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Il messaggio pasquale del Patriarca ecumenico Bartolomeo

Ultimo Aggiornamento: 31/03/2010 08:19
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31/03/2010 08:19

Il messaggio pasquale del Patriarca ecumenico Bartolomeo

La Chiesa è il miracolo della risurrezione


Istanbul, 30. Solo attraverso la fede in Gesù Cristo - "Dio-uomo capace di abbassarsi fino alla passione, alla croce, al sepolcro, di discendere nelle viscere dell'inferno per risuscitare dai morti" - è possibile purificarsi da una "vecchia ruggine" che sussiste e rende inclini al peccato. Questa fede si esprime in una vita colma dei sacramenti della Chiesa e in una lotta spirituale fatta di sforzi e perseveranza. È la Chiesa, in quanto Corpo di Cristo, che vive senza interruzioni e nei secoli il miracolo della risurrezione. Attraverso i sacramenti, la teologia e gli insegnamenti pratici, "ci offre la possibilità di beneficiare di questo miracolo, di prendere parte alla vittoria sulla morte, di diventare i figli della risurrezione e "partecipi della natura divina" (2 Pietro, 1, 4)".

Nel messaggio per la Pasqua, il Patriarca ecumenico Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, ricorda come sia "una necessità assoluta di purificarci da questa ruggine con ogni attenzione e cura, affinché la luce vivificante del Cristo risuscitato risplenda senza intralci nel nostro spirito, nella nostra anima e nel nostro corpo e allontani le tenebre dell'ybris, e affinché l'"abbondanza" della vita si spanda sul mondo intero". Un tale risultato può essere ottenuto - sottolinea Bartolomeo - non attraverso la filosofia o la scienza, l'arte o la tecnica, ma solo con la fede in Gesù Cristo. "Il solo Potente, il solo Datore di vita - scrive il Patriarca ecumenico - dopo aver volontariamente assunto, per mezzo della sua incarnazione, tutta la miseria della nostra natura e la sua capitolazione, cioè la morte, ha ormai messo a morte l'ade con la folgore della divinità e donato all'uomo la vita, una vita "in abbondanza" (cfr. Giovanni, 10, 10). Questa abbondanza di vita che il Risorto ci ha donato, il diavolo, in accordo con il suo nome "il calunniatore", non smette di calunniarla e di screditarla benché ora fiaccato, totalmente impotente e insignificante. Egli la calunnia - si legge ancora nel messaggio - per mezzo della ybris che regna ancora nel mondo e che oltraggia Dio, il nostro prossimo, così come il creato nel suo insieme".

Secondo Bartolomeo, il diavolo è sempre presente, "con l'esistenza dentro di noi di una vecchia ruggine, in particolare della tendenza al peccato. Il calunniatore la usa sempre per prenderci in trappola, che si tratti del peccato in sé o dell'errore riguardo la fede". L'ybris, ovvero l'orgoglio smodato, la superbia, l'arroganza, è il frutto di quella "ruggine" ed entrambe costituiscono "la sinistra coppia responsabile del turbamento delle relazioni con noi stessi, con gli altri, con Dio e con il creato". La naturale predisposizione al male, il fascio di spine delle passioni, che si nutre delle ruggini dell'"uomo vecchio" (Efesini, 4, 22), deve per necessità essere trasfigurata, attraverso Cristo e l'amore di Cristo, alla stregua di tutte le sue icone viventi che ci circondano, in un fascio di virtù, di santificazione e di giustizia.

Così - ricorda Bartolomeo - a questo proposito il santo innografo canta:  "Rivestiti dell'abito della giustizia, più bianco della neve, rallegriamoci in questo giorno di Pasqua nel quale Cristo, sole di giustizia, sorgendo dai morti ci ha fatti tutti risplendere di incorruttibilità" (Vespri del giovedì di Tommaso). La veste bianca della giustizia "ci è stata data simbolicamente durante il santo battesimo e siamo chiamati, per mezzo di una continua conversione, di lacrime portatrici di gioia, di una preghiera ininterrotta, di un controllo dei desideri, della pazienza nelle cose dolorose della vita, a mettere in pratica tutti i comandamenti di Dio e la legge capitale dell'amore. Siamo chiamati - conclude il Patriarca - a purificarci a fondo, partecipando così alla kenosi della croce del Dio e Uomo, affinché giunga la letizia pasquale, la luce fulgida della risurrezione e la salvezza nella nostra vita e nel mondo".


(©L'Osservatore Romano - 31 marzo 2010)
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