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Alla Gregoriana un colloquio nel centenario della nascita del cardinale Johannes Willebrands (1909-2006)

Ultimo Aggiornamento: 19/11/2009 18:41
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Alla Gregoriana un colloquio nel centenario della nascita del cardinale Johannes Willebrands (1909-2006)

Per il futuro dell'ecumenismo


di Walter Kasper
Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani

Il cardinale Johannes Willebrands è stato una delle più importanti figure nella storia della Chiesa nel secolo scorso. È stato uno dei giganti che ci sorreggono sulle spalle per quanto riguarda l'ecumenismo nonché i rapporti religiosi con gli ebrei. In occasione del centenario della sua nascita lo ricordiamo con profonda gratitudine come un uomo amorevole e un teologo eminente.

Willebrands riuscì a creare una rete che si rivelò molto utile quando, nel 1960, Giovanni XXIII istituì il Segretariato per l'unione dei cristiani. Il Papa fu infatti in grado di riconoscere i segni dei tempi, anzi, si potrebbe perfino affermare i segni dello Spirito Santo in quel tempo. Fu lui a decidere che il tema del concilio annunciato il 25 gennaio 1959 avrebbe dovuto essere l'unità di tutti i cristiani. Fu lui che, seguendo i suggerimenti dell'arcivescovo di Paderborn, Lorenz Jäger, nel 1960 fondò il Segretariato per l'Unione dei Cristiani, offrendo, in tal modo, un canale istituzionale al movimento ecumenico nella Chiesa cattolica al livello della Chiesa universale.

Come suo primo segretario, Willebrands contribuì a plasmare il nuovo organismo, che fu inizialmente presieduto dal cardinale Augustin Bea e poi da Willebrands stesso, dal 1969 fino al suo ritiro, nel 1989. Aveva il dono di trovare e ispirare i giusti collaboratori. Per menzionarne solo alcuni, ricordo qui Jérôme Hamer, Charles Moeller, Pierre Duprey, che lavorarono per il Segretariato per l'Unione dei Cristiani (poi Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani) per 36 anni, dal 1963 fino al 1999. Collaboratori in senso più ampio furono Yves Congar, Gustave Thils, Balthasar Fisher, Karl Rahner, Johannes Feier, Jean Corbon, Emmanuel Lanne, Raymond Brown e altri. Fra le donne dobbiamo menzionare Corinna de Martini e Josette Kersters. Siamo profondamente grati a tutti gli uomini e a tutte le donne che sono stati lì in quei primi anni.

La grande, entusiastica visione comune del passato è ora assente:  questa è una mancanza di cui soffre anche il Consiglio Mondiale delle Chiese. Nell'opinione pubblica si è cominciato a parlare di stagnazione nell'ecumenismo o di inverno ecumenico. Il cardinale Willebrands fu abbastanza lungimirante da predire un certo disincanto dopo l'entusiasmo iniziale. Mise in guardia contro il credere che l'unità dei cristiani si potesse raggiungere in pochi anni. Aspettative del genere avrebbero inevitabilmente portato alla delusione.

In questa difficile situazione, la Chiesa cattolica non può semplicemente fermarsi e aspettare. Ha una responsabilità speciale. La sua unica responsabilità ecumenica deriva paradossalmente dal ministero petrino, che è visto spesso come l'ostacolo principale all'unità, ma che si considera ministero di unità. In particolare, è proprio in questa situazione che la Chiesa di Roma deve assumersi la responsabilità di "sede che presiede nell'amore" (Ignazio di Antiochia). Concentriamoci quindi sulle seguenti questioni. Qual è la nostra visione per il futuro dell'ecumenismo? Qual è il nostro compito all'inizio di questo nuovo secolo e di questo nuovo millennio? In che modo possiamo sfruttare al massimo l'eredità del concilio Vaticano II e del cardinale Willebrands oggi e domani?

L'ecumenismo in verità e amore non è solo un'opzione che la Chiesa può accettare o rifiutare. È un nostro sacro dovere. L'ecumenismo non è nemmeno un'appendice dei nostri compiti pastorali comuni o un "articolo di lusso" della nostra attività pastorale:  esso è "la" prospettiva dell'intera vita della Chiesa. I principi cattolici dell'ecumenismo, come sono stati espressi dal concilio nel decreto Unitatis redintegratio, ossia ecumenismo in verità e amore, sono validi anche per il futuro. Questo decreto resta la magna charta nel nostro viaggio ecumenico verso il futuro. L'eredità del cardinale Willebrands sarà per noi una buona guida lungo questo cammino.

Ciò vale anche per i recenti sviluppi nei quali singoli individui o gruppi di persone di altre confessioni cristiane, specialmente dalla Comunione Anglicana, per grazia del Signore e a motivo della loro coscienza, desiderano unirsi alla Chiesa cattolica, preservando elementi legittimi della loro tradizione liturgica e spirituale. Se ciò andrà a buon fine, non si tratterà affatto di un nuovo ecumenismo, come si è letto nelle scorse settimane su alcuni giornali, anche su giornali che dovrebbero sapere meglio le cose. Al contrario, questo è avvenuto esattamente in conformità con il decreto Unitatis redintegratio (n. 4), che distingue chiaramente fra conversione di singoli individui o gruppi di persone da una parte ed ecumenismo come dialogo con le altre Chiese allo scopo di una piena comunione. Perché non possiamo chiudere le porte quando qualcuno bussa, ma questo non ci esonera dal mandato di Nostro Signore di aprire con amore i nostri cuori a tutti i fratelli e le sorelle in Cristo.

Ripeto. Non c'è nuovo ecumenismo e non c'è fine del vecchio. Al contrario, ciò che accade è un frutto dei dialoghi ecumenici degli ultimi decenni ed è quindi un forte impulso a proseguire nel nostro impegno ecumenico, anche nel dialogo con la Comunione Anglicana che finora è stato così fruttuoso. Tuttavia, sia la conversione individuale o collettiva sia il dialogo ecumenico si dovrebbero intraprendere con la maggior trasparenza possibile, con tatto e stima reciproca per non causare tensioni prive di significato con i nostri interlocutori ecumenici.

I risultati teologici sono molto più grandi di quanto si pensa. Dopo due anni di lavoro, il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani ha infine riassunto, nel cosiddetto Harvest Project ("progetto raccolto"), i risultati di quarant'anni di dialoghi bilaterali con le confessioni appartenenti alla tradizione classica della Riforma (anglicani, luterani, riformati metodisti). Abbiamo riassunto tutto sotto quattro titoli:  Gesù Cristo e Trinità, Giustificazione e Santificazione, Chiesa ed entrambi i maggiori Sacramenti del Battesimo e dell'Eucaristia. In ogni parte del Harvesting the Fruits ("raccogliendo i frutti") si è ottenuto molto di più di quanto io personalmente avrei potuto immaginare nelle mie aspettative più ottimistiche.

Certo, non siamo ciechi di fronte alle domande ancora aperte. Abbiamo esposto chiaramente anche le questioni:  esistono questioni fondamentali di ermeneutica, di antropologia, di ecclesiologia e di teologia sacramentale che devono ancora essere risolte. Comunque, un problema individuato con chiarezza è già metà della soluzione.

Abbiamo avviato questo progetto con due intenzioni precise:  riteniamo che sia giunta l'ora di facilitare la ricezione dei risultati dei nostri dialoghi. Quindi abbiamo voluto avviare un processo di ricezione nelle nostre Chiese affinché i frutti di quarant'anni non prendessero polvere sugli scaffali delle biblioteche, ma divenissero una realtà viva nel corpo delle nostre Chiese. Inoltre, sta crescendo una nuova generazione di ecumenisti che ha idee nuove e fresche, ma che non sa e non può sapere che cosa è stato raggiunto finora e quali sono le questioni aperte che verranno trasmesse loro. Con questo libro, noi "anziani" passiamo la fiaccola a una nuova generazione. Speriamo e confidiamo nel fatto che esso offrirà loro un incoraggiamento ispiratore affinché compiano ulteriori progressi lungo il cammino ecumenico che è stato finora così fruttuoso.

Sulla base di Harvesting the Fruits intendiamo tenere una consultazione in forma di simposio all'inizio del 2010. Insieme con i nostri interlocutori ecumenici, desideriamo discutere i risultati e decidere come procedere. Successivamente, si svolgerà una serie di altri eventi ecumenici:  il cinquantesimo anniversario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, il centenario della Conferenza di Edimburgo, il Kirchentag ecumenico a Monaco, la Sessione plenaria della Federazione luterana mondiale a Stoccarda, e il decennio in vista del quinto centenario della Riforma, che è già in corso e che dovrebbe durare fino al 2017. Il 2010 sarà dunque un anno pienamente ecumenico. Questo prova che l'ecumenismo non è una cosa del passato:  sta affrontando un nuovo inizio.



(©L'Osservatore Romano - 20 novembre 2009)
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