Un messaggio per infondere nuovo coraggio ai missionari "affaticati lungo le vie del Vangelo nel mondo"; a quanti sono percorsi dalla tentazione insidiosa di rilassarsi; ai giovani chiamati a trovare in loro stessi l'audacia evangelizzatrice. E un modello da seguire valido per tutti quelli che servono il Padre annunciando il suo Vangelo alle Nazioni: l'apostolo Paolo. Sono le consegne al mondo missionario da parte dell'assemblea plenaria della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, conclusa dopo tre giorni di riflessione sul tema "San Paolo e i nuovi areopaghi".
Nel messaggio finale la plenaria si rivolge direttamente "a voi - si legge nelle prime righe - cari fratelli vescovi delle Chiese affidate alle cure della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, cari amici sacerdoti che partecipate ai loro scambi pastorali, cari missionari religiosi e religiose, laici e laiche, che l'amore appassionato per la persona di Gesù di Nazareth e per la sua Chiesa ha spinto sulle vie del mondo, a voi seminaristi e novizi, diaconi che vi state preparando al ministero sacerdotale e alla missione ad gentes, diaconi permanenti e cari catechisti e laici impegnati, senza i quali le nostre Chiese stenterebbero a edificarsi". Lo fa per proporre lo slancio missionario dell'apostolo delle genti, riscoperto durante la celebrazione dell'Anno paolino, più che mai necessario al giorno d'oggi "per andare incontro ai nuovi areopaghi del nostro tempo" e poter discerne "nel nostro mondo, divenuto "villaggio globale", i tanti motivi di speranza che s'intravedono".
Quali siano questi nuovi areopaghi il messaggio lo dice chiaramente: "Quel punto unico in cui l'annuncio e la testimonianza di vita riecheggiano nel silenzio della Croce; la società globalizzata; il mondo delle comunicazioni sociali, per fare di esse strumenti del Comunicatore per eccellenza che è la via, la verità e la vita: Gesù Cristo; l'ambiente della postmodernità, che sarà avvicinato non solo per ripetere a ogni uomo: "La creatura senza il Creatore svanisce", ma anche per far ammirare e gustare i frutti di una civiltà dell'amore che si riceve da Dio; la necessità di soddisfare la fame e la sete di Dio, aspettative religiose di cui la proliferazione delle sette è indice; il dialogo interreligioso e interculturale, al quale ci si dovrà avvicinare come Paolo ha fatto ad Atene e approfondito a Corinto, partendo dal più profondo della fede nel Crocifisso e Risorto, salvezza per ogni uomo, nazione, razza e cultura; il disagio, rivelatore del malessere, che deriva da una civiltà senza Dio e che dovrà trovare l'apostolo portatore di una speranza nel presente: "Cristo, speranza della gloria"; le nuove povertà che dovranno essere trasfigurate dal Cristo che annuncia il missionario: "da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà" e ha proclamato: "Beati i poveri"; la Chiesa-comunione, famiglia di Dio, corpo fraterno di Cristo, come nuovo areopago, sarà la nostra via, come lo è stata per san Paolo; la riveleremo a se stessa come "il mistero nascosto dalle origini"; le nostre comunità ecclesiali saranno missionarie, e non si dirà "che la missione è venuta a morire fra noi"; ogni vocazione cristiana, da rievangelizzare per rivelarla a se stessa come missionaria; la famiglia, la quale attende che le sia rivelato che sarà tanto più "Chiesa domestica" quanto più diventerà testimone di Dio uno e trino, la famiglia trinitaria che il mondo attende, nonostante il suo accanimento attuale a distruggere la famiglia; la nuova cultura in fase di globalizzazione, che attende il primo annuncio di Gesù come Signore e Salvatore; la persecuzione, areopago sempre nuovo che si offre a una Chiesa disponibile per la testimonianza assoluta, il martirio; tutte le divisioni che lacerano la Chiesa, dinanzi alle quali l'evangelizzatore secondo lo spirito di san Paolo sarà artefice di comunione e, tormentato fra fratelli nemici, li interpellerà come Paolo: "È forse diviso il Cristo?"; le nostre Chiese particolari, divenute areopaghi per la missio ad gentes, a causa del fenomeno migratorio che avvicina culture e religioni in spazi ristretti e che ha trasformato le nostre megalopoli a loro volta in nuovi areopaghi che attendono il loro Paolo; infine l'areopago vecchio ma sempre nuovo che ha attirato maggiormente la nostra attenzione nel corso di questa assemblea: quello della formazione. Più che un areopago, è l'humus, il fondamento e la condizione sine qua non della possibilità di qualsiasi evangelizzazione".
L'areopago della formazione è quello per cui san Paolo resta per tutte le generazioni un modello ispiratore. Egli vede la formazione come un generare e un crescere fino all'età adulta, "finché Cristo non sia formato in voi". Essa richiede "tempo e pazienza. È la condizione di ogni autentica missione che non sopporta impreparazione, improvvisazione, disordine e arrangiamenti, ai quali la semplice generosità non potrebbe sopperire". Dunque è lunga la lista dei nuovi areopaghi da evangelizzare indicati dalla plenaria della Congregazione, "ma - si legge nel messaggio - molti altri se ne possono aggiungere e con il tempo se ne aggiungeranno. Certo bisognerà anche trovare le vie per evangelizzarli".
Il messaggio si conclude con un appello alle nuove generazioni di missionari: "Giovani, che siete il presente e il futuro del mondo e della Chiesa, è ancora di più delle nostre Chiese di recente fondazione, il nostro messaggio si rivolge anche a voi. Vi invitiamo ad ammirare e a imitare questo giovane uomo focoso, brillante allievo di Gamaliel, di cui Cristo risorto si è impossessato lungo la via di Damasco, per farne il "maestro delle genti". Possano il suo coraggio e il suo ardore trovare in voi la loro eco".