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Il fondamento etico dei diritti umani nel magistero di Benedetto XVI

Ultimo Aggiornamento: 13/12/2009 11:42
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13/12/2009 11:42

Il fondamento etico dei diritti umani nel magistero di Benedetto XVI

di don Natale Scarpitta*

 ROMA, giovedì, 10 dicembre 2009 (ZENIT.org).-

Sessantun anni or sono, in una realtà storica internazionale segnata da cruente guerre mondiali e lacerata da crimini efferati, perpetrati da ideologie totalitarie, numerose Nazioni avvertivano il bisogno di redigere una Carta universale che riconoscesse positivamente la persona umana come portatrice di un insieme di diritti inalienabili.

Dopo un lungo processo di elaborazione redazionale, il 10 dicembre 1948 fu approvata dall'ONU la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, un solenne "manifesto" internazionale che aveva lo scopo di formare una coscienza generale sulla dignità umana attraverso il riconoscimento e la tutela dei suoi diritti fondamentali. Per la prima volta l'espressione "dignità umana" fu usata in un documento giuridico universale, e da allora è impiegata costantemente in Dichiarazioni mondiali, Trattati continentali, Convenzioni sopranazionali e Costituzioni statali.

La Chiesa, attraverso l'illuminato Magistero sociale dei suoi Pontefici e l'intensa attività diplomatica della Santa Sede, non ha mai fatto mancare il suo apporto culturale affinché non solo questi diritti venissero riconosciuti, ma anche perché essi fossero tutelati e promossi per una convivenza sociale pacifica e solidale.

La strenua difesa dei diritti umani è una tematica privilegiata e ricorrente anche nei pronunciamenti di Benedetto XVI. Proprio in riferimento a questi diritti, il Papa, in perfetta continuità con i suoi Precedessori, non esita a richiamare il Grundaxiom antropologico-etico dal quale nessuna affermazione o discorso su di essi può prescindere: il rispetto della dignità umana assicura l'osservanza di tutti i diritti dell'uomo.

Il Santo Padre, infatti, ribadisce costantemente che la fonte di tali diritti risiede unicamente nella dignità della persona umana. Essi sono detti ‘umani' proprio perché ineriscono alla natura trascendente dell'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio. Quei diritti, solennemente proclamati dalla Dichiarazione, appartengono quindi intrinsecamente all'essenza dell'uomo e non sono affatto da considerare fattori aggiuntivi o avventizi ad essa. Anzi, proprio in forza della loro "connaturalità" umana sono universali, cioè valgono non solo per tutti i popoli ma anche per ogni uomo e donna, senza alcuna distinzione o discriminazione derivante da una specifica appartenenza sociale o da una particolare affiliazione religiosa.

Benedetto XVI fa anche notare che l'estensione universale dei diritti umani è intimamente legata al riconoscimento della loro sostanziale indivisibilità e mutua interdipendenza, della loro immutabile oggettività e perenne validità. Ogni diritto fondamentale ha, infatti, un contenuto oggettivo e stabile che non è né negoziabile né interpretatabile in riferimento ad una contigente situazione socio-storico-politica. I diritti fondamentali sono bensì preesistenti e superiori sia alla società che a qualunque ordinamento giuridico positivo perché nascono con l'individuo e ne costituiscono il suo primo ed inalienabile patrimonio.

Il dovere del rispetto e della tutela della dignità umana, nella cui natura si rispecchia l'immagine del Creatore, ha per il Papa come presupposto insopprimibile la difesa del valore sacro della vita umana. E' su questo principio che si radicano tutti gli altri diritti. L'inviolabile diritto alla vita deve essere perciò sempre riconosciuto e promosso in tutta la sua interezza. Ogni essere umano, infatti, deve poter godere del diritto alla vita, che è opera di Dio, in ogni istante della sua esistenza, dal momento del concepimento fino alla sua morte naturale. Benedetto XVI sovente denuncia che proprio questo diritto alla vita oggi è gravamente minacciato o addirittura calpestato. Si pensi alle innumerevoli situazioni di violenza causate da conflitti tra popoli o dal terrorismo; ma anche al numero crescente di quelle morti silenziose provocate dalla fame, dall'aborto, dalla sperimentazione sugli embrioni e dall'eutanasia.

La Chiesa continua a farsi paladina nella difesa del diritto alla vita riaffermando a gran voce che nessun soggetto può disporre completamente né della propria vita né di quella degli altri. E ciò è tanto più vero quando, attraverso discorsi eticamente infondati, si cerca di legittimare l'aborto di un indifeso nascituro o l'eutanasia per un impotente "soggetto" - non si dice "persona" - "ridotto" ad una vita in stato vegetativo. Nell'odierna cultura del "benessere" la vita non costituisce più un valore assoluto in sé, ma è un bene come tutti la cui importanza è proporzionale all'utilità pratica o al beneficio economico che da esso se ne può trarre.

In questa linea, un accorato appello il Papa lo rivolge proprio al mondo della Scienza pretendendo che l'essere umano non sia ridotto, in modo sconsiderato, a mera cavia da laboratorio per manipolazioni genetiche che ne sviliscano la dignità. Non è affatto ammissibile l'esigenza di quella ricerca scientifica che, nell'audace tentativo di migliorare la qualità della vita e nell'indebito esercizio di una presunta libertà assoluta, violi l'incolumità al diritto stesso alla vita o l'integrità fisica dell'essere umano. Il Santo Padre a questo proposito denuncia soprattutto quelle pratiche scientiste che fanno della persona umana nello stato embrionale un mero "materiale biologico" da selezionare ed utilizzare.

La scienza, piuttosto, rispetti le norme etiche fondamentali nella consapevolezza che ogni progresso scientifico che persegua il bene per l'umanità non può avvenire a detrimento del bene della singola persona umana. Anzi, se l'avanzamento scientifico è sganciato da un saldo riferimento a volori etici, non si ha un autentico progresso umano.

Di fronte al dominante relativismo, la Chiesa è impegnata in prima linea nella difesa della vita umana e dei diritti in essa iscritti. La Comunità ecclesiale, infatti, secondo Benedetto XVI, mediante l'annuncio autentico ed integrale del messaggio evangelico, ha il compito inderogabile di tutelare la dignità dell'uomo e favorire il rispetto e la promozione di ogni diritto fondamentale della persona.

In un mondo in cui l'egoismo, l'interesse privato e la sete di potere minano alla base la stabilità dell'intera famiglia umana, il Santo Padre riafferma che la Chiesa, forte della sua autorità morale, aspira a cooperare lealmente e concretamente con i Governanti delle Nazioni perché si raggiunga, nel rispetto dei diritti dell'uomo ed attraverso una logica solidale tra i popoli, il bene comune e una forma equilibrata di giustizia sociale. Affinché ciò si realizzi Benedetto XVI auspica anche che chi ha un ruolo di responsabilità civile non venga meno al suo grave dovere istituzionale di garantire a ciascun uomo i suoi diritti fondamentali promulgando leggi giuste ed attuando politiche adeguate tese in primis al riconoscimento ed alla promozione del valore della vita che ogni essere umano possiede fin dal suo concepimento.


*Don Natale Scarpitta, presbitero dell'Arcidiocesi di Salerno-Campagna -Acerno, alunno dell'Almo Collegio Capranica, è licenziando in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Gregoriana.
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