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Alessandro Gnocchi, Mario Palmaro, "Cattivi maestri. Inchiesta sui nemici della verità", Piemme 2009

Ultimo Aggiornamento: 23/12/2009 10:49
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Alessandro Gnocchi, Mario Palmaro, "Cattivi maestri. Inchiesta sui nemici della verità", Piemme 2009

Come scovare i nuovi radical chic

Francesco Borgonovo

Da quando Tom Wolfe ne offrì mirabile descrizione nel suo capolavoro del 1970, i radical chic non solo non si sono estinti, ma sono cresciuti di numero. In Italia sono spuntati come funghi sul terreno fertile del postcomunismo, tutti ben schierati sul fronte antiberlusconiano. Nei giorni scorsi, parlando del clima di odio imperante, ne abbiamo descritte alcune tipologie: quelli che si spellano le mani agli spettacoli di Marco Travaglio, quelli che su Repubblica, Il Fatto e l’Unità accusano il presidente del Consiglio di essere un corruttore, un dittatore e un mafioso. Sono gli intellettuali che disprezzano ciò che Berlusconi rappresenta nell’immaginario: l’imprenditore brianzolo che si è fatto da sé, che ama la televisione e piace alla gente. Ovvero il peggio del peggio, perché se c’è una cosa che all’élite fa schifo è proprio il popolo.
Per individuare chiaramente i radical chic, seppur mascherati in mille differenti incarnazioni, è utilissimo un libro firmato da Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, in libreria da qualche settimana e ovviamente ignorato da tutta la grande stampa.
Si intitola
Cattivi maestri. Inchiesta sui nemici della verità (Piemme, pp. 250, euro 16) e ha la struttura di un romanzo. Ogni capitolo, però, è accompagnato da un’esilarante scheda nella quale si riassumono le caratteristiche di un certo tipo intellettuale (con tanto di esempi concreti, nomi e cognomi per intenderci).

Il primo è il comunista terminale. Proprio lui, quello che ogni giorno ci spiega sui quotidiani progressisti quanto siano idioti gli italiani che votano Berlusconi. Poi però descrive come un «duello epico» lo scontro fra Belen e Vladimir Luxuria all’“Isola dei Famosi” (il virgolettato è da Liberazione). Fulgido esempio del genere è Fausto Bertinotti, fu presidente della Camera per Rifondazione, massima incarnazione della massima secondo cui «il cashmere logora chi non ce l’ha». Amara la chiosa di Gnocchi&Palmaro, i quali riflettono sulla comune tendenza “radical” delle seconde cariche dello Stato, viste le recenti prese di posizione di Gianfranco Fini.

Segue una figura cardine del nostro tempo: l’ambientalista illuminato: «Nel giro di pochi anni», scrivono gli autori, «l’ecologismo è riuscito a diventare un modo obbligatorio di vedere le cose. Riuscendo là dove perfino il comunismo aveva fallito. Infatti, anche nei tempi d’oro in cui il marxismo tirava che era un piacere, c’era sempre una bella fetta dell’opinione pubblica che marxista non era». L’ecologismo invece «con straordinaria abilità si è trasformato in una vera e propria religione di popolo. Al punto che oggi ben pochi possono affermare di essere rimasti impermeabili al pensiero verde». Magari uno non è “di sinistra” e nemmeno vota i Verdi. Però i luoghi comuni sullo stato della Terra sono più diffusi che mai: il riscaldamento globale ci ucciderà (guardate le temperature di questi giorni), il nucleare è pericolosissimo eccetera. Per Gnocchi&Palmaro, la figura emblematica è quella di Mario Tozzi, ricercatore del Cnr e collaboratore di Fabio Fazio per il suo programma “Che tempo che fa”. Il quale Tozzi pubblica su Internet la sua lista della spese ecologicamente corretta (effettuata alla coop di Portoferraio): solo agricoltura biologica e prodotti del commercio equo&solidale. Per quanto si professi vegetariano dal ’99, Tozzi sostiene anche di acquistare il tonno sott’olio Coop certificato «Dolphin Safe»: «Lo prendo anche se non lo mangio», perché «proviene da una pesca rispettosa delle regole e delle risorse ittiche». Il paradosso del radical chic è che quando si parla della Chiesa cattolica, è pronto a condannarne le regole “oppressive della libertà”, ma in nome dell’ambientalismo si sottopone a privazioni da dieta di Fantozzi.

Non a caso viene citato Fabio Fazio. Il suo show televisivo a base di “amichevoli conversazioni” è il tempio dei rivoluzionario da salotto degli Anni Zero. Chiunque si sia accomodato sulla poltroncina ha l’imprimatur dell’intellighenzia. Su Raitre ha sfilato il teologo demolitore Vito Mancuso, editorialista di Repubblica e cofirmatario di libri con Corrado Augias, molto gradito poiché attacca papa Ratzinger ogni volta che può. A seguirlo, una folta schiera di pensatori alla moda, meglio se fautori del pensiero debole, debolissimo, quasi inesistente. Sono sempre i soliti: gli unici con cui si può dialogare in materia di fede, gli unici che vengono invitati a premi e festival e possono tenere rubriche sulla stampa: Umberto Galimberti, Salvatore Natoli, Moni Ovadia, Piergiorgio Odifreddi, Gianni Vattimo, Margherita Hack. Tutti visti da Fazio oppure su La7 da Gad Lerner (mirabile il capitolo «Il pauperista che veste Prada») altro must dell’intellettuale che si rispetta e raccomanda.

Gnocchi&Palmaro non si fermano qui. All’elenco aggiungono le archistar alla Massimiliano Fuksas ai sessantottini riciclati. Fino alle femministe impenitenti come Lella Costa. Questo tipo di radical chic «ha ottenuto praticamente tutto quello che voleva e chiedeva, ma è profondamente delusa». Motivo? «Non riesce a capacitarsi che intorno a lei le donne siano tornate a indossare gonne e collant, calze autoreggenti e tacchi alti, a mettersi il rossetto e a frequentare la parrucchiera».

Ultimata la lettura di Cattivi maestri, tutte queste figure possono essere accomunate sotto un unico profilo.

Sono buoniste, ecologiste, perennemente in dialogo (ma solo con chi è già d’accordo con loro), nemiche della tivù ma pronte a correre per ogni ospitata, libertarie ma solo per ciò che riguarda se stesse.

E, ovviamente, tutte contro Silviuccio nostro. Ecco perché è bene leggersi Gnocchi&Palmaro: si impara a conoscere bene questi personaggi. E, possibilmente, a evitarli.

© Copyright Libero, 22 dicembre 2009 consultabile anche
qui.
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