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Il Battesimo

Ultimo Aggiornamento: 01/11/2009 11:30
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01/11/2009 11:26

3.2. Battesimo e nuova vita-nuova creazione, filiazione divina, divinizzazione

Perdono dei peccati e vita nuova sono da considerarsi effetti integranti e simultanei del rinnovamento battesimale.

A proposito del battesimo come nascita a nuova vita, l’Introduzione generale ai riti dell’iniziazione cristiana si esprime in questi termini: «Il battesimo, lavacro dell’acqua unito alla parola, rende gli uomini partecipi della vita di Dio e della adozione ai suoi figli. Come attestano le formule di benedizione dell’acqua, esso è lavacro di rigenerazione dei figli di Dio e di rinascita che viene dall’alto» (RBB e RICA, n. 5).

Partendo dai dati della Scrittura, i Padri hanno sviluppato la dottrina del battesimo come vita nuova, come partecipazione alla vita divina. San Paolo spiegando lo scopo dell’incarnazione del Figlio di Dio dice: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,43). Lo schiavo liberato è adottato come figlio, non solamente per l’accesso legale all’eredità, ma con il dono reale della vita divina. Se non si tratta di una semplice metafora, essere figli di Dio significa venir trasformati in lui. L’evento dell’Incarnazione manifesta e rende possibile la nuova identità che l’uomo acquisisce con la fede e il battesimo, la trascendenza della sua esistenza e del suo destino.

Giovanni, già nel prologo al suo vangelo, presenta quanti hanno accolto la Parola come coloro ai quali è dato il potere di «diventare figli di Dio», perché «credono nel suo nome» (Gv 1,12). Il quarto evangelista sottolinea poi che non si tratta di un riconoscimento puramente giuridico, bensì ontologico: «Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!» (1Gv 3,1). Eco di questa dottrina sono le parole dei riti di conclusione del RBB (n. 76): «Questi bambini, rinati nel battesimo, vengono chiamati e realmente sono figli di Dio». Diventati figli di Dio, partecipiamo della vita che è propria di Dio, della sua stessa «matura», dice Pietro (cf. 2Pt 1,4).

La riflessione sul dono della filiazione divina ha condotto i Padri ad affermare la dottrina della «divinizzazione» del cristiano per mezzo del battesimo. Questo insegnamento occupa un posto centrale nella teologia patristica, soprattutto in quella orientale. In un Discorso sull’Epifania, attribuito ad Ippolito, ma probabilmente posteriore a lui, ripreso dalla Liturgia delle Ore come lettura patristica dell’Ufficio delle letture dell’8 gennaio, si afferma che l’uomo “diviene dio attraverso la rigenerazione del battesimo”.

La «divinizzazione» è da intendersi qui come partecipazione alle qualità e ai diritti della natura divina. L’unico passaggio del Nuovo Testamento in cui si parla della partecipazione del credente alla natura divina è 2Pt 1,4: «...Con queste [la “gloria” e la “potenza” del Cristo] ci ha donato i beni grandissimi e preziosi che erano stati promessi, perché diventaste per loro mezzo partecipi della natura divina...». Questo passaggio è uno dei pilastri della dottrina patristica della «divinizzazione» o «deificazione» dei credenti. È soprattutto partendo da questo testo che i Padri, in particolare quelli greci, hanno riflettuto sull’unione tra la natura divina e la natura umana realizzata in maniera unica nell’incarnazione del Figlio, e partecipata dai fedeli nel battesimo. Anche se già troviamo nei Padri la precisazione secondo cui il Figlio di Dio possiede la divinità per natura e il battezzato invece solo per grazia, saranno i teologi medioevali ad esporre questa dottrina in forma più coerente e sistematica. Basti citare Tommaso d’Aquino, il quale approfondisce la tematica in modo particolare nelle questioni cristologiche della parte III della Somma Teologica21.

Il tema della «divinizzazione» viene illustrato anche attraverso l’immagine del «meraviglioso scambio» tra Dio e l’uomo. Il prefazio III del Natale, facendosi eco della dottrina dei Padri, parla del «misterioso scambio che ci ha redenti». In maniera magistrale sintetizza questa dottrina la 1a antifona dei Secondi Vespri del 1 ° gennaio: «Meraviglioso scambio! Il Creatore ha preso un’anima e un corpo, è nato da una vergine; fatto uomo senza opera d’uomo, ci dona la sua divinità». Un pensiero simile, applicato all’eucaristia, lo troviamo nell’orazione sulle offerte della messa della notte natalizia: effetto della partecipazione eucaristica è la nostra divinizzazione, resa possibile dal momento in cui il Figlio di Dio assunse la natura umana. Come Dio nell’umanità che ha assunto è veramente uomo, così l’uomo è Dio nel dono che Dio gli ha fatto di Sé.

Il Vaticano II, anche se non adopera la parola «divinizzazione», si fa eco di questa dottrina in diversi modi: «I seguaci di Cristo, chiamati da Dio non in base alle loro opere ma al disegno della sua grazia, e giustificati nel Signore Gesù, col battesimo della fede sono stati fatti veri figli di Dio, resi partecipi della natura divina, e perciò realmente santi» (LG, n. 40; cf. LG, n. 7; AG, n. 3).

Ogni uomo che nasce in questo mondo diventa membro di una comunità umana peccatrice, di cui è solidale nel male come nel bene. Col battesimo viene inserito in Cristo, uomo nuovo, ed è chiamato a vivere una vita nuova nella santità: la giustizia donatagli nel sacramento non è solo una realtà da conservare, ma un germe che deve crescere e svilupparsi.

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