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Il messaggio finale della plenaria della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli

Ultimo Aggiornamento: 25/11/2009 07:12
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25/11/2009 07:12



Il messaggio finale della plenaria della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli

Con nuovo coraggio lungo le vie del Vangelo


Un messaggio per infondere nuovo coraggio ai missionari "affaticati lungo le vie del Vangelo nel mondo"; a quanti sono percorsi dalla tentazione insidiosa di rilassarsi; ai giovani chiamati a trovare in loro stessi l'audacia evangelizzatrice. E un modello da seguire valido per tutti quelli che servono il Padre annunciando il suo Vangelo alle Nazioni:  l'apostolo Paolo. Sono le consegne al mondo missionario da parte dell'assemblea plenaria della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, conclusa dopo tre giorni di riflessione sul tema "San Paolo e i nuovi areopaghi".

Nel messaggio finale la plenaria si rivolge direttamente "a voi - si legge nelle prime righe - cari fratelli vescovi delle Chiese affidate alle cure della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, cari amici sacerdoti che partecipate ai loro scambi pastorali, cari missionari religiosi e religiose, laici e laiche, che l'amore appassionato per la persona di Gesù di Nazareth e per la sua Chiesa ha spinto sulle vie del mondo, a voi seminaristi e novizi, diaconi che vi state preparando al ministero sacerdotale e alla missione ad gentes, diaconi permanenti e cari catechisti e laici impegnati, senza i quali le nostre Chiese stenterebbero a edificarsi". Lo fa per proporre lo slancio missionario dell'apostolo delle genti, riscoperto durante la celebrazione dell'Anno paolino, più che mai necessario al giorno d'oggi "per andare incontro ai nuovi areopaghi del nostro tempo" e poter discerne "nel nostro mondo, divenuto "villaggio globale", i tanti motivi di speranza che s'intravedono".

Quali siano questi nuovi areopaghi il messaggio lo dice chiaramente:  "Quel punto unico in cui l'annuncio e la testimonianza di vita riecheggiano nel silenzio della Croce; la società globalizzata; il mondo delle comunicazioni sociali, per fare di esse strumenti del Comunicatore per eccellenza che è la via, la verità e la vita:  Gesù Cristo; l'ambiente della postmodernità, che sarà avvicinato non solo per ripetere a ogni uomo:  "La creatura senza il Creatore svanisce", ma anche per far ammirare e gustare i frutti di una civiltà dell'amore che si riceve da Dio; la necessità di soddisfare la fame e la sete di Dio, aspettative religiose di cui la proliferazione delle sette è indice; il dialogo interreligioso e interculturale, al quale ci si dovrà avvicinare come Paolo ha fatto ad Atene e approfondito a Corinto, partendo dal più profondo della fede nel Crocifisso e Risorto, salvezza per ogni uomo, nazione, razza e cultura; il disagio, rivelatore del malessere, che deriva da una civiltà senza Dio e che dovrà trovare l'apostolo portatore di una speranza nel presente:  "Cristo, speranza della gloria"; le nuove povertà che dovranno essere trasfigurate dal Cristo che annuncia il missionario:  "da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà" e ha proclamato:  "Beati i poveri"; la Chiesa-comunione, famiglia di Dio, corpo fraterno di Cristo, come nuovo areopago, sarà la nostra via, come lo è stata per san Paolo; la riveleremo a se stessa come "il mistero nascosto dalle origini"; le nostre comunità ecclesiali saranno missionarie, e non si dirà "che la missione è venuta a morire fra noi"; ogni vocazione cristiana, da rievangelizzare per rivelarla a se stessa come missionaria; la famiglia, la quale attende che le sia rivelato che sarà tanto più "Chiesa domestica" quanto più diventerà testimone di Dio uno e trino, la famiglia trinitaria che il mondo attende, nonostante il suo accanimento attuale a distruggere la famiglia; la nuova cultura in fase di globalizzazione, che attende il primo annuncio di Gesù come Signore e Salvatore; la persecuzione, areopago sempre nuovo che si offre a una Chiesa disponibile per la testimonianza assoluta, il martirio; tutte le divisioni che lacerano la Chiesa, dinanzi alle quali l'evangelizzatore secondo lo spirito di san Paolo sarà artefice di comunione e, tormentato fra fratelli nemici, li interpellerà come Paolo:  "È forse diviso il Cristo?"; le nostre Chiese particolari, divenute areopaghi per la missio ad gentes, a causa del fenomeno migratorio che avvicina culture e religioni in spazi ristretti e che ha trasformato le nostre megalopoli a loro volta in nuovi areopaghi che attendono il loro Paolo; infine l'areopago vecchio ma sempre nuovo che ha attirato maggiormente la nostra attenzione nel corso di questa assemblea:  quello della formazione. Più che un areopago, è l'humus, il fondamento e la condizione sine qua non della possibilità di qualsiasi evangelizzazione".

L'areopago della formazione è quello per cui san Paolo resta per tutte le generazioni un modello ispiratore. Egli vede la formazione come un generare e un crescere fino all'età adulta, "finché Cristo non sia formato in voi". Essa richiede "tempo e pazienza. È la condizione di ogni autentica missione che non sopporta impreparazione, improvvisazione, disordine e arrangiamenti, ai quali la semplice generosità non potrebbe sopperire". Dunque è lunga la lista dei nuovi areopaghi da evangelizzare indicati dalla plenaria della Congregazione, "ma - si legge nel messaggio - molti altri se ne possono aggiungere e con il tempo se ne aggiungeranno. Certo bisognerà anche trovare le vie per evangelizzarli".

Il messaggio si conclude con un appello alle nuove generazioni di missionari:  "Giovani, che siete il presente e il futuro del mondo e della Chiesa, è ancora di più delle nostre Chiese di recente fondazione, il nostro messaggio si rivolge anche a voi. Vi invitiamo ad ammirare e a imitare questo giovane uomo focoso, brillante allievo di Gamaliel, di cui Cristo risorto si è impossessato lungo la via di Damasco, per farne il "maestro delle genti". Possano il suo coraggio e il suo ardore trovare in voi la loro eco".


(©L'Osservatore Romano - 25 novembre 2009)
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