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Il vademecum della Conferenza episcopale italiana per la pastorale verso i cristiani orientali non cattolici

Ultimo Aggiornamento: 03/03/2010 19:15
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03/03/2010 19:15

Il vademecum della Conferenza episcopale italiana per la pastorale verso i cristiani orientali non cattolici

Collaborazione senza proselitismo né relativismo


Roma, 3. Proselitismo e relativismo:  sono questi i principali rischi presenti nei rapporti pastorali con i cristiani orientali non cattolici messi in evidenza nel vademecum della Conferenza episcopale italiana (Cei), già disponibile on line - come abbiamo riferito nell'edizione di ieri - che nel pomeriggio di oggi viene ufficialmente presentato ad Ancona. Si conclude infatti oggi nel capoluogo marchigiano la tre-giorni del convegno nazionale dei delegati diocesani per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso dedicato appunto alle "nuove sfide pastorali" e ai "nuovi incontri spirituali" posti dalla presenza, sempre più numericamente consistente, dei cristiani ortodossi in Italia.
Il documento, autorizzato dal Consiglio episcopale permanente del settembre 2009, è a cura di due uffici della segreteria generale della Cei, quello per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso, diretto da don Gino Battaglia, e quello per i problemi giuridici guidato da monsignor Adolfo Zambon. Destinato prevalentemente ai parroci, e agli operatori pastorali, il vademecum raccoglie e organizza tutta la disciplina vigente nella Chiesa cattolica sui "corretti rapporti" con i fedeli appartenenti alle diverse Chiese ortodosse. Il testo fa il punto in particolare su alcune indicazioni relative all'amministrazione dei sacramenti, ai matrimoni misti e all'ammissione dei fedeli alla piena comunione nella Chiesa cattolica. Nello spiegare cosa ha portato i due uffici Cei alla elaborazione del vademecum, monsignor Zambon e don Battaglia si riferiscono in particolare alla consistenza del fenomeno migratorio dall'Est europeo, che negli ultimi venti anni ha fortemente interessato la penisola italiana. Infatti, circa la metà degli immigrati presenti in Italia sono cristiani:  fra di loro i fedeli ortodossi erano stimati nel 2008 in circa un milionecentotrentamila. E si può prevedere che, se i flussi migratori manterranno le caratteristiche attuali nei prossimi anni l'insieme di tali fedeli diventerà la seconda comunità religiosa italiana. "Questa nuova realtà - scrivono i responsabili dei due uffici della Cei - cambia anche i termini dei rapporti ecumenici nel nostro Paese". Infatti, viene sottolineato, "il numero dei fedeli è tale da rendere impossibile alle comunità orientali, che pure vanno progressivamente strutturandosi, di fare fronte compiutamente alle loro esigenze spirituali e pastorali. È dunque urgente considerare le conseguenze pastorali e giuridiche della presenza dei fedeli orientali non cattolici all'interno delle comunità cattoliche, a motivo dei contatti che si instaurano, per rispondere in maniera corretta alle richieste che essi presentano".
La prima parte del vademecum presenta, in modo sintetico, alcuni elementi dottrinali utili per comprendere il profilo delle Chiese orientali non cattoliche in Italia. La seconda intende offrire alcune indicazioni relative alla condivisione del culto liturgico sacramentale. Il vademecum è dunque uno strumento che intende venire incontro alle difficoltà incontrate quotidianamente dalle parrocchie italiane, riguardo alcuni temi assai delicati, quali l'amministrazione dei sacramenti e i matrimoni misti - il cui numero negli ultimi dieci anni è aumentato notevolmente - che spesso sono fonte di equivoci e disorientamento.
L'indicazione generale è pertanto quella che il sacerdote cattolico debba valutare molto bene le "concrete circostanze" che conducono un fedele delle Chiese ortodosse a richiedere l'accesso a un sacramento, perché se non lo si facesse "si potrebbe cadere nel rischio di assecondare atteggiamenti di indifferentismo o relativismo ecclesiologico o di esporsi al dubbio di un latente proselitismo". Nel documento si chiarisce, infatti, che "le Chiese orientali che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica hanno validi e veri sacramenti, garantiti dalla successione apostolica". Non essendoci, tuttavia, ancora la piena comunione tra le Chiese, il principio generale da seguire è che "i ministri cattolici amministrano lecitamente i sacramenti ai soli fedeli cattolici, i quali parimenti li ricevono lecitamente dai soli ministri cattolici". La Chiesa cattolica, a ogni modo, permette la condivisione di vita sacramentale "in certe circostanze e a determinate condizioni", e comunque sempre "per singole persone". Riguardo poi all'eucaristia, si afferma che l'ammissione alla comunione di un fedele orientale non cattolico da parte di un ministro cattolico può avvenire in "circostanze speciali e in casi singoli". Si richiede che "il singolo fedele abbia un grave bisogno spirituale" e che non sia "divorziato e risposato" e questo, si sottolinea, "nonostante nella sua Chiesa ciò sia permesso".


(©L'Osservatore Romano - 4 marzo 2010)
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