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Messaggio per il Natale 2009 del Patriarca latino di Gerusalemme

Ultimo Aggiornamento: 26/12/2009 07:57
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Messaggio per il Natale 2009 del Patriarca latino di Gerusalemme

GERUSALEMME, martedì, 22 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il messaggio di Natale del Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, presentato questo martedì ai giornalisti.




* * *

Natale si avvicina. In quest’occasione desidero veramente la pace e la grazia per tutti gli abitanti di questa Terra Santa: per gli Israeliani e i Palestinesi, per i cristiani, i musulmani, gli ebrei e i drusi. Rivolgo allo stesso modo questo saluto anche ai nostri fedeli in Giordania e a Cipro, parte della nostra Diocesi di Gerusalemme. La nascita di Cristo ci invita a meditare sui valori fondamentali della pace, della speranza, dell’amore, della condivisione, dell’accoglienza, dell’ospitalità, della compassione e della dignità umana.

1. I nostri sogni di una riconciliazione in Terra Santa sembrano essere un’utopia. Nonostante i lodevoli sforzi da parte di politici e di uomini di buona volontà per trovare una soluzione al conflitto in corso, tutti i tentativi volti a raggiungere la pace, sia da parte palestinese che israeliana, sono falliti. La realtà contraddice i nostri sogni.
 
Ecco alcuni esempi:

A. I Palestinesi non hanno ancora un proprio Stato, in cui poter vivere in pace e in armonia con i loro vicini di Israele. I Palestinesi si trovano ancora a soffrire per l’occupazione, la difficile situazione economica, la distruzione di numerose abitazioni a Gerusalemme Est e per le divisioni politiche interne. Migliaia di persone che vivono a Gerusalemme, a Gaza o nei Territori Palestinesi, separati dalle loro famiglie, sono in attesa di potersi ricongiungere ai loro cari. Un anno dopo la guerra di Gaza, essa soffre ancora per il blocco economico, per la mancanza di libertà di movimento e per le conseguenze dell’inquinamento dell’acqua dolce e del mare, fatto che mette a repentaglio la salute di 1, 5 milioni di cittadini, il 50% dei quali sono di età inferiore ai 14 anni.

B. Lo status finale di Gerusalemme è ancora in discussione. Molti sono i cambiamenti in atto nella Città Santa che, tendendo a fare di Gerusalemme una città «esclusiva», minacciano la sua vocazione ad essere città universale per tre religioni e due popoli. Gerusalemme è chiamata infatti ad essere una città in cui i suoi abitanti coesistano pacificamente. Purtroppo, la moschea di Al Aqsa è stata teatro di recenti scontri tra fondamentalisti ebrei- che hanno tentato di invadere Al Haram Al Sharif - e giovani palestinesi che volevano difendere il loro luogo Sacro. L’impatto di questi spiacevoli avvenimenti non deve essere sottovalutato.

C. Gli Israeliani vivono in una grande paura che impedisce loro di prendere decisioni coraggiose per porre fine al conflitto. Il muro di separazione è l’espressione concreta di questa paura. Speravamo vivamente che il progettato scambio di prigionieri tra Israeliani e Palestinesi si sarebbe potuto realizzare, favorendo lo sviluppo di nuove positive iniziative. Siamo molto delusi dei ritardi che hanno accompagnato questa vicenda.

2. Tuttavia, la nostra speranza è ancora viva.

La speranza è la capacità di «vedere Dio in mezzo alle difficoltà». Essa ci spinge a cambiare la realtà in cui ci troviamo. Sperare non significa cedere al male, ma piuttosto affrontarlo (Dichiarazione di Kairos, 2009). In Terra Santa non è tutto senza speranza.
Ci sono alcuni segni positivi, come ad esempio:

A. Il blocco parziale per la costruzione degli insediamenti e la rimozione di oltre cinquanta checkpoints in Cisgiordania. Questa decisione da parte dell’esercito israeliano ha decisamente migliorato la libertà di movimento per i Palestinesi e così pure la situazione economica. Certo non è ancora sufficiente, però si tratta di un passo avanti. Ci auguriamo che possano presto seguire altre misure. Inoltre i Palestinesi hanno espresso la loro crescente resistenza in modo non violento, segno di un voler procedere nella giusta direzione.

B. La generosità della comunità internazionale. Il sostegno finanziario della comunità internazionale è un grande segno di speranza. Dopo la guerra di Gaza, i governi, le Chiese e i singoli hanno dato avvio ad una catena di solidarietà. Ringraziamo tutti i donatori ed assicuriamo loro la nostra preghiera in questo tempo di Natale.

C. La visita del Santo Padre nel maggio 2009.

Papa Benedetto XVI è stato ben accolto in Giordania, Israele e Palestina. Un sentito ringraziamento va ai governi di questi paesi. Il Santo Padre è venuto in Terra Santa come pellegrino di pace e di riconciliazione. Risuonano ancora le sue parole: «Mai più spargimento di sangue! Mai più combattimenti! Mai più terrorismo! Mai più guerre! Al contrario, facciamo in modo di spezzare il circolo vizioso della violenza». Possiamo aggiungere: «Mai più anti-semitismo, mai più islamofobia, mai più paura e odio!». I vari discorsi, le omelie, gli incontri e i gesti con cui il Santo Padre si è rivolto a noi durante la sua visita, hanno avuto lo scopo di promuovere il dialogo interreligioso ed ecumenico, la riconciliazione e la giustizia, incoraggiando la comunità cristiana a rimanere in Terra Santa e ad assumere un ruolo attivo nella vita del Paese. Stiamo continuando a raccogliere i frutti di questa sua visita:

a. Il massiccio afflusso di pellegrini. Secondo il Ministero Israeliano del Turismo, nel corso del solo mese di ottobre ben 330.000 pellegrini hanno visitato la Terra Santa. Il numero dei visitatori nel 2009 sarà così pari a quello dell’anno 2000, che rappresentò un record nella storia dei pellegrinaggi, contando 2.700.000 pellegrini.

b. La costruzione a Betlemme di una nuova Clinica Pediatrica, intitolata a Benedetto XVI, finanziata per la maggior parte dalla Fondazione Giovanni Paolo II, dalla Chiesa cattolica e da altre istituzioni civili italiane.

c. L’Università di Madaba in Giordania, la cui prima pietra è stata benedetta da Papa Benedetto XVI nel corso della sua ultima visita. Tale progetto vuole contribuire da parte nostra ad innalzare la qualità dell’offerta formativa, assicurando il meglio nel settore dell’istruzione e della formazione, come abbiamo già cercato di fare anche tramite l’Università di Betlemme.

d. La costruzione a Gerusalemme di un complesso residenziale per 72 giovani coppie. Gerusalemme Est soffre infatti di una grave carenza di alloggi. È ancora difficile ottenere permessi di costruzione e il lavoro è molto costoso. Questo progetto dovrebbe essere un progetto-pilota per ispirare altri progetti simili.

e. La coraggiosa decisione di Benedetto XVI di convocare un Sinodo per il Medio Oriente che si terrà nel mese di ottobre 2010. Questo ci darà l’opportunità di concentrarci nuovamente sulle grandi sfide che le Chiese in Medio Oriente si trovano ad affrontare.

f. La beatificazione di suor Marie Alphonsine, fondatrice della Congregazione delle Suore del Rosario. Questo grande evento significa che i fedeli di Terra Santa, fieri e pieni di gioia nei confronti di Marie Alphonsine, possono trovare in lei un modello di virtù eroiche, contando nello stesso tempo sulla sua intercessione. Desidero sottolineare infatti che questa suora è nata a Gerusalemme, ad alcuni metri di distanza dal Patriarcato Latino ed ha servito a Gerusalemme, Betlemme e in diverse parrocchie della Terra Santa, anche in Giordania. Si tratta così veramente di un modello da seguire. La sua festa ricorrerà ogni 19 novembre.

Conclusione.

Il dono più grande che possiamo desiderare, più del denaro e della ricchezza, è quello della pace. È un desiderio comune a tutti gli abitanti di questo Paese, Israeliani e Palestinesi. La pace è un dono di Dio agli uomini di buona volontà. Dobbiamo guadagnarcelo. Sappiamo che ci sono molti uomini e donne di buona volontà tra gli Israeliani e i Palestinesi. Preghiamo che un giorno la bella visione di Isaia possa diventare realtà: «Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti … Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra» (Is 2,2-5).

Buon Natale e un Felice Anno Nuovo a tutti voi.

+ Fouad Twal, Patriarca latino

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Omelia del Patriarca Latino di Gerusalemme per la Messa di Mezzanotte a Betlemme
BETLEMME, venerdì, 25 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell'omelia pronunciata dal Patriarca Latino di Gerusalemme, Sua Beatitudine Fouad Twal, durante la Messa di Mezzanotte celebrata a Betlemme.


* * *



Cari fratelli e sorelle,

Giuseppe si recò a Betlemme insieme con Maria sua sposa. "Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia" (Lc 2, 6-7).

A nome del Bambino di Betlemme, nato in una povera grotta, e a nome di coloro che gli sono simili, dei molti bambini nati senza casa o che si trovano nei campi profughi, vi auguro il benvenuto, con le stesse parole che gli angeli rivolsero ai pastori: "Vi annuncio una grande gioia ... troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia" (Lc 2,10-12). Desideriamo tanto che questa salvezza possa continuare a realizzarsi nell'"oggi" di Dio, a partire da questa città, da questa grotta e dalla mangiatoia verso cui ci dirigeremo portando in processione il bambino divino!

"Oggi vi è nato ... un Salvatore" (Lc 2,11). "Venite, ... adoriamo" (Sal 95,6).

"Oggi" è nato per noi. La parola "oggi", rivolta dal Cielo alla Terra più di duemila anni fa, si rivolge allo stesso modo al nostro "oggi" e all'"oggi" degli uomini di ogni tempo, perché "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre" (Eb 13,8). Il tempo degli uomini è un presente fuggevole, mentre il tempo di Dio è un continuo presente, perché il Signore è l'essere per eccellenza, "Colui che è" (cfr. Es 3, 14). Cristo, la Parola di Dio, è così "Colui che è, che era e che viene" (Ap 1,8).

Il nostro Signore e Salvatore nasce oggi di nuovo in mezzo a noi.

La nascita di Gesù in quest' "oggi" porta un cambiamento radicale nella vita degli esseri umani: "Una grande luce risplendette per noi" (cfr. Is 9,1) che ci troviamo "nelle tenebre e nell'ombra della morte" (Lc 1,79). Questa luce è quella dell'amore universale. Il nostro cuore preferisce limitarsi all'amore per le persone a noi più vicine, come nel caso dei genitori verso i figli, oppure dei membri di uno stesso gruppo religioso tra di loro. Questo amore particolare è invitato ad estendersi alle dimensioni del mondo, perché la misura dell'amore è di "amare senza misura".

La pace e la non-violenza dovrebbero sostituire l'odio, la guerra e la violenza; lo Spirito dovrebbe prevalere sulla materia; l'apertura agli altri, l'ospitalità e la disponibilità nei loro confronti dovrebbero abbattere i muri di separazione e di isolamento, per rendere veramente "gloria a Dio nel più alto dei cieli" e realizzare la promessa "e pace in terra agli uomini, che Egli ama" (Lc 2,14).

"E il Verbo si fece carne" (Gv 1, 14). Il più grande evento della storia umana è che la Parola di Dio si è fatta uomo "quando venne la pienezza del tempo" (Gal 4,4). Dio ha assunto un volto umano. Egli si è fatto uomo, per elevare gli uomini a Sé!

Il mistero dell'Incarnazione, che sorpassa ogni nostra comprensione, è al centro della nostra fede cristiana. È parte del piano divino di salvezza e redenzione del genere umano. Gli apostoli e i discepoli annunciarono con forza questo grande mistero e sigillarono la loro testimonianza con il proprio sangue.

L'umiltà del Verbo di Dio divenuto carne è per noi un'esortazione costante ed anche un farmaco contro l'orgoglio. Il Verbo eterno si umiliò, abbandonando ogni prerogativa divina. Egli, Verbo eterno, scelse di nascere bambino povero in una mangiatoia. Se fosse apparso nella gloria della Sua divinità, ci avrebbe abbagliato, ma in tal modo non l'avremmo considerato uno di noi, un membro della nostra famiglia umana. La sua nascita così modesta è per noi un esempio. Se Dio si è fatto il più povero tra i poveri e il più bisognoso tra i bisognosi, non c'è altra via da seguire, per avanzare nel nostro cammino verso la felicità eterna, se non quella di vincere il nostro orgoglio, praticando l'umiltà e la semplicità, incoraggiati dall'esempio di Colui che "da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della Sua povertà" (cfr. 2 Cor 8,9). In questo modo ha fondato i valori della condivisione e della solidarietà. I problemi finanziari che oggi affliggono il mondo derivano dal fatto che il mondo ha dimenticato i poveri. Il Natale è e sarà sempre un grido che turba la coscienza del mondo materialista, che basando i suoi principi sulla competitività e sulla corsa sfrenata, finisce per arricchirsi a scapito dei poveri.

Quando gli uomini si rifiutano di condividere i beni terreni secondo uno spirito di solidarietà, il denaro diventa un idolo ed essi si trovano a pagare il prezzo del loro allontanamento da Dio. È giunto il momento che, di fronte al fenomeno di recessione che ha colpito l'economia mondiale, causando la crisi attuale ed il conseguente aumento della disoccupazione, il mondo accetti il primato dei valori della temperanza e della condivisione. Solo questi valori possono rianimare il mondo economico. "Quale vantaggio, infatti, avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero e poi perderà la propria anima?" (Mt 16,26).

Gesù Cristo nella sua patria

A nome di tutti i fedeli delle parrocchie di Giordania, Palestina, Israele e Cipro, e a nome dei fedeli di Betlemme, concittadini di Gesù, mi rivolgo ai credenti del mondo intero, esortandoli a pregare per la Terra Santa. È una terra che soffre e che spera. I suoi abitanti vivono come fratelli nemici tra loro. Quando capiremo che una terra merita l'appellativo di «santa» solo quando l'uomo che vi vive diventa santo? Questa terra merita davvero di essere chiamata "santa" solo quando in essa si respireranno la libertà, la giustizia, l'amore, la riconciliazione, la pace e la sicurezza.

Come possiamo poi sperimentare la gioia del Natale, vedendo ripetersi il dramma che accompagnò la Nascita storica di Cristo? Cristo non potè avere una casa a Betlemme, e molti dei nostri concittadini sono rimasti ai giorni nostri senza casa a motivo dell'ingiustizia degli uomini. Per l'insicurezza e le numerose difficoltà legate al vivere in questo paese, centinaia di migliaia di persone sono già emigrate per cercare altrove migliori condizioni e qualità di vita. Altri stanno tuttora cercando di abbandonare il paese dei loro predecessori, questa terra santificata dal mistero dell'Incarnazione di Dio.

Come vivere la gioia e la festa, mentre commemoriamo il primo anniversario della guerra e della tragedia di Gaza? L'occupazione della città sta soffocando la libertà di circolazione e il trasporto è ostacolato. Molte famiglie sono costrette a vivere separate.

Ma tutto ciò non ci impedisce di cantare e invocare il Salvatore: "Se tu squarciassi i cieli e scendessi!" (Is 63,19). "Rorate coeli desuper et nubes pluant justum" (Liturgia cattolica per l'Avvento). Signore, Tu sei l'Emmanuele, il "Dio con noi" (Mt 1,23). Anche noi desideriamo rimanere con Te. Tu solo puoi condurre al tuo presepe, attraverso la stella e la Tua grazia, gli uomini in conflitto, i capi e i governanti che hanno il potere di decidere e di tenere in mano il destino degli uomini. Fa' che tutti possano conoscere il messaggio del Natale, un messaggio che insegna l'umiltà e che ridona all'uomo la sua dignità di figlio di Dio.

In questa notte di Natale desideriamo pregare per la pace insieme a tutti gli uomini di buona volontà. Imploriamo una pace diversa da quella che il mondo ci promette. La pace che il mondo ci offre è basata, infatti, sulla forza e sulla violenza. Noi cerchiamo la pace di Dio, fondata sulla giustizia e sulla dignità umana. Considerando i mali che affliggono il mondo, tra cui i conflitti d'interesse, l'ipocrisia, la corsa agli armamenti e la detenzione di armi distruttive, chiediamo al Bambino di Betlemme, insieme a tutti bambini senzatetto, abbandonati a se stessi lungo le strade dei campi profughi, che sulla nostra terra si erga "il sole di giustizia" (Ml 3,20), di amore e di vita, per scacciare lo spettro della morte e della distruzione. Possano i nostri figli e i bambini di Gaza gustare il sapore della festa ed avere la gioia di illuminare e decorare l'albero di Natale, simbolo di vita e di speranza di vivere.

Oh, Bambino di Betlemme, siamo stanchi di questa situazione, stanchi di attendere, affaticati dai discorsi e dalle promesse, stanchi di conferenze, di scadenze, di trattative!

Oh, Bambino di Betlemme, donaci la Tua pazienza, il Tuo amore e la Tua dolcezza! Noi ti preghiamo, fa'che in questo nuovo anno le mani si possano stringere, le intenzioni purificare e i cuori possano amare. Fa' che le divisioni possano scomparire, i muri si possano demolire, lasciando il posto a ponti di comprensione e di riconciliazione!

Cari fratelli e figli diletti,

La grazia di Dio e il Suo amore per tutti gli uomini, senza distinzione di fede e nazionalità, ci aiutino a perseguire la pace. Ognuno si impegni a lavorare il proprio campo per la venuta del Regno di Dio, un "Regno di giustizia, di amore e di pace" (dal Prefazio per la Solennità di Cristo Re).

Ci sia concesso di poter riconoscere in ogni uomo, donna o bambino, il Volto di Gesù, figlio di questa terra, nostro concittadino, che disse: "Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,5;7;9).

Buon Natale!

† Fouad Twal, Patriarca

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