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INTERVISTA A DON NICOLA BUX SUL VENERABILE PIO XII

Ultimo Aggiornamento: 26/12/2009 09:43
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26/12/2009 09:43

INTERVISTA A DON NICOLA BUX SUL VENERABILE PIO XII



Intervista esclusiva rilasciata a Francesco Colafemmina da Don Nicola Bux in merito alla Causa di beatificazione del Venerabile Papa Pio XII

Pio XII è stato proclamato Venerabile. Che significa per la Chiesa?

Don Bux: Chi conosce la procedura che il Dicastero Vaticano per le Cause dei Santi deve seguire per qualsiasi candidato agli altari, sa che dopo il pronunciamento della plenaria dei Cardinali e dei Vescovi, ossia l’istanza suprema della Congregazione, non resta che l’atto pontificio con cui si decreta il riconoscimento delle Virtù eroiche del Servo di Dio. Ma il decreto suppone il riconoscimento già fatto dall’istanza predetta. E’ quanto è avvenuto per il Servo di Dio Pio XII in data 8 Maggio 2007. Il Sommo Pontefice pur essendo sovrano nella sua decisione, non può non tener conto del pronunciamento avvenuto, peraltro, in modo unanime. Questo significa che il Venerato Pontefice Pio XII è ritenuto idoneo a salire agli altari dalla Chiesa nel suo insieme. Ciononostante, il Papa ha voluto un ulteriore supplemento di indagine negli archivi vaticani che, per quanto è dato sapere, non ha portato ad altro che a confermare il pronunciamento della plenaria. Questo dimostra con quanta prudenza e pazienza si muova la Chiesa.

Un atto di Papa Benedetto XVI, ma anche di tutta la Chiesa, dunque, rappresentata da Vescovi e Cardinali. Eppure ieri la dichiarazione di Padre Lombardi alla Radio Vaticana in merito ai percorsi separati delle cause di beatificazione di Pio XII e Giovanni Paolo II, sembra aver spento gli entusiasmi dei fedeli legati alla figura di Papa Pacelli. Forse questa precisazione significa che l'iter verso la beatificazione del Pastor Angelicus è momentaneamente bloccato?

Don Bux: Niente affatto. Sappiamo tutti che Paolo VI volle avviare contestualmente l’iter di beatificazione dei suoi venerati predecessori, Pio XII e Giovanni XXIII, ai quali congiuntamente riconosceva il merito di aver traghettato la Chiesa attraverso il terribile conflitto, l’altrettanto critica fase post bellica, fino alla convocazione di una assise plenaria della Cattolicità quale appunto il Concilio. Il fatto che Papa Paolo VI abbia compiuto quel gesto sincronico, non significava in alcun modo che le cause di beatificazione di quei pontefici dovessero marciare all’unisono, come di fatto è avvenuto, a prescindere da valutazioni del caso. Quindi altrettanto si può dire per l’iter di Karol Wojtyla e di Eugenio Pacelli. Sempre questi sono ben distinti ed hanno ciascuno il proprio percorso, non sono cumulabili mai. Una volta che il candidato è dichiarato Venerabile c’è solo da prendere in esame gli asseriti miracoli attribuiti alla sua intercessione, esame che spetta in primis alla Consulta Medica. Riconosciuto incontrovertibilmente il miracolo spetterà ancora una volta al Sommo Pontefice, d’intesa con le istanze superiori della Santa Sede, procedere alla beatificazione. Questa procedura è valida per tutti le cause di Santi. E’ da comprendere in tal senso quanto dichiarato dal portavoce della Sala Stampa.

La nota specificava che le virtù eroiche di un candidato alla santità sono separate dal giudizio storico sulle sue scelte e sul suo operato. Ma le virtù di un servo di Dio non sono forse inserite in una dinamica storica?

Don Bux: Sappiamo che in occasione della beatificazione di Papa Pio IX si sollevarono analoghe polemiche (soprattutto da parte ebraica, laicista e protestante ndr), che ritenevano la beatificazione di Papa Mastai quasi una canonizzazione del suo agire specificatamente politico, visto che è stato l’ultimo “Papa-Re”. All’epoca fu dichiarato che non è affatto a questo che mira il processo di canonizzazione, stante il fatto che l’agire umano è comunque sempre fallibile. I Santi non sono i meno difettosi ma i più coraggiosi, in quanto hanno rischiato nella loro vita l’esercizio delle virtù cristiane all’interno della storia. A questa valutazione non si sottrae nessun candidato agli altari, né può esserne condizionato il giudizio sull'eroicità delle sue virtù. Si può sintetizzare la questione affermando che, come è logico, il giudizio sulle scelte storiche appartiene all'ambito dell'opinione relativista, la dòxa, mentre il valore dell'uomo, la sua rettitudine e la sua virtù morale, pur essendo visibile attraverso l'agire storico, è un elemento concreto ed oggettivo della personalità umana, dunque è inserito nel campo dell'alétheia. Questo discorso è valido sia nel caso di Pio XII che in quello di Giovanni Paolo II.

Dunque le accuse da parte ebraica ricadono nell'ambito della doxa, dell'opinione, mentre l'autorità del giudizio etico è facoltà esclusiva della Chiesa?

Don Bux: Certo, e la riprova di ciò paradossalmente viene proprio dal campo ebraico, ove come è noto – e non da ora- le valutazioni su Pio XII sono variegate. Si parte dal giudizio unanimemente positivo a partire dalla fine della guerra fino alla morte di Papa Pacelli ( si ricordino le parole di Golda Meir) per giungere vicino a noi alla creazione della "leggenda nera", ma anche alla sua contestazione da parte di non pochi gruppi ebrei (uno fra tutti Pave the Way). Sarebbe il caso che invece di lanciare accuse generiche al presunto silenzio di Pio XII, ci si avvicinasse con molta umiltà a valutare gli atti e i documenti a disposizione negli archivi della Santa Sede, ai quali finora, per quanto si sappia, nessun esponente ebreo si è avvicinato. E’ del resto noto che Paolo VI commissionò a Pierre Blet la pubblicazione di tutto quanto concerneva il periodo bellico. Sono stati mai compulsati i ben 12 volumi da questi pubblicati? E che dire del prezioso ed enorme contributo di Suor Margherita Marchione e delle testimonianze di ebrei italiani come Michele Tagliacozzo?

Personalmente credo che in questa questione vi sia una sorta di paradosso. Alcuni esponenti del mondo ebraico da un lato aprono alla ricerca d'archivio, ma dall'altro vorrebbero la prova che Pio XII avesse gridato al mondo la condanna del Nazifascismo e dell'orrore olocaustico. Un grido che sicuramente non ci fu. Ma non è per questo che l'azione di Pio XII fu meno incisiva nella costante opera di aiuto, carità, e protezione di numerosi ebrei.

Don Bux: Chi chiede al Papa regnante in qualsiasi tempo di alzare la voce per denunziare i crimini del dittatore di turno, dovrebbe anche mettere in bilancio la reazione o meglio la rappresaglia che questi metterebbe in atto nei confronti in primis dei cattolici, visto che il Papa è innanzitutto il capo della Chiesa Cattolica. Pio XII avrebbe potuto travolgere il regime nazista e mettere fine ai suoi crimini - si pensa -, ma non lo fece. In altre parole, alle critiche è sottesa la supposta “certezza” che se il Papa avesse, per esempio, pronunciato la “scomunica” esplicita (con la minaccia di condanna all’inferno), non solo sugli aderenti al partito nazionalsocialista, ma anche su tutti quanti con essi avessero collaborato, non solo sugli SS, ma anche sui componenti del Wehrmacht, ed infine su tutti i servitori del Reich, compresi funzionari delle poste e così via – se solo il Papa avesse agito in questo modo, il Reich sarebbe crollato e lo sterminio degli Ebrei evitato… Una tale conclusione è puramente illusoria ed immaginaria, solo che si tenga conto del grado e della profondità della scristianizzazione subita dall’Europa nei due secoli precedenti. Certa invece sarebbe stata la ferocia della reazione della tirannia pagana. Ad una tale “dichiarazione di guerra totale” da parte del Papato, il Reich nazista avrebbe risposto con “guerra totale” da parte sua, mirando alla totale ed immediata distruzione della Sede Apostolica e di tutte le strutture (e le persone) da essa dipendenti. In tal modo, non sarebbe rimasta in piedi, in nessuna parte dell’Europa occupata ed abusata dal nazifascismo, alcuna struttura capace di far tutto ciò che di fatto la Chiesa di PIO XII fece per salvare almeno alcuni, per portare sollievo almeno ad una parte delle vittime. Invece, al posto del Papato e della Chiesa, sarebbe rimasta solo terra bruciata. Si potrebbe osservare, inoltre, che lo stesso comportamento quel Venerato Pontefice lo tenne nei confronti del Comunismo in genere senza mai fare nomi di persone, ma, come avrebbe detto poi Giovanni XXIII, distinguendo fra l’errore e l’errante. A proposito, questa frase è proprio di Pio XII e Giovanni XXIII con mirabile continuità l’ha fatta propria. Comunque in ogni caso la storia non si fa né con i "se", né con i "ma". Temo purtroppo ci siano persone che non sono mai paghe, qualsiasi spiegazione documenata gli si fornisca, anzi, se la vogliamo mettere in termini evangelici, dovremmo ricorrere alla parabola del ricco epulone. Questi chiese ad Abramo di mandare qualcuno sulla terra, dai propri fratelli per invitarli a far penitenza, ma Abramo gli rispose: “Se non ascoltano Mosè né i Profeti, non crederanno neppure se uno risuscitasse dai morti”. (Luca 16,30-31).

Fides et Forma

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