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Intervento della Santa Sede alla conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici

Ultimo Aggiornamento: 18/12/2009 22:13
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18/12/2009 22:13

Intervento della Santa Sede alla conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici

L'impegno della Chiesa per l'educazione ambientale


Pubblichiamo la traduzione dell'intervento pronunciato il 17 dicembre a Copenaghen dall'arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite a New York e Capo della Delegazione della Santa Sede alla Plenaria del Segmento di Alto-Livello della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

Signor presidente,
questa conferenza conferma quanto tempo ci vuole per creare una volontà politica chiara e ferma, necessaria ad adottare misure vincolanti comuni e bilanci preventivi adeguati per una concreta mitigazione del cambiamento climatico in corso e per un concreto adattamento ad esso.
Questa volontà politica prende forma così lentamente a causa della complessità delle questioni interconnesse che dobbiamo affrontare? È principalmente un problema di conflitto di interessi nazionali? Oppure si tratta della difficoltà di tradurre in cifre il principio ormai acquisito di responsabilità comune e differenziata? Oppure si tratta ancora una volta del predominio delle politiche energetiche sulla sollecitudine per l'ambiente? Senza dubbio, c'è un po' di tutto questo.

Tuttavia, si dovrebbe notare come le numerose considerazioni che si stanno sviluppando durante questo processo convergono su un aspetto centrale:  la necessità di una riflessione nuova e profonda sul significato dell'economia e sui suoi scopi, e di una profonda e lungimirante revisione del modello di sviluppo, per correggere le disfunzioni e le distorsioni. Questo, infatti, è richiesto dalla buona salute ecologica del pianeta e, in particolare, come urgente risposta alla crisi morale e culturale dell'uomo, i cui sintomi sono da molto tempo evidenti in tutto il mondo.
Con realismo, fiducia e speranza dobbiamo assumerci nuove responsabilità che ci chiamano sulla scena di un mondo bisognoso di un profondo rinnovamento culturale e di una riscoperta di valori fondamentali su cui edificare un futuro migliore. Le crisi morali che l'umanità sta attualmente vivendo, siano esse economiche, alimentari, ambientali o sociali, tutte profondamente legate fra loro, ci obbligano a rintracciare il nostro cammino, a stabilire nuovi orientamenti e a trovare nuove forme di impegno. Queste crisi divengono dunque occasione di discernimento e di un nuovo pensiero.

Ovviamente, quest'obbligo richiede la raccolta di analisi scientifiche accurate e dettagliate per contribuire a evitare le ansie e le paure di molti e il cinismo e l'indifferenza da parte di altri. Esige anche l'impegno responsabile di tutti i segmenti della società umana per cercare e individuare una risposta adeguata alla realtà tangibile del cambiamento climatico. Se la diagnosi, necessariamente nelle mani della scienza, dell'informazione e della politica, trova difficile offrire chiarezza e motivare un'azione concertata e tempestiva di quanti sono responsabili della società umana, la ragione e il senso innato di responsabilità comune devono prevalere ancora una volta. La società civile e le autorità locali non hanno atteso le presunte conclusioni politiche e legalmente vincolanti dei nostri incontri, che impiegano un tempo così incredibilmente lungo. Individui, gruppi, autorità e comunità locali hanno già avviato una serie impressionante di iniziative per dare forma alle due pietre d'angolo della risposta al cambiamento climatico:  adattamento e mitigazione. Sebbene siano necessarie soluzioni tecniche, esse non sono sufficienti. I programmi più saggi e più concreti si incentrano sull'informazione, sull'educazione e sulla formazione del senso di responsabilità nei bambini e negli adulti verso sani modelli ambientali di sviluppo e di gestione del creato.

Queste iniziative hanno già cominciato a comporre un mosaico di esperienze e acquisizioni caratterizzate da una diffusa "conversione" ecologica. Questi nuovi atteggiamenti e comportamenti hanno il potenziale di creare la necessaria solidarietà intragenerazionale e intergenerazionale e di dissolvere qualsiasi sterile senso di paura, terrore apocalittico, controllo dominante e ostilità verso l'umanità, che secondo i resoconti dei mezzi di comunicazione sociale e altri rapporti si sono moltiplicati.

Signor presidente,
la Santa Sede, nello Stato della Città del Vaticano, per quanto piccolo, sta compiendo sforzi significativi per prendere l'iniziativa nella tutela ambientale promuovendo e realizzando progetti di diversificazione energetica volti allo sviluppo di energia rinnovabile, con l'obiettivo di ridurre le emissioni di co2 e il suo consumo di combustibili fossili.

Inoltre, la Santa Sede sta concretizzando la necessità di diffondere un'educazione alla responsabilità ambientale, che cerchi anche di tutelare le condizioni morali per un'autentica ecologia umana. Molte istituzioni educative cattoliche sono impegnate nel promuovere questo modello di educazione, sia nelle scuole sia nelle università. Inoltre, le Conferenze episcopali, le diocesi, le parrocchie e le ong di ispirazione religiosa sono impegnate nella difesa e nella gestione di programmi ecologici da un certo numero di anni.

Questi sforzi implicano lavorare sugli stili di vita, poiché gli attuali modelli dominanti di consumo e di produzione sono spesso insostenibili dal punto di vista dell'analisi sociale, ambientale, economica e persino morale. Dobbiamo tutelare il creato, il suolo, l'acqua e l'aria, come un dono affidato a ognuno, ma dobbiamo anche e soprattutto impedire all'umanità di distruggersi. Il degrado della natura è direttamente legato alla cultura che plasma la coesistenza umana:  quando l'ecologia umana sarà rispettata nella società, l'ecologia ambientale ne beneficerà. Il modo in cui l'umanità tratta l'ambiente influenza il modo in cui tratta se stessa.

Nella sua recente Enciclica Caritas in veritate e nel Messaggio in occasione della Giornata Mondiale per la Pace 2010 Papa Benedetto XVI ha rivolto a tutti coloro che sono impegnati nel settore ambientale una domanda ineludibile:  in che modo possiamo sperare che le generazioni future rispettino l'ambiente naturale, se i nostri sistemi educativi e le nostre leggi non le aiutano a rispettare se stesse?
Signor presidente,
l'ambiente e il cambiamento climatico implicano una responsabilità condivisa verso tutta l'umanità, in particolare i poveri e le generazioni future.

Esiste un legame indissolubile fra la tutela della creazione, l'educazione e un approccio etico all'economia e allo sviluppo. La Santa Sede spera che il processo in questione possa apprezzare sempre più questo vincolo e, con quest'idea, continua a offrire la sua piena cooperazione.

Grazie signor presidente.


(©L'Osservatore Romano - 19 dicembre 2009)
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