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Intervento della Santa Sede a Ginevra

Ultimo Aggiornamento: 29/03/2010 20:34
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09/03/2010 18:29

  Intervento della Santa Sede a Ginevra

Il contributo dei diritti umani alla soluzione della crisi finanziaria


Pubblichiamo la traduzione dell'intervento pronunciato il 3 marzo dall'arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate a Ginevra, al Segmento di alto livello della XIII sessione ordinaria del Consiglio dei Diritti dell'Uomo.

Signor Presidente,
La mia Delegazione si unisce a quanti sono intervenuti prima nel porgere le sue condoglianze e nell'esprimere la sua solidarietà al popolo del Cile per le vittime del recente terremoto.
Signor Presidente,
La Delegazione della Santa Sede desidera riaffermare la sua convinzione che la prospettiva dei diritti umani offre un contributo positivo per una soluzione dell'attuale crisi finanziaria. Anche se si osservano alcuni segni di ripresa, la crisi continua ad aggravare le condizioni di milioni di persone riguardo all'accesso ai bisogni primari della vita e ha influito negativamente sui progetti pensionistici di molti. Questa situazione, pertanto, esige nuove regole e un solido sistema di governo globale che assicuri un cammino sostenibile e comprensivo verso lo sviluppo per tutti. L'istituzione di nuove regole e di un governo affidabile rappresenta un'opportunità unica per affrontare le cause fondamentali della crisi e per affermare un approccio integrato all'attuazione di tutti i diritti economici, sociali, civili e politici dell'uomo, così come delineati nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.
I resoconti delle Nazioni Unite forniscono molte prove riguardo alle numerose conseguenze negative della crisi finanziaria:  lo scandalo della fame, la crescente disuguaglianza in tutto il mondo, i milioni di disoccupati e i milioni di persone ridotte a una povertà estrema, i fallimenti istituzionali, la mancanza di tutela sociale per innumerevoli persone vulnerabili. Questi scompensi, come ci ricorda il Santo Padre nella sua recente enciclica Caritas in veritate, si producono quando si separa "l'agire economico, a cui spetterebbe solo produrre ricchezza, da quello politico, a cui spetterebbe di perseguire la giustizia mediante la ridistribuzione" (n. 36). Equità e giustizia sono criteri essenziali nella gestione dell'economia mondiale.
Diventa possibile godere dei diritti umani quando gli Stati traducono i principi in legge e rendono i cambiamenti concreti una realtà. Mentre lo Stato è il principale protagonista nell'attuazione dei diritti umani, esso non può non collaborare con tutti gli altri attori della propria società civile e con la comunità internazionale, visto come siamo interconnessi e interdipendenti nel mondo globalizzato attuale. Infatti, l'obiettivo comune è la tutela e il rispetto della dignità umana che unisce l'intera famiglia umana, unità radicata nei quattro principi fondamentali della centralità della persona umana, della solidarietà, della sussidiarietà e del bene comune. In questo contesto, la revisione del Consiglio per i Diritti umani dovrebbe essere volta anche a rendere i cambiamenti effettivi una realtà e a fare dell'attuazione concreta dei diritti umani la sua priorità.

Signor Presidente,
Un importante messaggio trasmesso da Papa Benedetto XVI nella Caritas in veritate in questo tempo di crisi economica è l'invito a superare l'obsoleta dicotomia tra le sfere economica, sociale ed ecologica. I mercati e la libertà sono requisiti importanti per costruire una società sana, ma il contesto in cui operano è globale e deve includere i principi universali dell'onestà, della giustizia e della solidarietà, e inoltre i principi di "reciprocità e dono" (1). Nella riforma del sistema finanziario e dei modelli economici operativi nei programmi governativi e nelle politiche sociali, il centro della sollecitudine dovrebbe spostarsi dai beni e dai servizi alle persone che ricevono tali servizi; in tal modo, esse avranno accesso alle risorse per migliorare la loro situazione nella vita e quindi potranno porre le loro capacità al servizio della loro comunità locale e del bene comune universale. La dottrina sociale della Chiesa ha sempre perseguito questo obiettivo, con particolare attenzione per i membri più vulnerabili della società. Infatti, dando priorità agli esseri umani e all'ordine creato che li sostiene nel loro cammino terreno, possiamo modificare le regole che governano il sistema finanziario per produrre un cambiamento concreto, abbandonare le vecchie abitudini di avidità che hanno portato alla crisi attuale e promuovere uno sviluppo integrale efficace e l'attuazione dei diritti umani, poiché "il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l'uomo, la persona, nella sua integrità" (Caritas in veritate, n. 25).
 

Note
(1) "La grande sfida che abbiamo davanti a noi, fatta emergere dalle problematiche dello sviluppo in questo tempo di globalizzazione e resa ancor più esigente dalla crisi economico-finanziaria, è di mostrare, a livello sia di pensiero sia di comportamenti, che non solo i tradizionali principi dell'etica sociale, quali la trasparenza, l'onestà e la responsabilità non possono venire trascurati o attenuati, ma anche che nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica. Ciò è un'esigenza dell'uomo nel momento attuale, ma anche un'esigenza della stessa ragione economica. Si tratta di una esigenza ad un tempo della carità e della  verità"  (Caritas  in  veritate, n. 36).


(©L'Osservatore Romano - 10 marzo 2010)
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16/03/2010 21:04

Intervento della Santa Sede al Consiglio dei Diritti dell'Uomo a Ginevra

A tutela dei minori lotta contro gli abusi


Il 10 marzo, in occasione dell'incontro annuale sui diritti del fanciullo, l'arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate a Ginevra, ha pronunciato, alla xiii sessione ordinaria del Consiglio dei Diritti dell'Uomo, l'intervento di cui pubblichiamo la traduzione italiana.
Presidente,
"l'abuso sessuale sui minori è sempre un crimine odioso". A questa inequivocabile condanna della violenza sessuale contro i bambini e i giovani, il Santo Padre, Papa Benedetto XVI, ha aggiunto la dimensione religiosa, sottolineando che è anche un "grave peccato" che offende Dio e la dignità umana. L'integrità fisica e psicologica del bambino è violata con conseguenze distruttive. Alcuni studi hanno mostrato che i bambini vittime di abuso reagiscono in diversi modi alla violenza sessuale e hanno una maggiore probabilità di andare incontro a gravidanze precoci, di divenire senzatetto, tossicodipendenti e alcolisti. In breve, il male commesso contro questi piccoli spesso li stimmatizza per tutta la vita.
Come sapete, negli ultimi anni, in un certo numero di Paesi, sacerdoti, religiosi e collaboratori laici cattolici sono stati accusati di abuso sessuale e diversi sono stati condannati. Non c'è nessuna giustificazione per un comportamento del genere, che è un grave tradimento della fiducia. In alcuni casi, sono state pagate multe pesanti mentre in altri casi i colpevoli hanno ricevuto condanne a pene detentive. La tutela dall'aggressione sessuale resta prioritaria sull'agenda di tutte le istituzioni ecclesiali mentre si impegnano ad affrontare questo grave problema. Parimenti, misure concrete per garantire trasparenza e assistenza alle vittime e alle loro famiglie sono il modo per alleviare la sofferenza, il dolore e il disorientamento causati dall'abuso avvenuto.
La comunità cattolica prosegue i suoi sforzi per affrontare con determinazione questo problema. Quindi, quanti vengono giudicati colpevoli di questi crimini vengono immediatamente sospesi dall'esercizio del proprio ufficio e vengono trattati secondo le norme del diritto canonico e del diritto civile. Altre misure legali sono state prese per garantire che i bambini e i giovani nelle scuole e in altre istituzioni siano al sicuro. Molte delle misure prese, legali o amministrative, riguardano l'individuazione e la punizione dell'abuso. La prevenzione è la medicina migliore e comincia con l'educazione e la promozione di una cultura di rispetto dei diritti umani e della dignità umana di ogni bambino, in particolare attraverso la realizzazione di metodi efficaci per la scelta del personale scolastico.
L'assemblea potrebbe condividere alcune pratiche migliori che possano aiutare i bambini a riconoscere e a riferire il comportamento scorretto di educatori e assistenti?


(©L'Osservatore Romano - 17 marzo 2010)
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29/03/2010 20:34

Intervento della Santa Sede

Un nuovo impegno contro l'intolleranza religiosa


Pubblichiamo la nostra traduzione italiana dell'intervento pronunciato dall'arcivescovo Silvano M. Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l'ufficio delle Nazioni Unite e istituzioni specializzate a Ginevra, alla XIII sessione ordinaria del Consiglio dei diritti dell'uomo sulla lotta contro l'intolleranza religiosa, svoltasi il 23 marzo a Ginevra: 

Presidente,
l'aumento degli esempi di derisione della religione, mancanza di rispetto per le personalità e i simboli religiosi, discriminazione e uccisione di seguaci di religioni minoritarie e una generalizzata considerazione negativa della religione nella pubblica arena danneggiano la coesistenza pacifica e feriscono i sentimenti di considerevoli segmenti della famiglia umana.

Questi fenomeni sollevano questioni politiche e giuridiche sul modo e sulla misura della realizzazione dei diritti umani, e specificatamente del diritto alla libertà religiosa, che dovrebbero proteggere le persone nell'esercizio personale e collettivo della fede e delle loro convinzioni. La tutela del diritto alla libertà religiosa è particolarmente importante perché i valori religiosi sono un ponte verso tutti i diritti umani. Permettono, infatti, alla persona di orientarsi verso ciò che è vero e reale. La dignità umana, infatti, è radicata nell'unità delle componenti spirituali e materiali della persona.

Facendo parte di una comunità, la cultura e la religione sono anche parte dell'esperienza umana, sebbene rimangano al servizio dello sviluppo integrale della persona, che costituisce la base dell'universalità dei diritti umani. L'interesse legittimo, quindi, a evitare la derisione o gli insulti alle religioni dovrà tener conto dell'interdipendenza, che deriva dal rapporto naturale della persona umana con gli altri, fra l'individuo e la comunità. Poiché i sistemi di credo sono diversi e persino contrastanti fra loro, la giustificazione del loro rispetto dovrà derivare da un fondamento universale che è la persona umana. Gli obblighi della società ne deriveranno di conseguenza. L'Udhr e altri strumenti per i diritti umani forniscono un chiaro orientamento.

Quindi la legislazione relativa dovrebbe essere orientata al bene comune e basarsi su valori, principi e regole che riflettano la natura umana e siano parte della coscienza della famiglia umana piuttosto che l'una o l'altra religione, considerando pure tutte le implicazioni della libertà di espressione e di religione. Il rispetto del diritto di tutti alla libertà religiosa non richiede la totale secolarizzazione della sfera pubblica né l'abbandono di tutte le tradizioni culturali e il rispetto della libertà di espressione non autorizza la mancanza di rispetto per i valori comunemente condivisi da una particolare società. Un quadro legislativo di tutela del bene comune e dell'uguaglianza dei cittadini in società sempre più pluralistiche implica che i sistemi normativi applicabili ai credenti non debbano essere imposti ai seguaci di altre religioni e ai non credenti, altrimenti i diritti umani e il diritto alla libertà religiosa potrebbero divenire uno strumento politico di discriminazione piuttosto che uno strumento per intrattenere rapporti interpersonali etici. Né lo Stato può divenire un arbitro di correttezza religiosa deliberando su questioni teologiche o dottrinali:  sarebbe la negazione del diritto della libertà di religione.

Gli attuali strumenti giuridici vincolanti nazionali e internazionali, se correttamente applicati, possono porre rimedio a offese gratuite alle religioni e al credo facendo entrare in vigore misure a tutela del bene comune e dell'ordine pubblico. Gli attuali dibattiti sull'opportunità o meno di nuovi strumenti per prevenire la discriminazione e l'intolleranza religiosa possono offrire la possibilità di riprendere in esame la proposta di una convenzione sulla libertà di religione. Questo compito è interrotto da molti anni e riunirebbe gli argomenti suggeriti dalle nuove forme di pluralismo sociale e una comprensione più accurata della dignità umana.

D'altro canto, la delegazione della Santa Sede, è anche convinta del fatto che una buona strada verso una coesistenza pacifica sia un atteggiamento più positivo verso le religioni e le culture. Ciò si può ottenere attraverso un dialogo migliore fra fedi differenti, una sincera promozione del diritto alla libertà di religione in tutti i suoi aspetti e un dialogo franco e aperto fra i rappresentanti dei diversi sistemi di credo, come garantito dal diritto alla libertà di espressione.

Combattere gli atteggiamenti offensivi verso la religione allontanandosi dall'universalità offerta dall'umanità comune e affidandosi alla discrezione dello Stato con l'introduzione di un vago concetto di "diffamazione" nel sistema di diritti umani, non è una soluzione concreta e soddisfacente. Esiste il reale rischio aggiuntivo che l'interpretazione di ciò che la diffamazione implica cambi secondo l'atteggiamento del censore verso la religione o il credo, spesso a spese tragiche delle minoranze religiose. Purtroppo è proprio ciò che accade negli Stati che non distinguono fra questioni civili e questioni religiose, si identificano con una religione particolare o con una certa setta nell'ambito di quella religione e interpretano la diffamazione secondo le convinzioni della religione o dei credi a cui aderiscono, discriminando così inevitabilmente alcuni cittadini che non condividono le stesse convinzioni. L'esperienza con le legislazioni nazionali che applicano concetti quali "diffamazione della religione" suggerisce che un eventuale strumento internazionale sulla diffamazione della religione porterebbe soltanto a un'oppressione ulteriore delle minoranze religiose, come si può verificare in quei Paesi.

Presidente,
in conclusione, la Santa Sede chiede ai Paesi che sono membri di questo rispettato Consiglio di trasformare questi sgradevoli incidenti di intolleranza religiosa e la cultura che li sostiene in un'opportunità di nuovo impegno per il dialogo e per la riaffermazione del diritto e del valore di appartenere a una comunità di fede o di credo. Comunque, questa scelta individuale,  quale  espressione  dei  diritti umani fondamentali, è stata sempre operata nel contesto del bene comune.


(©L'Osservatore Romano - 29-30 marzo 2010)
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