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Il Papa amico degli ebrei

Ultimo Aggiornamento: 28/01/2010 23:19
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07/01/2010 08:43

PIO XII: il Papa amico degli ebrei
Opus iustitiae pax (la pace è l'opera della giustizia)

 

 

 

EUGENIO PACELLI nacque a Roma nel 1876: qui studiò all'Università Gregoriana. Ordinato sacerdote nel 1899, entrò al servizio del Papa nel 1901 e fu il principale assistente del cardinale Gasparri nel lavoro di CODIFICAZIONE DEL DIRITTO CANONICO.
Nel 1917 il Papa Benedetto XV lo nominò nunzio a Monaco di Baviera e nel 1920 nunzio della nuova repubblica tedesca. Furono anni laboriosi, di grande lavoro diplomatico. Nominato cardinale nel 1929, nel 1930 divenne SEGRETARIO DI STATO VATICANO. In quegli anni fu ampiamente diffamato dalla stampa nazista che lo definiva IL CARDINALE "AMICO DEGLI EBREI", a causa delle oltre cinquanta lettere di protesta inviate ai tedeschi. Mentre la seconda guerra mondiale era alle porte, fu eletto Papa in un conclave durato soltanto un giorno. Avendo scelto il motto Opus iustitiae pax (la pace è l'opera della giustizia), Pio XII si considerava il Papa della pace, e fino al 1 settembre 1939 lottò per impedire lo scoppio della guerra con azioni diplomatiche, fino a lanciare un appello dalla Radio Vaticana: "NULLA È PERDUTO CON LA PACE, TUTTO PUÒ ESSERLO CON LA GUERRA!".
Nei quasi venti anni di pontificato, Pio XII PUBBLICÒ MOLTE ENCICLICHE tra cui la Mystici corporis (1943), dove spiegava la natura della Chiesa come Corpo mistico di Cristo, e la Divino afflante Spiritu (1943), con la quale permetteva l'uso dei moderni metodi storici di analisi nell'esegesi della Sacra Scrittura. Nel 1951 e negli anni seguenti RIFORMÒ L'INTERA LITURGIA DELLA SETTIMANA SANTA. Sempre fedele devoto della Madonna, nel 1950 DEFINÌ IL DOGMA DELL'ASSUNZIONE al cielo della Vergine in corpo ed anima. Canonizzò trentatré santi, tra i quali il Papa Pio X. Creò un numero senza precedenti di cardinali provenienti da varie nazioni, riducendo così il numero degli italiani ad un terzo del Sacro Collegio. Fu il primo Papa che divenne molto noto usando frequentemente la radio e la televisione.
Durante tutta la guerra diresse, attraverso la PONTIFICIA COMMISSIONE ASSISTENZA, un vasto programma per l'aiuto alle vittime del conflitto. Quando poi Hitler nel 1943 occupò Roma, Pio XII fece del Vaticano un rifugio per innumerevoli profughi, tra cui molti ebrei.
EPPURE OGGI ALCUNI EBREI ACCUSANO LA CHIESA E PIO XII di ambiguità nei confronti del regime nazista: SONO ACCUSE INFONDATE! Infatti, ci sono NUMEROSISSIME TESTIMONIANZE di ebrei, di rabbini e di ogni sorta di organizzazione ebraica, che ha elogiato e ringraziato in ogni modo Papa Pacelli. Tra questi, il futuro premier israeliano GOLDA MEIR che definì Pio XII "un grande servitore della pace". ISRAËL ZOLLI, grande rabbino di Roma, che si convertì al cattolicesimo e chiese udienza al santo Padre per "esprimere in forma ufficiale al Santo Padre il ringraziamento degli ebrei di Roma per quanto è stato fatto in loro favore". Nel dicembre 1940, in un articolo del Time magazine, il grande scienziato ebreo ALBERT EINSTEIN scrisse: "Solo la Chiesa si è schierata apertamente contro la campagna di Hitler per la soppressione della verità. Non ho mai avuto un particolare amore per la Chiesa prima d'ora, ma sono costretto a confessare che ora apprezzo senza riserve quello che un tempo disprezzavo". Si tratta di persone che avevano vissuto il periodo storico incriminato, mentre molti di coloro che oggi attaccano Pio XII o erano molto giovani o addirittura non erano ancora nati quando il nazismo commetteva i suoi crimini.
Durante l'occupazione tedesca di Roma, Pio XII diede segretamente istruzione al clero cattolico di salvare quante più vite umane possibili, con ogni mezzo. Così SALVÒ MIGLIAIA DI EBREI ITALIANI DALLA DEPORTAZIONE. Mentre circa l'80% degli ebrei europei morirono in quegli anni, l'80% degli ebrei italiani furono salvati. Non a caso A ROMA SI TROVA OGGI LA PIÙ NUMEROSA COMUNITÀ EBRAICA D'EUROPA. Solo in Roma, 155 conventi e monasteri diedero rifugio a circa 5 mila ebrei. A un certo punto, non meno di tremila trovarono scampo nella residenza papale di Castel Gandolfo, sfuggendo così alla deportazione nei campi di sterminio tedeschi. Seguendo le dirette istruzioni di Pio XII, molti preti e monaci favorirono il salvataggio di centinaia di vite ebraiche mettendo a repentaglio la loro. E' vero che il Papa non denunciò mai in pubblico le leggi antisemite e la persecuzione degli ebrei, ma IL SUO SILENZIO FU UN EFFICACE APPROCCIO STRATEGICO volto a proteggere più ebrei dalla deportazione. Del resto a convincere il Papa furono anche moltissimi ebrei. Ci si può chiedere, naturalmente, cosa poteva essere peggio dello sterminio di sei milioni di ebrei. La risposta è semplice e terribilmente onesta: l'assassinio di centinaia di migliaia di ebrei in più. La protesta pubblica avrebbe inoltre impedito alla Chiesa di svolgere il lavoro nascosto di assistenza.
Del resto due episodi ci danno la riprova. Nel 1937 Pio XI pubblicò l'unica ENCICLICA SCRITTA IN TEDESCO Mit Brennender Sorge (Con gravissima preoccupazione), una denuncia feroce del nazionalsocialismo e del razzismo. La bozza dell'enciclica fu scritta proprio da Pio XII, allora Segretario di Stato. Si può dire che è il più duro documento che la Santa Sede abbia mai promulgato contro un potere politico in tutta la sua storia. Venne letta da tutti i pulpiti in Germania. Quale fu il risultato? Fu rallentata la persecuzione degli ebrei? Assolutamente no. Hitler montò su tutte le furie, e le misure contro gli ebrei furono aggravate. Il secondo episodio significativo è del 1942: l'Olanda era occupata dai nazisti che cominciarono la deportazione degli ebrei. In tutte le chiese cattoliche in Olanda venne letta una LETTERA DI PROTESTA PUBBLICA. Come conseguenza la deportazione degli ebrei venne accelerata, e vennero deportati ed uccisi anche gli ebrei convertiti al cattolicesimo, tra questi c'erano Edith Stein e sua sorella.
Comunque, al di là di considerazioni di carattere "politico", LE VIRTÙ DI PAPA PACELLI SONO COSÌ NOTE CHE È IN CORSO LA CAUSA DI BEATIFICAZIONE ED E' STATO DICHIARATO "VENERABILE" DA BENEDETTO XVI NEL 2009 CHE NE HA RICONOSCIUTO LE VIRTU' EROICHE! Innanzitutto le virtù teologali: fede, speranza e carità. Pio XII era un uomo di grandissima FEDE, pregava molto. Non mancava mai di infondere SPERANZA. Anche nei momenti più brutti, lui invitava ad avere fiducia nell'opera dello Spirito Santo. É stato inoltre un uomo di grandissima CARITÀ: si è prodigato non solo per gli ebrei ma per tutti i perseguitati, ha cercato di aiutare la gente vittima del nazismo e del fascismo anche dopo la fine della guerra. Quanti treni carichi di cibo, abiti, scarpe e medicinali sono partiti per aiutare le vittime della guerra. Coerente con le virtù che praticava, Pio XII era un uomo ESTREMAMENTE SOBRIO, mangiava pochissimo, dormiva solo poche ore, spesse volte lavorava fino alle due di notte si alzava alla sei dopo una breve siesta. Per solidarietà con le misere condizioni delle popolazione rinunciò a bere una sola tazza di caffè, sapendo che la gente non aveva il caffè. Sapeva che mancava il riscaldamento e lui non si è più riscaldato neanche durante l'inverno. Suor Pascalina, sua assistente, ha raccontato che la biancheria del Santo Padre era tutta rattoppata. Papa Pacelli disponeva all'inizio del suo pontificato di un significativo patrimonio familiare: LO HA SPESO TUTTO IN OPERE DI CARITÀ!
Pio XII ci fa essere grati al Signore per averci dato, ancora una volta, UN GRANDE PAPA, come suo vicario, in un momento storico così difficile per l'umanità come fu quello da lui vissuto.

Dal sito BASTABUGIE
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14/01/2010 19:45

PIO XII AIUTO' GLI EBREI: LO DICE IL TIMES!


Riporto la mia traduzione di un interessante articolo pro Pio XII apparso lo scorso 4 gennaio sul Times. Sebbene nella parte finale l'articolo risulti un po' ambiguo sulla questione dell'apertura degli archivi, costituisce un notevole contributo alla verità sull'operato del Venerabile Servo di Dio, Papa Pio XII.


PIO XII AIUTO' GLI EBREI - The Times - 4 Gennaio 2010

L'evidenza storica che il Pontefice in tempo di guerra diede ordine ai monasteri e conventi romani di accogliere gli ebrei in fuga dai Nazisti

di William Doino Jr.

Nell'autunno del 1987, durante uno dei suoi tanti incontri con la comunità Ebraica, Papa Giovanni Paolo II tenne un importante discorso sui rapporti tra la Chiesa Cattolica Romana e l'Olocausto. Richiamando "i forti, inequivocabili sforzi dei Papi contro l'antisemitismo e il nazismo" citò la condanna del nazismo da parte di Pio XI quale "nemico della Croce di Cristo" e si spinse ad apprezzare il suo successore Pio XII: "e sono convinto che la storia rivelerà ancora più chiaramente e con maggiore convinzione quanto profondamente Pio XII sentisse la tragedia del popolo ebraico, e quanto duramente egli lavorò per assisterlo durante la Seconda Guerra Mondiale. Dieci anni più tardi, Papa Giovanni Paolo emanò un documento sull'Olocausto, "Noi ricordiamo", che ancora una volta riferiva gli atti umanitari di Pio XII e appena dopo apprezzava l'intero pontificato di Pio XII: "egli fu un grande Papa".

Poco prima del Natale, Papa Benedetto XVI ha convalidato il giudizio di Giovanni Paolo II firmando un decreto che dichiara Pio XII "Venerabile" e fancendo così avanzare la sua causa verso la Santità.

La decisione di Benedetto è certamente aperta al dibattito, ma non si è trattato, come alcuni hanno suggerito e frettolosamente affermato, di una decisione deliberatamente "insensibile". E' stato piuttosto l'esito di un processo molto approfondito.

Nel maggio 2007 la Congregazione per le Cause dei Santi votò all'unanimità raccomandando che la Chiesa riconoscesse le "virtù eroiche" di Pio XII. Lo fece dopo aver considerato 3000 pagine di documentazione su ogni aspetto della vita di Eugenio Pacelli, nome di nascita di Pio XII. Molti volevano che Benedetto XVI dichiarasse Pio XII venerabile in quell'occasione, ma egli ha reistito, scegliendo invece di studiare ulteriormente la controversia personalmente.
Per due anni Benedetto ha rivisto tutta la documentazione pro e contro, ha consultato esperti storici ed archivisti vaticani (che hanno accesso a tutti i fascicoli interni su Pacelli), ha rivisto testimonianze di prima mano e appoggiato una conferenza storica di tre gioni a Roma che ha affrontato e risposto a tutte le principali accuse sul pontefice della seconda guerra mondiale. Soltanto allora Papa Benedetto ha finalmente agito, credendo Pio XII degno dell'onore. E non è il solo a pensarla così.

Il filosofo cattolico antinazista Dietrich von Hildebrand, il prete soccorritore Henri de Lubac, Michel Riquet, e Pietro Palazzi, l'assistente pontificio John Patrick Carroll-Abbing, e il diplomatico americano Harold Tittmann, fra molti altri, sono stati testimoni del fatto che Pio XII, contrariamente alla vulgata, abbia davvero "parlato ad alta voce". Palazzini, riconosciuto dallo Yad Vashem come un Giusto fra le nazioni, ha acceditato la figura di Pio XII come ispiratore delle sue azioni: "Sotto la pressione degli eventi, sebbene fossero così tragici, un uomo ha riscoperto il messaggio cristiano, che consiste nel senso di mutua carità, in base al quale è un dovere che ciascuno si incarichi della salvezza degli altri. Per riscoprire ciò, una voce spesso si è levata in mezzo al frastuono delle armi: era la voce di Pio XII".

La testimonianza di Riquet è altrettanto forte: "Pio XII ha parlato: Pio XII ha condannato; Pio XII ha agito... In mezzo a quegli anni di orrore, quando ascoltavamo la Radio e i messaggi papali, ci sentivamo in comunione col Papa, aiutando gli ebrei perseguitati e combattendo contro la violenza nazista." (Le Figaro, 4 Gennaio 1964).

Sulla scia del decreto di Benedetto, qualcuno ha cercato di spiegarne il suo annuncio, puntando sulla dichiarazione vaticana che lo ha seguito e che faceva una presunta distinzione fra la santità personale di Pio XII e le sue scelte storiche molto dibattute.

Ma una più attenta lettura di quella dichiarazione, fatta da padre Federico Lombardi, include questo pensiero chiave: "Naturalmente si tiene conto in questa valutazione delle circostanze in cui la persona ha vissuto, occorre quindi un esame dal punto di vista storico, ma la valutazione riguarda essenzialmente la testimonianza di vita cristiana data dalla persona." In altre parole, l'essere santi coinvolge in primo luogo la spiritualità personale, la fortezza, la carità e la fedeltà a Cristo - qualità che Pio ha dimostrato in abbondanza - ma include anche il giudizio storico e sulle azioni. Ciò è particolarmente vero per le azioni di Pio XII in tempo di guerra.

La sua prima enciclica, Summi Pontificatus, emanata appena dopo l'inizio della Guerra, è una bruciante condanna del razzismo e del totalitarismo e fu salutata dagli Alleati - anche se fece infuriare i Nazisti. In maniera specifica essa cita la lettera di San Paolo ai Colossesi (3:10-11), che sottolinea l'unità della famiglia umana, “qui non c'è più nè Greco, nè Giudeo.”

Agli inizi del 1940, Pio XII si confrontò personalmente col Ministro degli Esteri Tedesco Joachim von Ribbentrop, raccogliendo questo titolo sul New York Times: “ Il Papa pone enfasi sulla pace giusta: diritti degli Ebrei difesi". (14 Marzo 1940).

Le allocuzioni di Pio XII che condannano l'assassinio razziale, in particolare quella del Natale 1942 e il suo discorso al Collegio Cardinalizio del 2 Giugno 1943, provocarono i Nazisti tanto che lo marchiarono come un "portavoce dei criminali di guerra giudei", e censurarono la sua voce nelle terre occupate. Coloro che distribuivano segretamente i discorsi di Pio XII venivano arrestati e talvolta giustiziati. La Radio Vaticana svolse un ruolo chiave nella lotta all'Olocausto. Sostenuta e confortata da Pio XII, la stazione radio aiutò a rompere il muro del silenzio sui crimini nazisti in Polonia, evidenziando "l'inaccusabile testimonianza di testimoni oculari" che rivelarono che "Ebrei e Polacchi vengono ammassati in ghetti separati, chiusi ermeticamente..." (Trasmissione del 21 Gennaio 1940).

Il giornale The Palestine Post scrisse: “Nei loro sermoni, preti cattolici hanno citato l'avvertimento di Radio Vaticana che chiunque continui la persecuzione degli Ebrei è come se compisse un assassinio." (20 Settembre 1942). E queste parole inequivocabili vennero pure dalla stazione radio Vaticana: "Colui che fa distinzione fra Giudei e altri uomini è infedele a Dio ed è in conflitto con i comandamenti di Dio" (New York Times, 27 Giugno 1943).

La controversia continua a circondare la reazione di Pio XII alla retata contro gli ebrei romani dell'Ottobre 1943, ma Michele Tagliacozzo, una autorità di spicco su questa vicenda, ed egli stesso un suo sopravvissuto, ha affermato che Pio XII "fu il solo ad intervenire per impedire la deportazione degli ebrei il 16 ottobre 1943, e fece davvero molto per nascondere e salvare migliaia di ebrei. Non fu cosa di poco conto l'ordine di aprire i conventi di clausura. Senza di lui, molti di noi non sarebbero sopravvissuti."

Il 12 Marzo 1945, Radio Vaticana raccontò quanto segue di Pio XII: “Durante l'occupazione di Roma, fra l'8 settembre 1943 e il 5 giugno 1944, diede rifugio in 120 istituti femminili e 60 istituti maschili, come anche in altre case e chiese di Roma a più di 5200 ebrei che furono così in grado di sopravvivere alla paura e alla miseria. Come un padre con i suoi figli, il Papa ha in questi lunghi anni di guerra votato se stesso ad una instancabile cura..."

Nuova evidenza è anche emersa in anni recenti - lettere private di Pio XII, misure che egli prese per proteggere ebrei ed altri a Castel Gandolfo, testimonianze filmate dei suoi subordinati, che agirono su sue esplicite istruzioni per salvare coloro che erano minacciati dalla morte; diari di religiosi che rivelano il suo supporto agli ebrei di Roma perseguitati e rivelazioni sugli sforzi di Pio XII per rovesciare Hitler.

Il Vaticano ha già reso disponibile una enorme quantità di importanti archivi di guerra (ampiamente... non letti, purtroppo); ma poichè qualcuno deve essere ancora catalogato e rilasciato, molte persone, inclusi alcuni che supportano la causa di Pio XII, pensano che sarebbe stata preferibile la loro pubblicazione prima di andare avanti verso il prossimo passo della causa di Santificazione di Pio XII. Non è una richiesta irragionevole, specialmente dal momento che il Papa e il Vaticano sono completamente fiduciosi sul fatto che ciò che resta ancora in archivio potrà solo rilanciare la reputazione di Pio XII.
Nel 1946, sulla scia dell'Olocausto, la Conferenza delle Relazioni Ebraiche pubblicò dei Saggi sull'Antisemitismo, un libro che non risparmiava pugni su come questo malvagio pregiudizio abbia pouto infettare la civiltà, inclusi alcuni cristiani, che hanno tradito gli insegnamenti della loro fede. L'editore del libro, il Professor Koppel Pinson, ripensando alla documentazione del papato in tempo di guerra fece questa dichiarazione:

“Possiamo concordare o meno sulle linee generali della politica vaticana. Ma questo fatto è molto più indiscutibile: mai il papato ha parlato in maniera così inequivocabile contro il razzismo e l'antisemitismo come nelle parole e nelle azioni dell'attuale pontefice, Pio XII, e del suo predecessore, Pio XI."

Si invochi pertanto la storia per valutare Pio XII, ma prima la si consulti, e dopo si passi al giudizio.

William Doino, Jr. scrive per il magazine Inside the Vatican; ha scritto un suo contibuto anche per The Pius War: Responses to the Critics of Pius XII (Lexington Books).

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15/01/2010 10:19

La prova vivente della rete clandestina di aiuti agli ebrei di Pio XII
Intervista a uno dei suoi membri, don Giancarlo Centioni

di Jesús Colina



ROMA, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).-

Alcuni settori dell'opinione pubblica hanno chiesto nelle ultime settimane prove concrete degli aiuti offerti da Pio XII agli ebrei durante la persecuzione nazista. Il sacerdote italiano Giancarlo Centioni, di 97 anni, è la prova vivente, perché è l'ultimo membro in vita della rete clandestina creata da Papa Pacelli.

Dal 1940 al 1945 è stato Cappellano militare a Roma della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e ha vissuto in una casa di sacerdoti tedeschi della Società dell'Apostolato Cattolico - Padri Pallottini -, che l'hanno coinvolto nella rete di salvataggio.

“Siccome ero Cappellano fascista, era più facile aiutare gli ebrei”, ha dichiarato spiegando i motivi per i quali venne scelto per partecipare a questa rischiosa operazione.

“I miei colleghi sacerdoti pallottini, venuti da Amburgo, avevano fondato una società che si chiamava 'Raphael's Verein' (società di San Raffaele), che era stata istituita per l'aiuto agli ebrei”, ha rivelato.

Uno degli obiettivi della rete consisteva nel permettere la fuga dalla Germania, attraverso l'Italia, verso la Svizzera o Lisbona (Portogallo), motivo per il quale la rete contava su alcuni uomini in ciascuno di questi quattro Paesi. Con il tempo, ne fecero parte anche alcuni ebrei.

In Germania, ricorda don Centioni, la società era guidata da padre Josef Kentenich, conosciuto in tutto il mondo come il fondatore del Movimento apostolico di Schönstatt. Questo sacerdote pallottino venne poi fatto prigionero e rinchiuso nel campo di concentramento di Dachau fino alla fine della guerra.

“A Roma, in Via Pettinari 57, il capo di tutta questa attività era padre (Anton) Weber, il quale aveva un contatto diretto con Pio XII e la Segreteria”, ha spiegato il sacerdote.

Una delle principali attività della rete consisteva nel consegnare passaporti e soldi alle famiglie ebree perché potessero fuggire.

“Il denaro e i passaporti venivano dati da padre Anton Weber e venivano consegnati alle persone. Però lui li otteneva direttamente [nel video dell'intervista si può constatare come il sacerdote sottolinei la parola 'direttamente'] dalla Segretaria di Stato di Sua Santità, per nome e conto di Pio XII”.

“Con me hanno aiutato almeno 12 sacerdoti tedeschi a Roma”, prosegue il sacerdote, spiegando che la rete ricevette un aiuto decisivo anche da parte della Polizia italiana, in particolare dal vicequestore di Mussolini, Romeo Ferrara, che lo informava sul luogo in cui si trovavano le famiglie ebree alle quali doveva portare i passaporti, “anche di notte”.

Tra coloro che padre Centioni aiutò a Roma c'è ad esempio la famiglia Bettoja, ebrea, proprietaria di alcuni alberghi della città.

Il poliziotto lo mandò di notte a casa loro vestito da Cappellano militare italiano, perché i soldati tedeschi non lo arrestassero.

Il sacedote ricorda nitidamente la paura e la difficoltà dell'operazione, data anche la diffidenza della famiglia che doveva aiutare.

“Ho bussato, ma non volevano aprire. Alla fine dico: 'Guardi, io sono un sacerdote, un Cappellano, vengo per aiutarvi, per portarvi un lasciapassare'”.

“'Lo giuri', ha risposto una voce dall'altra parte della porta. 'Lo giuro, eccomi qua, mi potete vedere attraverso l'occhiolino'”.

Il sacerdote venne ricevuto dalla signora Bettoja con i bambini.

“Ho detto: 'Prima delle 7 andate via di casa con la vostra macchina, perché alla 7 dalla frontiera del Lazio potete andare a Genova'. Fuggirono e si salvarono. E' una delle tante famiglie”.

Gli interventi della rete iniziarono già prima dell'invasione tedesca in Italia, ha ricordato padre Centioni, e durarono, “almeno per quanto ne so io, anche dopo il '45, perché i rapporti di padre Weber con il Vaticano e gli ebrei erano molto vivi”.

“Tanta brava gente”, dice, pensando soprattutto alle famiglie ebree.

“Tra quelli che ci hanno poi aiutato ci sono stati due ebrei che abbiamo nascosto: un letterato, (Melchiorre) Gioia, e un grande musicista compositore di Vienna del tempo, che scriveva le canzoni e faceva le operette, Erwin Frimm”.

Il sacerdote li nascose in alcune case di Roma, soprattutto nella sua residenza religiosa di Via Pettinari 57.

“E loro ci hanno aiutato molto dando indicazioni precise”, ha riconosciuto. A volte questo lavoro comportava il rischio della propria vita, come il sacerdote ha potuto ben presto verificare.

“Ho aiutato Ivan Basilius, una spia russa, che io non sapevo fosse russo o spia; era ebreo. Purtroppo le SS lo arrestarono e nel taccuino c'era il mio nome. Allora, apriti cielo! Mi chiamò la Santa Sede, Sua Eccellenza Hudal [alto e influente prelato tedesco a Roma], e mi disse: 'Venga qua, perché vengono le SS ad arrestarla'. 'E che ho fatto?', chiesi. 'Lei ha aiutato una spia russa'. 'Io? Che ne so? Chi è?'. Allora sono fuggito”.

Don Centioni, come Cappellano, conobbe l'ufficiale tedesco Herbert Kappler, comandante della Gestapo a Roma e autore dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, in cui furono assassinati 335 italiani, tra cui molti civili ed ebrei.

“Durante il periodo tedesco, dopo che a marzo fecero la carneficina [alle Fosse Ardeatine], dissi a Kappler, che vedevo spesso: 'Perché non ha chiamato i Cappellani militari alle Fosse Ardeatine?'. 'Perché li avrei eliminati e avrei eliminato anche lei'”, rispose l'ufficiale nazista.

Don Centioni assicura che le centinaia di persone che ha potuto aiutare erano a conoscenza di chi c'era dietro tutto questo, per questo motivo insiste: “Li aiutava Pio XII, attraverso noi sacerdoti, attraverso la 'Raphael's Verein'”.

L'intervista è stata concessa a ZENIT e all'agenzia multimediale www.h2onews.org, che l'ha pubblicata questo giovedì.

Il caso di don Centioni è stato scoperto e analizzato, comparando altre testimonianze, dalla Pave the Way Foundation (http://www.ptwf.org), creata dall'ebreo di New York Gary Krupp.

Di questa intervista ha potuto dare fede l'avvocato italiano Daniele Costi, presidente della Fondazione in Italia.

Il racconto trova riscontro documentale nella decorazione concessa dal Governo polacco in esilio a don Centioni (croce d'oro con due spade, “per la nostra e la vostra libertà”).

Il sacerdote cita inoltre le manifestazioni di gratitudine che ha ricevuto da parte di alcuni degli ebrei aitutati: i signori Zoe e Andrea Maroni, il professor Melchiorre Gioia, il professor Aroldo Di Tivoli, le famiglie Tagliacozzo e Ghiron, i cui figli poterono salvarsi, raggiungendo gli USA, con passaporti di fortuna procurati loro tramite il Vaticano.

[Per vedere l'intervista: www.h2onews.org]

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17/01/2010 11:02

Scoperta la rete clandestina di aiuto agli ebrei di Pio XII

Pio XII creò una rete clandestina per salvare la vita agli ebrei perseguitati dai nazisti. Uno dei membri di questa rete è ancora in vita: si tratta del sacerdote italiano Giancarlo Centioni, classe 1912. Dal 1940 al 1945 è stato Cappellano militare a Roma della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale ed ha vissuto in una casa di sacerdoti tedeschi che l'hanno coinvolto nella rete di salvataggio.
“Abitavo nella Casa generalizia dei Pallottini, dove mi invitarono i miei colleghi sacerdoti tedeschi a partecipare. Siccome ero cappellano fascista, era più facile aiutare gli ebrei”.
“Allora i miei colleghi sacerdoti Pallottini, venuti da Amburgo, avevano fondato una società che si chiamava “Raphael's Verein” (società di San Raffaele), che era stata istituita per l'aiuto agli ebrei”.
“Inoltre per avere la possibilità di fuggire dalla Germania per l'Italia prima, e poi o per la Svizzera o per Lisbona”.
In Germania, ricorda don Centioni, la società era guidata da padre Josef Kentenich, conosciuto in tutto il mondo come il fondatore del Movimento apostolico di Schönstatt. Questo sacerdote Pallottino successivamente è stato fatto prigionero e rinchiuso nel campo di concentramento di Dachau, fino alla fine della guerra.
“A Roma, sempre in Via Pettinari 57, il capo di tutta questa attività era padre (Anton) Weber, il quale aveva un contatto diretto con Pio XII e la Segreteria [di Stato vaticana]”.

Questa rete consegnava passaporti e soldi alle famiglie ebree per poter fuggire.

“Il denaro e i passaporti venivano dati da padre Anton Weber e venivano consegnati alle persone. Però lui li otteneva direttamente della Segretaria di Stato di Sua Santità, per nome e conto di Pio XII”.
“Molti di questi denari li ho portati in casa degli ebrei”.
“Con me hanno aiutato almeno 12 sacerdoti tedeschi a Roma”.
Gli interventi di questa rete sono cominciati già prima dell'invasione tedesca dell'Italia.
“Sono cominciati prima della guerra, sono durati almeno, per quanto ne so io, anche dopo il '45, perché i rapporti con padre Weber, specialmente, erano molto vivi... in Vaticano, con gli ebrei...tanta brava gente. Tra i quali chi ci ha poi aiutato sono stati due ebrei che abbiamo nascosto: un letterato (Melchiorre) Gioia, e un grande musicista compositore di Vienna del tempo, che scriveva le canzoni e faceva le operette, Erwin Frimm Kozab. L'ho nascosto a Via Giuseppe, Via Bari, l'altro a Via Pettinari 57, e loro ci hanno molto aiutato dando indicazioni precise, ecc. ecc.”

Questa attività era molto rischiosa

“Ecco ho aiutato Ivan Basilius, una spia russa, che io non sapevo fosse russo o spia: questo era ebreo. Purtroppo le SS lo arrestarono e nel taccuino c'era il mio nome. Allora, apriti cielo! Mi chiamò la Santa Sede, Sua Eccellenza Hudal [alto e influente prelato tedesco a Roma] e mi disse: 'venga qua, perché viene l'SS ad arrestarla'. 'E che ho fatto?'. 'Lei ha aiutato una spia russa'. 'Io? che ne so? chi è?'. Allora, sono fuggito”.
Don Centioni, come cappellano, conobbe l'ufficiale tedesco Herbert Kappler, comandante della Gestapo a Roma e autore dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, dove furono assassinati 335 italiani, tra cui molti civili ed ebrei.
“Io durante il tempo tedesco, dopo che a marzo fecero la carneficina [alle Fosse Ardeatine], dissi a Kappler che vedevo spesso (…) 'perché non ha chiamato i capellani militari alle Fosse Ardeatine?'. 'Perché li avrei eliminati e avrei eliminato anche lei'”.
Don Centioni assicura che le centinaia di persone che ha potuto aiutare erano a conoscenza di chi c'era dietro tutto questo.
“Li aiutava Pio XII, attraverso noi sacerdoti, attraverso la “Raphael's Verein”, attraverso i Verbiti Società Tedesca a Roma”.

http://www.h2onews.org/italiano/7-santa-sede/22444453-scoperta-la-rete-clandestina-di-aiuto-agli-ebrei-di-pio-xii.html
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17/01/2010 11:03

La rete clandestina di Pacelli che aiutava gli ebrei braccati

di Rino Cammilleri

Non tutte le voci ebraiche sono irriconoscenti nei confronti di Pio XII. Anzi, sembra proprio che i denigratori, in questo ambito, siano una minoranza. Certo, non di rado si tratta di una minoranza qualificata, in grado perciò di vanificare, agli effetti pratici, la marea di testimonianze di gratitudine a Papa Pacelli per avere salvato con la sua opera più di ottocentomila ebrei dalla persecuzione nazista. Nella benemerita opera di sfatare la leggenda nera sui cosiddetti «silenzi» di Pio XII si distingue la newyorkese Pave the Way Foundation - organizzazione internazionale ebraica creata da Gary Krupp e rappresentata in Italia dall’avvocato Daniele Costi- che ha trovato una testimonianza straordinaria della rete clandestina di aiuto agli ebrei braccati posta in essere da Pio XII tramite preti e religiosi cattolici in tutto il mondo. Lo straordinario in questa testimonianza è sia il fatto che riguarda un protagonista, sia che quest’ultimo sia ancora vivo. Si tratta di don Giancarlo Centioni, 97 anni e una memoria perfettamente lucida.
Intervistato da Jesùs Colina dell’agenzia Zenit.org e in video da
www.h2onews.org il 14 gennaio scorso, l’anziano sacerdote ha raccontato di essere stato cooptato nella rete di soccorso in quanto cappellano della Milizia fascista e, pertanto, più libero di muoversi nella Roma occupata.
I padri Pallottini tedeschi (nome ufficiale della congregazione fondata da S. Vincenzo Pallotti: Società dell’Apostolato Cattolico) avevano creato ad Amburgo la «Raphael Verein» (associazione intitolata a san Raffaele, l’arcangelo che nella Bibbia accompagna e protegge Tobia) per aiutare gli ebrei a fuggire dalla Germania attraverso l’Italia, la Svizzera o il Portogallo, contando sui confratelli residenti in questi Paesi. Il loro superiore era il p. Josef Kentenich, di Schönstatt (poi arrestato e internato a Dachau fino alla fine della guerra). Il p. Anton Weber ne dirigeva la filiale romana di Via Pettinari 57 (più di dodici religiosi, quasi tutti tedeschi) in stretto contatto col Papa tramite la Segreteria di Stato vaticana. La rete forniva denaro e passaporti agli ebrei. Di essa faceva parte anche un poliziotto, il vicequestore Romeo Ferrara, che (potendo contare su acquiescenze all’interno della polizia italiana) segnalava gli indirizzi della gente da aiutare. Il Centioni, nell’intervista, ricorda in particolare la famiglia Bettoja, proprietaria di alberghi. Ci andò di notte e dovette giurare di essere un prete per farsi aprire. Si salvarono tutti, con i loro bambini. In quell’occasione fu il vicequestore Romeo a fornirgli una divisa da cappellano militare per non dare nell’occhio. La sede della rete serviva anche a nascondere ebrei troppo noti per poter fuggire inosservati. Come il famoso letterato Melchiorre Gioia e l’allora celebre compositore viennese Erwin Frimm. Ma anche lo stesso Centioni corse dei rischi. Come quando, per esempio, fornì aiuto all’ebreo Ivan Basilius senza sapere che costui era una spia dei russi: le SS acciuffarono il fuggitivo e nel suo taccuino trovarono il nome di don Centioni. Questi riuscì a sottrarsi di misura all’arresto con la fuga grazie a una soffiata da parte di un prelato tedesco, mons. Hudal, in Vaticano. Centioni, in qualità di cappellano della Milizia, era in contatto col comandante della Gestapo, Herbert Kappler, colui che ordinò - per rappresaglia all’attentato partigiano di via Rasella - l’esecuzione dei 335 italiani, ebrei e non, alle Fosse Ardeatine. Subito dopo l’eccidio, don Centioni ricorda di avere chiesto al Kappler come mai non erano stati ammessi i cappellani militari sul luogo delle fucilazioni.
L’ufficiale tedesco aveva risposto che, se l’avesse fatto, avrebbe dovuto eliminarli, compreso don Centioni. Quest’ultimo venne poi insignito dal governo polacco in esilio di un’alta onorificenza, la Croce d’oro con Spade; motivazione: «Per la nostra e la vostra libertà». Ma la memoria più grata sono le manifestazioni di riconoscenza da parte delle centinaia di ebrei salvati, i Maroni, i Di Tivoli, i Tagliacozzo, i Ghiron. Tutti costoro - assicura il testimone oculare (nonché, ricordiamolo, protagonista e ultimo sopravvissuto) - erano perfettamente a conoscenza del fatto che il vero motore dell’iniziativa era Pio XII, il quale agiva attraverso i suoi uomini. L’arzillo quasi centenario ci tiene a sottolinearlo. Servirà, quest’ulteriore prova? Temiamo di no.
Com’è noto, la sordità di chi non vuol sentire è invincibile. I «silenzi» di Roosevelt e Churchill non valgono quelli di Pio XII.

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17/01/2010 11:04

PIO XII E GLI EBREI: LORO NEMICO O GIUSTO FRA LE NAZIONI?


di Michele Loconsole

Premessa

Eugenio Pacelli nasce a Roma nel 1876, dove studia all’Università Gregoriana ediviene sacerdote nel 1899. Papa Benedetto XV lo nomina nel 1917 nunzio a Monaco di Baviera e nel 1920 nunzio della nuova Repubblica tedesca. Nominato quindi cardinale nel 1929, diviene Segretario di Stato nel 1930 (incarico che manterrà fino al 1939). Già in questi anni è diffamato dalla stampa nazista che lo definisce “il cardinale amico degli ebrei”, a causa delle oltre 50 lettere di protesta che egli invia, da Segretario di Stato Vaticano, ai tedeschi. Poco prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale, è eletto il 2 marzo del 1939 papa in un conclave durato un solo giorno. Sceglie, come è noto, il motto Opus iustitiae pax sperando, in tal modo, di essere il papa di un mondo in pace: infatti, fino al 1 settembre 1939 lotta strenuamente con ogni mezzo della diplomazia - a lui noti per essere stato per tanti anni nunzio apostolico - per impedire una seconda guerra mondiale, per poi lanciare dalla Radio Vaticana, il 24 agosto dello stesso anno, il profetico grido: Nulla è perduto con la pace, tutto è perduto con la guerra. Durante l’intero periodo bellico ha diretto, attraverso la Pontificia Commissione Assistenza, un ampio e capillare programma per l’aiuto alle vittime del conflitto mondiale, e quando i tedeschi occupano finanche Roma nel ‘43, egli fa dello stesso Vaticano un rifugio per numerosissimi profughi, tra cui, come documentano diverse testimonianze raccolte soprattutto recentemente, moltissimi ebrei[1]. Il cardinale Botto di Genova - solo per fare alcuni esempi dell’applicazione delle direttive emanate verbalmente, e a volte anche per iscritto da Pio XII in persona, sia dentro che fuori l’Urbe - salvò almeno ottocento ebrei; il vescovo di Assisi mons. Giuseppe Placido Nicolini – riconosciuto poi dagli ebrei Giusto tra le nazioni - ne nascose trecento per oltre due anni. Il vescovo di Campagna (Sa), mons. Giuseppe Maria Palatucci, e due suoi parenti ne salvarono anche di più a Fiume. Il cardinale Pietro Palazzini, allora assistente vice rettore del Seminario Romano, nascose per molti mesi Michael Tagliacozzo e altri ebrei italiani tra il 1943 e il 1944.
Se tutto questo è vero, ed è ampiamente documentato, perché allora papa Pacelli è stato oggetto di numerose accuse, spesso virulente, sia in vita, sia soprattutto dopo la sua morte, reo di non avere fatto nulla per salvare gli ebrei dai nazisti, anzi di averli addirittura consegnati nelle loro mani? Dopo anni di studi e ricerche, sappiamo invece che numerose sono le testimonianze, scritte e orali, di ebrei, rabbini e organizzazioni ebraiche che hanno ringraziato papa Eugenio Pacelli, per quanto egli ha detto e ha fatto per i poveri e perseguitati “fratelli ebrei”, demolendo tessera dopo tessera l’oscura Leggenda nera che vuole Pio XII acerrimo nemico degli ebrei d’Europa. Tra gli illustri testimoni, come non ricordare il futuro premier israeliano Golda Meier, che definì Pio XII un grande servitore della pace, o Israel Zolli, il rabbino di Roma, che si convertì al cattolicesimo e chiese udienza al santo Padre per esprimergli in forma ufficiale il ringraziamento degli ebrei di Roma per quanto è stato fatto in loro favore. Nel dicembre 1940, in un articolo pubblicato sul Time magazine, poi, il noto scienziato ebreo Albert Einstein scrisse: Solo la Chiesa si è schierata apertamente contro la campagna di Hitler per la soppressione della verità. Non ho mai avuto un particolare amore per la Chiesa prima d’ora, ma sono costretto a confessare che ora apprezzo senza riserve quello che un tempo disprezzavo. Testimoni, questi, che hanno portato negli studi sul rapporto tra Pio XII e gli ebrei del tempo, luce e soprattutto verità storica, e non accuse generiche, spesso preconcette, prodotte da coloro che all’epoca erano molto giovani o addirittura non erano ancora nati quando il nazismo commetteva i crimini che oggi tutti conosciamo.


[1] Cfr. Margherita Marchione, delle Maestre Pie Filippini, Papa Pio XII ha aiutato gli ebrei?, Roma 2007; Pio XII e gli ebrei, Casale Monferrato 2002; Consensus and controversy: defending Pius XII, New York 2002; Il silenzio di Pio XII, Milano 2002; Pio XII attraverso le immagini, Roma 2002; Pio XII è veramente santo, Ancona 2004.

Fides et Forma
28/01/2010 23:19

Dopo la pubblicazione di un articolo che evoca lo «scandalo della beatificazione di Pio XII», il settimanale francese “Marianne” ha fatto marcia indietro sull'argomento.

"Pio XII agì come un uomo responsabile"

«Il nostro articolo del 2 gennaio “Il Papa che rimase in silenzio di fronte a Hitler”, che ha affrontato il tema della possibile beatificazione di Pio XII, ha suscitato reazioni» ─ osserva la redazione di “Marianne” ─ «anche tra i nostri cronisti abituali. Tra questi, Roland Hureaux considera che, di fronte all'Olocausto, Pio XII agì come un uomo responsabile anziché dare lezioni».
Nell'articolo, diffuso l'11 gennaio, Hureaux ricorda che i «dirigenti della Chiesa cattolica si situano dalla parte dell'etica della responsabilità. Perché, contrariamente a ciò che possono far pensare alcuni, i buoni cristiani non sono adolescenti tardivi, e la Chiesa cattolica ha responsabilità effettive: quella, tra il 1939 e il 1945, di milioni di cattolici ma anche di centinaia di migliaia di ebrei rifugiati nelle sue istituzioni!».
«È estremamente immaturo pensare che il Papa potesse parlare indiscriminatamente senza preoccuparsi di questa responsabilità», afferma. Secondo il giornalista di “Marianne”, «nulla permette di dire che, in relazione a quella situazione, il Papa avrebbe potuto, essendo meno “prudente”, migliorare l'equilibrio tra bene e male». «Serve una presunzione singolare da parte di coloro che non hanno vissuto le stesse circostanze né hanno mai esercitato analoghe responsabilità per presentare giudizi a questo proposito».
«Come ha detto Serge Klarsfeld, alcune parole solenni durante la retata degli ebrei di Roma avrebbero sicuramente migliorato la reputazione attuale di Pio XII. Ma che criminale sarebbe stato se, per forgiare la propria immagine davanti alla storia o anche per preservare l'onore dell'istituzione, avesse sacrificato la vita anche di uno solo delle migliaia di bambini ebrei rifugiati nei giardini di Castel Gandolfo e in tanti conventi!».
Roland Hureaux considera anche che bisognerebbe avere «una singolare ignoranza di quello che fu il regime nazista per immaginare che questo tipo di proclami avrebbero potuto commuoverlo». E aggiunge: «Come si può dire che il Papa non abbia detto nulla contro il nazismo, quando fu lo sherpa della redazione, dall'inizio alla fine, dell'Enciclica Mit brennender Sorge (1937)?».
Pio XII era «ossessionato dall'anticomunismo». «Come sono leggere queste parole! Dimenticano che tra l'agosto 1939 e il giugno 1941 Hitler e Stalin furono alleati, si portò a termine un piano di sterminio dei sacerdoti e delle élites polacche e centinaia di migliaia di cattolici polacchi vennero assassinate. Ma non ci fu alcuna protesta memorabile». «Perché? Non lo so».
«Egli sapeva che, di fronte alla “Bestia immonda”, non sarebbe servito a nulla cercare di intenerire. Bisognava limitare in modo prioritario i danni senza alimentare la sua ira».
«Di fatto – continua Roland Hureaux –, il vero mistero di Pio XII non è tanto il suo comportamento durante la guerra, ma la lettura che se ne è fatta 70 anni dopo. Com'è possibile che questo Papa, che era oggetto di elogi unanimi da parte del mondo ebraico (Ben Gurion, Golda Meir, Albert Einstein, Léo Kubowitski, segretario del Congresso Ebraico Mondiale, il Gran Rabbino di Roma, ecc.) e non era ebreo, possa essere oggi così vilipeso?».

(Fonte: Zenit, 19 gennaio 2010)
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