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Dopo il Sinodo dei vescovi dell'Africa

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2010 18:59
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03/03/2010 10:43

Il cardinale Turkson ricorda il recente sinodo continentale

La Chiesa in Africa tra identità e missione


Identità senza missione, missione senza identità. Nel suo cammino attraverso le vicende storiche degli uomini la Chiesa è sempre in bilico tra due rischi:  quello di rimanere un'entità astratta, estranea alla vita terrena, o al contrario di ridursi a una semplice agenzia umanitaria. In questo senso, i due sinodi dei vescovi per l'Africa, celebrati rispettivamente nel 1994 e nel 2009, sono stati "complementari", perché "se il primo ha formulato un'identità per la Chiesa del continente, chiamata a essere famiglia di Dio in comunione, il secondo ha dato una missione a questa identità:  vivere come sale della terra e luce del mondo, al servizio della riconciliazione, della giustizia, della pace".
È questa la lettura delle due assemblee sinodali proposta dal cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, durante il convegno promosso lunedì 1° marzo a Firenze dalla Facoltà teologica dell'Italia centrale, dal centro missionario dell'arcidiocesi toscana e dai missionari comboniani, sul tema "La profezia che viene dall'Africa. Sfide, risorse e ricadute dal recente sinodo". Un incontro scandito da riflessioni e testimonianze, con l'intento non solo di approfondire "una pagina importante del cammino di questi anni della Chiesa universale" - come ha evidenziato nel saluto introduttivo l'arcivescovo Giuseppe Betori - ma anche di comprendere che "il futuro del mondo passa attraverso la soluzione dei problemi dell'Africa e interessarsi quindi dei suoi bisogni di riconciliazione e del suo progresso nella pace non ci allontana affatto dal nostro mondo, ma riflette una comprensione della storia davvero a livello mondiale".
Proprio nel segno di questa consapevolezza, il cardinale Turkson ha ricordato che l'immagine dell'Africa diffusa nella coscienza del mondo all'epoca del primo sinodo era condizionata da "una visione alquanto pessimistica" della sua realtà. "L'Africa - ha sottolineato - era vista come una terra con situazioni poco favorevoli alla missione della Chiesa". Nonostante ciò, l'impegno dei padri sinodali sotto la presidenza del Papa è stato quello di caratterizzare l'assemblea del 1994 come "il sinodo della risurrezione e della speranza", per dare avvio a un reale cambiamento nel continente. Un cambiamento fondato essenzialmente su due punti chiave dell'esortazione apostolica postsinodale "Ecclesia in Africa":  il nuovo paradigma della Chiesa come famiglia di Dio, concepita come vita di comunione, di cui tutti fanno parte, al di là delle differenze di etnie e tribù; e la prospettiva di una proposta pastorale incentrata sull'evangelizzazione come proclamazione, inculturazione, dialogo, giustizia e pace, comunicazione.
Secondo il porporato, nei quindici anni trascorsi fra i due sinodi la situazione del continente, sia pure solo in parte, è mutata. Sono cadute certe letture generalizzate e stereotipate, mentre il mondo si è reso conto che l'Africa non è un'entità monolitica, "tutta conflitti, malattie e fame", ma una realtà molto complessa e differenziata. "Il continente - ha denunciato il porporato - ha dovuto sempre sopportare il gran peso di una presentazione mediatica poco positiva. È venuta l'ora di dire la verità sull'Africa, di parlare dell'Africa in termini di verità e carità. Si tratta di una terra dalle grandi opportunità. Ciò che resta da fare è scoprire come tradurre queste opportunità in esperienza concreta per la gente che ci vive". In questo senso, il tema del secondo sinodo - celebrato in Vaticano dal 4 al 25 ottobre scorso e basato sul trinomio riconciliazione, giustizia e pace - ha indicato "una maniera concreta per aiutare gli africani a sperimentare le opportunità che il continente offre. Questa è appunto la missione della Chiesa come famiglia di Dio".
Per Turkson è stato lo stesso Benedetto XVI, durante la visita compiuta nel marzo 2009 in Camerun e in Angola per la consegna dell'Instrumentum laboris, a sperimentare la vitalità della Chiesa africana come realtà di comunione ecclesiale e di collegialità. "Il sinodo - ha osservato il porporato - è stata precisamente la celebrazione di questa convergenza intorno al Papa come principio di unità, di collegialità e di comunione. Non è stato un evento completamente africano, ma piuttosto un'esperienza della Chiesa universale per la Chiesa in Africa, considerata dal Pontefice un autentico polmone spirituale per tutta l'umanità".
La seconda assemblea continentale si è rivelata così un'opportunità di ascolto di "voci profetiche". Fin dall'inizio Benedetto XVI ha invitato a considerarla non tanto una sessione di studio quanto un'iniziativa divina:  "Dio che invita il suo popolo ad ascoltare la sua voce in mezzo a un mondo così pieno di rumori". A caratterizzare i lavori è stata dunque "una grande cultura dell'ascolto". Turkson ha ricordato che il Papa stesso ha partecipato a 13 delle 20 congregazioni generali del sinodo. E la sua presenza, contraddistinta da un atteggiamento di ascolto rispettoso e di attenzione, "è stata anche per i padri sinodali uno stimolo ad ascoltarsi reciprocamente, con grande carità e pazienza".
Pur dando spazio ai problemi concreti del continente, i lavori del sinodo dei vescovi per l'Africa non si sono trasformati in una discussione "politica". Per il presidente di Iustitia et pax "il tema scelto aveva a che fare con la vita della società, degli uomini, delle persone, ma l'obiettivo non è stato certo politico". Nel primo sinodo la Chiesa in Africa era stata presentata come famiglia di Dio, come "un'entità in comunione con Dio e con gli altri". Ciò che ha fatto il secondo sinodo, invece, è stato "portare la Chiesa a vivere questa identità". L'assemblea dello scorso ottobre "ha dato una prospettiva alla Chiesa intesa come comunione e famiglia di Dio".
In questo senso le due assemblee si sono completate a vicenda, perché "senza la missione la Chiesa, pur avendo un'identità di comunione, rimane qualcosa al di fuori di questa terra". La Chiesa come famiglia di Dio - ha spiegato il cardinale - "è un'entità storica, che diventa la forma del regno di Dio sulla terra. Quindi ha bisogno di un programma che ha a che fare con la vita terrena, con la vita degli uomini". Questa è esattamente la missione che il secondo sinodo per l'Africa ha affidato alla Chiesa del continente, "sfidandola a mostrarsi come vera famiglia di Dio, vera nella sua vita di comunione". La Chiesa - ha rimarcato ancora Turkson - "è incarnata nella spiritualità, nella vita pastorale e nell'attività che è chiamata a svolgere tra gli uomini. Il Papa stesso ha ricordato che il compito dei vescovi è trasformare la teologia in azione pastorale, trovare forme concrete per tradurre la Scrittura e la Tradizione in programma pastorale". Altrimenti - ha avvertito - si rischia di scadere nell'ideologia. "Se la politica non tocca la vita della gente diventa ideologia - ha fatto notare il cardinale - e allo stesso modo si potrebbe dire che quando la teologia non si traduce in forme concrete nella vita storica della gente diventa anch'essa, in qualche maniera, ideologia".
È per questo che il secondo sinodo per l'Africa ha offerto al primo il senso della missione:  "una forma, cioè, per diventare reale, incarnato nella storia e nella vita degli uomini". Su questa strada la Chiesa nel continente ha il compito - ha concluso il porporato - "di servire la riconciliazione cercando di ripristinare la giustizia laddove essa non esiste più e di promuovere la pace nei rapporti umani e nelle società in cui vive".


(©L'Osservatore Romano - 3 marzo 2010)
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