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Intervento della Santa Sede alle Nazioni Unite

Ultimo Aggiornamento: 09/05/2010 11:20
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24/02/2010 19:15

Intervento della Santa Sede alle Nazioni Unite

Per una vera integrazione sociale


Pubblichiamo la traduzione dell'intervento pronunciato il 4 febbraio dall'arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, nell'ambito della 48ª sessione della Commissione per lo Sviluppo Sociale del Consiglio Economico e Sociale dedicata al tema prioritario:  integrazione sociale.

Presidente,
a nome della mia Delegazione desidero esprimere i migliori auspici a Lei e al Bureau per una proficua sessione sul tema prioritario di quest'anno "Promozione dell'integrazione sociale" e attendo di poter collaborare con i membri e con altri partecipanti per affrontare le intimidanti sfide dell'integrazione sociale.

Ormai da più di vent'anni la comunità umana vive e interagisce nel contesto della cosiddetta globalizzazione della società. Tuttavia, "La società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli" (Benedetto XVI Caritas in Veritate, n. 19). Tutti coloro che sono responsabili della promozione dell'integrazione e della coesione sociali sanno fin troppo bene che non si possono ottenere per mezzo di un semplice, sebbene indispensabile, insieme di buone leggi e di misure e incentivi sociali. C'è sempre bisogno di andare avanti e di prendere in considerazione il bene integrale della persona umana nelle sue varie dimensioni, inclusa quella spirituale. In un mondo assillato dalle gravi sventure della crisi economica e finanziaria, le discussioni sulla promozione dell'integrazione devono prendere in considerazione il suo legame con lo sradicamento della povertà e con la piena occupazione, che includa un lavoro decente per tutti.
Sebbene sembri che il sistema finanziario stia riguadagnando stabilità e l'aumento della produzione in alcuni settori dia segni di ripresa economica, in molti luoghi il livello di disoccupazione continua ancora a peggiorare.

In tale contesto, per promuovere la crescita economica e sociale assieme all'occupazione, sembra che i modelli di consumo dovrebbero essere incentrati su beni e servizi relazionali che promuovano un legame maggiore fra le persone. Attraverso il suo intervento pubblico lo Stato, investendo su beni relazionali quali assistenza medica, educazione, cultura, arte, sport - ovvero su cose che sviluppano la persona e richiedono soprattutto interazioni umane anziché invece una produzione meccanica - affronterebbe lo sviluppo alla radice e promuoverebbe, nello stesso tempo, l'occupazione e uno sviluppo di lungo periodo.
Lo sviluppo e l'integrazione sociali non risulteranno soltanto da soluzioni tecnologiche perché riguardano principalmente le relazioni umane.

Concentrarsi sulle relazioni umane richiede necessariamente un'apertura alla vita che è un contributo positivo allo sviluppo economico e sociale. In questa luce, troppo spesso la crescita demografica è considerata la causa della povertà mentre, in realtà, ne è il superamento perché soltanto nella forza lavoro si può trovare la soluzione al problema della povertà. È dunque imperativo per i Paesi concentrare i propri sforzi sull'individuazione di modalità e di strumenti per garantire che le persone ricevano le capacità, la formazione tecnica e l'educazione necessarie affinché l'ingegno umano possa essere utilizzato per promuovere lo sviluppo e i diritti umani. Parimenti, dove i tassi di crescita economica sono diminuiti, le risposte non consistono nel cercare di chiudere la società agli altri e nello spingere la popolazione a diminuire, ma nel creare una società che sia aperta alla vita e la incoraggi. Promuovere la vita e la famiglia e trovare modi per integrare il contributo di tutte le persone permetterà alle società di realizzare il loro pieno potenziale e di raggiungere lo sviluppo.

Per questo motivo, la famiglia occupa un posto centrale. La famiglia è il primo contesto in cui i figli apprendono certe abilità, attitudini e virtù che li preparano a far parte della forza di lavoro e quindi permettono loro di contribuire alla crescita economica e allo sviluppo sociale. L'educazione e la formazione sono un investimento a lungo termine, che richiede che le politiche di promozione della famiglia si basino non solo sulla ridistribuzione, ma soprattutto sulla giustizia e sull'efficienza e si assumano la responsabilità delle necessità economiche e fiscali delle famiglie.
Signor Presidente, oggi, mentre promuoviamo nel nostro mondo l'integrazione sociale, non possiamo trascurare la crescente attenzione che si deve dare alle migrazioni e, in particolare, alla migrazione irregolare.

Nei Paesi di intensa immigrazione si osservano sempre di più manifestazioni di intolleranza e di animosità reciproca fra i cittadini e i nuovi arrivati. Il fenomeno richiama una grande attenzione alle due strade dello straniero del rispetto per il diritto, lungo le quali si possono trovare le soluzioni al problema. Anche in questo campo, l'integrazione e la coesione sociali sono i parametri che ci permettono di trovare soluzioni adeguate alle complesse questioni legate all'immigrazione.
L'integrazione richiede un lungo periodo di tempo e si ottiene generalmente con il susseguirsi delle generazioni. Si costruisce sulla premessa di una visione positiva della cittadinanza nazionale e dei meccanismi di interazione, nel pieno rispetto per i diritti fondamentali di tutti - cittadini e nuovi arrivati - e anche sulla premessa di una cultura di giustizia sociale.

Nei programmi di integrazione sociale, inclusi gli sforzi per colmare il divario nell'educazione, nell'assistenza sanitaria e nella sollecitudine per l'ambiente, ruoli importanti sono svolti dalla società civile e dalle organizzazioni di stampo religioso perché contribuiscono a garantire l'impegno delle comunità locali e promuovere la cooperazione e la partecipazione di tutti.


(©L'Osservatore Romano - 25 febbraio 2010)
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