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I diplomatici anglo-americani in Vaticano e il “silenzio” di Pio XII

Ultimo Aggiornamento: 20/02/2010 12:51
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20/02/2010 12:51

Giovanni Battista MontiniLa storia è la seguente.

Da un po' di mesi due "storici" siciliani, Giuseppe Casarrubea e Mario Cereghino vengono insufflati dall'ANSA, che dà notizia di eccezionali documenti "inediti" pubblicati sul loro blog . Documenti che si rivelano regolarmente già pubblicati da altri. Ingannati dal gusto dell' "esclusiva", infatti, da un po' di tempo i due "storici" finiscono regolarmente per essere smentiti da chi fa notare loro che ciò che considerano "inedito" in verità è già stato pubblicato grazie al lavoro di altri, che regolarmente non vengono da loro citati.

Nulla è più inedito di ciò che si ignora. E gli studi storici non fanno eccezione.

Ma andiamo per ordine.

STEP 1)

Casarrubea e Cereghino se ne escono il 27 novembre 2008 con l'articolo "Quando Montini vedeva rosso"

Ecco che cosa scrivono, nel loro "cappello" introduttivo:

"La Rai si ostina da anni a dipingere molti personaggi del XX secolo in maniera agiografica e poco critica. Lo ha fatto, ad esempio, qualche anno fa con l’orrenda fiction su un improbabile Alcide De Gasperi, interpretato dall’attore Fabrizio Gifuni. Ma non contenta la televisione di Stato si accinge a propinarci un mega film televisivo che sarà trasmesso in due parti domenica  30 novembre e lunedì   1° dicembre. Non conosciamo il contenuto dello sceneggiato, ma siamo sicuri che eviterà accuratamente di affrontare il ruolo centrale svolto da Montini nella lotta contro i comunisti in Italia nel dopoguerra.

Il documento che presentiamo, da noi rintracciato al Nara di College Park nel Maryland nel 2004, ci mostra un futuro Paolo VI che vede rosso ovunque, che teme la presa del potere del Pci al Nord, nonché l’invasione russo-jugoslava al confine orientale. Fobie senza alcun fondamento come gli fa giustamente notare il diplomatico statunitense Parsons nell’inedita veste di interprete della realtà italiana come effettivamente si presentava: un Paese stremato dalla seconda guerra mondiale e dalla fame.

Insomma tra i due che conversano in una delle sontuose stanze del palazzo apostolico, Montini è il falco infastidito dagli scioperi degli operai delle fabbriche e dei contadini alle prese con la fame di terra e la sete di libertà, Parsons invece è la colomba che capisce le difficoltà dell’emergenza postbellica e non vede complotti bolscevichi dietro ogni angolo. Insomma la storia, anche quella recente, non finisce mai di sorprenderci. In barba alle leggende su un papa, Paolo VI, che nel 1968 si sussurrava fosse addirittura “comunista”.

STEP 2)

Ed ecco il documento, nel testo tradotto dagli "storici" Casarrubea e Cereghino (i puntini sospensivi li hanno messi loro)

"SEGRETO
DESTINATARIO: Segretario di Stato (Washington)
MITTENTE: J. G. Parsons (Santa Sede, Roma)

TITOLO: L’attuale situazione italiana. Verbale di conversazione tra Sua Eccellenza Monsignor Montini, segretario di Stato della Santa Sede, e il signor Parsons (n. 29). (Cfr. Nara, reg. 59, s. 1068, b. 15, f. Memoranda of Conversation ,1947, M.T.)

16 – 17 settembre 1947

Monsignor Montini mi ha convocato presso il suo ufficio, la sera di martedì, per comunicarmi che il Papa è rimasto turbato dai recenti rapporti sulla situazione nell’Italia settentrionale. Di conseguenza, il Papa ha chiesto a monsignor Montini di sondare le nostre impressioni al riguardo. Secondo una serie di resoconti ricevuti in Vaticano da fonti considerate attendibili, i comunisti hanno ricevuto nuove istruzioni da Mosca con l’obiettivo di provocare la caduta del Governo De Gasperi con ogni mezzo, ricorrendo anche alla forza. I rapporti indicano che l’attuale ondata di scioperi altro non è che il primo passo dello sviluppo di una fase rivoluzionaria, mentre altre informative si riferiscono allo spostamento di circa 500.000 soldati jugoslavi, guidati da ufficiali russi, verso il confine orientale italiano. Infine, alcuni dispacci illustrano l’ostruzione (di scarse proporzioni ma apparentemente deliberata) dei movimenti delle unità dell’esercito italiano nell’Italia settentrionale.

Ho replicato a monsignor Montini che, anzitutto, sarebbe mio desiderio incontrarmi con l’ambasciatore Dunn, in modo da poter fornire alla Santa Sede la miglior valutazione possibile, e la più aggiornata, sulla situazione in atto. […] Tuttavia, ho informato Montini che l’addetto alle questioni sindacali della nostra ambasciata in Italia era appena tornato a Roma dal Nord. A suo dire, i motivi economici e politici che stavano dietro agli attuali scioperi erano genuini. Inoltre, per quanto riguarda i piani comunisti per la presa del potere, ho comunicato a Montini che mi risultava difficile pensare che i comunisti desiderassero scegliere questo particolare momento.

Dopo aver sostenuto un colloquio con l’ambasciatore Dunn nella mattinata di mercoledì, sono tornato da Montini quello stesso pomeriggio. In risposta alla sua domanda iniziale (“Notizie buone o cattive?”), ho subito replicato: “Entrambe”. In rapporto agli scioperi, non siamo convinti che si tratti del primo passo di un tentativo rivoluzionario per la presa del potere o per isolare l’Italia settentrionale. Gli ho quindi consegnato un riassunto del telegramma n. 2734, spedito a Washington dalla nostra ambasciata di Roma in data 12 settembre 1947, aggiungendo che questa era l’unica stagione in cui uno sciopero dei lavoratori agricoli non aveva alcun senso. Per altro, non riteniamo che essi possano permettere che il raccolto del riso sia danneggiato; oppure, che i comunisti osino promuovere uno sciopero così impopolare. A questo punto, Montini ha commentato che lo sciopero, se andasse avanti per molto tempo, potrebbe danneggiare i comunisti; ed ha aggiunto che, finora, le mie notizie erano buone.

Per quanto riguarda i movimenti di truppe, ho detto a Montini che i rapporti dell’intelligence sul tema si contano a dozzine. Tuttavia, non si riscontrano particolari movimenti (a cui Montini aveva accennato) e non vi è alcuna conferma che possa scoppiare nell’immediato una crisi provocata da queste truppe. Gli ho quindi elencato i passi che stiamo assumendo per monitorare la situazione italiana.

In relazione alle informative secondo le quali i comunisti hanno ricevuto nuovi ordini per la presa del potere con ogni mezzo, noi riscontriamo che in Francia e in Italia, per un lungo periodo di tempo, sono effettivamente circolate voci in tal senso. In sintesi, se l’avessero voluto, i comunisti sarebbero stati in grado di andare al potere. Dobbiamo quindi chiederci perché non l’hanno fatto. Le risposte sono almeno tre:

1) come si legge sulla rivista Foreign Affairs, i comunisti non hanno un calendario operativo. La loro dottrina, infatti, li rassicura sul fatto che i governi non comunisti cadranno in ogni modo. Per questo motivo, la loro propaganda è aggressiva mentre le loro mosse strategiche si richiamano alla cautela;

2) al momento, i comunisti sembrano temere la “seconda fase”, ovvero il pericolo di una guerra causata da un’aggressione aperta;

3) ed ecco le notizie cattive: i comunisti non solo sono convinti che il Piano Marshall fallirà, ma prevedono anche che l’Italia affronterà presto una crisi del dollaro dovuta all’inconvertibilità della sterlina britannica. In altre parole, i comunisti devono solo rimanere immobili e aspettare che l’Italia cada tra le loro braccia (ho illustrato a Montini quest’ultimo punto utilizzando alcuni dei ragionamenti contenuti nel telegramma n. 2772, spedito da Roma a Washington in data 16 settembre 1947).

A questo punto, Montini ha nuovamente affrontato la questione degli scioperi. A suo dire, sono le astensioni dal lavoro che impediscono all’Italia di aiutare se stessa e inducono gli Stati Uniti a non sostenerla. E sono proprio questi i fattori che spingono l’Italia tra le braccia dei comunisti. […].

Siamo poi passati a discutere brevemente la questione dei partiti minori e la tendenza di molti italiani a ritenere che si possa essere “comunisti italiani” o “comunisti cristiani”. Una gran parte, inoltre, è convinta di essere in grado di liberarsi dei “comunisti di Mosca” al momento opportuno. Dalle affermazioni di Montini, è risultato chiaro che egli (come noi) considera queste idee assolutamente false. La Chiesa cattolica utilizza tutta la sua influenza per persuadere i partiti minori che lo scontro in atto non è tra le varie convinzioni politiche, bensì tra il comunismo e la civiltà occidentale. […]."

STEP 3)

Montini quindi era un anticomunista convinto, una sorta di "falco", E il documento "inedito" di cui sopra lo dimostra.

Letto il documento"inedito", io ho risposto quanto segue:

"Il documento in questione non è un inedito, come in questo blog si è sostenuto fino a qualche ora fa (salvo poi correggere il tiro). Il documento fu pubblicato nel 1978 da Ennio Di Nolfo nel volume “Vaticano e Stati Uniti. Dalle carte di Myron Taylor”, e dallo stesso rieditato nel 2003 nel libro “Dear Pope”
La segnatura archivistica è la seguente: NA, RG 59, Taylor Papers, box 15. Tutto ciò è noto, lo ripeto, dal 1978. Che lei non se ne sia accorto (e non sarebbe la prima volta), è, per la storiografia seria, del tutto irrilevante".

STEP 4)

Ecco la risposta degli "storici" al mio intervento sul loro blog.

"Caro prof. Napolitano,
ci dispiace sinceramente che Lei abbia reagito così male alla notizia dell’Ansa.
Effettivamente, Lei ha ragione e ci scusiamo dell’errore. Come Lei stesso ha notato, abbiamo provveduto immediatamente a rimuovere la dicitura “inedito” dal nostro blog. Tuttavia, il nostro obiettivo era chiaro: tramite l’Ansa, intendevamo comunicare a migliaia di lettori che la parabola ecclesiastica e politica di Giovanni Battista Montini presenta tuttora molti punti oscuri, che la storia ufficiale tende a mantenere tali. L’occasione è data dalla trasmissione della fiction televisiva che la Rai manderà in onda in onda questa sera e domani.

In ogni modo il problema non è che il documento sia edito o inedito, che qualcuno l’abbia già pubblicato o meno in un volume che avranno letto sì e no alcune centinaia di studenti universitari.
La questione centrale è la contestualizzazione di questo documento e di molte altre carte in un periodo che vede la Santa Sede e il Comando alleato fare il bello e il cattivo tempo in Italia. Il loro obiettivo consisteva nel garantire la sostanziale continuità tra fascismo e postfascismo a danno delle forze popolari, laiche e cattoliche, che avevano liberato l’Italia dal nazifascismo e che si battevano per una democrazia autentica e sana.
Ci è parso utile, dunque, mettere in evidenza l’atteggiamento oltranzista e assai poco cristiano di una personalità che è passata alla storia per le sue presunte aperture alle istanze della realtà contemporanea.
Il documento del 16-17 settembre 1947 in questione presenta risvolti addirittura comici, tant’è che lo stesso James Graham Parsons è costretto ad indosssare le vesti dell’uomo di sinistra chiarendo a Montini che gli scioperanti non scendevano in piazza perchè comunisti, ma perchè di fatto soffrivano la fame.
E’ opportuno in ultimo ricordare che l’ argentino Uki Goni e altri storici sparsi al di qua e al di là dell’Atlantico, hanno da tempo ampiamente dimostrato, carte alla mano, il ruolo centrale svolto da Montini e da Pacelli tra il ‘46 e il ‘48 nel salvataggio ignobile di centinaia e centinaia di ustascia croati, nazisti tedeschi e austriaci, fascisti italiani. Tutti colpevoli di gravissimi crimini di guerra e contro l’umanità. Come affermano molte carte da noi rintracciate a Londra e a Washington, il Vaticano riteneva che questi “gentiluomini” servivano a combattere il “comunismo” in America latina e in altre parti del mondo.


STEP 4)

A questo punto, proprio per la cortesia usatami ma anche per precisare alcuni punti del dibattito, ho inviato una replica assai dettagliata; che i due "storici" non hanno pubblicato.

Come non hanno pubblicato una replica di Andrea Tornielli, vaticanista de "Il Giornale".

Evidentemente il moderatore del loro blog non è ciò che si dice "un cuor di leone".

Ecco dunque il testo integrale della mia risposta che avrei gradito fosse pubblicata sul loro blog:


"Gentilissimi Dottori,

Innanzitutto grazie per l'ospitalità nel Vostro blog, di cui profitto nuovamente per una replica più articolata.

Accetto senz'altro le vostre scuse, che denotano grande apertura al dibattito.
Devo tuttavia rilevare che gli "scoop" storiografici non sono a Voi nuovi. Se la memoria non m'inganna, un episodio del genere si è già verificato di recente, nella seconda metà dell'ottobre scorso, a proposito di alcuni documenti del Public Record Office, noti da tempo grazie allo studio "Britain and the Vatican" di Owen Chadwick, uscito in Gran Bretagna e in America nel 1986 oltre che naturalmente dalla raccolta "Foreign Relations of the United States".

E' senza dubbio bene che il vostro sito pubblichi in originale documenti che a mio avviso sono interessantissimi. Basterebbe, per completare il quadro e non fuorviare i lettori, aggiungere magari "edito anche in..." Anche perché, come sapete, non c'è nulla di più inedito di ciò di cui non si suppone l'esistenza.

E' assolutamente fuori luogo sostenere che che io abbia reagito male alla notizia dell'Ansa. Io mi sono imitato a deplorare la metodologia, ossia quella sorta di "eccitazione della citazione" che porta a vantare primati di editoria documentaria, che vengono poi regolarmente smentiti.

Proprio per questa ragione le Vostre scuse sono tanto più gradite; anche se esse andrebbero girate ai lettori meno esperti, e proprio per un fatto di onestà intellettuale.

E adesso veniamo alle Vostre considerazioni.

Innanzitutto, un'osservazione di metodo.

Contrariamente a quello che Voi sostenete, Il volume di Ennio di Nolfo non è stato letto sì e no da qualche centinaio di studenti universitari. Il volume è stato letto da migliaia e migliaia di studenti e di studiosi, ha conosciuto una prima e una seconda edizione, entrambe fortunatissime, ed è un classico della letteratura diplomatica per ciò che concerne i rapporti tra Stati Uniti e Vaticano, peraltro scritto da uno dei capiscuola della Storia delle relazioni internazionali in Italia (del quale è ormai un classico anche il manuale che reca appunto il titolo “Storia delle Relazioni Internazionali, ormai alla sua terza edizione per Laterza).

In secondo luogo, prendere un solo documento, decontestualizzandolo, è operazione sempre assai rischiosa. A mio sommesso avviso, sarebbe stato assai più prudente lasciare che i lettori si formassero un'opinione personale, semplicemente sulla base di una serie articolata di documenti. Partire da un solo documento per sostenere una tesi storica, infatti, esporrebbe immediatamente a controdeduzioni da parte di chi dispone di molti altri documenti che quella tesi smentiscono del tutto.

Per esempio: vi si potrebbe chiedere di articolare la tesi dell'alleanza Vaticano-Stati Uniti ai fini della continuità (sic!) tra fascismo e post-fascismo, a cui alludete nel “cappello” introduttivo al documento su Montini, e che non mi è ben chiara. Potrete farlo sul blog o dovunque, con i documenti di cui dite di disporre. Ma dovranno essere documenti che provano inconfutabilmente questa tesi, e che siamo tutti ansiosi (come immaginerete, non solo il solo studioso che vi legge, e altri studiosi ora stanno leggendo anche me).

In terzo luogo, la contestualizzazione di questo documento non è esatta. Far partire questa storia dalla fine del 1947 è inesatto. Il 9 febbraio 1946 (1946), c'è il discorso di Stalin al primo Congresso postbellico del PCUS. E' da quel momento che inizia, a mio avviso, la Guerra fredda, perché è in quel momento che si rompe la coalizione dei vincitori.

Se avrete modo di leggere quel documento, capirete moltissimo della "cortina di ferro" (che nella locuzione originale si tradurrebbe in "sipario di ferro").

Non solo. Ma attribuire a Montini una "politica estera" nel settembre 1947, ossia in un momento in cui solo Pio XII è il Segretario di Stato di se stesso, è del tutto errato. L'azione di Montini non è che il riflesso della politica anticomunista di Pio XII il quale, beninteso, si muoveva in un contesto in cui Stalin era diventato molto più aggressivo in Europa (saprete certamente che l'URSS, ad esempio, dopo Yalta mantiene quel pezzo di Polonia datogli da Hitler, per non parlare degli eventi successivi, come il già ricordato discorso di Stalin del 1946, la reazione sovietica al lancio del Piano Marshall, il colpo di Praga e il blocco di Berlino).

Voglio poi ricordare che si era alla vigilia del ritiro delle forze di occupazione alleate, previsto dopo l'entrata in vigore del trattato di pace italiano. Che sarebbe accaduto a un'Italia sguarnita di ogni protezione, proprio alla vigilia delle prime elezioni politiche? In questa chiave si può leggere la prima parte del documento che anche voi pubblicate: Mosca ha dato la rivoluzione come parola d'ordine; con questo bisogna fare i conti alla vigilia delle elezioni del 18 aprile 1948.

E' chiaro, quindi, che Montini non ha una sua "politica estera". Pio XII è il più stretto collaboratore di se stesso; e questo lo leggiamo in documenti che voi stessi dovreste conoscere.

Apprendiamo ad esempio dalle carte di Myron Taylor che "la Santa Sede è stata senza un Segretario di Stato. I compiti che spettano a questo ufficio sono ora divisi tra il Papa stesso e due sottosegretari di Stato [ossia Tardini e Montini, ndr]. Negli ambienti vaticani si ritiene che questa sia una situazione insoddisfacente. I membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede trovano spesso difficile trattare affari ordinari con i sottosegretari poiché da un lato essi esitano a impegnare il tempo del Papa per ogni questione in discussione, dall'altro non sono sempre certi dell'autorità di un sottosegretario per trattare il soggetto in questione". (Tittmann a Byrnes, 25 luglio 1945, National Archives II, College Park, Md, Rg. 59, 866A.00/7-2545, in E. Di Nolfo, "Vaticano e Stati Uniti", Milano, Franco Angeli, 1978, doc. 247)

E questa è una situazione che dura dall'estate del 1944!

Che la Santa Sede sia preoccupata per il dinamismo sovietico non è pertanto né un mistero né una novità; e tantomeno costituisce un demerito. L'Unione sovietica del tempo è capeggiata da uno che si chiama Stalin, non da Gorbaciov!

Che voglio dire con ciò? semplicemente quello che ci dicono i documenti:

Il 15 ottobre 1945, Tittmann inoltra a Byrnes, dalla Città del Vaticano, un memorandum confidenziale consegnatogli da Montini "nel quale sono descritte le condizioni che si afferma esistessero nella zona occupata dai russi a Berlino durante i mesi di aprile, maggio e giugno del 1945. Alcune delle affermazioni contenute nel memorandum tolgono il respiro, ma questo ufficio non è in grado di valutare l'accuratezza delle informazioni raccolte né l'opinione del loro autore, il cui nome non è stato indicato. Tuttavia, il fatto che mons. Montini di sua propria iniziativa ritenesse appropriato fornirmi tali informazioni sembrerebbe implicare che la Santa Sede considera tale fonte come degna di fede" (National Archives II, Rg. 59, Taylor Papers, box 9, in E. di Nolfo, cit.,doc. 253). Il memorandum in questione su ciò che i russi stanno facendo nella loro zona berlinese, a leggerlo, certamente toglie il respiro, ed è purtroppo confermato da altre fonti, e in particolare dal bel libro di Anthony Beevor, "Berlino 1945" (Milano, Rizzoli, 2004), specialmente negli ultimi tre capitoli (il libro è basato su numerose fonti archivistiche).

E veniamo ora al documento da Voi proposto.

Ci sono delle correzioni che, a mio avviso, occorrerebbe apportare per migliorarne la comprensione.

Quando,ad esempio, si parla dei motivi per cui sinora i comunisti, pur avendo la possibilità di prendere il potere con ogni mezzo, e non l'hanno fatto, voi così traducete:

"Come si legge sulla rivista Foreign Affairs, i comunisti non hanno un calendario operativo. La loro dottrina, infatti, li rassicura sul fatto che i governi non comunisti cadranno in ogni modo. Per questo motivo, la loro propaganda è aggressiva mentre le loro mosse strategiche si richiamano alla cautela".

Nel documento originale, conservato nelle carte di Myron Taylor si legge invece: "Primo, come Mr. X ha scritto in Foreign Affairs...".

Ma chi era “Mr X”? Era nient'altro che il diplomatico George F. Kennan, in forze all'ambasciata americana a Mosca, e autore di un lungo segretissimo telegramma inviato al Dipartimento di Stato il 22 febbraio 1946 (Foreign Relations of the United States, 1946. Eastern Europe, the Soviet Union, Volume VI, 1946, pp. 696-709), in cui egli commentava appunto il discorso di Stalin al PCUS del 9 febbraio 1946, traendone le conclusioni. Questo telegramma (visibile anche sul sito dell'Avalon Project dell'Università di Yale e su quello della George Washington University) apparve nel 1947 sulla rivista "Foreign Affairs" a firma, appunto di "Mr. X".

Tutto questo fa concludere per un rapporto di causa-effetto tra il discorso di Stalin, che io ricordavo, e la politica di "containment" americana, inaugurata appunto in seguito al "lungo telegramma" di Kennan.


Nella traduzione da Voi qui proposta, invece, non citando "Mister X", ossia Kennan, non si coglie affatto questo nesso, e il lettore può esserne tratto in inganno.

Secondo punto. Quando si parla degli scioperi e del punto di vista di Montini, vengono aggiunti alla fine dei puntini di sospensione, che sottraggono al lettore una parte consistente del documento.

Dopo la considerazione di Montini, secondo cui gli scioperi in atto "spingono l'Italia nelle braccia dei comunisti", il discorso viene spezzato senza citare quanto il diplomatico americano gli risponde.

Ecco il seguito.

"Ho risposto - scrive Parsons nella parte da Voi omessa - che nonostante ciò il nostro governo resta risoluto a aiutare con gli interim aids, se esso riuscirà a risolvere i problemi tecnici relativi alla concessione di denaro e merci in tempo. Tutto però dipende da due fattori: 1) la continua determinazione del governo italiano e, 2) il Congresso americano. Montini mi ha chiesto se potevo dirgli quando il Congresso si riunirà e che cosa farà. Gli ho spiegato perché non c'è risposta a entrambe le domande in questo momento e ho aggiunto che avremo sei o sette gruppi di membri del Congresso a Roma nel prossimo mese o nelle prossime sei settimane. Sono sicuro che molti di essi chiederanno udienza al Santo Padre che senza dubbio, come sempre, farà su di essi e sulla loro mente una profondissima impressione. Montini ha detto che egli farà in modo che questi gruppi ricevano la migliore udienza possibile".

Che significa tutto ciò?

Significa che, lungi dal sottovalutare le considerazioni di Montini, Parsons lo aveva assicurato che, per impedire all'Italia di cadere nelle braccia dei comunisti, gli Stati Uniti avevano varato gli "interim aids", ossia degli aiuti economici, approvati alla fine del 1947, non solo in favore dell'Italia, ma anche in favore di Francia e di Austria, per colmare il vuoto finanziario di cui i paesi occidentali avrebbero risentito fra l'autunno del 1947 (e, guarda caso, il documento è del settembre 1947!) e il varo dell'European Recovery Program (ERP), ossia del Piano Marshall, il cui lancio operativo era previsto all'inizio del 1948.

Perché dare soldi nell'attesa che arrivassero i consistenti finanziamenti del Piano Marshall? Perché evidentemente la povertà dilagante, i ritardi nella ricostruzione e la diffusa indigenza economica delle popolazioni avrebbero implicato il rischio di spingere i paesi occidentali nelle braccia dei sovietici, legalmente, alla prima consultazione elettorale, o per via rivoluzionaria.

Ecco quindi smentita la Vostra tesi secondo cui "Montini è il falco infastidito dagli scioperi degli operai delle fabbriche e dei contadini alle prese con la fame di terra e la sete di libertà, Parsons invece è la colomba che capisce le difficoltà dell'emergenza postbellica e non vede complotti bolscevichi dietro ogni angolo"

Le cose non stanno affatto così.

Se gli Stati Uniti vararono degli aiuti interinali per dar modo alle democrazie italiana, francese e austriaca di resistere all'impeto dei forti partiti comunisti che operavano al loro interno e, in senso più lato, per opporsi all'Unione Sovietica, ciò significa semplicemente che anche gi americani (e Parsons) credevano di dover fronteggiare in Europa occidentale un'emergenza postbellica in cui l'aggressività dei partiti comunisti occidentali agli ordini di Mosca era tutt'altro che da sottovalutare.

Solo con aiuti concreti, ossia finanziando la ricostruzione ancor prima che entrasse in funzione il Piano Marshall, sarebbe stato possibile sottrarre quelle popolazioni alla sirena comunista. Al punto che, avendo il Congresso un ruolo importante nel varo di questi aiuti, Parsons diede a Montini una "dritta" sul modo di far presente ad alcuni congressisti, in prossima visita a Roma, quale fosse il punto di vista del Vaticano.

Altro, quindi, che distinzione tra un Montini “falco” e un Parsons “colomba”!

Quanto a Uki Goni, che è un giornalista e non uno storico, e ad altri storici (ma a chi esattamente vi riferite?) che carte alla mano avrebbero ampiamente dimostrato "il ruolo centrale svolto da Montini e da Pacelli tra il '46 e il '48 nel salvataggio ignobile di centinaia e centinaia di ustascia croati, nazisti tedeschi e austriaci, fascisti italiani", rendendosi responsabili e quindi capofila della cosiddetta "Operazione Odessa", io non solo ho la fortuna di avere la maggiore letteratura su questo caso, ma posso aggiungere due osservazioni su Goni, di cui ho le varie edizioni del libro, in inglese e in italiano (avendo anche cisto quella in lingua originale spagnola).

Forse non è noto che nella prima di queste edizioni Goni si azzardò a scrivere il capitolo sul Vaticano e Odessa senza documenti a suffragio delle sue tesi. Il che la dice lunga sullo "storico". Egli ammise l'errore e preparò in fretta una seconda edizione, solo dopo essersi recato al PRO a prendere i documenti utili a suo avviso a suffragare la tesi del perfido Pio XII filonazista.

Quando uscì questa seconda edizione io mi trattenni da qualsiasi giudizio, in attesa di leggere tutta la documentazione prodotta. Lessi attentamente, testo e tutte le note, ma mi presi anche la briga di procurarmi negli archivi britannici tutta (tutta) la documentazione usata da Goni in quel capitolo sul Vaticano. Mentre ai National Archives di college Park, in Maryland, mi procurai il famoso "Rapporto LaVista"(con tutti gli allegati).

Studiato il tutto, ho scoperto che la tesi di Goni non regge, e che anzi essa può reggere solo coi tagli (i puntini di sospensione, i corsivi abbreviativi del discorso diretto, eccetera) di cui Goni ha infarcito il suo libro.

Per esempio, non è noto che alcuni di questi "criminali" non erano tali semplicemente perché trattavasi di errore di persona. Lo dicono i documenti, ma Goni lo tace.

Ma c'è molto altro che per ora non posso anticipare, perché oggetto di un mio futuro saggio.

Beninteso. Con questo non voglio negare che l'Operazione Odessa abbia avuto protagonisti alcuni prelati vaticani, e che ciò sia stato altamente deprecabile per tutta la Chiesa cattolica; ma che certamente né Montini né tantomeno il Papa Pio XII ebbero a che fare con tutta questa vicenda.

La prova? Non c'è un documento, che sia uno, usato da Goni o da altri (ma possiamo anche citarli per nome?) che possa dimostrare il contrario.

Desidero ringraziarVi nuovamente per l'attenzione e per la cortesia usatami nel rispondere.

Chiudo dicendo che io non vedo la storia da destra o da sinistra. La giudico solo dal metodo che si usa.  E, per quanto la storia sia una scienza umana e non esatta, cerco di non asservire mai i documenti alle mie convinzioni personali, o a tesi precostituite, ritenendo ciò una tattica del tutto fallimentare.

 

Questa è la storia, fatta senza gli "omissis" di Casarrubea e Cereghino. Ed è tutta un'altra storia.

http://vaticanfiles.splinder.com/


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