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L'Epifania con Sant'Agostino

Ultimo Aggiornamento: 06/01/2010 21:22
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GIOVEDÌ



"Chi non ama il proprio fratello che vede,
non può amare Dio che non vede".
(1 Gv 4, 20)

Dal "Commento al Vangelo di Giovanni" di Sant’Agostino Vescovo (In Io. Ev. tr. 17, 8)

Per vedere Dio bisogna amare il prossimo

Ricordiamo insieme, o fratelli, quali sono questi due precetti. Essi infatti debbono essere ben presenti in voi: non dovete richiamarli alla mente solo quando ve li ricordiamo; anzi, mai devono cancellarsi dai vostri cuori. Sempre, in ogni istante, dovete ricordarvi che si deve amare Dio e il prossimo: Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente, e il prossimo come noi stessi (Lc 10, 27). Questo è ciò che dovete pensare sempre, meditare sempre, ricordare sempre, praticare sempre, compiere sempre alla perfezione. L’amore di Dio è il primo che viene comandato, l’amore del prossimo è il primo che si deve praticare. Enunciando i due precetti dell’amore, il Signore non ti raccomanda prima l’amore del prossimo e poi l’amore di Dio, ma mette prima Dio e poi il prossimo. Ma siccome Dio ancora non lo vedi, meriterai di vederlo amando il prossimo. Amando il prossimo rendi puro il tuo occhio per poter vedere Dio come chiaramente dice Giovanni: Se non ami il fratello che vedi, come potrai amare Dio che non vedi? (1 Gv 4, 20). Ti vien detto: Ama Dio. Se tu mi dici: Mostrami colui che devo amare, ti risponderò con Giovanni: Nessuno ha mai veduto Dio (Gv 1, 18). Con ciò non devi assolutamente considerarti escluso dalla visione di Dio, perché l’evangelista afferma: Dio è carità, e chi rimane nella carità rimane in Dio (1 Gv 4, 16). Ama dunque il prossimo e mira dentro di te la fonte da cui scaturisce l’amore del prossimo: ci vedrai, in quanto ti è possibile, Dio. Comincia dunque con l’amare il prossimo. Spezza il tuo pane con chi ha fame, e porta in casa tua chi è senza tetto; se vedi un ignudo, vestilo, e non disprezzare chi è della tua carne. Facendo così, che cosa succederà? Allora sì che quale aurora eromperà la tua luce (Is 58, 7-8). La tua luce è il tuo Dio. Egli è per te luce mattutina, perché viene a te dopo la notte di questo mondo. Egli non sorge né tramonta, risplende sempre. Sarà luce mattutina per te che ritorni, lui che per te era tramontato quando t’eri perduto.

VENERDÌ



"…possedete la vita eterna,
voi che credete nel nome del Figlio di Dio".
(1 Gv 5, 13)

Dal "Commento al Vangelo di Giovanni" di Sant’Agostino Vescovo (In Io. Ev. tr. 110, 5-7)

L’amore con cui Dio ama rende l’uomo superiore agli angeli

L’amore con cui Dio ama è incomprensibile e non va soggetto a mutamento. Egli non ha cominciato ad amarci solo quando siamo stati riconciliati a lui per mezzo del sangue di suo Figlio; ma ci ha amati prima della fondazione del mondo, chiamando anche noi ad essere suoi figli insieme all’Unigenito, quando ancora non eravamo assolutamente nulla. (…) Noi siamo stati riconciliati con chi già ci amava, con il quale, a causa del peccato, noi eravamo nemici. Dimostri l'Apostolo se dico o no la verità. Egli afferma: Iddio dimostra il suo amore verso di noi per il fatto che, proprio mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi (Rm 5, 8-9). Iddio nutriva amore per noi anche quando, comportandoci da nemici nei confronti di lui, noi commettevamo l’iniquità. (…) Assodato dunque che Dio non odia nulla di quanto ha fatto, chi potrà adeguatamente parlare dell’amore che egli nutre per le membra del suo Unigenito? E, soprattutto, chi potrà degnamente parlare dell’amore che porta al suo Unigenito stesso, nel quale sono state create tutte le cose visibili e invisibili, e che egli ama in modo perfettamente corrispondente al posto che ognuna di esse occupa nel piano della creazione?

Non manca chi sostiene che noi uomini siamo superiori agli angeli, in quanto, si dice, Cristo è morto per noi, non per gli angeli. Ma questo significa vantarsi della propria empietà. Infatti, come dice l’Apostolo, Cristo al momento fissato morì per gli empi (Rm 5, 6). Questo fatto non mette in risalto il nostro merito, ma la misericordia di Dio. Come ci si può gloriare di aver contratto una infermità talmente detestabile che poteva essere guarita soltanto con la morte del medico? La morte di Cristo non è una gloria fondata sui nostri meriti, ma è la medicina per i nostri mali. Non riteniamoci superiori agli angeli solo perché, avendo anch’essi peccato, non è stato pagato per la loro salvezza un tale prezzo, quasi che a loro sia stato elargito qualcosa di meno che a noi. E pur ammettendo che sia stato così, c’è da chiedersi se ciò sia avvenuto perché noi eravamo superiori o perché eravamo caduti più in basso. Siccome però ci risulta che il Creatore di tutti i beni non ha concesso agli angeli cattivi alcuna grazia per la loro redenzione, perché almeno da questo non deduciamo che tanto più grave è stata giudicata la loro colpa in quanto più elevata era la loro natura? Essi erano tenuti più di noi a non peccare, in quanto erano migliori di noi. Sta di fatto che offendendo il Creatore, in modo tanto più esecrabile si dimostrarono ingrati al beneficio, quanto più ricchi di grazia erano stati creati. Né si accontentarono di averlo abbandonato per conto loro, ma diventarono anche i nostri tentatori. Ecco dunque il grande beneficio che ci accorderà colui che ci ha amati come ha amato Cristo: che per amore dello stesso Gesù Cristo, di cui ha voluto fossimo le membra, diventiamo uguali in santità agli angeli (cf. Lc 20, 36) e in un certo modo loro compagni, noi che per natura siamo stati creati inferiori e che ancor più indegni ci siamo resi a causa del peccato.

SABATO



"Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui.
Egli deve crescere ed io invece diminuire".
(Gv 3, 28.30)

Dai "Discorsi" di Sant’Agostino Vescovo (Sermo 292, 3.3-4.4)

Il Signore volle essere battezzato per umiltà

Fu inviato innanzi Giovanni perché battezzasse il Signore umile. Il Signore infatti volle essere battezzato per umiltà, non a causa del peccato. Perché venne battezzato Cristo Signore? Perché venne battezzato Cristo Signore, l’Unigenito Figlio di Dio? Ricerca la ragione per cui nacque ed ivi troverai perché sia stato battezzato. Senza dubbio vi scoprirai la via dell’umiltà, che non puoi percorrere con incedere superbo: se non la percorrerai con piede umile non potrai giungere a quell’altezza dove conduce. Venne battezzato per te Colui che per te è sceso dal cielo. Nota quanto sia diventato insignificante Colui che essendo di natura divina, non considerò un’appropriazione indebita essere uguale a Dio (Cf. Fil 2, 6). Tuttavia, spogliò se stesso assumendo la natura di servo (Fil 2, 7). Assunse ciò che non era in modo da non perdere ciò che era. Restando Dio, assunse l’uomo. Assunse la natura di servo e divenne Dio uomo quel Dio dal quale fu creato l’uomo.

Considera dunque quale maestà, quale potenza, quale sublimità, quale uguaglianza con il Padre venne a rivestirsi della natura di servo: vedi anche di apprendere da un così eccellente maestro la via dell’umiltà; poiché è molto più importante aver voluto farsi uomo che voler esser battezzato da un uomo.

Dunque Giovanni battezza Cristo, il servo il Signore, la voce la Parola, la creatura il Creatore, la lucerna il Sole; (…) la creatura battezzò il Creatore, la lucerna il sole: e il battezzatore non se ne inorgoglì, ma si sottomise al battezzando. Vedendolo avvicinarsi gli disse infatti: Tu vieni per essere battezzato da me? Sono io che devo essere battezzato da te (Mt 3, 14). Piena confessione e deciso riconoscimento dell’umiltà da parte della lucerna. Se si fosse inalberata contro il sole, quella sarebbe stata subito spenta dal vento della superbia. È questo dunque che il Signore previde e che il Signore fece capire con il suo battesimo. Egli, il grande, volle essere battezzato da colui che era tanto piccolo; per dirla in breve: il Salvatore da chi doveva essere salvato. Infatti Giovanni, sebbene molto dotato, aveva dovuto richiamare alla mente qualche sua debolezza. Ecco pertanto: Non sono io che devo essere battezzato da te? È certamente il Battesimo del Signore la salvezza: perché del Signore è la salvezza. Poiché vana è la salvezza dell’uomo. Nessuno dica: Non ho bisogno di un salvatore. Chi parla così non si sottomette al medico, ma muore nel suo male.


 

Battesimo del Signore



"In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano
da Giovanni per farsi battezzare da lui".
(Mt 3, 13)

Dal "Commento al Vangelo di Giovanni" di Sant’Agostino Vescovo (In Io. Ev. tr. 6, 5-8)

Il battesimo di Gesù: manifestazione della Trinità

Il Signore uscì dall’acqua, come leggiamo nel Vangelo: ed ecco che sopra di lui i cieli si aprirono ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba, e fermarsi su di lui; ed ecco una voce dai cieli che diceva: Tu sei il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto (Mt 3, 16-17). La Trinità si rivela qui molto chiaramente: il Padre nella voce, il Figlio nell’uomo, lo Spirito nella colomba. In questa Trinità, nel cui nome furono inviati gli Apostoli, cerchiamo di renderci conto di ciò che vediamo.

Questo vide Giovanni in lui e conobbe ciò che ancora non sapeva. Sapeva che Gesù era il Figlio di Dio; sapeva che egli era il Signore e il Cristo; sapeva anche che egli era colui che doveva battezzare in acqua e Spirito Santo; tutto questo lo sapeva; ma ciò che non sapeva, e che apprese per mezzo della colomba, è che il Cristo avrebbe riservato a sé la potestà di battezzare e non l’avrebbe trasmessa a nessun ministro. E’ su questa potestà, che il Cristo riservò a sé e non trasferì in nessun ministro, sebbene si sia degnato servirsi di loro per battezzare, è su questa potestà che si fonda l’unità della Chiesa, che è simboleggiata nella colomba della quale è stato detto: Unica è la mia colomba, unica è per sua madre (Ct 6, 8). Infatti, o miei fratelli, come già vi ho detto, se il Signore avesse trasferito questa potestà nei suoi ministri, ci sarebbero tanti battesimi quanti ministri, e non si salverebbe l’unità del battesimo.

Prestate attenzione, fratelli. Fu dopo il battesimo del Signore nostro Gesù Cristo, che la colomba discese su di lui e fece conoscere a Giovanni una caratteristica del Signore, secondo ciò che gli era stato detto: Colui sul quale vedrai discendere e fermarsi lo Spirito, come colomba, è lui quello che battezza nello Spirito Santo. Prima che il Signore si presentasse per il battesimo, Giovanni sapeva che è lui quello che battezza nello Spirito Santo; ma è dalla colomba che Giovanni apprende che la potestà del Signore è così personale che non passerà in nessun altro, anche se ad altri darà facoltà di battezzare. (…) Che cosa apprese allora per mezzo della colomba, sì da non dover essere poi considerato bugiardo (allontani Dio da noi un tale sospetto)? Apprese che ci sarebbe stata in Cristo una proprietà tale per cui, malgrado la moltitudine dei ministri, santi o peccatori, che avrebbero battezzato, la santità del battesimo non era da attribuirsi se non a colui sopra il quale discese la colomba, e del quale fu detto: E’ lui quello che battezza nello Spirito Santo (Gv 1, 33). Battezzi pure Pietro, è Cristo che battezza; battezzi Paolo, è Cristo che battezza; e battezzi anche Giuda, è Cristo che battezza.

Se la santità del battesimo dipendesse dalla diversità dei meriti dei ministri, ci sarebbero tanti battesimi quanti possono essere i meriti; e ognuno penserebbe d’aver ricevuto una cosa tanto migliore quanto migliore considera il ministro dal quale è stato battezzato. Perché dunque, se uno viene battezzato, mettiamo, da un tale che è giusto e santo, e un altro invece da uno di minor merito davanti a Dio, di una virtù meno elevata, di una castità meno perfetta, insomma di vita meno santa; perché entrambi i battezzati ricevono la stessa identica cosa se non perché è lui quello che battezza? Allora, come quando battezzano due santi dotati di meriti diversi, la grazia è una e identica, e malgrado il diverso grado di santità dei ministri, non è superiore in uno e inferiore nell’altro; così ugualmente una e identica è la grazia donata dal battesimo amministrato da un indegno, che battezza perché la Chiesa non sa che è cattivo, o perché lo tollera (i cattivi, infatti, restano ignorati o tollerati; come si tollera la pula in attesa che, alla fine, l’aia venga ripulita). La grazia data da questo battesimo è una e identica, e non viene compromessa dall’indegnità del ministro; è sempre uguale perché è lui quello che battezza.

Agustinus.it

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