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Difesa della vita, matrimonio e vocazioni negli Stati Uniti

Ultimo Aggiornamento: 23/12/2009 06:56
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La Conferenza episcopale chiede che si vieti esplicitamente il finanziamento pubblico dell'aborto

Sulla riforma sanitaria i vescovi degli Stati Uniti rimangono critici


di Marco Bellizi

Mentre le recenti votazioni al Senato, confermano la possibilità di arrivare entro Natale alla votazione finale sulla riforma sanitaria, i vescovi degli Stati Uniti continuano a esprimere la loro contrarietà a una parte del testo in discussione a Capitol Hill. Qui, nella notte di lunedì, è passata una determinante mozione procedurale, grazie al voto del senatore Nelson del Nebraska, già promotore di un emendamento gradito all'episcopato statunitense ma rigettato dal Senato.

Secondo la stampa locale, Nelson avrebbe assicurato il suo appoggio alla riforma, anche per le successive votazioni, in cambio di un articolato accordo orientato a escludere il finanziamento federale per l'aborto, dando possibilità agli Stati di esercitare un margine di autonomia sui programmi sanitari. Tuttavia, anche queste ultime novità, come si accennava, non cambiano il giudizio dell'episcopato degli Stati Uniti, che continua a chiedere l'introduzione chiara ed esplicita delle disposizioni dell'Hyde Amendment, in vigore da lungo tempo nel Paese. Già in una lettera del 14 dicembre firmata dal cardinale Daniel DiNardo, arcivescovo di Galveston-Houston e presidente della Commissione episcopale per le attività Pro vita, era stata richiamata l'attenzione sugli obiettivi che la riforma sanitaria dovrebbe realmente perseguire.

In un'altra lettera, sempre spedita nella stessa data, il cardinale DiNardo, il vescovo John Wester di Salt Lake City, presidente della Commissione episcopale sulle Migrazioni, e il vescovo William Murphy di Rockville Center, presidente della Commissione sulle politiche interne, hanno anche sollecitato l'appoggio all'emendamento Menendez, presentato dall'omonimo deputato democratico del New Jersey, che se approvato darebbe agli Stati la possibilità di derogare alle norme che prevedono un periodo di cinque anni di attesa per gli immigrati regolari prima di poter accedere ai programmi di Medicare.

Con il primo messaggio i vescovi hanno inteso chiarire gli equivoci riguardanti l'emendamento sponsorizzato appunto dal senatore Ben Nelson e dai senatori Orrin Natch and Robert Casey, che il Senato ha affossato l'8 dicembre scorso. I presuli hanno evidenziato l'incoerenza dei senatori, i quali, nonostante abbiano votato contro tale emendamento, hanno poi votato a schiacciante maggioranza il Consolidated Appropriations Act il 13 dicembre scorso. Questo provvedimento contiene le stesse affermazioni dell'Hyde Amendment circa il divieto di finanziamento federale per alcuni tipi di programmi. Inoltre si mantengono le leggi a protezione del diritto all'obiezione di coscienza. Il principale problema del progetto di riforma ora in discussione al Senato - afferma il cardinale DiNardo - è che "per la prima volta nella storia", esso "autorizza esplicitamente l'uso dei fondi federali a sussidio dei programmi che includono la copertura degli aborti elettivi".

"La riforma sanitaria - conclude il porporato rivolgendosi ai senatori prima che esprimano il loro voto finale sul provvedimento - è troppo urgente per essere messa a rischio dall'insistenza di una lobby che vuole cambiare la legge".
A  supporto  poi  del  Menendez Amendment, il cardinale DiNardo, il vescovo Wester e il vescovo Murphy notano come "gli immigrati legali, che lavorano, pagano le tasse e sono sulla strada per ottenere la cittadinanza dovrebbero avere accesso ai servizi sanitari, come per esempio il Medicaid, ai quali essi contribuiscono con i loro tributi. Inoltre, fornendo agli immigrati regolari a basso reddito l'accesso al Medicaid si garantirebbe la salute delle comunità di immigrati e di tutta la nazione".

Negli ultimi concitati giorni di lavoro congressuale, si sono registrate diverse iniziative per arrivare a una rapida approvazione della riforma sanitaria. Il senatore Casey ha proposto un compromesso attraverso il quale si introdurrebbe la possibilità di scelta per i cittadini che potrebbero così chiedere di non volere un'assicurazione sull'aborto e quindi di stornare i propri contributi dai servizi orientati invece a quello scopo. Tuttavia, mentre si apprezza lo sforzo "in buona fede", fatto dal senatore Casey, i vescovi, sempre attraverso il cardinale DiNardo, fanno sapere che tale compromesso non può essere considerato risolutivo. La Conferenza episcopale, si ricorda, si opporrebbe alla riforma sanitaria "se e fino a quando" questa non sia modificata attraverso l'introduzione delle ormai note restrizioni.

Lo sforzo del senatore Casey, nota il cardinale, "in realtà mette in evidenza come con la riforma sanitaria in discussione si cambi radicalmente la politica sull'aborto". Escludere gli aborti elettivi dai piani per la salute, spiega il porporato, "non è un privilegio che i singoli dovrebbero cercare come eccezione alla regola. In tutti i programmi federali per la salute la norma è invece l'esclusione dell'aborto". Il cardinale comunque ha espresso apprezzamento per le disposizioni dell'emendamento Casey per quanto riguarda il rafforzamento del diritto all'obiezione di coscienza e il sostegno alle donne in gravidanza e ai genitori adottivi. In ogni caso, questi miglioramenti, spiega il porporato, non cambiano la questione relativa al principale problema del progetto di riforma sanitaria, che è quello di non incorporare le disposizione previste dall'emendamento Hyde.


(©L'Osservatore Romano - 23 dicembre 2009)
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