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La Chiesa in Iraq

Ultimo Aggiornamento: 28/02/2010 20:06
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24/02/2010 19:04

Uccise tre persone a Mossul


di Francesco Ricupero

La persecuzione dei cristiani in Iraq non conosce tregua. Un commando armato ha fatto irruzione, martedì pomeriggio, in un'abitazione nella parte est di Mossul e ha ucciso un uomo e i suoi due figli, tutti e tre di fede cristiana. Le tre vittime, Aishua Maroki e i figli Mokhlas e Bassem, erano siro-cattolici. I tre sono stati colpiti a morte nella loro abitazione. Secondo il comandante della polizia, Khalaf al Juburi, gli aggressori hanno lasciato in vita solo la moglie di Maroki e sono fuggiti portando via dei beni appartenenti alla famiglia.
Secondo un vicino della famiglia Maroki, gli assalitori erano in tre e sono giunti a bordo di motociclette.
Un terzo figlio, Mazen Maroki, sacerdote, che vive in un'altra abitazione, era stato rapito e poi liberato due anni fa. Altri cinque cristiani erano stati uccisi nelle scorse due settimane.
I funerali delle tre vittime sono stati celebrati mercoledì mattina nella chiesa siro-cattolica di Mar Benham e Sara, a Karakosh.
"È una specie di pulizia etnica che si svolge quotidianamente - ha raccontato un sacerdote caldeo all'agenzia di stampa argentina Aica - tra il silenzio e l'indifferenza. Siamo profondamente preoccupati perché anche la polizia irachena ha qualche difficoltà nell'arginare questo clima di violenza nei nostri confronti. La gente ha paura ed è disperata - ha proseguito il sacerdote - molte famiglie cristiane sono costrette a lasciare le loro case nella speranza di poter salvare i loro bambini e garantirgli un futuro sereno".
L'attacco alla famiglia Maroki è avvenuto all'indomani di un appello degli arcivescovi siro-cattolico, siro-ortodosso e caldeo-cattolico di Mossul per fermare la nuova ondata di uccisioni di cristiani. I presuli hanno chiesto, in un messaggio, alle autorità irachene "di assumersi la piena responsabilità, di operare per la sicurezza dei cittadini, specialmente per i fedeli delle minoranze cristiane, che sono i più vulnerabili e anche i più pacifici fra i pacifici".
Le autorità di Mossul e l'organizzazione "Human Rights Watch" temono che i cristiani siano le principali vittime di un'escalation di violenze.
Il quadro, purtroppo, si è fatto più rischioso in vista delle elezioni politiche del prossimo 7 marzo, quando il voto della minoranza cristiana, secondo gli esperti, sarà determinante in una contesa segnata dallo scontro tra la fazione curda e quella araba.
"Human Rights Watch" ha sollecitato il Governo iracheno a "fermare questa campagna di violenze contro i cristiani".
Tutti i leader cristiani in Iraq, si stanno unendo con viva partecipazione alle sofferenze dei cristiani di Mossul e hanno chiesto una vasta mobilitazione delle Chiese a livello internazionale per salvare la presenza cristiana in Iraq:  è quanto l'agenzia di stampa Fides ha appreso dal Consiglio dei leader delle Chiese cristiane, il nuovo organo di coordinamento che riunisce i capi di quattordici Chiese del Paese.
"Condanniamo i conflitti e gli atti di violenza contro le comunità cristiane presenti in Iraq - ha sottolineato il segretario generale del Consiglio dei capi delle comunità cristiane in Iraq, monsignor Avak Asadourian, arcivescovo della Chiesa ortodossa armena in Iraq - soprattutto quelli che in questi giorni si stanno abbattendo contro i fedeli di Mossul. Ma noi cristiani dobbiamo perseverare nel compiere gesti di bontà ed essere "buoni samaritani" verso tutti, senza alcuna differenza di religione o gruppo etnico".
Monsignor Asadourian - riferisce l'agenzia Fides - invoca una "vasta mobilitazione di tutte le Chiese cristiane a livello internazionale per salvare la presenza cristiana in Iraq. In questo momento di sofferenza - ha affermato l'arcivescovo - chiediamo con forza al Governo iracheno di fare il proprio dovere nel mantenere la pace e garantire la sicurezza per tutti i cittadini dell'Iraq. Chiediamo a tutte le Chiese nel mondo e a tutti gli uomini di buona volontà di alzare la voce e di mettere in atto tutti i mezzi pacifici e diplomatici per aiutarci. I cristiani in Medio Oriente - ha ricordato monsignor Asadourian - hanno dato un notevole contributo alla cultura e al progresso di questa terra, dove vivono da millenni. Consideriamo il nostro impegno nella società dove viviamo come espressione di carità, di testimonianza cristiana, di passione umana. Senza la nostra presenza, molto si perderebbe per la regione del Medio Oriente, che ha dato al mondo il Salvatore dell'umanità, il Signore Gesù Cristo".
Parlando dell'Iraq, l'arcivescovo della Chiesa ortodossa armena, ha sottolineato che "purtroppo negli anni scorsi i cristiani in Iraq sono stati oggetto di violenti attacchi da parte di forze che hanno intenzioni e obiettivi malvagi. Ma la nostra fede cristiana ci insegna a perseverare contro le forze del male e a continuare a fare del bene:  questo i cristiani hanno sempre fatto nella terra fra il Tigri e l'Eufrate, come componente importante della società irachena. In questi tempi terribili per il nostro Paese - ha concluso l'arcivescovo Asadourian - ricordiamo costantemente le parole del nostro Signore che ha detto:  "Non abbiate paura di chi uccide il corpo, in quanto non si può uccidere l'anima" (Matteo, 10, 28). Possiamo vincere il male con il bene, con la misericordia e la preghiera. In questo modo noi scegliamo di vivere la nostra vita nel nostro Paese:  l'Iraq".
Il Consiglio dei leader cristiani in Iraq è stato istituito il 10 febbraio scorso a Baghdad come organismo di coordinamento fra i leader cristiani in Iraq. Ne fanno parte quattordici comunità, tra cui la Chiesa cattolica caldea, la Chiesa assira, la Chiesa assiro-cattolica, la Chiesa siro-ortodossa, la Chiesa ortodossa-armena, la Chiesa cattolica armena, la Chiesa greco-cattolica, la Chiesa greco-ortodossa, la Chiesa cattolica latina, la Chiesa presbiteriana, la Chiesa evangelica assira, la Chiesa avventista del settimo giorno e la Chiesa copto-ortodossa.


(©L'Osservatore Romano - 25 febbraio 2010)
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