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Il culto delle immagini

Ultimo Aggiornamento: 30/10/2009 09:23
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30/10/2009 09:18

CHE COSA SONO LE IMMAGINI SACRE?

 Sono raffigurazioni (statue, pitture, mosaici, sculture…) di contenuti religiosi, che vengono effettuate con vario materiale e con diversi stili. In particolare esse rappresentano Dio, Gesù Cristo, lo Spirito Santo, la Madonna, i Santi.

 DI CHE COSA SI SERVONO LE IMMAGINI RELIGIOSE?

 Si servono di elementi  che provengono da questo mondo, nelle sue diverse componenti: umano, animale, vegetale, materiale. Ma tali elementi sono lì dipinti per indicare qualcos’altro: rimandano a realtà che non appartengono a questo mondo visibile. Sono riflesso, segno del divino, del religioso, dello spirituale, del soprannaturale.

 CHE TIPO DI PASSAGGIO ESIGONO LE IMMAGINI SACRE?

 In esse l’uomo è sollecitato a passare dal visibile all’invisibile, dal significante al significato, dal mondo creato a Dio. Per questo noi chiamiamo simboliche le immagini religiose. Sono un ponte tra il visibile e l’invisibile, tra il fedele e il mistero.

  DA QUANDO ESISTONO LE IMMAGINI SACRE?

La scelta di rappresentare contenuti della fede cristiana con immagini risale a molto tempo addietro. Fin dai primi secoli, i cristiani realizzavano e utilizzavano immagini sacre. Una antica e autorevole testimonianza in tal senso sono le catacombe, ove anche oggi si possono ammirare ad esempio varie raffigurazioni di Cristo e della Beata Vergine Maria. “Gli artisti di ogni tempo hanno offerto alla contemplazione e allo stupore dei fedeli i fatti salienti del mistero della salvezza, presentandoli nello splendore del colore e nella perfezione della bellezza” (Card. Joseph Ratzinger, Introduzione al Compendio).

 PERCHE’ ALCUNE RELIGIONI PROIBISCONO LE IMMAGINI?

 L’Ebraismo e l’Islamismo ad esempio proibiscono di raffigurare Dio, in quanto  vogliono in tal modo evidenziare la totale invisibilità, l’infinita diversità e superiorità di Dio rispetto alle sue creature: Dio è il totalmente Altro. La rappresentazione del sacro in immagini costituisce per tali religioni  una profanazione.

 L’ANTICO TESTAMENTO PROIBISCE LE IMMAGINI?

 Nell’Antico Testamento, Dio aveva ordinato: “Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra” (Es 20,2-4). Tale “ingiunzione divina comportava il divieto di qualsiasi rappresentazione di Dio fatta dalla mano dell’uomo. Il Deuteronomio spiega: “Poiché non vedeste alcuna figura, quando il Signore vi parlò sull’Oreb dal fuoco, state bene in guardia per la vostra vita, perché non vi corrompiate e non vi facciate l’immagine scolpita di qualche idolo” (Dt 4,15-16). È il Dio assolutamente trascendente che si è rivelato a Israele. “Egli è tutto”, ma, al tempo stesso, è “al di sopra di tutte le sue opere” (Sir 43,27-28). Egli è “lo stesso autore della bellezza” (Sap 13,3).   

Tuttavia, fin dall’Antico Testamento, Dio ha ordinato o permesso di fare immagini che simbolicamente conducessero alla salvezza operata dal Verbo incarnato: così il serpente di rame, l’arca dell’Alleanza e i cherubini” (CCC, n. 2129-2130). “Farai dunque un’arca (...), la rivestirai d’oro puro (...). Farai due cherubini d’oro (...), fa’un cherubino ad una estremità e un cherubino all’altra estremità” (Es 25,10-22). “Il Signore disse a Mosè: fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in vita” (Num 21,7-8).

QUANDO NELLA STORIA DEL CRISTIANESIMO FURONO PROIBITE LE IMMAGINI?

 1) Quando ci fu l’iconoclastia, e cioè quel Movimento religioso, sviluppatosi a Bisanzio tra l’VIII e il IX secolo, che considerava idolatrico il culto delle immagini sacre (Cristo, la Vergine, i santi) e predicava la loro distruzione. La venerazione delle immagini (iconolatria) in Oriente aveva dato vita a forme di fanatismo. La disputa divenne politica quando l’imperatore bizantino Leone III Isaurico, abbracciata decisamente l’iconoclastia (726), cominciò a perseguitare gli iconoduli (adoratori di immagini), chiuse monasteri e chiese ribelli (confiscandone le terre e distribuendole a contadini-soldati) e tentò di imporre anche a Roma la distruzione delle immagini sacre.

Ma il secondo Concilio di Nicea, nel 787, decise a favore delle immagini: “Noi definiamo con ogni rigore e cura che, a somiglianza della raffigurazione della croce preziosa e vivificante, così le venerande e sante immagini, sia dipinte che in mosaico o in qualsiasi altro materiale adatto, debbono essere esposte nelle sante chiese di Dio, sulle sacre suppellettili, sui sacri paramenti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie; siano esse l’immagine del Signore Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, o quella dell’immacolata Signora nostra, la santa Madre di Dio, dei santi angeli, di tutti i santi e giusti”.

In Oriente, furono reintrodotte le immagini a partire dall’843, quando l’imperatrice Teodora nominò Metodio patriarca di Costantinopoli.

 2) Successivamente, nei primi decennio del 1500, le immagini furono nuovamente proibite, e questa volta da Lutero. Ma il Concilio di Trento con un decreto del 1563 approvò e giustificò il culto delle immagini e condannò quanti affermavano il contrario.

 SU QUALI FONDAMENTI SI BA-SANO LE IMMAGINI RELIGIOSE?

 Le immagini religiose hanno vari fondamenti complementari:

 Fondamento antropologico:

In quanto essere unitario, e cioè costituito di corpo e anima, l’uomo si esprime attraverso segni, parole, gesti, simboli. Egli percepisce le stesse realtà spirituali attraverso segni e simboli materiali. Dante nel Paradiso (Canto 4, versi 42-46) afferma che l’intelletto non può afferrare la vera natura di Dio senza il sensuale, o la mente può solo afferrare la parte sensuale che l’intelletto può allora elaborare così come è.

 Fondamento sociologico

 1) In quanto essere sociale, bisognoso e desideroso di relazionarsi agli altri, l’uomo ha bisogno di comunicare con gli altri, e lo fa per mezzo del linguaggio, di gesti, di azioni, di immagini.

 2)Per di più oggi viviamo in un mondo particolarmente attento alle immagini, le quali hanno un ruolo particolarmente rilevante nella vita della persona e della società. Non per nulla si parla di civiltà dell’immagine per indicare la società attuale, ed è il motivo per cui, oggi più che mai, nella civiltà dell’immagine, l’immagine sacra può “esprimere molto di più della stessa parola, dal momento che è oltremodo efficace il suo dinamismo di comunicazione e di trasmissione del messaggio evangelico” (Card. Joseph Ratzinger, Introduzione al Compendio).

 Fondamento teologico:

 1) esiste una stretta relazione  tra il mondo creato e Dio il suo creatore.

Il mondo, nella visione cristiana, infatti è stato creato da Dio, che ha voluto così manifestare e comunicare la sua bontà, verità e bellezza. Pertanto Dio parla all’uomo attraverso la creazione visibile, la quale è un riflesso, sia pure limitato, dell’infinita perfezione di Dio.

 2)L’uomo è stato creato a immagine di Dio. L’uomo stesso è il simulacro di Dio. E dunque per conoscere Dio, l’uomo ha a disposizione se stesso: conoscendo maggiormente se stesso nel suo essere immagine di Dio e nel suo agire conformemente a tale immagine, conosce maggiormente Dio. E nello stesso tempo, è anche altrettanto vero che conoscendo Dio nel suo essere e nelle sue opere, l’uomo conosce maggiormente anche se stesso.

 3) Dio si è reso visibile in Gesù Cristo. Essendo Egli il Figlio Unigenito di Dio, unito intimamente a Dio Padre - “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30). Egli ci fa conoscere in maniera piena, perfetta e definitiva Dio Padre: “Chi vede me, vede il Padre” (Gv 14,9). Gesù Cristo è l’Immagine perfetta visibile del Dio invisibile.

“Un tempo, Dio, non avendo né corpo né figura, non poteva in alcun modo essere rappresentato da una immagine. Ma ora che si è fatto vedere nella carne e che ha vissuto con gli uomini, posso fare una immagine di ciò che ho visto di Dio” (San Giovanni Damasceno, De sacris imaginibus oratio, 1, 16: PTS 17, 89 e 92).

 Dunque l’Incarnazione di Cristo giustifica nel cristianesimo il realizzare, il possedere, il venerare le immagini religiose.

 GESU’ HA UTILIZZATO SEGNI E SIMBOLI UMANI PER ESPRIMERE IL DIVINO?

 Gesù, oltre che essere Egli stesso Colui nel quale si rende presente e visibile Dio, si serve spesso, nel suo predicare e operare qui sulla terra duemila anni fa, delle realtà provenienti dalla creazione per far conoscere, annunciare e comunicare i misteri del regno di Dio. Si pensi anche solo al significato simbolico delle sue parabole e dei suoi miracoli. Cristo inoltre ha utilizzato elementi e segni provenienti dal mondo per  istituire i sacramenti della Chiesa.

 L’IMMAGINE UMANA E’ LIMITATA RISPETTO AL DIVINO?

 Certamente occorre ricordare che qualunque immagine materiale non potrà mai esprimere pienamente l’ineffabile mistero di Dio: la realtà significata (religiosa, spirituale) supera sempre l’immagine umana. Tuttavia qualcosa di questo mistero l’elemento materiale lo fa realmente intuire e percepire.

 Gli aspetti profani, nel momento in cui diventano veicolo di trasmissione di contenuti religiosi, vengono sì colti e rappresentati nei loro aspetti positivi; ma nello stesso tempo hanno bisogno di essere purificati, e soprattutto di essere arricchiti e completati. E ciò avviene con i contenuti cristiani, che le immagini contengono e trasmettono. In tal senso anche le mitologie e le favole popolari sono assunte, purificate e trasfigurate dalla fede cristiana, per diventare immagini religiose.

 QUALE SCOPO HANNO LE IMMAGINI RELIGIOSE?

 Le immagini religiose:

 1) facilitano l’accesso, la comprensione e la trasmissione di contenuti a persone appartenenti a lingue, età e culture diverse: sono facilmente leggibili  e, pertanto, rispetto alla parola e allo scritto, raggiungono un maggior numero di persone

 2)se  viste, capite, interpretate, gustate con la speciale luce che proviene dalla fede cristiana, è possibile allora cogliere il particolare messaggio catechistico, che gli artisti hanno voluto trasmettere con le immagini religiose.

 IN CHE SENSO LE IMMAGINI HANNO UNA FINALITA’ CATECHISTICA?

 Poiché esiste una stretta correlazione tra l’immagine e il simbolo, e tra il mondo visibile e quello invisibile, diventa logico e giustificato l’annunciare il mistero di Dio servendosi  di immagini simboliche. Si comprende così il fiorire, lungo i secoli, dell’iconografia cristiana, dove l’intento evangelizzante e catechistico s’accompagna anzi s’intreccia strettamente con l’aspetto pittorico ed estetico. Attraver-so l’immagine si vuol trascrivere il messaggio evangelico, che la Sacra Scrittura trasmette attraverso la parola.

 “Dalla secolare tradizione conciliare apprendiamo che anche l’immagine è predicazione evangelica” (Card. Joseph Ratzinger, Introduzione al Compendio). Anzi la storia ci insegna che i cristiani, per annunciare il messaggio evangelico e catechizzare le persone, si sono serviti in una maniera speciale, prima ancora dei catechismi scritti, della cosiddetta Biblia pauperum, e cioè delle immagini, dei catechismi  visivi, catechismi fatti di immagini e di rappresentazioni iconografiche (si vedano ad esempio le molteplici e stupende immagini realizzate nelle basiliche e nelle chiese lungo i secoli).

 “Immagine e parola s’illuminano così a vicenda. L’arte «parla» sempre, almeno implicitamente, del divino, della bellezza infinita di Dio, riflessa nell’Icona per eccellenza: Cristo Signore, Immagine del Dio invisibile.

Le immagini sacre, con la loro bellezza, sono anch’esse annuncio evangelico ed esprimono lo splendore della verità cattolica, mostrando la suprema armonia tra il buono e il bello, tra la via veritatis e la via pulchritudinis. Mentre testimoniano la secolare e feconda tradizione dell’arte cristiana, sollecitano tutti, credenti e non, alla scoperta e alla contemplazione del fascino inesauribile del mistero della Redenzione, dando sempre nuovo impulso al vivace processo della sua inculturazione nel tempo” (Papa Benedetto XVI, Discorso di presentazione del Compendio alla Chiesa e al mondo, 28-6-05).

 Sono una forma particolare di catechesi popolare, libri aperti senza parole per tutti, un ponte tra il fedele e il mistero,  mentre adornano, decorano gli spazi sacri, rendendoli più accoglienti e invitanti alla preghiera.

 LE IMMAGINI SONO ANCHE UN INVITO ALLA PREGHIERA?

 Certamente. L’arte e l’iconografia cristiana, oltre che essere strumenti al servizio dell’evangelizzazione e della catechesi, sono sempre stati e lo sono tutt’ora anche un invito alla preghiera: “La bellezza e il colore delle immagini sono uno stimolo per la mia preghiera. È una festa per i miei occhi, così come lo spettacolo della campagna apre il mio cuore a rendere gloria a Dio” (San Giovanni Damasceno, De sacris imaginibus oratio 1, 47). La contemplazione delle sacre immagini, unita all’ascolto della Parola di Dio, aiuta a imprimere nella memoria del cuore il mistero che viene percepito, sollecitando a trasformarlo in preghiera e a testimoniarlo in quella novità di vita, che proviene dalla fede cristiana e che ha il suo centro in Cristo.

 LE IMMAGINI RELIGIOSE IN CHE RAPPORTO STANNO CON CRISTO?

 Nell’iconografia cristiana tutte le immagini hanno come finalità principale quella di annunciare la persona, il messaggio, l’opera di Cristo, essendo Lui il Rivelatore perfetto di Dio Padre e il Salvatore unico e definitivo dell’uomo e del mondo. “L’immagine di Cristo è l’icona per eccellenza. Le altre, che rappresentano la Madonna e i Santi, significano Cristo, che in loro è glorificato” (Compendio, n. 240), e, annunciando Cristo, aiutano a far nascere e crescere la fede e l’amore verso di Lui. Venerare i Santi  significa riconoscere che Dio è la fonte, il centro e il culmine della loro santità: i santi hanno accolto, con l’aiuto dello Spirito Santo, la santità di Dio nella fede e a tale santità divina hanno docilmente corrisposto con una vita santa, seguendo e imitando Cristo, l’immagine per eccellenza del Dio invisibile.

 Per questo quando entriamo in Chiesa, bisogna ricercare anzitutto il tabernacolo, ove, se risulta accesa la lampada eucaristica, è presente Cristo-Eucaristia in modo vero, reale, sostanziale: Corpo, Sangue, Anima e Divinità. L’omaggio del nostro saluto e della nostra preghiera va indirizzato pertanto anzitutto a Lui, prima ancora e più ancora delle immagini dei santi, immagini che invece sono fatte di materia.

 CHE TIPO DI CULTO SI DA’ ALL’IMMAGINE?

 Non di adorazione (riservato unicamente a Dio), ma di venerazione.

Nel Codice di Diritto Canonico, si legge al riguardo: “ Per favorire la santificazione del popolo di Dio, la Chiesa affida alla speciale e filiale venerazione dei fedeli la Beata Maria sempre Vergine, la Madre di Dio, che  Cristo costituì Madre di tutti gli uomini, e promuove inoltre il vero e autentico culto degli altri Santi, perché i fedeli siano edificati dal loro esempio e sostenuti dalla loro intercessione. (…) Sia mantenuta la prassi di esporre nelle chiese le sacre immagini alla venerazione dei fedeli; tuttavia siano esposte in modo moderato e con un conveniente ordine, affinché non suscitino la meraviglia del popolo cristiano e non diano ansa a devozione meno retta” (nn. 1186-1188).

 CHI VENERIAMO NELL’IMMAGINE?

 Il cristiano venera:

-         non l’immagine in se stessa, la quale è semplicemente un oggetto materiale (una statua, un’immagine, un simbolo, un amuleto): se si venerasse l’oggetto, si cadrebbe  nell’idolatria;

-         ma colui che l’immagine intende rappresentare, la ‘Persona’ che le immagini riproducono: Gesù Cristo, la Madonna , i Santi.

 In effetti, “l’onore reso ad un’immagine appartiene a chi vi è rappresentato” e “chi venera l’immagine, venera la realtà di chi in essa è riprodotto” (San Basilio Magno, Liber de Spiritu Sancto, 18, 45: SC 17bis, 406 ). L’onore tributato alle sacre immagini è una “venerazione rispettosa”, non un’adorazione che conviene solo a Dio: “Gli atti di culto non sono rivolti alle immagini considerate in se stesse, ma in quanto servono a raffigurare il Dio incarnato. Ora, il moto che si volge all’immagine in quanto immagine, non si ferma su di essa, ma tende alla realtà che essa rappresenta” (San Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 81, a. 3, ad 3).

 FRA LE IMMAGINI, QUAL E’ LA PIU’ IMPORTANTE?

 E’ l’immagine del crocifisso. Infatti la croce è:

 Strumento della passione di Cristo e della sua glorificazione, come egli stesso ebbe a dire nell’imminenza della sua passione: “Ora il figlio dell’uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui e ben presto lo glorificherà” (Gv 13,12).

Segno:

-         dell’attualità della salvezza, e anche della speranza di salvezza in Cristo

-         della dimensione originale, tipica del cristiano

-         dei valori cristiani che caratterizzano certe società e culture

-         «del Figlio dell’uomo»(Mt 24,30) che comparirà nel cielo alla fine dei tempi

-         di vittoria ultima e suprema del bene sul male (cfr. Gal 6,14).

Richiamo alla sofferenza che comporta la sequela di Cristo: “Chi vuol venire dietro a me, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24).

 IN CHE SENSO LE IMMAGINI RELIGIOSE ANTICIPANO «NUOVI CIELI» E «TERRA NUOVA»?

Le immagini religiose, con la loro bellezza e il loro splendore, ci offrono un anticipo sulla realtà futura: ci presentano un qualcosa che prefigura quella trasfigurazione che, alla fine di tutti i tempi, il mondo intero un giorno riceverà da Dio. Infatti “dopo il giudizio finale, lo stesso universo, liberato dalla schiavitù della corruzione, parteciperà alla gloria di Cristo con l’inaugurazione dei «nuovi cieli» e di una «terra nuova» (2 Pt 3,13). Sarà così raggiunta la pienezza del Regno di Dio, ossia la realizzazione definitiva del disegno salvifico di Dio di «ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra» (Ef 1,10). Dio allora sarà «tutto in tutti» (1 Cor 15,28), nella vita eterna” (Compendio, 216).

   Il Primicerio della Basilica dei SS.Ambrogio e Carlo in Roma 


 

Mons. Raffaello Martinelli 



Nota:

Testo prelevato dal Sito: http://www.sancarlo.pcn.net/index.htm

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