Rocchi, il diritto all'obiezione sarebbe già tutelato dalla stessa legge 194, la quale cita il "personale sanitario", comprensivo, quindi, anche dei farmacisti.

"Il TAR in una sentenza del 2001 ha affermato che non è possibile stabilire con certezza l'inizio della vita umana, tuttavia tale dubbio potrebbe essere applicato anche ai malati di Alzheimer o terminali", ha concluso il magistrato fiorentino.

Una riflessione etico-filosofica è stata fornita da Mario Palmaro, professore di Bioetica e Filosofia del Diritto all'Ateneo Regina Apostolorum e all'Università Europea di Roma.

"L'obiezione di coscienza ha radici lontane nel tempo. Potremmo dire che il primo obiettore di coscienza sia stato Socrate, il quale affermò: il più grande di tutti i mali è far morire un innocente", ha esordito il professor Palmaro.

Il diritto all'obiezione, inoltre, non ha nulla a che vedere con un'etica relativista in cui trionfa la logica del "secondo me", ma chiama in causa piuttosto "la coscienza che ci induce a rifiutare di compiere date azioni e a non voler esserne nemmeno coinvolti".

"L'obiettore non è un ‘sovversivo', né le azioni che pone in essere vanno contro l'ordine costituito. Nel caso dell'aborto il medico o il farmacista si muovono tra il senso profondo della loro professione e i propri principi. Non sono loro, quindi, a costituire l'eccezione, quanto il legislatore che ha posto in essere un'anomalia, ovvero una norma ingiusta".

"Il risvolto più importante del rifiuto di vendere la pillola abortiva sta però nello spiegare le ragioni di quel no", ha osservato Palmaro, auspicando che i farmacisti obiettori redigano un decalogo condiviso per spiegare i motivi della loro scelta.

È seguita una tavola rotonda nel corso della quale i relatori hanno riflettuto riguardo ai possibili strumenti legislativi e amministrativi da mettere in campo a tutela dell'obiezione di coscienza.

Anna Rosa Racca, presidente di Federfarma, e Giovanni Gerosa, membro del comitato centrale della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, hanno preso atto della necessità di una legge che tuteli il farmacista obiettore e, al tempo stesso, il consumatore.

Stefano De Lillo, componente della Commissione Sanità del Senato, ha invece ricordato che l'obiezione è tutelata dalla legge 194 e che, in tempi recenti, anche il Comitato Nazionale di Bioetica ha espresso un parere favorevole.

"Quello che serve - ha affermato De Lillo - è piuttosto una legge per l'interpretazione autentica del già presente diritto all'obiezione. Gli stessi ordini professionali, però, devono fare la loro parte e battersi per la tutela dell'obiezione, senza aspettare che intervenga il parlamento".

La professoressa Assunta Morresi, docente di Chimica fisica all'Università di Perugia e membro del Comitato Nazionale di Bioetica, si è parimenti rivolta agli ordini professionali, sottolineando la necessità di un codice deontologico condiviso.

"Va innanzitutto preso atto del disaccordo esistente nella categoria: ciò è già un punto a favore dell'obiezione", ha constatato.

A conclusione del convegno, il presidente dell'UCFI, Piero Uroda, ha ricordato che la battaglia per l'obiezione di coscienza è innanzitutto una questione etica, civile e culturale.

"La pillola del giorno dopo è un modo per assecondare le passioni più basse degli uomini, in particolare dei più giovani - ha dichiarato -. Queste passioni, però, non potranno mai sopraffare la nostra identità cristiana. Noi farmacisti abbiamo davanti una sfida e dovremo essere testimoni seri per vincerla".
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