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In Nigeria 500 morti (tutti cristiani) per scontri etnici e religiosi a Jos

Ultimo Aggiornamento: 16/03/2010 21:45
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16/03/2010 21:45

Appello dell'arcivescovo di Jos

Un'azione comune in Nigeria per estirpare la violenza


Jos, 16. "È ora che i leader politici facciano la loro parte e affrontino alla radice le cause delle violenze. Non mi stancherò di ripeterlo:  le vere cause della luttuosa violenza non sono religiose, ma etniche, sociali, politiche ed economiche". Lo sottolinea all'agenzia Fides monsignor Ignatius Ayau Kaigama, arcivescovo di Jos, capitale dello Stato di Plateau in Nigeria.
"Noi religiosi - afferma il presule - continueremo a fare la nostra parte, predicando la non violenza e il rispetto reciproco, occorre però che anche gli amministratori e i politici facciano la loro".
 Tra le cause profonde della crisi monsignor Kaigama accenna alla distinzione tra "indigeni" e "non indigeni", che divide le popolazioni dello Stato. Secondo diversi analisti, infatti, alla radice degli scontri nello Stato di Plateau vi è la distinzione, che risale ai tempi della colonizzazione britannica, tra chi ha lo status di "indigeno" e di "non indigeno". Nel primo caso, si ha accesso a una serie di diritti, in quanto abitante originario dello Stato. I "non-indigeni", invece, subiscono discriminazioni, come per esempio, l'esclusione da diversi posti statali, limitazioni all'accesso alle università per le quali devono pagare tasse d'iscrizione più alte.
In una nota il presule ricostruisce così gli ultimi attacchi:  "A meno di due mesi dai fatti del 17 gennaio 2010, in cui centinaia di persone hanno perso la vita, oltre un centinaio di persone sono state uccise in un raid, che si è verificato il 7 marzo nei villaggi dei Dogon Nahawa, Ratsat e Zot Foron, a circa 15 chilometri a sud della città di Jos, in quello che sembra essere un attacco di rappresaglia. Gli abitanti del villaggio del gruppo etnico Berom (in prevalenza cristiani) hanno affermato che gli aggressori erano pastori musulmani fulani, che li hanno aggrediti mentre dormivano". Sempre secondo quanto riferisce la nota "l'attacco è durato più di due ore e le vittime erano completamente impreparate ad affrontare la furia degli assalitori. L'ampio uso di armi da fuoco, spade e altre armi letali ha lasciato poche speranze alle vittime, soprattutto bambini e donne, che sono state attaccate e bruciate mentre cercavano di sfuggire al massacro".
Le cifre esatte delle vittime sono normalmente difficili da verificare in tali circostanze. I media hanno dato cifre divergenti che vanno da 150 a oltre 700. Il parroco della parrocchia Saint Thomas Shen che serve le zone colpite, padre Philip Jamang, ha detto che ha assistito di persona alla sepoltura di massa di 64 persone nel villaggio Dogon Na Hawa, di 30 persone in quello di Ratsat e di 24 in quello di Zot Foron. Un abitante del villaggio ha descritto come gli assalitori andavano in giro iniziando a sparare in aria, al fine di far uscire le persone dalle loro case per poi colpirle a colpi di machete e di altre armi, e bruciare le loro case.
Come nel caso della crisi del 2008, l'arcidiocesi cattolica di Jos sta organizzando una celebrazione eucaristica di solidarietà e di suffragio per le vittime. La Messa si terrà il 19 marzo presso la Saint Jarlath's Parish Church Bukuru, in un'area che è stata particolarmente colpita. "Abbiamo effettuato - conclude l'arcivescovo di Jos - una raccolta di denaro e di beni di prima necessità per aiutare i superstiti. Abbiamo ottenuto il sostegno di alcune diocesi della Nigeria, delle agenzie internazionali della Chiesa e di singole persone. Il nostro dipartimento Giustizia e pace e la Caritas hanno inviato prodotti alimentari, medicine e abbigliamento per le migliaia di persone sfollate. Si tratta di musulmani, cristiani e persone di altre confessioni".


(©L'Osservatore Romano - 17 marzo 2010)
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