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Il Papa Domenica 14 sarà nella chiesa evangelica luterana di Roma

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2010 17:57
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09/03/2010 15:12

Domenica nella chiesa evangelica di Roma per il papa

da Angela Ambrogetti

Domenica prossima il papa incontra la Comunità evangelica luterana di Roma. L' appuntamento è per il pomeriggio alle 17.30 nella Christuskirche di Via Sicilia. La notizia era trapelata lo scorso autunno e segna un passo avanti significativo per il dialogo ecumenico. La comunità è retta dal pastore Jens-Martin Kruse, circa trecento i membri inseriti in diverse attività spirituali, formative e culturali: dalle lezioni per i Confermandi ad iniziative per l'animazione liturgica, dai circoli di dialogo con altri gruppi religiosi all'associazione femminile. I fedeli svolgono inoltre una proficua opera di assistenza ai bisognosi del quartiere Ludovisi e di altri rioni romani e intrattengono attive relazioni ecumeniche con le altre Chiese cristiane. Una liturgia in lingua tedesca viene celebrata ogni domenica alle ore 10.00, mentre ogni seconda domenica del mese il servizio religioso è celebrato anche in lingua italiana, alle ore 17.00 e ogni quarta domenica, nelle due lingue, alle ore 10.00.
"Avere tra noi il vescovo di Roma ci sembra essere un bel segnale per l'ecumenismo nella nostra città", ha dichiarato il pastore della Comunità di via Sicilia, Jens-Martin Kruse. L'invito a Papa Ratzinger da parte della comunità luterana di Roma risale al 2008, quando ricorrevano i 25 anni dalla visita di Giovanni Paolo II presso la "Christuskirche" di via Sicilia. Infatti, il predecessore di Benedetto XVI vi si recò l'11 dicembre del 1983, in occasione del cinquecentenario della nascita del Riformatore Martin Lutero. "Stavolta l'idea era quella di ricordare questo evento insieme a Benedetto XVI e alla nostra comunità", ha aggiunto Kruse.
Al culto, interverrà papa Benedetto XVI con un'omelia su Giovanni 12,20-26: al centro della sua predicazione sarà dunque il seme, che solo morendo, porterà i suoi frutti. Il pastore Kruse invece, prendendo spunto dal primo capitolo della II Lettera di Paolo ai Corinzi, parlerà dell'aiuto di Dio nell'azione. La celebrazione, alla quale, fra gli altri, è stato invitato anche il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, si svolgerà in lingua tedesca. Kruse ha sottolineato come la scelta dei versetti biblici è stata dettata dal calendario della comunità già prestabilito.
Quella romana è una delle 14 comunità integrate nella Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI/ELKI), composta nell'attualità da qualche migliaio di membri e fondata nel 1949; membro della Federazione Luterana Mondiale, la CELI è interessata al dialogo con la Chiesa Cattolica soprattutto per quanto riguarda gli aspetti pastorali, in quanto molti dei suoi membri vivono in famiglie di confessione mista. Le prime pagine della storia della Comunità romana risalgono all'ottobre 1817, quando un volantino venne fatto circolare nei locali del Caffè Greco, ritrovo dei tedeschi, in maggioranza artisti: erano invitati a partecipare ad una celebrazione religiosa in casa del segretario della Legazione Prussiana, per commemorare il trecentesimo della Riforma.
A sostenere la crescente richiesta della pratica evangelica nella città dei Papi fu il Legato prussiano presso la Santa Sede Barthold Georg Niebuhr, l'autore della Römische Geschichte, insieme al suo vice e successore Christian Josias von Bunsen. Accedendo alle loro petizioni il Re Federico Guglielmo di Prussia inviò a Roma nel 1819 il primo pastore evangelico, Heinrich Schmieder: da quel momento si celebrò a Roma il culto evangelico, inizialmente solo con la protezione e nella sede dell'ambasciata tedesca sul Campidoglio. I due diplomatici citati furono particolarmente attenti alle esigenze della piccola comunità tedesca: venne costruito un ospedale e si iniziò a pensare ad una scuola: il tutto negli ambienti dell'Ambasciata.
Nel 1870 Roma divenne la capitale del Regno d'Italia: solo allora la comunità evangelica poté prescindere dalla protezione diplomatica e professare pubblicamente il proprio culto; il servizio liturgico continuò ad essere celebrato in una stanza di Palazzo Caffarelli adibita a Cappella: ne parlano i diari dei numerosi viaggiatori che vi si radunavano periodicamente. Dopo il 1915 si cominciò a pensare ad un vero e proprio edificio ecclesiale, per il quale venne lanciata una raccolta di fondi in Germania. Per volontà del Re Guglielmo II la nuova costruzione sorse su un terreno di Villa Ludovisi - sito nell'antichità degli Horti Sallustiani - e venne progettata dall'architetto Franz Schwechten, che aveva firmato anche il Memoriale Kaiser Wilhelm a Berlino; fu consacrata dopo la prima Guerra Mondiale, nel 1922. La spoglia facciata di travertino del tempio è ornata da lesene e presenta tre nicchie che contengono le statue di Pietro, del Cristo e di Paolo. L'interno è in stile romanico, con una decorazione musiva essenzialmente geometrica, ad eccezione del Pantocrator raffigurato nell'Abside. Completano la costruzione tre campanili, dei quali il più alto contiene tre campane fuse nel 1914, dette campane "di Lutero", poiché riproducono nel suono quello originale delle campane della Cappella palatina di Wittenberg, andate distrutte durante la prima Guerra Mondiale.
Nell'ottobre 1998 la Comunità evangelica luterana di Roma celebrò la sua annuale festa alla presenza di due ospiti illustri, il cardinale Joseph Ratzinger e il vescovo di Berlino Wolfgang Huber, che tennero delle riflessioni di grande respiro dedicate al cammino e alle speranze del movimento ecumenico. L'anno successivo, il 31 ottobre 1999, sarebbe stato compiuto un ulteriore, fondamentale passo nel cammino del dialogo, con la firma ad Augsburg/Augusta (Germania) della Dichiarazione congiunta cattolica-luterana sulla Dottrina della giustificazione, da parte del card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani e del pastore Ishmael Noko, segretario generale della Federazione Luterana Mondiale.

http://www.angelambrogetti.org/
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13/03/2010 19:39

Domenica 14 marzo la visita di Benedetto XVI alla comunità evangelica luterana di Roma

La Parola di Dio terreno comune per il dialogo


La Parola di Dio è il terreno comune sul quale si innesta il dialogo ecumenico. È proprio intorno alla mensa della Parola che si svolge la visita di Benedetto XVI alla comunità evangelica luterana di Roma, nel pomeriggio di domenica 14 marzo. Il Papa partecipa al culto nella Christuskirche di via Sicilia, pronunciando un'omelia sui versetti 20-26 del capitolo dodicesimo del Vangelo di Giovanni, mentre il pastore Jens-Martin Kruse predica sui versetti 3-7 del primo capitolo della seconda Lettera di san Paolo ai Corinzi.
L'incontro si svolge nel giorno in cui la Chiesa cattolica e la comunità luterana celebrano la liturgia della domenica Laetare. Nel periodo della Quaresima, questa domenica è pervasa dalla letizia, perché nel cammino verso Gerusalemme si intravede la gioia che raggiungerà la sua pienezza nella mattina di Pasqua. Il nome deriva dalle prime parole dell'antifona d'ingresso in latino:  Laetare cum Hierusalem, et exultate in ea, omnes qui diligitis eam. Lo svolgimento del culto si inserisce in questa atmosfera di gioia.
Il Papa viene accolto al suo arrivo dal pastore Kruse e dagli otto membri del consiglio. Fa il suo ingresso processionalmente nella chiesa, raggiunge l'altare della celebrazione, accompagnato dal canto Jubilate Deo di Wolfgang Amadeus Mozart, e ascolta il breve saluto della presidente della comunità Doris Esch. Seguono l'inno Liebster Jesu, wir sind hier, il salmo 84, il Kyrie eleison e il saluto liturgico da parte del pastore. Dopo la lettura del brano della seconda Lettera di san Paolo ai Corinzi, Kruse tiene l'omelia, al termine della quale il coro intona Befiehl du deine Wege di Johann Sebastian Bach. Dopo la proclamazione del Vangelo di Giovanni, Benedetto XVI pronuncia l'omelia. Il coro poi intona Verleih uns Frieden gnädiglich di Felix Mendelssohn Bartholdy. Il Papa invita l'assemblea alla professione del Credo niceno-costantinopolitano. Vengono lette le preghiere dei fedeli, al termine delle quali il Pontefice guida la recita del Padre Nostro e impartisce la benedizione finale. In questo incontro ecumenico, il Pontefice è accompagnato dai cardinali William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, Agostino Vallini, vicario di sua Santità per la diocesi di Roma. Da parte luterana sono presenti, tra gli altri, il decano in Italia pastore Holger Milkau e il pastore Michael Riedel-Schneider, responsabile della comunità evangelica tedesca per l'Europa del sud. Non è la prima volta che Benedetto XVI visita il tempio luterano. Il 19 ottobre 1998, quando era cardinale e prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, vi si recò per partecipare a un dibattito ecumenico sul tema "Prospettive personali. Esperienze, posizioni ed aspettative ecumeniche" con il vescovo luterano di Berlino Wolfgang Huber.
L'invito al Vescovo di Roma da parte della comunità luterana risale al 2008 e nacque dal desiderio di ricordare il XXV anniversario della storica visita che Giovanni Paolo ii compì l'11 dicembre 1983 alla Christuskirche di via Sicilia, in occasione dei cinquecento anni della nascita di Martin Lutero. È stata la prima volta che un Papa ha predicato in un luogo di culto luterano dall'inizio della Riforma.
Le origini della comunità luterana di Roma risalgono all'autunno del 1817. Le prime celebrazioni liturgiche si svolsero nel palazzo della legazione prussiana sul Campidoglio. A poco a poco, si formò una piccola comunità di lingua tedesca, composta soprattutto da artisti che si ritrovavano nel Caffè Greco. I legati prussiani a Roma fecero richiesta al re Federico Guglielmo iii di Prussia di inviare un pastore evangelico.
Il primo pastore giunse nel 1819. Da quell'anno si celebrò il culto protestante nella città eterna. Tra il 1911 e il 1915, per volere di Guglielmo ii, venne costruita su un terreno intorno ai giardini di Villa Ludovisi la Christuskirche, secondo il progetto dell'architetto Schwechten. La chiesa venne inaugurata il 5 novembre 1922. L'edificio ha tre campanili, il più alto dei quali ha tre campane fuse nel 1914, dette "di Lutero" perché riproducono il suono originale delle campane della cappella palatina di Wittenberg distrutte nel corso della prima guerra mondiale. Dal 1992 la comunità evangelica luterana di Roma, che attualmente conta circa 350 fedeli, celebra nella Christuskirche la liturgia della domenica e delle grandi festività.
(nicola gori)


(©L'Osservatore Romano - 14 marzo 2010)
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15/03/2010 10:19

Benedetto XVI nella chiesa luterana di Roma per promuovere l'unità

Sottolinea gli elementi comuni e chiede di avanzare con impegno


di Jesús Colina

ROMA, domenica, 14 marzo 2010 (ZENIT.org).

Benedetto XVI ha visitato questa domenica pomeriggio la chiesa evangelica luterana di Roma allo scopo, come egli stesso ha affermato, di continuare a promuovere l'unità di modo che i cattolici e i figli della Riforma diano una testimonianza comune di Cristo.
"Ascoltiamo tanti lamenti sul fatto che non ci sono più nuovi sviluppi nell'ecumenismo, ma dobbiamo dire, e possiamo dirlo con tanta gratitudine, che già ci sono tanti elementi di unità", ha dichiarato in un discorso pronunciato in tedesco lasciando i fogli da parte.
Il Pontefice ha invitato a ringraziare per il fatto "che siamo qui presenti insieme, per esempio, in questa domenica, che cantiamo insieme, che ascoltiamo la parola di Dio, che ci ascoltiamo gli uni gli altri guardando tutti insieme all'unico Cristo, rendendo così testimonianza dell'unico Cristo".
Benedetto XVI è stato accolto con un prolungato applauso nella "Christuskirche" di Via Sicilia. Il coro, composto da luterani e seminaristi cattolici tedeschi, intonava lo Jubilate Deo di Mozart.
Il presidente della comunità luterana di Roma, che ha 350 membri, la signora Doris Esch, ha ricordato nel saluto di benvenuto in italiano e tedesco che nel 1983 Giovanni Paolo II aveva visitato la chiesa, in occasione del quinto centenario della nascita di Lutero.
Il Cardinale Joseph Ratzinger già conosceva il tempio, perché nel 1998, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, aveva incontrato la Comunità evangelica luterana romana per la sua festa annuale.
La signora Esch ha anche sottolineato che questo incontro ecumenico ricordava i dieci anni dalla firma della dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, e ha concluso il suo intervento dicendo: "Possa, Santità, qui sentirsi a casa".
Dal canto suo, il giovane pastore della comunità, Jens-Martin Kruse, ha iniziato il suo discorso riconoscendo: "Per noi è veramente un giorno della gioia". La sua omelia si è trasformata in un profondo commento del significato della "gioia" cristiana in questa domenica "Laetare", in pieno cammino quaresimale.
Citando San Paolo, il pastore ha invitato ad avanzare sulla via di Cristo: "non a procedere gli uni accanto agli altri, ma insieme", "ad essere gli uni per gli altri", "e nella tribolazione a consolarci mutuamente con la consolazione che noi stessi siamo consolati da Dio".
Nel suo discorso, il Papa ha riconosciuto che "certamente non dobbiamo restare contenti dei successi dell'ecumenismo negli ultimi anni, perché non possiamo bere dallo stesso calice e non possiamo essere insieme intorno all'altare".
"Questo ci deve rendere tristi perché è una situazione peccaminosa, ma l'unità non può essere fatta dagli uomini. Dobbiamo affidarci al Signore, perché è l'unico che può darci l'unità. Speriamo che Lui ci porti a questa unità", ha aggiunto.
Richiamando le parole del pastore Kruse, il Santo Padre ha riconosciuto che il primo punto di incontro tra luterani e cattolici "deve essere la gioia e la speranza che già viviamo, e la speranza che questa unità possa essere più profonda".
Dopo il servizio domenicale, il Pontefice ha partecipato a un incontro fraterno con la comunità e il suo pastore.
La costruzione della chiesa è terminata nel 1922. Il tempio è opera di Franz Schwechten, architetto di corte dell'imperatore tedesco Guglielmo IV.

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15/03/2010 10:24

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14/03/2010 19.18

 Sorriso la diretta è appena terminata e devo dire che le cose sono state fatte davvero con molta discrezione e senza confusione...

Il Santo Padre è entrato con la mozzetta rossa e la stola di Pio IX....
Accolto da un brano di Mozart da far impallidire davvero il modo da stadio con il quale si accoglie il Vescovo di Roma nelle comunità cattoliche...

Il rispetto PER L'ALTARE mi ha davvero rapita.... NESSUN LAICO si è mai avvicinato all'altare, essi andavano a leggere dal lambone la Scrittura, all'altare si è avvicinato solo il Pastore e il Papa alla fine per la benedizione e segnalo che tutti, pastore e fedeli SI SONO FATTI IL SEGNO DELLA CROCE....
lo sottolineo perchè il protestantesimo moderno Pentecostale lo ha abolito....

I Salmi sono stati cantati, uno lo conosciamo pure perchè lo cantiamo allo stesso modo anche noi...
Faccio notare l'amorevole CURA dell'altare e del Crocefisso sopra di esso....

L'omelia il Papa l'ha fatta dal pulpito...
aveva il foglio ma ha preferito evidentemente all'ultimo parlare a braccio....immagino che ci vorranno giorni per avere il testo integrale...

Il Papa ha parlato in tedesco....ma da qualche commento ascoltato, egli avrebbe sottolineato l'importanza di cercare strade e modi per andare incontro all'unità che è dono di Gesù Cristo....

Oserei dire un incontro davvero che è una VISITA AMICHEVOLE  ma al tempo stesso l'apprensione di un Pastore che va a cercare la pecorella smarrita....infatti è una piccola comunità di 300 persone...se pensiamo che le nostre parrocchie (la mia qui per esempio) contano dai mille, ai duemila, ai 5mila fedeli, possiamo davvero comprendere la SOLLECITUDINE DEL PASTORE che "lascia le 99 pecore per andare alla ricerca di quella sperduta"... Occhiolino
questa è l'impressione che ho avuto....

Tutto bello si, ma si sentiva  E SI AVVERTIVA UN VUOTO: IL TABERNACOLO ASSENTE
....

Ecco due serie di immagini che sono riuscita a catturare durante la diretta:




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15/03/2010 10:28

VATICAN CITY, VATICAN - MARCH 14:  Pope Benedict XVI arrives to the Evangelic Lutheran church of Rome for a visit to the  the Lutheran community on March 14, 2010 in Vatican City, Vatican. Benedict spoke about the relationships between the different Christian churches.

Pope Benedict XVI, background right, during his visit at Rome's Lutheran church, Sunday, March 14, 2010.

Lutheran minister Jens-Martin Kruse, left, is presented with a gift by Pope Benedict XVI on the occasion of Pontiff's visit at Rome's Lutheran church, Sunday, March 14, 2010.

VATICAN CITY, VATICAN - MARCH 14:  Pope Benedict XVI listens the sermon of Rev. Jens-Martin Kruse during  his visit to the Lutheran Church of Rome on March 14, 2010 in Vatican City, Vatican. Benedict spoke about the importance of relationships between the different Christian churches.

VATICAN CITY, VATICAN - MARCH 14:  Pope Benedict XVI flanked by Rev. Jens-Martin Kruse prays prays during  his visit to the Lutheran Church of Rome on March 14, 2010 in Vatican City, Vatican. Benedict spoke about the importance of relationships between the different Christian churches.

VATICAN CITY, VATICAN - MARCH 14:  Pope Benedict XVI prays during  his visit to the Lutheran Church of Rome on March 14, 2010 in Vatican City, Vatican. Benedict spoke about the importance of relationships between the different Christian churches.

VATICAN CITY, VATICAN - MARCH 14:  Pope Benedict XVI receives greetings from   Rev. Jens-Martin Kruse  during  his visit to the Lutheran Church of Rome on March 14, 2010 in Vatican City, Vatican. Benedict spoke about the importance of relationships between the different Christian churches.

VATICAN CITY, VATICAN - MARCH 14:  Pope Benedict XVI holds the homily during his visit to the Lutheran Church of Rome on March 14, 2010 in Vatican City, Vatican. Benedict spoke about the relationships between the different Christian churches.
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VISITA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI ALLA COMUNITÀ EVANGELICA LUTERANA DI ROMA, 14.03.2010

Alle ore 17.30 di questo pomeriggio, domenica Laetare, IV di quaresima, il Santo Padre Benedetto XVI si è recato in visita alla Comunità evangelica luterana di Roma presso la Christuskirche in via Sicilia.
Accolto dal Pastore Jens-Martin Kruse e dagli otto membri del Consiglio, il Santo Padre ha fatto il suo ingresso processionale in chiesa e ha raggiunto l’altare per la celebrazione, che è stata introdotta dal saluto della Presidente della Comunità, Dr. Doris Esch.

Nel corso del servizio liturgico, il Pastore Jens-Martin Kruse ha tenuto un’omelia sulla lettura della domenica odierna, dalla seconda Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi (2 Cor 1, 3-7). Successivamente il Santo Padre ha tenuto la sua omelia sul Vangelo di questa domenica, in Giovanni al capitolo 12 (Gv 12,20-26).
Terminata la Celebrazione, nella Sala dell’abitazione del Pastore Kruse il Santo Padre ha incontrato i Membri del Consiglio.

Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto alla Comunità evangelica luterana di Roma nel corso della sua visita:

OMELIA DEL SANTO PADRE

TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

Care Sorelle e cari Fratelli,

desidero ringraziare di cuore tutta la comunità, i vostri responsabili, in particolare il parroco Kruse, per avermi invitato a celebrare con voi questa domenica Laetare, questo giorno in cui l’elemento determinante è speranza, che guarda alla luce che dalla resurrezione di Cristo irrompe nelle tenebre della nostra quotidianità, nelle questioni irrisolte della nostra vita. Ella, caro parroco Kruse, ci ha esposto il messaggio di speranza di san Paolo.
Il Vangelo, dal dodicesimo capitolo di Giovanni, che io vorrei cercare di spiegare, è anche un Vangelo della speranza e, nello stesso tempo, è un Vangelo della Croce. Queste due dimensioni vanno insieme: poiché il Vangelo si riferisce alla Croce, parla della speranza, e poiché dona speranza, deve parlare della Croce.

Giovanni ci narra che Gesù era salito a Gerusalemme per celebrare la Pasqua e poi dice: “C’erano anche alcuni greci che erano saliti per il culto“.

Erano sicuramente uomini del gruppo dei cosiddetti phoboumenoi ton Theon, i “timorati di Dio”, che, al di là del politeismo del loro mondo, erano alla ricerca del Dio autentico che è veramente Dio, alla ricerca dell’unico Dio, al quale appartiene il mondo intero e che è il Dio di tutti gli uomini. E avevano trovato quel Dio, che chiedevano e cercavano, al quale ogni uomo anela in silenzio, nella Bibbia di Israele, riconoscendovi quel Dio che ha creato il mondo. Egli è il Dio di tutti gli uomini e, allo stesso tempo, ha scelto un popolo concreto e un luogo per essere da lì presente tra noi. Sono cercatori di Dio, e sono venuti a Gerusalemme per adorare l’unico Dio, per sapere qualcosa del suo mistero. Inoltre, l’evangelista ci narra che queste persone sentono parlare di Gesù, vanno da Filippo, l’apostolo proveniente da Betsaida, in cui per metà si parlava in greco, e dicono: “Vogliamo vedere Gesù”. Il loro desiderio di conoscere Dio li spinge a voler vedere Gesù e attraverso di lui conoscere più da vicino Dio. “Vogliamo vedere Gesù”: un’espressione che ci commuove, poiché noi tutti vorremmo sempre più veramente vederlo e conoscerlo.

Penso che quei greci ci interessano per due motivi: da una parte, la loro situazione è anche la nostra, anche noi siamo pellegrini con la domanda su Dio, alla ricerca di Dio. E anche noi vorremmo conoscere Gesù più da vicino, vederlo veramente. Tuttavia è anche vero che, come Filippo e Andrea, dovremmo essere amici di Gesù, amici che lo conoscono e possono aprire agli altri il cammino che porta a lui.

E perciò penso che in quest’ora dovremmo pregare così: Signore, aiutaci a essere uomini in cammino verso di te. Signore, donaci di poterti vedere sempre di più. Aiutaci a essere tuoi amici, che aprono agli altri la porta verso di te. Se ciò portò effettivamente ad un incontro fra Gesù e quei greci, san Giovanni non lo narra. La risposta di Gesù, che egli ci riferisce, va molto al di là di quel momento contingente. Si tratta di una doppia risposta: parla della glorificazione di Gesù che ora iniziava: “È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato” (Gv 12,23).

Il Signore spiega questo concetto della glorificazione con la parabola del chicco di grano: “In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto” (v. 24). In effetti, il chicco di grano deve morire, in certo qual modo spezzarsi nel terreno, per assorbire in sé le forze della terra e così divenire stelo e frutto. Per quanto riguarda il Signore, questa è la parabola del suo proprio mistero. Egli stesso è il chicco di grano venuto da Dio, il chicco di grano divino, che si lascia cadere sulla terra, che si lascia spezzare, rompere nella morte e, proprio attraverso questo, si apre e può così portare frutto nella vastità del mondo. Non si tratta più solo di un incontro con questa o quella persona per un momento. Ora, in quanto risorto, è “nuovo” e oltrepassa i limiti spaziali e temporali. Adesso raggiunge veramente i greci. Ora si mostra a loro e parla con loro, ed essi parlano con lui e in tal modo nasce la fede, cresce la Chiesa a partire da tutti i popoli, la comunità di Gesù Cristo risorto, che diventerà il suo corpo vivo, frutto del chicco di grano. In questa parabola possiamo trovare anche un riferimento al mistero dell’Eucaristia: Egli, che è il chicco di grano, cade nella terra e muore.

Così nasce la santa moltiplicazione del pane dell’Eucaristia, nella quale egli diviene pane per gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi.

Ciò, che qui, in questa parabola cristologica, il Signore dice di sé, lo applica a noi in due altri versetti: “Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (v. 25). Penso che quando ascoltiamo ciò, in un primo momento, non ci piace.

Vorremmo dire al Signore: Ma cosa ci stai dicendo, Signore? Dobbiamo odiare la nostra vita, noi stessi? La nostra vita non è forse un dono di Dio? Non siamo stati creati a tua immagine? Non dovremmo essere grati e lieti perché ci ha donato la vita? Ma la parola di Gesù ha un altro significato. Naturalmente il Signore ci ha donato la vita, e di questo siamo grati. Gratitudine e gioia sono atteggiamenti fondamentali dell’esistenza cristiana. Sì, possiamo essere lieti perché sappiamo che questa mia vita è da Dio. Non è un caso privo di senso. Io sono voluto e sono amato. Quando Gesù dice che dovremmo odiare la nostra propria vita, intende dire tutt’altro. Pensa qui a due atteggiamenti fondamentali. Uno è quello per cui io vorrei tenere per me la mia vita, per cui considero la mia vita come mia proprietà, considero me stesso come mia proprietà, per cui vorrei sfruttare il più possibile questa vita presente, così da aver vissuto molto vivendo per me stesso. Chi lo fa, chi vive per se stesso e considera e vuole solo se stesso, non si trova, si perde. È proprio il contrario: non prendere la vita, ma darla.

Questo ci dice il Signore. E non è che prendendo la vita per noi, noi la riceviamo, ma è donandola, andando oltre noi stessi, non guardando a noi, ma dandosi all’altro nell’umiltà dell’amore, donando la nostra vita a lui e agli altri. Così diveniamo ricchi allontanandoci da noi stessi, liberandoci da noi stessi. Donando la vita, e non prendendola, riceviamo veramente vita.

Il Signore prosegue e afferma, in un secondo versetto: “Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà” (v. 26). Questo donarsi, che in realtà è l’essenza dell’amore, è identico alla Croce. Infatti, la Croce non è altro che questa legge fondamentale del chicco di grano morto, la legge fondamentale dell’amore: che noi diveniamo noi stessi solo quando ci doniamo. Ma il Signore aggiunge che questo donarsi, questo accettare la Croce, questo allontanarsi da sé, è un andare con lui, in quanto noi, andando dietro a lui e seguendo la via del chicco di grano, troviamo la via dell’amore, che subito sembra una via di tribolazione e di fatica, ma proprio per questo è la via della salvezza. Della via della Croce, che è la via dell’amore, del perdersi e del donarsi, fa parte la sequela, l’andare con lui, che è, Egli stesso, la via, la verità e la vita. Questo concetto include anche il fatto che questa sequela si realizza nel “noi”, che nessuno di noi ha il proprio Cristo, il proprio Gesù, che lo possiamo seguire soltanto se camminiamo tutti insieme con lui, entrando in questo “noi” e imparando con lui il suo amore che dona. La sequela si realizza in questo “noi”.

Fa parte dell’essere cristiani l’ “essere noi” nella comunità dei suoi discepoli. E questo ci pone la questione dell’ecumenismo: la tristezza per aver spezzato questo “noi”, per aver suddiviso l’unica via in tante vie, e così viene offuscata la testimonianza che dovremmo dare in tal modo, e l’amore non può trovare la sua piena espressione. Che cosa dovremmo dire al riguardo?

Oggi ascoltiamo molte lamentele sul fatto che l’ecumenismo sarebbe giunto a un punto di stallo, accuse vicendevoli; tuttavia penso che dovremmo anzitutto essere grati che vi sia già tanta unità.

È bello che oggi, domenica Laetare, noi possiamo pregare insieme, intonare gli stessi inni, ascoltare la stessa parola di Dio, insieme spiegarla e cercare di capirla; che noi guardiamo all’unico Cristo che vediamo e al quale vogliamo appartenere, e che, in questo modo, già rendiamo testimonianza che Egli è l’Unico, colui che ci ha chiamati tutti e al quale, nel più profondo, noi tutti apparteniamo.

Credo che dovremmo mostrare al mondo soprattutto questo: non liti e conflitti di ogni sorta, ma gioia e gratitudine per il fatto che il Signore ci dona questo e perché esiste una reale unità, che può diventare sempre più profonda e che deve divenire sempre più una testimonianza della parola di Cristo, della via di Cristo in questo mondo.

Naturalmente non ci dobbiamo accontentare di ciò, anche se dobbiamo essere pieni di gratitudine per questa comunanza. Tuttavia, il fatto che in cose essenziali, nella celebrazione della santa Eucaristia non possiamo bere allo stesso calice, non possiamo stare intorno allo stesso altare, ci deve riempire di tristezza perché portiamo questa colpa, perché offuschiamo questa testimonianza.

Ci deve rendere interiormente inquieti, nel cammino verso una maggiore unità, nella consapevolezza che, in fondo, solo il Signore può donarcela perché un’unità concordata da noi sarebbe opera umana e quindi fragile, come tutto ciò che gli uomini realizzano. Noi ci doniamo a lui, cerchiamo sempre più di conoscerlo e di amarlo, di vederlo, e lasciamo a lui che ci conduca così, veramente, all’unità piena, per la quale lo preghiamo con ogni urgenza in questo momento.

Cari amici, ancora una volta desidero ringraziarvi per questo invito, che mi avete rivolto, per la cordialità, con la quale mi avete accolto – anche per le sue parole, gentile signora Esch. Ringraziamo per aver potuto pregare e cantare insieme. Preghiamo gli uni per gli altri, preghiamo insieme affinché il Signore ci doni l’unità e aiuti il mondo affinché creda. Amen.

© Copyright 2010 – Libreria Editrice Vaticana

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Benedetto XVI modello nella fede

Un Papa amico di Gesù


di Jens-Martin Kruse
Pastore della comunità evangelica luterana di Roma

Nella domenica Laetare, lo scorso 14 marzo, Papa Benedetto XVI ha visitato la comunità evangelica luterana a Roma e con essa ha partecipato a una liturgia serale nella Christuskirche. Un segno piccolo, ma importante e incisivo, di rapporti ecumenici maturi e solidi e di un ecumenismo vissuto, come a Roma da molti anni è prassi buona e viva tra le diverse confessioni cristiane. Il Papa è stato accolto calorosamente e cordialmente dalla comunità luterana, ha impressionato per come si è rivolto ai suoi membri, per la partecipazione alla liturgia e per l'omelia profonda e ricca di contenuti.
Da questo incontro è risultato in modo chiaro e concreto che cosa è essenziale per Benedetto XVI e per il suo ministero petrino. Il Papa ha spiegato un brano del Vangelo di Giovanni (12, 20-26), dove si narra che alcuni greci vanno dall'apostolo Filippo e gli dicono:  "Signore vogliamo vedere Gesù". Nella sua meditazione su questi versetti il Papa ha detto che "questa espressione ci commuove, poiché noi tutti vorremmo sempre più veramente vederlo e conoscerlo. Penso che quei greci ci interessano per due motivi:  da una parte, la loro situazione è anche la nostra, anche noi siamo pellegrini con la domanda su Dio, alla ricerca di Dio. E anche noi vorremmo conoscere Gesù più da vicino, vederlo veramente. Tuttavia è anche vero che, come Filippo e Andrea, dovremmo essere amici di Gesù, amici che lo conoscono e possono aprire agli altri il cammino che porta a lui".
I pellegrini che vanno incontro a Dio e, nello stesso tempo, sono amici di Gesù possono aprire ad altre persone una porta verso di lui. Con ciò il Papa descrive i tratti fondamentali di una vita cristiana. E queste due immagini esprimono due idee che mostrano chiaramente come Benedetto XVI concepisce e svolge il suo servizio, imprimendo a questo pontificato il suo carattere particolare. Chi incontra il Papa, incontra un cristiano che non mette al centro se stesso o il proprio ministero, ma Gesù Cristo. Egli vuole conoscerlo sempre di più e condurre altri all'incontro con lui, perché ha sperimentato egli stesso che la fede dona consolazione e speranza, realizzazione e senso nella vita. Proprio questo fa Benedetto XVI con le omelie, le catechesi e le visite pastorali, con prudenza, discrezione e umiltà, ma in modo tanto convincente da renderlo un modello nella fede anche per i luterani.
Papa Benedetto XVI è senza dubbio una delle più importanti personalità del nostro tempo. Ha affrontato in maniera decisiva e che rimarrà le grandi questioni e i grandi temi del mondo contemporaneo:  il rapporto fra le religioni, i valori e le tradizioni, la crisi economica, i diritti dell'uomo, e così via. Tuttavia, nello stesso tempo, il Papa dà ogni giorno un contributo importante alla fede cristiana. Come pellegrino e come amico di Gesù va sempre incontro alle persone, testimonia il messaggio evangelico e incoraggia così a credere. Con piccoli gesti e segni che spesso non hanno una grande risonanza ma che sono - e Benedetto XVI lo sa - indispensabili per rendere viva la comunità dei fedeli e far crescere la fede.
E proprio in questo senso va interpretata la liturgia celebrata con la piccola comunità luterana. Senza tralasciare le difficoltà nell'ecumenismo, il Papa ha spiegato che le Chiese cristiane, prima di lamentarsi, dovrebbero innanzitutto dimostrarsi grate "che vi sia già tanta unità. È bello che oggi, domenica Laetare, noi possiamo pregare insieme, intonare gli stessi inni, ascoltare la stessa parola di Dio, insieme spiegarla e cercare di capirla; che noi guardiamo all'unico Cristo che vediamo e al quale vogliamo appartenere, e che, in questo modo, già rendiamo testimonianza che egli è l'Unico, Colui che ci ha chiamati tutti e al quale, nel più profondo, noi tutti apparteniamo".
Già il giorno successivo all'elezione, Benedetto XVI, nel suo messaggio ai cardinali, ha descritto come suo dovere urgente "quello di lavorare senza risparmio di energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo". Egli è consapevole del fatto che a questo scopo non è sufficiente una dichiarazione di buona volontà, perché "occorrono gesti che entrino negli animi e smuovano le coscienze, sollecitando ciascuno a quella conversione interiore che è il presupposto di ogni progresso sulla via dell'ecumenismo". Il Papa è sempre pronto a questi gesti che esprimono la comunione, che consolidano la fede e, nello stesso tempo, hanno forza visionaria.
Così è stato per la liturgia nella Christuskirche, e la vicinanza e la comunione vissute in quella occasione si esprimono in modo visibile e duraturo. Benedetto XVI ha concluso la sua omelia con queste parole:  "Preghiamo gli uni per gli altri, preghiamo insieme affinché il Signore ci doni l'unità e aiuti affinché il mondo creda". Così facciamo, gli uni per gli altri e insieme. Grati perché in Benedetto XVI abbiamo incontrato un Papa che si considera pellegrino nel cammino verso Dio e amico di Gesù.



(©L'Osservatore Romano - 24 aprile 2010)
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