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Difesa della vita, matrimonio e vocazioni negli Stati Uniti

Ultimo Aggiornamento: 23/12/2009 06:56
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I lavori dell'assemblea autunnale dei vescovi a Baltimore

Difesa della vita, matrimonio e vocazioni negli Stati Uniti


Baltimore, 19. Dignità della vita, bioetica, matrimonio e vocazioni, oltre alla traduzione delle ultime cinque parti del Messale Romano:  sono questi i temi sui quali i vescovi degli Stati Uniti hanno discusso nella loro assemblea d'autunno, a partire dall'intervento d'apertura del presidente della Conferenza episcopale, il cardinale Francis E. George.
Nella seconda giornata di lavori, i presuli hanno approvato a larghissima maggioranza le direttive cui devono adeguarsi le strutture sanitarie cattoliche, chiarendo che i pazienti cronici che non sono in fase terminale dovrebbero essere medicalmente assistiti per ricevere cibo e acqua se non possono provvedervi autonomamente. "Come regola generale c'è l'obbligo di fornire ai pazienti cibo e acqua, incluse la nutrizione medicalmente assistita e l'idratazione per quelli che non possono assumere cibo per via orale", si spiega nel testo, rinnovato, Ethical and Religious Directives for Catholic Health Care Services, preparato dalla Commissione episcopale sulla dottrina. "Questo obbligo si estende ai pazienti in condizioni croniche (come quelli in coma vegetativo persistente) per i quali si può ragionevolmente credere che possano vivere indefinitamente ricevendo tale tipo di assistenza". Il vescovo William Edward Lori di Bridgeport, presidente della commissione episcopale sulla dottrina, ha spiegato che i cambiamenti dovrebbero aiutare i vescovi a essere "insegnanti di fede" e a indicare appropriati protocolli medici, assistendo le persone quando si trovano a dover prendere decisioni difficili per sé e per gli altri.

La Chiesa negli Stati Uniti ribadisce in questo modo il suo messaggio riguardo a temi sui quali l'opinione pubblica dibatte diffusamente. A questo proposito, il presidente della Commissione sulla Giustizia e lo sviluppo umano, il vescovo William F. Murphy di Rockville Centre, ha messo in evidenza come "gli sforzi coronati da successo della Conferenza episcopale degli Stati Uniti al fine di convincere i legislatori della House of Representatives a tenere l'aborto fuori dalla riforma sanitaria costituiscono una lezione per il futuro". Il fatto che i deputati fossero a conoscenza della posizione dei vescovi riguardo alla riforma sanitaria "ci ha consentito di essere ascoltati su diverse altre questioni", ha spiegato il presule durante i lavori dell'assemblea. Il vescovo è intervenuto dopo che i vescovi avevano espresso il loro appoggio per la dichiarazione con la quale il cardinale George, aveva commentato l'approvazione dell'Affordable Health Care for America Act da parte della House of Representatives.
 
Lo stesso vescovo Murphy ha espresso il suo appoggio a una dichiarazione della sottocommissione episcopale che sovrintende alla Catholic Campaign for Human Development (Cchd), la raccolta di fondi da destinare alle associazioni caritative. Nella dichiarazione si precisa che "nessun gruppo che contesta la dottrina sociale cattolica o il suo magistero morale può candidarsi" a ricevere fondi della campagna anti povertà avviata dall'organismo episcopale. La dichiarazione, illustrata dal vescovo di Biloxi, Roger P. Morin, fa seguito ad alcune polemiche sorte in merito alla destinazione dei fondi, in vista della colletta che si terrà il 21 e 22 novembre. Una coalizione di gruppi cattolici ha contestato il fatto che alcune organizzazioni cui potrebbe essere destinata parte di tali fondi non sono in linea con il magistero della Chiesa. La missione essenziale della Cchd, si spiega nella dichiarazione citata, "è aiutare i poveri a superare la povertà. In tutta la nostra nazione la Cchd sta aiutando migliaia di famiglie a basso reddito a migliorare le loro condizioni, ottenere giustizia e difendere la loro dignità", "ora più che mai". "Tutte le elargizioni della Cchd - si aggiunge - sono accuratamente controllate a livello diocesano e nazionale e approvate dal vescovo locale. Nessun gruppo che contesta l'insegnamento sociale o morale della Chiesa può richiedere il finanziamento". Se un gruppo finanziato dalla suddetta campagna conducesse attività non in linea con tali insegnamenti, il finanziamento, si precisa, verrebbe immediatamente sospeso. Comunque, solo tre casi di questo genere si sono verificati su 250 gruppi finanziati.

Nel corso dei lavori, i vescovi hanno approvato anche due documenti che contengono priorità e progetti per i prossimi due anni. Uno è il progetto Deepen Faith, Nurture Hope, Celebrate Life, l'altro un documento di 330 pagine di piani operativi e strategici per le commissioni, gli uffici e i dipartimenti della Conferenza episcopale. I vescovi hanno individuato cinque priorità nell'azione della Chiesa negli Stati Uniti:  la formazione della fede e la pratica sacramentale; la diversità culturale nella Chiesa; il rafforzamento del matrimonio; la promozione delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata e la vita e la dignità della persona umana. Riguardo al primo punto l'obiettivo è di "invitare tutti i cattolici ad approfondire la relazione con Gesù Cristo nella Chiesa attraverso una formazione focalizzata sulla Scrittura e la tradizione sacre e i sacramenti, in particolare l'Eucaristia domenicale. Riguardo alla seconda priorità l'obiettivo è "accrescere la comprensione e l'accettazione da parte della comunità cattolica della diversità culturale nella Chiesa" e "includere diverse culture nella vita e nella guida delle diocesi, delle parrocchie e di altre organizzazioni cattoliche negli Stati Uniti". Per quanto concerne il matrimonio, il traguardo è "ispirare, sfidare e aiutare i cattolici a testimoniare il matrimonio come istituzione naturale creata da Dio e elevata alla dignità di sacramento e il valore dei figli e della vita familiare" e a "lavorare per leggi e politiche che riconoscano il matrimonio come unione tra un uomo e una donna, rafforzare la vita famigliare e proteggere la libertà religiosa". Riguardo alla promozione delle vocazioni, l'obiettivo è poi quello di "aiutare le persone ad ascoltare e a rispondere alla chiamata di Dio al sacerdozio e alla vita consacrata attraverso preghiere e attività" ed "educare tutti i fedeli sull'importanza di incoraggiare altri a considerare la vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata".

Infine, nel campo della vita e della dignità umana, l'obiettivo è di "affermare il valore intrinseco della vita umana e la dignità di ogni essere umano in un modo che possa trasformare la cultura". Il messaggio chiave è il seguente:  "In quanto dono di Dio, ogni vita umana è sacra dal concepimento alla morte naturale. La vita e la dignità di ogni persona devono essere rispettate e protette in ogni momento e in ogni condizione. Il diritto alla vita è il primo e più importante principio di diritto umano che spinge i cattolici a lavorare attivamente per un mondo che abbia un maggiore rispetto della vita umana e un più grande impegno per il raggiungimento della giustizia e della pace".


(©L'Osservatore Romano - 20 novembre 2009)
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21/11/2009 19:21




Delude il progetto che differisce da quello già approvato dai deputati

Sulla riforma sanitaria i vescovi degli Stati Uniti scrivono al Senato


Washington, 21. La Conferenza episcopale degli Stati Uniti ha sollecitato il Senato a introdurre cambiamenti sostanziali al progetto di riforma sanitaria al fine di mantenere in vigore quanto disposto dalla legge federale riguardo al finanziamento dell'aborto e alla protezione del diritto all'obiezione di coscienza. I presuli ribadiscono la necessità di assicurare l'accesso all'assistenza sanitaria agli immigrati e di fare in modo che vi si possa accedere a costi affrontabili.
I vescovi hanno definito il progetto di riforma presentato in Senato - diverso dal progetto già approvato alla House of Representatives - un'"enorme delusione" poiché creerebbe una nuova e inaccettabile politica federale che consentirebbe di finanziare l'aborto e di introdurre la sua copertura assicurativa, oltre a non tutelare il diritto all'obiezione di coscienza
Le preoccupazioni dei vescovi sono state affidate a una lettera inviata ai senatori a firma del cardinale Daniel N. DiNardo, della commissione episcopale per le attività pro vita, e dei vescovi William Murphy e John Wester, presidenti rispettivamente delle commissioni Pace, Giustizia e sviluppo umano e Migrazioni. La lettera - accompagnata da una documentazione sull'emendamento Stupak che ha accolto le osservazioni dei presuli, già approvato dalla House of Representatives - sollecita i senatori a migliorare il progetto di riforma nelle aree chiave dei costi, dell'immigrazione, del finanziamento federale, della copertura dell'aborto e dell'obiezione di coscienza. Secondo i vescovi, il progetto "non conferma l'impegno preso dal presidente Obama" riguardo alla riforma del sistema sanitario. I presuli, inoltre, hanno fatto riferimento al costo suppletivo cui gli assicurati sono costretti a far fronte al fine di pagare gli aborti praticati da altri. Disposizioni, queste, che consentirebbero al segretario dell'Health and Human Service di imporre la copertura illimitata dell'aborto su tutto il territorio nazionale. Non solo. Se fosse approvato, il progetto non consentirebbe alle strutture religiose di offrire ai loro impiegati una copertura assicurativa conforme ai propri principi. "I vescovi cattolici - si scrive nella lettera - hanno chiesto per decenni una riforma sanitaria accessibile a tutti, specialmente per i poveri e gli emarginati. Il progetto del Senato introduce grandi progressi nell'assistenza alla popolazione. Ciò nonostante, se approvato, lascerebbe 24 milioni di persone fuori dalla copertura assicurativa sanitaria. Questo non è accettabile". Per tale motivo i vescovi incoraggiano a espandere la possibilità di accedere ai servizi Medicaid per quanti finora ne sono esclusi in base ai livelli di reddito stabiliti dalla legge. Inoltre sollecitano la fine del divieto quinquennale che impedisce agli immigrati regolari di accedere a benefici derivanti da programmi sanitari e del divieto da parte degli irregolari di stipulare assicurazioni sanitarie pagandole con il proprio denaro. "Fornire un'assistenza sanitaria accessibile - ricordano i vescovi - che rifletta questi fondamentali principi, è un bene comune, un imperativo morale e un'urgente priorità nazionale".


(©L'Osservatore Romano - 22 novembre 2009)
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21/11/2009 19:22

Richiamo alla coscienza cristiana dai leader religiosi Usa


Washington, 21. Citando Martin Luther King e la sua rivendicazione alla disobbedienza civile, un gruppo di personalità religiose americane, fra le quali vescovi cattolici ed esponenti delle chiese evangeliche, cristiane e ortodosse, ha lanciato venerdì "un pubblico richiamo alla coscienza cristiana", per invitare i fedeli a non seguire le proposte dell'attuale amministrazione americana in tema di aborto, matrimoni omosessuali, ricerca sulle cellule staminali.
Nella dichiarazione, i firmatari precisano di parlare "come singoli individui, non in nome delle nostre organizzazioni, ma per conto delle nostre comunità". E chiedono ai loro fedeli che su temi come "vita umana, matrimonio, libertà religiosa venga seguita la parola di Dio e non quella di Cesare".
"Anche in un regime democratico - si legge nella dichiarazione - possono esserci leggi ingiuste. La nostra fede ci insegna che di fronte a leggi gravemente ingiuste o che ci conducono a comportamenti immorali, è necessaria la disobbedienza civile".
Per questo motivo i firmatari hanno messo nero su bianco sottolineando che "non obbediranno a leggi che possano condurre a facilitare gli aborti, la ricerca che distrugge gli embrioni, l'eutanasia, il suicidio assistito, o qualsiasi altro atto che vìoli la dignità dell'uomo", né si sentiranno vincolati a norme che consentano i matrimoni tra coppie dello stesso sesso.
La dichiarazione, illustrata nella capitale statunitense alla vigilia dell'apertura in Senato del dibattito sulla riforma sanitaria voluta dal presidente Barack Obama, è stata firmata, tra gli altri, dal cardinale Justin Francis Rigali, arcivescovo di Philadelphia e presidente della Commissione episcopale per le Attività Pro Vita, dall'arcivescovo di Washington, monsignor Donald William Wuerl, dal vescovo della Chiesa cristiana di Washington, Harry Jackson, dal primate della Chiesa Ortodossa d'America, metropolita Jonah Paffhausen, e da Chuck Colson, ex consigliere del presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon.

"Noi tutti intendiamo rendere a Cesare ciò che è di Cesare - concludono i firmatari della dichiarazione - ma in nessun modo renderemo a Cesare ciò che è di Dio".


(©L'Osservatore Romano - 22 novembre 2009)
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25/11/2009 19:54

La "Dichiarazione di Manhattan": il manifesto che scuote l'America

L'hanno sottoscritta leader cattolici, protestanti, ortodossi, uniti nel difendere la vita e la famiglia. Con la Casa Bianca nel mirino. In Europa l'avrebbero bollata come una "ingerenza" politica della Chiesa

di Sandro Magister




ROMA, 25 novembre 2009 – Al di qua dell'Atlantico la notizia è passata quasi inosservata: quella di un forte appello pubblico a difesa della vita, del matrimonio, della libertà religiosa e dell'obiezione di coscienza, lanciato congiuntamente – cosa rara – da esponenti di primissimo piano della Chiesa cattolica, delle Chiese ortodosse, della Comunione anglicana e delle comunità evangeliche degli Stati Uniti.

Tra i leader religiosi che hanno presentato al pubblico l'appello, venerdì 20 novembre al National Press Club di Washington (vedi foto), c'erano l'arcivescovo di Philadelphia, cardinale Justin Rigali, l'arcivescovo di Washington, Donald W. Wuerl, e il vescovo di Denver, Charles J. Chaput.

E tra i 152 primi sottoscrittori dell'appello ci sono altri 11 arcivescovi e vescovi cattolici degli Stati Uniti: il cardinale Adam Maida, di Detroit, Timothy Dolan, di New York, John J. Myers, di Newark, John Nienstedt, di Saint Paul and Minneapolis,  Joseph F. Naumann, di Kansas City,  Joseph E. Kurtz, di Louisville, Thomas J. Olmsted, di Phoenix, Michael J. Sheridan, di Colorado Springs, Salvatore J. Cordileone,  di Oakland,  Richard J. Malone, di Portland, David A. Zubik, di Pittsburgh.

L'appello, di 4.700 parole, ha per titolo: "Manhattan Declaration: A Call of Christian Conscience [Dichiarazione di Manhattan. Un appello della coscienza cristiana]" e ha preso nome dalla penisola di New York in cui ne fu discussa e decisa la pubblicazione, lo scorso settembre.

La redazione finale del testo fu affidata al cattolico Robert P. George, professore di diritto alla Princeton University, e agli evangelici Chuck Colson e Timothy George, quest'ultimo professore della Beeson Divinity School, nella Samford University di Birmingham in Alabama.

Tra gli altri firmatari figurano il metropolita Jonah Paffhausen, primate della Chiesa ortodossa in America, l'arciprete Chad Hatfield, del seminario teologico ortodosso di San Vladimiro, il reverendo William Owens, presidente della Coalition of African-American Pastors, e due personaggi di spicco della Comunione anglicana: Robert Wm. Duncan, primate della Anglican Church in North America, e Peter J. Akinola, primate della Anglican Church in Nigeria.

Tra i cattolici, vescovi a parte, hanno sottoscritto l'appello il gesuita Joseph D. Fessio, discepolo di Joseph Ratzinger e fondatore dell'editrice Ignatius Press, William Donohue, presidente della Catholic League, Jody Bottum, direttore della rivista "First Things", George Weigel, membro dell'Ethics and Public Policy Center.

La "Dichiarazione di Manhattan" non cade nel vuoto, ma in un momento critico per la società e la politica americane: proprio mentre l'amministrazione di Barack Obama è impegnatissima a far passare un piano di riforma dell'assistenza sanitaria negli Stati Uniti.

Difendendo la vita umana fin dal concepimento e il diritto all'obiezione di coscienza, l'appello contesta due punti messi in pericolo dal progetto di riforma attualmente in discussione al Senato.

Al Congresso il pericolo è stato sventato anche grazie a una pressante azione di lobbying condotta alla piena luce del sole dall'episcopato cattolico. Dopo che il voto finale aveva garantito sia il diritto all'obiezione di coscienza sia il blocco di qualsiasi finanziamento pubblico all'aborto, la conferenza episcopale aveva rivendicato questo risultato come un "successo". Ma ora al Senato la battaglia è ricominciata da capo, su un testo di partenza che di nuovo la Chiesa giudica inaccettabile. La conferenza episcopale ha già indirizzato ai senatori una lettera con indicate le modifiche che vorrebbe fossero apportate a tutti i punti controversi.

Ma ora in più c'è l'ecumenica "Dichiarazione di Manhattan", il cui ultimo capitolo, intitolato "Leggi ingiuste", termina con questo annuncio solenne:

"Non ci faremo ridurre al silenzio o all'acquiescenza o alla violazione delle nostre coscienze da qualsiasi potere sulla terra, sia esso culturale o politico, indipendentemente dalle conseguenze su noi stessi".

E subito dopo:

"Noi daremo a Cesare ciò che è di Cesare, in tutto e con generosità. Ma in nessuna circostanza noi daremo a Cesare ciò che è di Dio".

In un passaggio iniziale, l'appello dice anche questo:

"Mentre l'opinione pubblica si muove in direzione pro-life, forze potenti e determinate lavorano per promuovere l'aborto, la ricerca distruttiva degli embrioni, il suicidio assistito e l'eutanasia".

Ed è vero. Stando alle più recenti indagini, l'opinione pubblica negli Stati Uniti sta virando sensibilmente verso una maggiore difesa della vita del concepito.

Dal 1995 al 2008 tutte le ricerche avevano registrato una prevalenza dei pro-choice rispetto ai pro-life, con distacco anche netto: i primi al 49 per cento, i secondi al 42.
Oggi, invece, le posizioni si sono rovesciate. I pro-choice sono calati al 46 per cento e i pro-life sono saliti al 47 per cento, sopravanzandoli.

I leader religiosi che incalzano Obama sui terreni minati dell'aborto, del matrimonio tra omosessuali, dell'eutanasia, sanno quindi di avere con sé un'ampia e crescente parte della società americana.

Il lancio della "Dichiarazione di Manhattan" ha avuto una forte eco nei media degli Stati Uniti, senza che qualcuno protestasse contro questa "ingerenza" politica delle Chiese.

Ma gli Stati Uniti sono fatti così. Lì c'è da sempre una rigorosa separazione tra le religioni e lo Stato. I concordati non ci sono e nemmeno sono concepibili. Ma proprio per questo si riconosce alle Chiese la piena libertà di parlare e di agire in campo pubblico.

In Europa il paesaggio è molto diverso. Qui la "laicità" è pensata e applicata in conflitto, latente od esplicito, con le Chiese.

È anche questo, forse, un motivo del silenzio che in Europa, in Italia, a Roma, ha coperto la "Dichiarazione di Manhattan". È ritenuta un fenomeno tipicamente americano, estraneo ai canoni di giudizio europei.

Un'analoga diversità di approccio riguarda la comunione eucaristica data o negata ai politici cattolici pro aborto. Negli Stati Uniti la controversia è vivacissima, mentre al di qua dell'Atlantico no. Questa diversa sensibilità divide anche la gerarchia della Chiesa cattolica: in Europa e a Roma la questione è praticamente ignorata, lasciata alla coscienza dei singoli.

Va notato però che su questo punto qualcosa sta cambiando, anche nel Vecchio Continente. E non solo perché c'è un papa come Benedetto XVI che dichiaratamente preferisce il modello americano di rapporto tra le Chiese e lo Stato.

Un segnale è venuto pochi giorni fa dalla Spagna, dove la Chiesa cattolica è alle prese con un governo ideologicamente ostile, quello di José Luis Rodríguez Zapatero, e dove si prepara una legge che liberalizza l'aborto più di quanto già sia.

Secondo quanto ha riferito anche "L'Osservatore Romano", il segretario generale della conferenza episcopale spagnola, il vescovo Juan Antonio Martínez Camino, non ha esitato ad avvisare i politici cattolici che, se voteranno sì alla legge, non potranno essere ammessi alla comunione eucaristica, perchè si collocheranno in una situazione oggettiva di “peccato pubblico”.

Non solo. Monsignor Martínez Camino ha aggiunto che chi sostiene che è moralmente legittimo uccidere un nascituro si mette in contraddizione con la fede cattolica e pertanto rischia di cadere nell’eresia e nella scomunica “latae sententiae”, cioè automatica.

È la prima volta che in Europa, da parte di un dirigente di una conferenza episcopale, si odono parole così "americane".

Ma torniamo alla "Dichiarazione di Manhattan". Il suo testo integrale, con la lista dei 152 primi sottoscrittori, è in questa pagina web:

> Manhattan Declaration: A Call of Christian Conscience

Mentre qui di seguito, tradotto, c'è il testo abbreviato, diffuso assieme al testo integrale della "Dichiarazione":


Manhattan Declaration Executive Summary

20 novembre 2009



I cristiani, quando hanno dato vita ai più alti ideali della loro fede, hanno difeso il debole e il vulnerabile e hanno lavorato instancabilmente per proteggere e rafforzare le istituzioni vitali della società civile, a cominciare dalla famiglia.

Noi siamo cristiani ortodossi, cattolici ed evangelici che si sono uniti nell'ora presente per riaffermare le verità fondamentali della giustizia e del bene comune, e per lanciare un appello ai nostri concittadini, credenti e non credenti, affinché si uniscano a noi nel difenderli. Queste verità sono (1) la sacralità della vita umana, (2) la dignità del matrimonio come unione coniugale tra marito e moglie, e (3) i diritti di coscienza e di libertà religiosa. In quanto queste verità sono fondative della dignità umana e del benessere della società, esse sono inviolabili e innegoziabili. Poiché esse sono sempre più sotto attacco da parte di forze potenti nella nostra cultura, noi ci sentiamo in dovere oggi di parlare a voce alta in loro difesa e di impegnare noi stessi a onorarle pienamente, non importa quali pressioni siano esercitate su di noi e sulle nostre istituzioni affinché le abbandoniano o le pieghiamo a compromessi. Noi prendiamo questo impegno non come partigiani di un gruppo politico ma come seguaci di Gesù Cristo, il Signore crocifisso e risorto, che è la Via, la Verità e la Vita.

Vita umana

Le vite dei nascituri, dei disabili e dei vecchi sono sempre più minacciate. Mentre l'opinione pubblica si muove in direzione pro-life, forze potenti e determinate lavorano per promuovere l'aborto, la ricerca distruttiva degli embrioni, il suicidio assistito e l'eutanasia. Nonostante la protezione del debole e del vulnerabile sia il dovere primo di un governo, il potere di governo è oggi spesso guadagnato alla causa della promozione di quella che Giovanni Paolo II ha chiamato "la cultura della morte". Noi ci impegniamo a lavorare incessantemente per l'eguale protezione di ogni essere umano innocente ad ogni stadio del suo sviluppo e in qualsiasi condizione. Noi rifiuteremo di consentire a noi stessi e alle nostre istituzioni di essere implicati nel cancellare una vita umana e sosterremo in tutti i modi possibili coloro che, in coscienza, faranno la stessa cosa.

Matrimonio

L'istituto del matrimonio, già ferito da promiscuità, infedeltà e divorzio, corre il rischio di essere ridefinito e quindi sovvertito. Il matrimonio è l'istituto originario e più importante per sostenere la salute, l'educazione e il benessere di tutti. Dove il matrimonio è eroso, le patologie sociali aumentano. La spinta a ridefinire il matrimonio è un sintomo, piuttosto che la causa, di un'erosione della cultura del matrimonio. Essa riflette una perdita di comprensione del significato del matrimonio così come è incorporato sia nella nostra legge civile, sia nelle nostre tradizioni religiose. È decisivo che tale spinta trovi resistenza, poiché cedere ad essa vorrebbe dire abbandonare la possibilità di ridar vita a una giusta concezione del matrimonio e, con essa, alla speranza di ricostruire una corretta cultura del matrimonio. Questo bloccherebbe la strada alla credenza falsa e distruttiva che il matrimonio coincida con un'avventura sentimentale e altre soddisfazioni per persone adulte, e non, per sua natura intrinseca, con quell'unico carattere e valore di atti e relazione il cui significato è dato dalla sua capacità di generare, promuovere e proteggere la vita. Il matrimonio non è una "costruzione sociale" ma è piuttosto una realtà oggettiva – l'unione pattizia tra un marito e una moglie – che è dovere della legge riconoscere, onorare e proteggere.

Libertà religiosa

Libertà di religione e diritti della coscienza sono gravemente in pericolo. La minaccia a questi principi fondamentali di giustizia è evidente negli sforzi di indebolire o eliminare l'obiezione di coscienza per gli operatori e gli istituti sanitari, e nelle disposizioni antidiscriminazione che sono usate come armi per forzare le istituzioni religiose, gli enti di assistenza, le imprese economiche e i fornitori di servizi sia ad accettare (e anche a facilitare) attività e rapporti da essi giudicati immorali, oppure di essere messi fuori. Gli attacchi alla libertà religiosa sono pesanti minacce non solo a persone singole, ma anche a istituzioni della società civile che comprendono famiglie, enti di assistenza e comunità religiose. La salvaguardia di queste istituzioni provvede un indispensabile riparo da prepotenti poteri di governo ed è essenziale affinché fiorisca ogni altra istituzione su cui la società si appoggia, incluso lo stesso governo.

Leggi ingiuste

Come cristiani, crediamo nella legge e rispettiamo l'autorità dei governanti terreni. Riteniamo che sia uno speciale privilegio vivere in una società democratica dove le esigenze morali della legge su di noi sono anche più forti in virtù dei diritti di tutti i cittadini di partecipare al processo politico. Ma anche in un regime democratico le leggi possono essere ingiuste. E fin dalle origini la nostra fede ha insegnato che la disobbedienza civile è richiesta di fronte a leggi gravemente ingiuste o a leggi che pretendano che noi facciamo ciò che è ingiusto oppure immorale. Simili leggi mancano del potere di obbligare in coscienza poiché esse non possono rivendicare nessuna autorità oltre a quella della mera volontà umana.

Pertanto, si sappia che non acconsentiremo a nessun editto che obblighi noi o le istituzioni che guidiamo a compiere o a consentire aborti, ricerche distruttive dell'embrione, suicidi assistiti, eutanasie o qualsiasi altro atto che violi i principi della profonda, intrinseca ed eguale dignità di ogni membro della famiglia umana.

Inoltre, si sappia che non ci faremo ridurre al silenzio o all'acquiescenza o alla violazione delle nostre coscienze da qualsiasi potere sulla terra, sia esso culturale o politico, indipendentemente dalle conseguenze su noi stessi.

Noi daremo a Cesare ciò che è di Cesare, in tutto e con generosità. Ma in nessuna circostanza noi daremo a Cesare ciò che è di Dio.

__________


Il sito ufficiale della "Dichiarazione di Manhattan", con la possibilità di firmarla:

> manhattandeclaration.org

__________


La lettera del 20 novembre 2009 della conferenza episcopale degli Stati Uniti ai senatori, sulla legge di riforma del sistema sanitario:

> "Dear Senator..."

Con allegato un promemoria sulla precedente discussione al Congresso:

> "What does the Stupak amendment really do?"

__________


La ricerca Gallup/USA Today sui pro-life che nel 2009 hanno sorpassato i pro-choice:

> U.S. Abortion Attitudes Closely Divided

__________


Sulle critiche della gerarchia cattolica americana all'amministrazione Obama, e le divergenze con la curia di Roma:

> L'ascia del vescovo su Obama. E sulla curia vaticana (8.10.2009)

__________


Sulla comunione data o negata ai politici cattolici pro aborto e sulla nota scritta in proposito nel 2004 dall'allora cardinale Joseph Ratzinger:

> Il vice di Obama è cattolico. Ma i vescovi gli negano la comunione (27.8.2008)

> Un caso americano: dare o no la comunione ai politici cattolici pro aborto (2.5.2008)

> Caso Kerry. Ciò che Ratzinger voleva dai vescovi americani
(3.7.2004)

> Ratzinger-Kerry atto secondo. La controversia ben temperata (13.7.2004)

Fonte
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Le istituzioni caritative cattoliche rompono la collaborazione con Washington


La Chiesa cattolica "in disgrazia" perché vuole difendere i bambini


WASHINGTON, mercoledì, 25 novembre 2009 (ZENIT.org).-

A causa della determinazione dei legislatori a ridefinire il matrimonio, l'Arcidiocesi di Washington, D.C. (Stati Uniti) ha annunciato di non avere altra scelta che ritirarsi dalla sua collaborazione con il governo della città.

Una norma sull'"uguaglianza del matrimonio civile" richiederebbe che le istituzioni cattoliche assicurassero gli stessi benefici agli impiegati che hanno un'unione omosessuale e a quelli con un matrimonio eterosessuale. Sono in gioco anche gli accreditamenti e/o le licenze delle istituzioni educative e professionali cattoliche.

In un articolo d'opinione sul Washington Post di martedì scorso, l'Arcivescovo Donald Wuerl ha spiegato perché la legge costringe l'Arcidiocesi a cancellare la sua partnership.

La Chiesa, afferma, non ha posto sfide o ultimatum, ma riconosce semplicemente che "i nuovi requisiti posti della città alle organizzazioni religiose perché riconoscano i matrimoni omosessuali nelle loro politiche potrebbero restringere la nostra capacità di fornire il livello di servizi che abbiamo ora".

"Ciò si deve al fatto che il Distretto richiede alle entità caritative cattoliche di certificare la loro conformità con le leggi della città quando si richiedono contratti e donazioni. Visto che le entità caritative cattoliche non possono rispettare le regole cittadine e promuovere i matrimoni omosessuali, la città dovrà respingere contratti e licenze", spiega.

Helen Alvaré, esporta di Diritto della Fondazione Culture of Life, ha commentato la situazione.

A suo avviso, il punto fondamentale è che "quanti dovrebbero ridefinire il matrimonio insistono sul fatto che le relazioni potrebbero far sì che i bambini non meritino un particolare riconoscimento e il sostegno della legge e della comunità; la Chiesa cattolica insiste sul fatto che hanno bisogno di questo riconoscimento e sostegno e che dovrebbero averlo".

I bambini, ha commentato, sono il centro di questa battaglia.

La Alvaré ha osservato che per troppo tempo il diritto di famiglia è cambiato "arrivando a mettere avanti gli interessi degli adulti".

"Dopo decenni di sperimentazione sulla base di questo modello, i sociologi, gli psicologi e anche alcuni legislatori stanno iniziando a comprendere che né la libertà degli adulti né quella dei bambini hanno progredito sulla traiettoria degli 'adulti per primi'".

"Il Distretto di Columbia dovrebbe temere un'ulteriore privazione nei confronti del matrimonio, relativa alla sua associazione con i bambini", ha affermato la Alvaré, segnalando la quantità di problemi che il Distretto già affronta a causa della "filosofia del sesso e del matrimonio degli 'adulti per primi'".

La giurista ha argomentato che se gli assessori del Distretto di Columbia "si permettessero di pensare in modo più integrale al benessere dei bambini e delle loro famiglie, questi stessi consiglieri dovrebbero anche temere di perdere la collaborazione di un organismo così profondamente impegnato nel benessere dei bambini da essere disposto a essere giudicato dal tribunale dell'opinione pubblica perché difende i loro interessi". 
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27/11/2009 22:08

 


Ha già raccolto 107.000 firme il manifesto ecumenico che fa appello alla coscienza cristiana

La dichiarazione di Manhattan e la popolarità di Obama


di Marco Bellizi

Sono arrivate a 107.000 le adesioni alla Manhattan Declaration, il manifesto ecumenico firmato da cattolici, ortodossi ed evangelici degli Stati Uniti nel quale si stabiliscono principi irrinunciabili in tema di difesa della vita, del matrimonio e della libertà religiosa. Il dato è fornito dal sito in rete aperto proprio in occasione del lancio del manifesto.

Il peso politico, oltre che spirituale, della Manhattan Declaration - della quale "L'Osservatore Romano" ha dato notizia già nel numero del 22 novembre scorso - è evidente. L'amministrazione Obama sta vivendo in queste settimane un passaggio cruciale, nel quale il presidente gioca molto della sua credibilità rispetto alle promesse fatte nel corso della campagna elettorale e in considerazione dei risultati non lusinghieri che si continuano a registrare nei sondaggi in merito alla popolarità dell'inquilino della Casa Bianca. Sotto i riflettori c'è infatti in queste ore la riforma sanitaria. Il progetto presentato e ammesso al dibattito in Senato è in alcuni punti sensibilmente diverso da quello approvato solo poche settimane fa dalla House of Representatives grazie alla decisiva introduzione dell'emendamento Stupak. Quest'ultimo aveva raccolto le indicazioni della Conferenza episcopale stabilendo con chiarezza il divieto dell'uso di fondi federali per finanziare misure a favore dell'aborto e il rispetto del diritto all'obiezione di coscienza degli operatori sanitari. I vescovi degli Stati Uniti avevano espresso il loro plauso a questo passaggio parlamentare, con il quale per altro si ribadisce ciò che è stato fuori discussione fino a questo momento grazie alle disposizioni del precedente emendamento Hyde.

Ora però qualcosa è cambiato. Il linguaggio del progetto presentato in Senato è diverso, meno cogente di quello approvato dalla Camera, e la circostanza non può essere considerata casuale. È stato infatti lo stesso Obama, in una recente intervista, ad affermare che l'emendamento Stupak ha introdotto nel progetto di riforma sanitaria parole non equilibrate rispetto alla necessità di contemperare il rispetto delle diverse sensibilità religiose e dei "diritti delle donne".

La linea del presidente si insinua fra queste due posizioni a prima vista confliggenti. Da una parte c'è l'impegno assunto esplicitamente da Obama, il quale ha assicurato che nella riforma sanitaria non si destineranno fondi federali all'aborto e che verrà rispettato il diritto all'obiezione di coscienza. Dall'altra, soprattutto, gli influenti gruppi pro choice spingono per una ulteriore liberalizzazione delle pratiche abortive.

La Manhattan Declaration sottolinea in proposito un'evidente contraddizione:  mentre l'opinione pubblica - vi si legge - "si è mossa in una direzione pro vita, forze potenti e determinate hanno lavorato per espandere l'aborto, la ricerca distruttiva degli embrioni, il suicidio assistito e l'eutanasia". I sondaggi effettuati negli ultimi mesi confermano questa lettura. I pro life continuano a essere in crescita e hanno superato ormai il numero degli statunitensi che ritengono che l'aborto debba essere consentito in un ventaglio più ampio di circostante e nel corso di un periodo più esteso della gravidanza.

In questo senso la dichiarazione di Manhattan - è infatti nel quartiere di New York che il manifesto è stato concepito - spiega il mutamento dell'opinione pubblica statunitense. Si legge fra l'altro:  "Non ci faremo intimidire e ridurre al silenzio e all'acquiescenza o alla violazione delle nostre coscienze da nessun potere terreno, sia esso culturale o politico, senza alcuna considerazione delle conseguenze che su di noi possono ricadere". E inoltre:  "Renderemo pienamente e senza riluttanza a Cesare ciò che è di Cesare. Ma in nessuna circostanza renderemo a Cesare ciò che è di Dio". A firmarla sono stati, fra gli altri, Jonah Paffhausen, primate della Chiesa ortodossa in America, e Robert Duncan, primate anglicano del Nord America. E il reverendo William Owens, presidente della Coalizione dei pastori Afro Americani. Firme come queste potrebbero spingere gli esperti dei flussi elettorali dello staff di Obama a riprendere in mano la calcolatrice.


(©L'Osservatore Romano - 28 novembre 2009 )
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I Vescovi USA lamentano il rifiuto dell'emendamento pro-vita

Affermano che l'attuale progetto di riforma sanitaria non difende la vita


WASHINGTON, D.C., venerdì, 11 dicembre 2009 (ZENIT.org).-

Il presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti ha definito la decisione del Senato di rifiutare un emendamento per evitare che i fondi federali vengano destinati a finanziare aborti un “duro colpo” alla riforma sanitaria.

Il Cardinale Francis George, Arcivescovo di Chicago, lo ha detto questo mercoledì dopo che il Senato aveva votato lunedì, con il risultato di 54 a 45, contro l'emendamento Nelson-Hatch-Casey, proposto dai senatori Ben Nelson, Orrin Hatch e Robert Casey.

Una misura simile era stata approvata dalla Camera dei Rappresentanti, spianando la via per l'approvazione in quella sede dell'Affordable Health Care for America Act.

“Il Senato sta ignorando la promessa fatta dal Presidente Obama e la volontà del popolo statunitense, non incorporando gli antichi divieti di destinare fondi federali all'aborto e ai progetti che lo includono”, ha detto il Cardinale George.

“Anche se lamentiamo il rifiuto del Senato di approvare l'emendamento Nelson-Hatch-Casey, continuiamo a confidare nel fatto che le misure di protezione approvate a schiacciante maggioranza dalla Camera verranno inserite nella necessaria legge di riforma”, ha aggiunto. “Il fallimento nell'escludere la promozione dell'aborto trasformerà gli alleati in avversari e costringerà noi e altri a opporci a questo disegno di legge, visto che si discosta sia dai principi che dai precedenti”.

Errore fondamentale

Monsignor William Murphy, presidente del Comitato dei Vescovi sulla Giustizia Nazionale e lo Sviluppo Umano, considera il fallimento del Senato nel mantenere l'aborto fuori dalla riforma sanitaria un “difetto fondamentale della legislazione”.

“La Nazione ha urgente bisogno di una riforma sanitaria che difenda la vita, la dignità, la coscienza e la salute di tutti”, ha segnalato.

Monsignor Murphy ha affermato che i Vescovi continueranno a lavorare con il Congresso e l'amministrazione Obama “per far sì che la riforma si adatti a questi criteri”, e ha sottolineato la necessità di far fronte anche ai “gravi problemi collegati ai diritti della coscienza, alla fattibilità e al trattamento degli immigrati”.

Il Cardinale Daniel DiNardo, Arcivescovo di Galveston-Houston e presidente del Comitato episcopale per le Attività Pro-Vita, ha esortato il Senato a “separare i fatti e la verità della retorica politica sul finanziamento dell'aborto”.

“Anche i nostri oppositori dicono di non sostenere il finanziamento federale per gli aborti volontari e vogliono che vengano applicate le restrizioni attuali”, ha detto. “Il modo di risolvere questo dibattito, spesso ingannevole, è applicare in modo semplice, chiaro ed esplicito le restrizioni Hyde a tutti i fondi federali nella legislazione”.

“Questo è ciò che la Camera ha fatto e ciò che la legge definitiva deve fare”, ha aggiunto il Cardinale. “Il Senato non deve approvare questo disegno di legge nella sua forma attuale”.
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La Conferenza episcopale chiede che si vieti esplicitamente il finanziamento pubblico dell'aborto

Sulla riforma sanitaria i vescovi degli Stati Uniti rimangono critici


di Marco Bellizi

Mentre le recenti votazioni al Senato, confermano la possibilità di arrivare entro Natale alla votazione finale sulla riforma sanitaria, i vescovi degli Stati Uniti continuano a esprimere la loro contrarietà a una parte del testo in discussione a Capitol Hill. Qui, nella notte di lunedì, è passata una determinante mozione procedurale, grazie al voto del senatore Nelson del Nebraska, già promotore di un emendamento gradito all'episcopato statunitense ma rigettato dal Senato.

Secondo la stampa locale, Nelson avrebbe assicurato il suo appoggio alla riforma, anche per le successive votazioni, in cambio di un articolato accordo orientato a escludere il finanziamento federale per l'aborto, dando possibilità agli Stati di esercitare un margine di autonomia sui programmi sanitari. Tuttavia, anche queste ultime novità, come si accennava, non cambiano il giudizio dell'episcopato degli Stati Uniti, che continua a chiedere l'introduzione chiara ed esplicita delle disposizioni dell'Hyde Amendment, in vigore da lungo tempo nel Paese. Già in una lettera del 14 dicembre firmata dal cardinale Daniel DiNardo, arcivescovo di Galveston-Houston e presidente della Commissione episcopale per le attività Pro vita, era stata richiamata l'attenzione sugli obiettivi che la riforma sanitaria dovrebbe realmente perseguire.

In un'altra lettera, sempre spedita nella stessa data, il cardinale DiNardo, il vescovo John Wester di Salt Lake City, presidente della Commissione episcopale sulle Migrazioni, e il vescovo William Murphy di Rockville Center, presidente della Commissione sulle politiche interne, hanno anche sollecitato l'appoggio all'emendamento Menendez, presentato dall'omonimo deputato democratico del New Jersey, che se approvato darebbe agli Stati la possibilità di derogare alle norme che prevedono un periodo di cinque anni di attesa per gli immigrati regolari prima di poter accedere ai programmi di Medicare.

Con il primo messaggio i vescovi hanno inteso chiarire gli equivoci riguardanti l'emendamento sponsorizzato appunto dal senatore Ben Nelson e dai senatori Orrin Natch and Robert Casey, che il Senato ha affossato l'8 dicembre scorso. I presuli hanno evidenziato l'incoerenza dei senatori, i quali, nonostante abbiano votato contro tale emendamento, hanno poi votato a schiacciante maggioranza il Consolidated Appropriations Act il 13 dicembre scorso. Questo provvedimento contiene le stesse affermazioni dell'Hyde Amendment circa il divieto di finanziamento federale per alcuni tipi di programmi. Inoltre si mantengono le leggi a protezione del diritto all'obiezione di coscienza. Il principale problema del progetto di riforma ora in discussione al Senato - afferma il cardinale DiNardo - è che "per la prima volta nella storia", esso "autorizza esplicitamente l'uso dei fondi federali a sussidio dei programmi che includono la copertura degli aborti elettivi".

"La riforma sanitaria - conclude il porporato rivolgendosi ai senatori prima che esprimano il loro voto finale sul provvedimento - è troppo urgente per essere messa a rischio dall'insistenza di una lobby che vuole cambiare la legge".
A  supporto  poi  del  Menendez Amendment, il cardinale DiNardo, il vescovo Wester e il vescovo Murphy notano come "gli immigrati legali, che lavorano, pagano le tasse e sono sulla strada per ottenere la cittadinanza dovrebbero avere accesso ai servizi sanitari, come per esempio il Medicaid, ai quali essi contribuiscono con i loro tributi. Inoltre, fornendo agli immigrati regolari a basso reddito l'accesso al Medicaid si garantirebbe la salute delle comunità di immigrati e di tutta la nazione".

Negli ultimi concitati giorni di lavoro congressuale, si sono registrate diverse iniziative per arrivare a una rapida approvazione della riforma sanitaria. Il senatore Casey ha proposto un compromesso attraverso il quale si introdurrebbe la possibilità di scelta per i cittadini che potrebbero così chiedere di non volere un'assicurazione sull'aborto e quindi di stornare i propri contributi dai servizi orientati invece a quello scopo. Tuttavia, mentre si apprezza lo sforzo "in buona fede", fatto dal senatore Casey, i vescovi, sempre attraverso il cardinale DiNardo, fanno sapere che tale compromesso non può essere considerato risolutivo. La Conferenza episcopale, si ricorda, si opporrebbe alla riforma sanitaria "se e fino a quando" questa non sia modificata attraverso l'introduzione delle ormai note restrizioni.

Lo sforzo del senatore Casey, nota il cardinale, "in realtà mette in evidenza come con la riforma sanitaria in discussione si cambi radicalmente la politica sull'aborto". Escludere gli aborti elettivi dai piani per la salute, spiega il porporato, "non è un privilegio che i singoli dovrebbero cercare come eccezione alla regola. In tutti i programmi federali per la salute la norma è invece l'esclusione dell'aborto". Il cardinale comunque ha espresso apprezzamento per le disposizioni dell'emendamento Casey per quanto riguarda il rafforzamento del diritto all'obiezione di coscienza e il sostegno alle donne in gravidanza e ai genitori adottivi. In ogni caso, questi miglioramenti, spiega il porporato, non cambiano la questione relativa al principale problema del progetto di riforma sanitaria, che è quello di non incorporare le disposizione previste dall'emendamento Hyde.


(©L'Osservatore Romano - 23 dicembre 2009)
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