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Favorire un processo di riforme per la pace in Kenya

Ultimo Aggiornamento: 13/11/2009 19:02
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L'episcopato cattolico e il National Council of Churches sul progetto della nuova Costituzione

Favorire un processo di riforme per la pace in Kenya


Nairobi, 13. In Kenya è necessario dare vita a una nuova carta costituzionale, poiché quella attuale non garantisce i legittimi interessi della popolazione. Lo affermano i vescovi cattolici del Paese che per due giorni, da martedì 10, si sono riuniti nella capitale per studiare, con l'ausilio di esperti giuristi, il progetto di riforma costituzionale attualmente al centro del dibattito pubblico. Un progetto di riforma che ha alla base la ricerca di un delicato equilibrio tra i poteri dello Stato e che intende superare l'attuale fase di stallo in vista delle elezioni presidenziali del 2012. I presuli non hanno espresso giudizi sulla bozza del nuovo testo, ma hanno convenuto sulla necessità di riformare una Costituzione che attualmente - anche alla luce delle violenze post-elettorali che hanno sconvolto il Paese nel corso del 2007 e del 2008 - rappresenta un "ostacolo alla trasparenza" e alla "responsabilità pubblica della leadership politica".

Il progetto di riforma costituzionale, negli stessi giorni, è stato anche al centro di un incontro promosso dal National Council of Churches of Kenya (Ncck), organizzazione che riunisce numerose comunità protestanti e altre denominazioni cristiane presenti nel Paese. A ispirare la riunione un passo della Scrittura:  "Guai a coloro che fanno decreti iniqui e scrivono in fretta sentenze oppressive, per negare la giustizia ai miseri e per frodare del diritto i poveri del mio popolo" (Isaia, 10, 1-2). Gli esponenti del Ncck s'augurano vivamente che il progetto di Costituzione elaborato dagli esperti venga approvato dal popolo keniota. Al contrario, una sua bocciatura, nel referendum del prossimo anno, riaprirebbe scenari definiti "inquietanti". Si ravviverebbero antiche "divisioni", si alimenterebbero ulteriormente l'"odio etnico e i focolai di violenza", e fino alle elezioni del 2012 si vivrebbe in un clima d'"instabilità e d'anarchia".

L'organizzazione ecumenica entra poi anche nel merito del testo presentando alcune proposte tecniche relative alla modalità d'elezione del presidente della Repubblica, del procuratore generale e norme a garanzia dell'indipendenza della magistratura. Misure che non vengono intese come "alternative" al riesame completo della Costituzione, ma che intendono essere un contributo al perseguimento degli obiettivi di giustizia e di pace. "Ci aspettiamo - si legge in una dichiarazione del Ncck - che le persone interessate al futuro della nazione vogliano sostenere quelle misure che salvaguardano il Paese da un ritorno della violenza e garantiscano la stabilità".

La necessità di una profonda opera educativa capace di costruire nel Paese rapporti pacifici tra la comunità cristiana e quella musulmana è stata poi ribadita dall'arcivescovo cattolico di Mombasa, Boniface Lele. Intervenendo all'università di Londra a una conferenza sulle relazioni tra islam e cristianesimo in Africa, il presule ha portato la propria testimonianza di pastore in un territorio a maggioranza musulmana. In particolare l'arcivescovo ha apprezzato l'opera di alcune organizzazioni in cui fedeli delle due religioni offrono in vari luoghi dell'Africa, e senza alcuna discriminazione, servizi sanitari, educativi e alimentari. E ha citato l'esempio dei Coast Interfaith Councils of Kenya, finanziati dai Catholic Relief Services.

Il presule ha anche segnalato la necessità di accettare la sfida del dialogo interreligioso. Una strada che spesso incontra ancora notevoli resistenze, ma che non può che essere percorsa. "Finora - ha detto - le attività volte a un dialogo tra cristiani e musulmani sono state dirette da vescovi interessati, singoli sacerdoti e istituti religiosi poco coordinati tra loro". Nonostante questo, ha sottolineato, è stato però possibile formare un certo numero di persone competenti e in grado di avviare un serio dialogo interreligioso. "Dovremmo testimoniare l'amore di Dio - ha detto il presule - senza distinzioni. Del resto, le persone d'ogni cultura e religione sono fatte a immagine di Dio".

L'arcivescovo ha quindi sottolineato le differenze, a volte notevoli, esistenti all'interno delle diverse confessioni cristiani nel concepire le relazioni con le comunità musulmane. E ha osservato che senza solide relazioni ecumeniche la missione di dialogare con gli islamici sarà per forza di cose frammentaria e quindi poco efficace. "Spero che a poco a poco - ha detto - gli stessi chierici superino l'atteggiamento di difesa della propria religione". E allo stesso modo, ha auspicato, che sappiano anche cercare insieme "nella storia e nella teologia per comprendere meglio le loro rispettive responsabilità nelle violenze del passato, per essere testimoni di pace nel mondo di oggi".

Riferendosi all'arcidiocesi di Mombasa, l'arcivescovo Lele ha indicato la sfida del pluralismo nelle scuole gestite da cattolici, ma frequentate per la maggior parte da studenti musulmani. "Di recente - ha detto - la questione dell'uso dell'hijab (velo) da parte delle ragazze nelle scuole d'ispirazione cattolica ha provocato un acceso dibattito". Secondo Lele, c'è bisogno di una politica governativa globale su questioni come gli indumenti religiosi degli studenti, la dieta e la distribuzione di banchi tra ragazzi e ragazze. Sono anche necessarie politiche su come adattare i molteplici calendari religiosi, le preghiere quotidiane e settimanali e il culto in Kenya senza interrompere l'insegnamento.



(©L'Osservatore Romano - 14 novembre 2009)
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