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Il Papa il 2 maggio 2010 a Torino per l'Ostensione della Sindone

Ultimo Aggiornamento: 04/05/2010 12:03
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04/05/2010 11:58

Benedetto XVI a Torino per l'ostensione del telo

Di fronte al mistero del Sabato santo




Di fronte alla Sindone - icona del mistero dell'oscurità del Sabato Santo che avvolge anche la nostra epoca - Benedetto XVI ha sostato in preghiera nella serata di domenica 2 maggio, durante la visita pastorale a Torino. È stato questo il momento centrale di una giornata vissuta nel ricordo della sofferenza e del dolore di Gesù. Dolore e sofferenza dinnanzi ai quali il Papa si è nuovamente chinato in serata, prima di lasciare la città, intrattenendosi con gli ammalati ospiti della Cittadella della Carità, l'opera voluta e fondata da san Giuseppe Cottolengo. In precedenza Benedetto XVI si era immerso nell'abbraccio della popolazione torinese. In piazza San Carlo al mattino, dopo aver ricevuto il saluto della comunità civile, il Papa, celebrando la messa, aveva invocato la collaborazione di tutti per perseguire il bene comune e per rendere la città sempre più umana e vivibile. "Il pensiero cristiano sull'uomo - aveva detto - non è mai contro la sua libertà" ma è piuttosto "in favore di una maggiore pienezza che solo in una civiltà dell'amore trova la sua realizzazione". E in questo contesto il Papa ha riservato un posto speciale ai disoccupati, alle famiglie in difficoltà, agli emarginati, agli immigrati. Su di loro, così come su tutti quanti soffrono ha invocato la protezione della Vergine. L'invocazione è giunta alla fine della messa. Si era rivolto alla Patrona della città, venerata con il titolo Beata Vergine Consolata. Nello stesso tempo aveva indicato in Maria un modello da seguire per imparare a "guardare Gesù con uno sguardo di fede". E un invito a cercare modelli cui ispirarsi Benedetto XVI lo aveva poi rivolto anche ai giovani incontrati nel primo pomeriggio. Ognuno di noi, aveva ricordato, "è creato non per compiere scelte provvisorie e revocabili, ma scelte definitive e irrevocabili che danno senso pieno alla vita". L'esempio è quello offerto dal loro concittadino, il beato Pier Giorgio Frassati, il quale "affascinato dalla bellezza del Vangelo delle beatitudini" ha scelto di farsi irrevocabilmente compagno di Cristo.



(©L'Osservatore Romano - 3-4 maggio 2010)
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04/05/2010 11:59

La Sindone e Nietzsche


Anche a Torino il Papa è andato, come successore di Pietro, a confermare i suoi fratelli nella fede. Portando nel cuore tutta la Chiesa, anzi tutta l'umanità, come ha voluto dire esplicitamente dopo avere pregato davanti alla Sindone. Di fronte a questo oggetto sacro e misterioso - che è forse l'immagine più celebre del volto e del corpo di Cristo - Benedetto XVI ha sostato a lungo, avvolto da quel silenzio quasi irreale che colpisce ogni visitatore, pellegrino o solo curioso, nonostante l'imponente e incessante scorrere quotidiano di migliaia di persone.
Nella meditazione il Papa ha ricordato i racconti evangelici e una riflessione tratta dall'antica tradizione cristiana, perché il silenzio che promana dal telo - anche tra le centinaia di classi di bimbi stupiti portate dai loro insegnanti che in queste settimane sfilano nel duomo torinese - è lo stesso che avvolse la terra dopo la sepoltura del Signore:  "Grande silenzio perché il Re dorme", morto nella carne per scendere "a scuotere il regno degli inferi".
Sono bastate queste parole di un'omelia dei primi secoli per muovere le parole di Benedetto XVI, fattosi ancora più sensibile al messaggio della Sindone - ha voluto confidare - per il passare degli anni. Parole che il Papa ha accostato a quelle di Nietzsche, tanto ripetute quanto stravolte:  "Dio è morto! E noi l'abbiamo ucciso!". Il grido del pensatore si alza quasi da una moderna via crucis, anticipando nella sua disperata lucidità gli orrori del Novecento, che invece molti ancora si ostinano a ignorare, nascondere, giustificare.
Ecco il vero mistero del segno racchiuso nell'enigmatico telo sepolcrale di cui Torino va orgogliosa:  e cioè l'inaudita novità di colui che ha attraversato l'oscurità della morte ed è sceso negli inferi - là "dove regna l'abbandono totale" - per farvi risuonare la voce di Dio che ha vinto per sempre il male e la morte. Una realtà che anche i più piccoli e i più semplici possono capire:  come la paura del buio provata da bambini che viene dissolta dalla presenza di chi li ama, ha spiegato Benedetto XVI, che ha il dono umano e spirituale di farsi capire da tutti.
E dal mistero della Sindone che parla con il sangue discende il suo potere, perché - ha detto il Papa con tutta la tradizione biblica - il sangue è la vita:  l'immagine sul lenzuolo è infatti "quella di un morto, ma il sangue parla della sua vita". E di questa vita ha ancora una volta parlato Benedetto XVI nei suoi incontri con i torinesi:  annunciando colui che ha mostrato come bisogna amare e offerto "la certezza che non siamo soli". Dio infatti "è vicino a ciascuno con il suo amore":  un amore, certo non confinato nel passato, che sa di dovere affrontare ogni giorno difficoltà e tribolazioni.
Sta allora a ciascuno - donne e uomini, giovani e anziani - imitare Cristo. Per "vivere e non vivacchiare", secondo un'espressione di Pier Giorgio Frassati, caro non solo ai torinesi, che il Papa ha voluto ricordare ai giovani, ma parlando a tutti. È questo il messaggio che discende dal segno silenzioso della Sindone, da quella immagine drammatica ma serena che rappresenta la morte di Dio denunciata da Nietzsche. Di quel Dio che è sceso negli inferi per liberare dal laccio della morte ogni creatura umana.

g. m. v.


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04/05/2010 12:01

La venerazione della Sindone in duomo e la visita al Cottolengo

In silenzio davanti al mistero del dolore


dal nostro inviato Gianluca Biccini

In contemplazione silenziosa davanti all'icona di un mistero scritto con il sangue. Nei lunghi minuti trascorsi da Benedetto XVI in ginocchio davanti alla Sindone è riassunta tutta la visita pastorale compiuta domenica, 2 maggio, a Torino.

Dopo la messa del mattino in piazza San Carlo e l'incontro del pomeriggio con i giovani nella stessa cornice, il Papa ha sostato dinanzi alla venerata immagine esposta nel duomo torinese, in occasione della solenne ostensione di quest'anno. Per almeno cinque minuti si è soffermato a contemplare il telo sepolcrale, poi, in un clima di grande raccoglimento, ha offerto una profonda meditazione sull'attualità del messaggio della Sindone:  "Icona del Sabato Santo" - l'ha definita - capace di parlare ancora all'umanità del nostro tempo, che sembra vivere sul baratro di una spaventosa sensazione di abbandono. All'uomo di oggi, che ha sperimentato l'oscurità di due conflitti mondiali, i lager e i gulag frutto di sistemi totalitari aberranti, la distruzione nucleare di Hiroshima e Nagasaki, il Pontefice ha spiegato che la Sindone porta un raggio d'amore, la luce di una speranza nuova che dà significato al dramma della sofferenza. Parole, queste, che hanno trovato un significato concreto nella successiva visita alla Piccola casa della Divina Provvidenza, in cui Benedetto XVI, nell'ultima tappa nel capoluogo piemontese, ha incontrato gli ammalati assistiti dagli eredi spirituali di san Giuseppe Benedetto Cottolengo.

 Il Papa - sono parole sue - ha "molto atteso" questo appuntamento al cospetto del santo Sudario, che secondo la tradizione ha accolto il corpo di Gesù Crocifisso nel sepolcro. Mentre le campane del duomo suonavano a distesa, il parroco Giancarlo Garbiglia gli ha dato il benvenuto insieme con i canonici del capitolo metropolitano. Dopo l'adorazione eucaristica, Benedetto XVI ha venerato la Sindone, esposta sull'altare maggiore, percorrendo la stessa pedana su cui ogni giorno sfilano decine di migliaia di persone. C'era già stato in occasione dell'ostensione del 1998, guidando da cardinale prefetto il pellegrinaggio della Congregazione per la Dottrina della Fede e tenendo una conferenza pubblica al Teatro regio. Aveva poi parlato della Sindone a Rimini nel 2002, al meeting di Comunione e liberazione, e nel Venerdì Santo del 2005 quando aveva scritto le meditazioni per la Via Crucis al Colosseo. Ma stavolta ha confidato nella sua meditazione di sentire questo appuntamento "con particolare intensità", perché come successore di Pietro ha portato nel proprio cuore a Torino "tutta la Chiesa, anzi tutta l'umanità". Prima di lui Giovanni Paolo II aveva visitato la Sindone il 13 aprile 1980 e il 24 maggio 1998, quando l'aveva definita "uno dei segni più sconvolgenti dell'amore sofferente e dello strazio inenarrabile del Redentore". Paolo VI invece non la vide mai direttamente, anche se ne incoraggiò la devozione; mentre Angelo Giuseppe Roncalli, il futuro Giovanni XXIII, ogni volta che passava da Torino andava a pregare nella cappella che l'aveva custodita per secoli.

Quella apertasi lo scorso 10 aprile è la prima ostensione del xxi secolo. Durerà fino al prossimo 23 maggio ed è già stata visitata da quasi mezzo milione di persone dei due milioni che sono attesi. A questi vanno aggiunti i circa centomila fedeli che ogni settimana passando dalla porta centrale del duomo possono vederla dalla navata:  è un po' più lontana, ma si può restare in contemplazione a lungo.

Dopo la meditazione per i presenti e per i tanti che hanno seguito l'avvenimento attraverso lo schermo di piazza San Giovanni, Benedetto XVI si è congedato dai membri del comitato della Sindone e dalle claustrali dei sedici monasteri della diocesi presenti in Duomo.

A dieci anni dall'ultima ostensione, lo "specchio del Vangelo", come la definì Papa Wojtyla nel 1990, torna a interrogare le coscienze sul significato del dolore innocente. Quel dolore visibile nei corpi martoriati dei tanti ospiti della Piccola casa della Divina Provvidenza, nel quartiere Borgo Dora, dove si è concluso il viaggio apostolico del Papa. Prima di ripartire verso l'aeroporto di Caselle, da dove è decollato alla volta di Roma, il Pontefice ha incontrato gli ammalati e chi si prende cura di loro.

Poco prima, lungo il percorso, era passato davanti al santuario della Consolata, dove la statua mariana amata dai torinesi era esposta in segno di benvenuto al Papa. Perché in una Torino dalle molte anime, in ogni angolo si trovano tracce di una significativa presenza cristiana. Una presenza impressa anche nelle pietre. Come l'arco che reca la scritta Divina Provvidenza, voluta dai cottolenghini proprio per sottolineare il carisma del fondatore, la cui statua si trova sotto l'arco con il suo motto Caritas Christi urget nos.

Benedetto XVI è stato accolto dai superiori delle tre congregazioni della famiglia religiosa, padre Aldo Sarotto, fratel Giuseppe Meneghini e madre Giovanna Mansè. In una cappella laterale ha pregato davanti alle spoglie del fondatore (1786-1842), poi nella "chiesa grande", dopo il saluto rivoltogli da padre Sarotto, ha tenuto il suo ultimo discorso della giornata torinese.

Infine ha benedetto alcuni ammalati, in un clima di gioiosa serenità nonostante i drammi che quotidianamente si consumano in questa cittadella della sofferenza. Nei 112 mila metri quadrati della struttura sono infatti accolte stabilmente duemila persone - tra ospiti e religiosi - e vengono distribuiti almeno tremila pasti al giorno:  cinquecento per gli assistiti, duecento per i ricoverati in ospedale, quattrocento per la mensa dei senza fissa dimora e seicento per le suore, alcune delle quali anziane e bisognose di cure anch'esse.

"Tutto s'impara ai piedi della croce" amava ripetere il Cottolengo. E domenica Benedetto XVI ha riproposto a Torino proprio la lezione d'amore dell'uomo crocifisso, ricordando che la passione di Cristo è la passione dell'uomo. Passio Christi, passio homini, del resto, è il tema di questa ostensione della Sindone già consegnata alle pagine della storia.


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04/05/2010 12:03

In piazza San Carlo Benedetto XVI ha celebrato la messa e ha incontrato i giovani di Torino

Fede e fabbriche


dal nostro inviato Gianluca Biccini

A Torino, città di fabbriche e di santi, in cui non mancano problemi e preoccupazioni, ma anche straordinario serbatoio di operosità sociale, Benedetto XVI ha compiuto, domenica 2 maggio, la prima visita pastorale in Italia di questo 2010, la diciottesima del pontificato. Si è recato nel capoluogo piemontese per venerare la Sindone, rispondendo alle attese dei tanti torinesi che lo aspettavano da due anni, da quando il 2 giugno 2008, nell'Aula Paolo VI, egli stesso aveva annunciato l'ostensione.

È venuto il Papa per incoraggiare gli sforzi di chi è chiamato ad amministrare la cosa pubblica, per esortare i politici a collaborare per il perseguimento del bene comune e rendere la metropoli sempre più umana e vivibile, come ha detto all'omelia della celebrazione presieduta al mattino in piazza San Carlo. Ma è venuto anche per confermare nella fede una Chiesa generosa e attiva, a cominciare dai suoi preti, eredi dei grandi santi che nell'Ottocento hanno risposto alle sfide del loro tempo, interpretando i bisogni degli ultimi. Necessità che oggi si chiamano precarietà, disoccupazione, immigrazione, emarginazione, solitudine.

E la celebrazione eucaristica alla presenza di oltre cinquantamila fedeli è stata il biglietto da visita con cui Torino ha accolto il Pontefice, che prima del canto del Regina caeli ha voluto affidare alla Vergine Maria quanti hanno lavorato per il suo viaggio apostolico e per l'ostensione:  affinché - ha auspicato - i due avvenimenti "favoriscano un profondo rinnovamento spirituale" nella città, nei quartieri, nelle comunità e nelle famiglie. E per questo rinnovamento il Papa punta soprattutto sui giovani, come ha spiegato incontrando le nuove generazioni nel pomeriggio, nella stessa piazza San Carlo, dove in tantissimi si sono dati appuntamento nonostante il maltempo.

Nelle poco più di dieci ore, dalle 9 alle 19.30, trascorse a Torino, Benedetto XVI ha pronunciato cinque discorsi nel corso di quattro incontri pubblici. La giornata è iniziata con il trasferimento in elicottero dal Vaticano all'aeroporto di Roma-Ciampino. Da qui, dopo un'ora di volo, il velivolo dell'Aeronautica militare italiana con a bordo il Papa è atterrato allo scalo Sandro Pertini di Caselle.

Accompagnavano Benedetto XVI i cardinali piemontesi Tarcisio Bertone, segretario di Stato, Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio, Andrea Cordero Lanza di Montezemolo e Giovanni Coppa; gli arcivescovi Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, e James Michael Harvey, prefetto della Casa Pontificia; il vescovo Paolo De Nicolò, reggente della Prefettura; monsignor Georg Gänswein, segretario particolare del Papa; il medico personale del Pontefice, Patrizio Polisca, il direttore del nostro giornale e il vice direttore della Sala Stampa della Santa Sede, il passionista Ciro Benedettini.

Allo scalo torinese Benedetto XVI è stato accolto dal cardinale arcivescovo Severino Poletto, dal nunzio apostolico in Italia, arcivescovo Giuseppe Bertello, anch'egli piemontese; dal vescovo Guido Fiondino, ausiliare di Torino. In rappresentanza del Governo italiano era il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Gianni Letta, che come in occasione dei viaggi a Cagliari e a Brescia, si era unito al Papa a Ciampino, insieme al segretario generale della presidenza del Consiglio dei ministri, Manlio Strano.

Tra le altre autorità presenti, il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, l'ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede, Antonio Zanardi Landi, il prefetto di Torino, Paolo Padoin, il presidente della Provincia, Antonio Saitta, il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, il primo cittadino di Caselle, Giuseppe Marsaglia Cagnola, il direttore generale e il presidente dell'aeroporto, Fausto Palombelli e Maurizio Montagnese, il parroco di Caselle, don Claudio Giai Cischia.
 Giunto in auto in città, in piazza Diciotto Dicembre - data in cui nel 1922 si consumò un'efferata strage fascista - all'imbocco di via Cernaia, Benedetto XVI è salito a bordo della papamobile, diretto a piazza San Carlo per incontrare la cittadinanza.
Il corteo ha proceduto lentamente lungo le strade del centro, tra la folla festante, quasi a smentire i luoghi comuni sulla freddezza dei piemontesi. Ai lati dei diciotto chilometri di transenne poste lungo il percorso, anche i numerosi volontari in casacca viola che in questi giorni dell'ostensione si occupano dell'accoglienza ai visitatori.

Nel cuore di Torino, sul palco di 35 metri quadrati incastonato tra le chiese gemelle di Santa Cristina e San Carlo, il Papa è stato salutato dal sindaco e dal cardinale arcivescovo. Oltre alle venticinquemila persone raccolte nella piazza altrettante hanno seguito l'incontro attraverso i maxischermi di via Roma e piazza Castello.

All'ingresso della chiesa seicentesca dedicata al Borromeo, ad attendere il Pontefice erano il parroco Mario Azzano, dei servi di Maria, e i religiosi della comunità. Nell'occasione il Papa ha anche benedetto la prima pietra della nuova chiesa del Servizio missionario giovanile all'Arsenale della pace, intitolata a "Maria, madre dei giovani". Erano presenti il fondatore del Sermig Ernesto Olivero, l'architetto Benedetto Camerana, che ha realizzato gratuitamente il progetto, e i genitori di Cecilia Gilardi, una diciassettenne morta tragicamente in un incidente stradale, al cui ricordo sarà dedicato il tempio. Il papà Alessandro e un gruppo di famiglie torinesi hanno sostenuto economicamente l'iniziativa.

Rivestiti i paramenti liturgici, Benedetto XVI si è diretto di nuovo verso la piazza per la messa, concelebrata dai cardinali Bertone, Poletto, Sodano, Coppa e Cordero Lanza di Montezemolo, dal cardinale Francesco Marchisano, dagli ecclesiastici del seguito papale e dai presuli di Piemonte e Valle d'Aosta, con i quali ha successivamente pranzato in arcivescovado. Sullo sfondo del palco in metallo - interamente rivestito di cotone bianco, come il telone superiore - una croce stilizzata che richiama quella riprodotta sulle stole dei concelebranti.

Al rito, diretto dal maestro delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, monsignor Guido Marini, assistito dai cerimonieri Camaldo e Viviani, sono state elevate intenzioni per il Pontefice, per chi vive l'esperienza del dolore, per le vocazioni e per quanti giungono a Torino a venerare la Sindone.

Gli interventi musicali sono affidati a un'orchestra del Conservatorio cittadino. Con loro un coro di 270 elementi provenienti da tutta Italia. Alla processione offertoriale, prima della comunione, hanno sfilato sull'altare due giovani, una coppia con un bimbo piccolo in braccio al papà, due suore, due anziani, una famiglia di immigrati africani composta da genitori e tre figli:  in pratica una sintesi delle categorie sociali chiamate in causa dal Papa all'omelia, con l'invito alla testimonianza cristiana in ogni ambiente di vita.

Nel pomeriggio, prima di lasciare la residenza arcivescovile Benedetto XVI è stato salutato da alcuni benefattori che hanno contribuito alla realizzazione della visita - tra loro il notaio Antonio Maria Marocco con la consorte Mariella, il presidente della Fiat John Elkann con la consorte Lavinia Borromeo, e il presidente di Mediobanca Gabriele Galateri di Genola - e dai discendenti dei Savoia.
Quindi l'incontro con le nuove generazioni torinesi, introdotto dal cardinale Poletto e dai saluti di Isabella Brianza, vice presidente diocesana dei giovani di Azione Cattolica, e Vincenzo Camarda, rappresentante dell'associazione degli oratori torinesi.

Con le t-shirt colorate a mezze maniche, sfidando il temporale che ha preceduto l'arrivo del Pontefice, migliaia di ragazzi e ragazze - giunti anche dalle altre diocesi della regione - hanno cantato per tutto il tempo dell'attesa. Citando un giovane molto amato da queste parti, il beato Pier Giorgio Frassati, Benedetto XVI ha chiesto di "vivere e non vivacchiare". In questi tempi in cui "cambiare" sembra diventata la parola d'ordine per chiunque voglia esercitare una libertà che poco ha a che fare con il significato più autentico del termine, ha proposto loro il "per sempre" di Cristo, che impone scelte definitive, da vivere con fedeltà:  nello studio, nel matrimonio e nella consacrazione. Per ringraziarlo i giovani gli hanno donato un dipinto che l'artista torinese Ezio Gribaudo aveva realizzato quando Benedetto XVI è stato eletto Successore di Pietro.


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