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Le tradizioni storiche e agiografiche sull'apostolo Andrea

Ultimo Aggiornamento: 01/12/2009 06:42
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Le tradizioni storiche e agiografiche sull'apostolo Andrea dalle Scritture canoniche e apocrife alla fortuna medievale e moderna

Quella predica lunga tre giorni


In occasione della festa liturgica di sant'Andrea apostolo pubblichiamo ampi stralci di uno dei saggi contenuti nel volume curato da Michail Talalay Dal lago di Tiberiade al mare di Amalfi. Il viaggio apostolico di Andrea il primo chiamato (Amalfi, Centro di cultura e storia amalfitana, 2008, pagine 528, euro 40) che, in occasione dell'ottavo centenario della traslazione delle reliquie del corpo dell'apostolo, ha raccolto i contributi di tre convegni dedicati a sant'Andrea nel 2002, nel 2004 e nel 2007.

di Luigi Saccone


Intorno all'apostolo Andrea oltre a quello che narrano i vangeli canonici e gli Atti degli Apostoli, esiste un'abbondante letteratura apocrifa. Questa può essere suddivisa in due gruppi:  da una parte, i cosiddetti Atti di Andrea e, dall'altra diversi testi, sempre riguardanti l'apostolo ma senza legami con gli Atti di Andrea. Insieme con quelli di Andrea si annoverano altri quattro Atti - sempre apocrifi - di Giovanni, Paolo, Pietro, Tommaso. Tutti insieme formano i "cinque grandi romanzi apostolici". Lo studio scientifico di questi Atti è iniziato a partire dalla metà dell'Ottocento. Si deve al Lipsius la loro prima analisi completa.

Riassumendo a oggi i risultati della ricerca scientifica si può sostenere che gli Atti di Andrea costituiscono un testo scritto originariamente in greco tra il ii e il iii secolo, forse in Acaia oppure nell'Asia Minore, anche se, in fin dei conti, ne risulta impossibile una sicura collocazione geografica. Per quelli di Andrea non possediamo alcuna testimonianza così antica come quelle che abbiamo per gli Atti di Pietro, di Giovanni e di Paolo. La prima menzione ci proviene da Eusebio di Cesarea (morto nel 340), che annovera gli Atti di Andrea tra le opere diffuse dagli eretici.

L'originale non lo possediamo nella sua interezza, ma solo frammentariamente. Il racconto comporta due parti:  i viaggi e il martirio del santo. Resta tuttora molto difficile ricostruire la parte originaria riguardante i viaggi dell'apostolo attraverso le città dell'Asia Minore e attraverso le città greche, nonché i miracoli compiuti. Secondo il convincimento dei più accreditati studiosi, fonte principale per ricostruire gli Atti di Andrea è la traduzione latina abbreviata fatta da Gregorio di Tours (morto nel 594).

La seconda parte degli Atti di Andrea, quella che riguarda il martirio, ha inizio nella città di Patrasso. Vi si racconta che, dopo aver convertito un gran numero di persone, tra cui Stratocle e Massimilla, Andrea è condannato a morte da Egeato. Prima di essere legato alla croce, Andrea pronuncia una lunga preghiera alla croce, e poi, sulla croce, predica per tre giorni. Dopo la morte avvenuta il 30 novembre, Andrea è sepolto a Patrasso. Questa parte è meglio conservata grazie al testo greco e quello armeno. La ricostruzione dell'insieme degli Atti di Andrea è stata fatta da Jean-Marc Prieur sulla base dei testi greci e copti (due papiri), latini (testo di Gregorio, lettera dei diaconi di Acaia) e armeni, e delle citazioni patristiche (Agostino, Evodio di Uzala e altri).

Sebbene qualche studioso ritenga che gli Atti non contengano elementi sufficienti per considerare eterodosso l'autore, il quale poteva ben restare con le proprie idee senza sentirsi fuori della grande Chiesa, il testo presenta un carattere nettamente encratita. Attesta cioè non solo un forte apprezzamento per la verginità e la castità, ma, nello stesso tempo, una forma di ascetismo estremo, che nella Chiesa antica apparve ben presto sospetta, in quanto implicava il rifiuto dei beni creati da Dio a uso e servizio degli uomini come, per esempio, l'esclusione delle nozze, della procreazione o del cibarsi di carne o bere vino. Non meraviglia, perciò, che gli Atti di Andrea si diffondessero fra correnti ereticali, manichei e priscillianisti, mentre la versione di Gregorio di Tours li epura di tutti gli eventuali influssi ereticali.

Un altro gruppo di testi su Andrea è costituito dal libro iii della raccolta dello Pseudo Abdia, dagli Atti di Andrea e Mattia nella città degli antropofagi, e dagli Atti di Pietro e Andrea. Esiste, inoltre, un grande numero di vari Atti di Andrea in lingue orientali e anche un Vangelo di Andrea come riporta il Decreto pseudo-gelasiano (5, 3, 2). La festa di sant'Andrea del 30 novembre è già confermata nel iv secolo da Gregorio di Nazianzo. Le reliquie dell'apostolo furono portate da Patrasso a Costantinopoli nel 357 insieme con quelle di Luca e di Timoteo. Il 9 maggio è la commemorazione di questa traslazione. Nella scia degli Atti, le tradizioni intorno ad Andrea hanno alimentato leggende medievali, come quelle della missione in Ucraina, oppure le leggende germaniche. Senza dubbio, anche grazie a queste tradizioni, in oriente come in occidente, Andrea è e resta uno dei santi più popolari.


(©L'Osservatore Romano - 30 novembre 1 dicembre 2009)
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Il bello della «Legenda aurea»


"Andrea significa "bello" o "capace di responsi" o "virile" da andor, cioè "uomo". Andrea inoltre è quasi come anthropos, cioè "essere umano", da ana che vuol dire "su" e tropos che indica il "volgersi", vale a dire che si è volto in su alle cose celesti e si è indirizzato al suo creatore. Dunque fu bello nella sua vita, capace di responsi in una sapiente dottrina, virile nella sofferenza e anthropos nella gloria. Trascrissero la sua passione i presbiteri e i diaconi d'Asia, così come l'avevano veduta coi loro stessi occhi".
Così comincia la vita di sant'Andrea nella più diffusa raccolta agiografica che per quasi mezzo millennio ha nutrito la spiritualità e l'immaginario cristiani, la Legenda aurea del domenicano Iacopo da Varazze (1228-1298). Che iscrive "l'intero tempo della vita umana" nell'anno liturgico e inizia dunque con l'avvento, tempus renovationis sive revocationis ("tempo del rinnovamento o del richiamo").
La prima vita è dunque quella di sant'Andrea apostolo, il cui inizio - sull'etimologia del nome, secondo le raccolte onomastiche in uso nel giudaismo e cristianesimo antichi - qui è stato citato dall'ultima magnifica edizione critica, pubblicata con traduzione italiana a fronte a cura di dieci studiosi coordinati da Francesco Stella e con una premessa di Claudio Leonardi (Iacopo da Varazze, Legenda aurea, con le miniature del codice Ambrosiano C 240 inf., testo critico riveduto e commento di Giovanni Paolo Maggioni, Firenze-Milano, Sismel Edizioni del Galluzzo - Biblioteca Ambrosiana, 2007, Edizione Nazionale dei testi mediolatini, 20, serie ii, 9, pagine lxxi + 1820, euro 190).
Tradotta già nel medioevo in castigliano, nell'ultimo trentennio del Quattrocento la compilazione di Iacopo da Varazze fu tra i primi libri stampati in Spagna, già tra il 1471 e il 1475 (forse a Santiago de Compostela), poi a Burgos nel 1500. Seguirono altre edizioni tra cui, a Siviglia nel 1520, quella dello stampatore salmantino Juan de Varela, il cui testo (o un altro molto vicino) fu la versione che accompagnò la conversione di Ignazio di Loyola tra il 1521 e il 1522. E proprio questa traduzione è stata studiata ed edita criticamente dal gesuita Félix Juan Cabasés - dal 1978 al 1986 leggendario redattore capo della Radio Vaticana - per i "Monumenta Historica Societatis Iesu" (Series nova, 3) con il titolo Leyenda de los santos, Madrid, Universidad Pontificia Comillas - Institutum Historicum Societatis Iesu, 2007, pagine xcviii + 913. (g.m.v.)


(©L'Osservatore Romano - 30 novembre 1 dicembre 2009 )
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