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Impossibile un dialogo con “masse indefinite” di musulmani

Ultimo Aggiornamento: 20/11/2009 11:57
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Impossibile un dialogo con “masse indefinite” di musulmani

Intervista a Johannes Kandel, esperto nelle questioni islamiche



di Stefan Beig

BERLINO, lunedì, 16 novembre 2009 (ZENIT.org).-
 
Contrariamente alla tradizione cristiana, nell’islam non esistono Chiese. Che interlocutore può avere, quindi, la Chiesa nel dialogo interreligioso? I rappresentanti ufficiali sono realmente rappresentativi? E “quale Islam” rappresentano?

Su questi e altri temi riguardanti il dialogo cristiano-islamico ZENIT ha intervistato Johannes Kandel, esperto nelle questioni islamiche. Il suo punto di partenza sono le esperienze personali avute nel rapportarsi alle organizzazioni musulmane presenti a Berlino.

Johannes Kandel si occupa di scienze politiche e dirige il dipartimento “Colloqui accademici berlinesi- Dialogo interculturale” presso l’Accademia Politica della Fondazione Friedrich-Ebert a Berlino. Ha lavorato nella commissione della Chiesa evangelica in Germania che si occupa delle questioni fondamentali per la convivenza con i musulmani.

Nel 2009 ha pubblicato un libro dal titolo “L’islamismo in Germania”, in cui parla del rapporto fra islamismo ed islam, fra panico e ingenuità, e tratta anche temi come la possibilità di attacchi terroristici in Germania, i pericoli per la collettività, gli obiettivi del dialogo e le possibilità dell’integrazione.

Lei vive a Berlino da dieci anni ed opera nel settore del dialogo interculturale. Quali sono stati all’inizio i suoi problemi principali e le sue priorità?

Johannes Kandel: Si è trattato sempre di questioni concrete. Nel 1999 il tema riguardava l’introduzione dell’insegnamento religioso islamico.
Le organizzazioni musulmane discutevano sul diritto di consentire l’insegnamento islamico, secondo il modello berlinese, diverso da quello degli altri Länder. Un senatore berlinese della SPD (Partito Socialdemocratico) aveva proposto di introdurre a Berlino un modello d'insegnamento religioso, usuale anche negli altri Länder, e cioè la religione quale materia ordinaria. Su questo punto si è quindi sviluppata un’accesa discussione. E proprio allora ho iniziato il mio lavoro come capo del Dialogo Interculturale della Fondazione Friedrich Ebert. I primi cinque incontri che ho organizzato si sono svolti proprio sul tema dell’insegnamento religioso islamico. Vi è stata da subito un’ampia risonanza. Fu allora che mi resi conto dell’importanza del tema religioso in una città pluralistica e multiculturale come Berlino.

A Berlino è la Federazione Islamica (IF) a impartire l’insegnamento religioso, con osservatori come Milli Görüs (attualmente attenzionata dall’Ufficio Federale per la Tutela della Costituzione e segnalata come fondamentalista). Quali sono state le sue conclusioni all’epoca riguardo l’IF?

Johannes Kandel: Sono giunto alla conclusione che l'IF è senza ombra di dubbio un centro d'insegnamento religioso a Berlino decisamente problematico. Ma dal punto di vista strettamente legale non si può in nessun modo sottovalutare l'IF, in quanto si è imposta con molto successo come istituzione religiosa e il Tribunale supremo di Berlino l'ha riconosciuta come tale nel 1998. Per altre associazioni contrarie all'IF è stato molto difficile opporsi su questo fronte. Ho sempre cercato di descrivere questa posizione negli eventi da me organizzati e non ho esitato ad invitare anche rappresentanti dell'IF – destando a volte aspre critiche –, poiché avevano il diritto di impartire l’insegnamento religioso. Non si poteva prescindere da loro. Ho fatto in modo quindi che venissero interpellati sui fondamenti formativi e pedagogici, che nell’islam sono imprescindibili.

Quali sono gli standard principali per l’insegnamento religioso?

Johannes Kandel: Per quanto riguarda le norme formative esiste da vari decenni una buona tradizione nell’insegnamento religioso evangelico e cattolico. E’ molto importante dare un insegnamento religioso che tenga conto del punto di vista degli studenti. E’ fondamentale l’orientamento degli studenti, la percezione del loro punto di vista. Il secondo punto è naturalmente l’orientamento su standard formativi democratici, che la Scuola di Berlino contiene comunque nel suo ordinamento. Non deve esistere un insegnamento nel quale i principi democratici vengano messi in alcun modo in discussione. La terza questione riguarda gli standard pedagogici che vengono messi in pratica nell’insegnamento religioso. Ciò vale anche per la formazione degli insegnanti.

L'ora di religione islamica ha sollevato delle problematiche specifiche?

Johannes Kandel: Indubbiamente sì. In primo luogo gli insegnanti messi a disposizione dall’IF per l'ora di religione islamica avevano problemi con la lingua tedesca, e in seguito con gli standard pedagogici religiosi. Tuttavia questo problema ha avuto negli anni successivi al 2001 dei risvolti positivi. Conosco alcuni insegnanti di religione dell'IF, dei quali posso dire che si sono realmente adeguati agli standard esistenti. Su questo punto vi è stato un preciso miglioramento qualitativo. Sarebbe diverso chiedere in quale maniera l’insegnamento della IF ha agito sulla religiosità e sulla pratica dei musulmani istruiti. Vi sono, in proposito, alcuni problemi notevoli di cui devo parlare. L'IF ha fatto in modo, in maniera inequivocabile, che si dubitasse della fede delle musulmane che non portavano il velo. Il fatto che poi nelle scuole nelle quali l'IF praticava l’insegnamento vi era un numero sempre maggiore di giovani donne islamiche che portavano il velo era significativo. Era una correlazione lampante su cui abbiamo avuto segnalazioni da molte scuole. Quando abbiamo interpellato l'IF ci è sempre stato risposto: “ E’ un risveglio islamico comune all'interno delle famiglie. Non ha nulla a che vedere con noi”. Ma naturalmente l'IF esercitava pressioni sui genitori, dicendo loro: “Ora tua figlia deve portare il velo”. Questa era la prassi comune nell’insegnamento religioso.

Alcuni intanto criticano severamente l’islam e ritengono che l’insegnamento islamico non sia compatibile con lo Stato di diritto secolare e con la democrazia. Ha dovuto affrontare dei problemi di fondo dell’islam riguardanti la democrazia e lo Stato di diritto?

Johannes Kandel: In relazione all'IF non ho avuto molti problemi, in quanto l'IF non ha formulato dichiarazioni di principio riguardo la democrazia in Germania, ma si è prudentemente astenuta. Tuttavia ho avuto dei problemi in merito alla “Charta Islamica” del Consiglio centrale dei musulmani in Germania. La Charta è un documento di principio varato nel 2002. Il suo significato era: “Spieghiamo ai nostri concittadini non musulmani il punto di vista dei musulmani sulla democrazia”. Tuttavia in questa dichiarazione vi sono così tanti punti oscuri e tanti problemi, non solo nella formulazione, ma anche nei contenuti, che oggi devo dire: le organizzazioni musulmane che lanciano queste formule e questi documenti hanno problemi con la democrazia. Al massimo il 25% di tutti i musulmani è organizzato in queste associazioni. Ma le affermazioni di questi gruppi suscitano molti problemi e dimostrano che non hanno raggiunto la democrazia.
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Parliamo del dialogo interreligioso. I gruppi islamici d'ispirazione politica e che si relazionano in modo poco chiaro con la democrazia, sono partner adeguati per la Chiesa?

Johannes Kandel: Solo in modo limitato. In quanto membro di una Commissione che ha compilato il documento “Cristiani e musulmani in Germania”, ho potuto constatare che nelle varie Chiese evangeliche regionali si sono vissute esperienze molto diverse, anche con gruppi considerati estremisti, come quello di Milli Görüs. A Brema vi è una chiesa che ha collaborato molto bene con Milli Görüs, il cui parroco responsabile del progetto di cooperazione mi ha riferito ripetutamente di non aver avuto mai problemi. In altre Chiese regionali sono stati riscontrati numerosi problemi; Milli Görüs non è stata nemmeno nominata e non verrebbe mai accettata. Da un lato esistono divergenze da un’organizzazione regionale all’altra e dall’altro Milli Görüs possiede una struttura centralistica molto rigida e porta avanti un’agenda islamica. Se fossi un parroco – o un consigliere comunale della chiesa – che si trova davanti al problema se cooperare o meno a stretto contatto con un insieme di moschee di Milli Görüs, ci penserei due volte, poi prenderei contatto, ma studierei attentamente la possibilità di avviare un dialogo.

Che problemi avete avuto? Può farci un esempio?

Johannes Kandel: Ho avuto un contatto con la comunità della Maddalena a Neukölln. Sono stato invitato ad un incontro con rappresentanti della comunità islamica e della chiesa cristiana e mi sono subito reso conto che i rappresentanti della comunità islamica appartenevano a Milli Görüs. Abbiamo discusso su vari problemi e ho riscontrato nuovamente che i rappresentanti di questa comunità di Milli Görüs rappresentano opinioni assolutamente incompatibili con la democrazia, ad esempio sulla questione delle donne. I rappresentanti di Milli Görüs sostengono di dover proteggere le donne, in quanto esse non possono fare tutto. Ciò è chiaramente un segno che le donne non possono decidere della propria vita, secondo le nostre leggi. Un ulteriore aspetto: molti rappresentanti di Milli Görüs mi hanno detto testualmente: “Nell’Islam non abbiamo bisogno dei diritti umani, poiché comunque l’Islam protegge i diritti umani da 1.400 anni”. Allora mi sono reso conto che non è possibile discutere con queste persone, poiché sostengono posizioni incompatibili con la democrazia.

Quali sono state da parte sua le iniziative più importanti nel dialogo cristiano degli ultimi dieci anni?

Johannes Kandel: Certamente una delle mie attività più importanti è stata la partecipazione al documento “Chiarezza e buon vicinato” della Chiesa evangelica tedesca. Inoltre nel mio lavoro alla Fondazione Friedrich- Ebert ho cercato di applicare un concetto, che ho chiamato “Forum Berlino per i musulmani progressisti” che si è dimostrato molto efficace. Sono dell'avviso che nel dialogo cristiano-musulmano dovremmo parlare innanzitutto con persone che condividono pienamente le basi della nostra democrazia.

Crede che le Chiese potrebbero agire in modo positivo in modo da integrare e quindi valorizzare le forze liberali?

Johannes Kandel: E’ mio auspicio che le Chiese possano farlo e vedo anche che è ciò che cercano di fare. Attualmente lo sto facendo sulla base di un’Istituzione laica, come la Fondazione Friedrich-Ebert. Ma sono certo che la Chiesa evangelica – per la quale io posso parlare – tende ad agire in questa direzione ed è ciò che raggiungerà nei prossimi anni.

Quali sono i nodi cruciali del dialogo cristiano-islamico?

Johannes Kandel: I nodi cruciali sono certamente che ad un certo punto – da una prospettiva teologica – bisognerà parlare dell’atteggiamento da prendere in relazione a Maometto come Profeta e a Gesù come Messia. Questi sono i punti centrali, su cui si possono formulare solo posizioni di assolutezza. Qui non vi è concordanza, non vi deve nemmeno essere, in quanto non può esistere. Il secondo punto concerne le questioni pratiche: in quali ambiti musulmani e cristiani possono lavorare assieme? Certamente partendo dal presupposto che in una società pluralistica, eterogenea etnica, culturale e religiosa, la religione ha un ruolo da svolgere. In questo campo si potrebbe tentare di fare qualcosa assieme. Ma il punto critico fra musulmani e cristiani, a prescindere dai problemi assoluti - la posizione di Gesù Cristo e Maometto – è ancora e sempre la sharia, il problema della legge religiosa. Non vi è dubbio che l’insegnamento evangelico e cattolico miri ad un insegnamento morale ed etico dei suoi fedeli, ma mai in un sistema punitivo e mai in questo contesto. Questa è una posizione che per noi è assolutamente estranea. E qui bisognerebbe chiedere ai musulmani che vivono in Europa, come si considerano se essi accettano ugualmente che la sharia vale in ogni luogo e in ogni tempo, che la sharia è indivisibile fino al diritto matrimoniale e penale. Come viene considerato il fatto che il Consiglio centrale dei musulmani in Germania reclama diritti e dice: “Ciò è di competenza della sharia”? E’ ovvio: le cinque preghiere giornaliere appartengono alla sharia. Ma è possibile separarle dalle altre rivendicazioni? Queste sono le domande che noi dobbiamo rivolgere a queste persone e qui, fino ad oggi, non ho risposte. Lo Stato islamico è il loro ideale, ora come prima.

Il dialogo può aiutare ad abbattere ostacoli di natura non teologica?

Johannes Kandel: I teologi possono aiutare a chiarire le condizioni generali e stabilire qual è il nocciolo della questione. Ma il problema nei rapporti con l’Islam è che è difficile separare i problemi teologici, politici e giuridici. I giuristi islamici non possono spiegare dove sussistono le differenze fra le esigenze teologiche, giuridiche e politiche e come potrebbe esistere un Islam euro-compatibile.

Esistono anche pensatori islamici, che cercano di sviluppare una teologia sulla base delle esperienze di vita pratica dei musulmani, che vivono in armonia con lo Stato laico?

Johannes Kandel: Naturalmente esistono, ma sono pensatori isolati. Un esempio è il sudanese Abdullah Ahmed An-Na’im, insegnante ad Atlanta, allievo del famoso giurista Mahmoud Mohamed Taha, giustiziato in Sudan nel 1985 per presunta eresia. Egli ha scritto un libro meraviglioso su Islam e Stato laico e sostiene, a mio avviso in modo molto plausibile, che sulla base del Corano è possibile una divisione di Stato e religione e l’apertura di una sfera autonoma. Esistono queste persone e bisogna sostenerle. Non è il solo. Ma il problema è che queste persone non hanno alcuna influenza sulla comunità islamica nella quale vivono e nessuna influenza nei loro paesi di origine. La mentalità in questi paesi non ha nessun rapporto con i pensatori progressisti.

Naturalmente vi sono molti musulmani che non sono legati a queste comunità. Dovrebbero essere coinvolti nel dialogo?

Johannes Kandel: Nella misura in cui questi musulmani fanno “outing” e si organizzano in qualche modo, sono molto favorevole a coinvolgerli. Se essi formano solo una massa indefinita e non sono riconoscibili, ciò è chiaramente molto difficile. Abbiamo anche nella Conferenza sull’Islam in Germania dei cosiddetti musulmani non organizzati. Ma in qualche modo devono essere organizzati. Noi non possiamo svolgere un dialogo con massa indefinite qualsiasi. Io sono molto favorevole al fatto che musulmani, che la pensano in questo modo, si dichiarino disponibili. Potrebbe formarsi, ad esempio, un’organizzazione umanistica di musulmani che diventi attiva.

I cristiani hanno dovuto imparare a vivere in uno Stato laico, senza considerarlo una contraddizione alla loro religione. Esistono musulmani che hanno questo desiderio e cercano consigli? A suo avviso, vi sono dei musulmani che vorrebbero vivere in uno Stato laico senza dover avere il senso di colpa di essere cattivi musulmani?

Johannes Kandel: Posso dire una sola cosa: in Germania vi sono le premesse migliori affinché delle persone religiose possano vivere in uno Stato laico.
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